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Con la locuzione teatro italiano si intendono tutte le forme di spettacolo drammatico provenienti da uno specifico Stato del continente europeo, l'Italia. Essendo esso di relativamente recente formazione, viene considerato teatro italiano la produzione avvenuta dal Medioevo in poi soprattutto in lingua volgare: ne viene pertanto escluso il teatro latino, considerato teatro classico di diversa matrice e finalità. È tuttavia errato pensare che il teatro italiano si limiti al teatro la cui drammatizzazione, se vi è presenza di un testo, avvenga in lingua italiana: considerata la grande varietà linguistica del territorio, è considerata anche la produzione dialettale, che a seconda di epoche e stili è meglio specificata a volte nella locuzione teatro dialettale italiano. Allo stesso modo, è da considerarsi italiana anche la produzione teatrale in lingua latina avvenuta in area culturale italiana, sia in epoca medievale, sia in età umanistica.

Origini[modifica | modifica wikitesto]

Le origini del teatro italiano sono fonte di dibattito fra gli studiosi, non essendo ancora esse chiare e rintracciabili con fonti certe. Sappiamo che dalla fine del teatro latino, che in parte combaciò con la caduta dell'Impero romano, vennero rappresentati ancora mimi e commedie. Accanto a questa forma pagana di rappresentazione, agita per lo più da trovieri e attori girovaghi dei quali non abbiamo alcuna fonte scritta diretta, il teatro rinacque, in epoca medievale, dalle funzioni religiose e dalla drammatizzazione di alcuni tropi dei quali il più celebre e antico pervenutoci è il breve Quem quaeritis? del X secolo, ancora in lingua latina.

Diego Velázquez, Ritratto del buffone Juan Calabazas

Si può supporre, dunque, che esistessero due linee principali sulle quali si sviluppava l'antico teatro italiano: la prima, composta dalla drammatizzazione delle liturgie cattoliche e della quale conserviamo maggiori documentazioni, e la seconda, formata da tutte quelle forme pagane di spettacolo che comprendevano le messinscene per le feste di città[1], gli allestimenti a corte dei giullari, i canti dei trovatori e così via[2].

Teatro medievale[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Teatro medievale.

Lo storico del teatro ha quindi basato il suo metodo di ricerca, nel campo delle origini del teatro italiano, non solo sull'effettivo studio della propria materia ma unendo ad essa anche lo studio etnologico e antropologico nonché quello degli studi religiosi in senso ampio[3][4].

La Chiesa, che trovò nella drammatizzazione delle liturgie un'accoglienza più che favorevole da parte delle masse, come dimostra lo sviluppo della pratica teatrale nelle festività maggiori, paradossalmente ebbe un comportamento contraddittorio nei confronti di esse: se da un lato ne permise e incoraggiò la diffusione, dall'altra ne deprecò sempre la prassi, perché fuorviante dai principi del cattolicesimo[5]. La stessa sorte subirono gli spettacoli pagani, dove ben più aspri furono i giudizi e le misure prese dai religiosi: ancora nel 1215, una Costituzione del Concilio Lateranense proibiva ai chierici (tra le altre cose) di avere contatti con istrioni e giocolieri[6]. Il forte contrasto dell'autorità religiosa alla pratica teatrale decretò una serie di circostanze che differenziano il teatro medievale (che ancora non si può definire "italiano" in senso stretto) da quello conosciuto dall'Umanesimo in poi, molto più vicino al concetto moderno di rappresentazione teatrale. Per oltre dieci secoli non vi fu mai la costruzione di uno stabile teatrale, a differenza di quanto avveniva nella Grecia antica e nella Roma imperiale.

Jacopone da Todi in un affresco di Paolo Uccello nel duomo di Prato

Nonostante le numerose restrizioni, la drammaturgia in volgare si sviluppa proprio grazie ai trovieri e ai giullari, che cantano, liuto alla mano, dei più disparati argomenti: dall'amore spinto verso le donne agli sberleffi nei confronti dei potenti. Abbiamo testimonianza nel Ritmo laurenziano del 1157 e in altri ritmi più o meno coevi come il Ritmo di Sant'Alessio, della drammatizzazione in versi da parte di anonimi in lingua volgare, sebbene la metrica sia ancora debitrice della versificazione latina. Più celebre è il Rosa fresca aulentissima del XIII secolo, di Ciullo d'Alcamo, vero e proprio mimo giullaresco destinato alla rappresentazione scenica, che non risparmia nei versi doppi sensi e battute fin troppo licenziose nei confronti del gentil sesso.

Ancor più articolati furono i testi di Ruggieri Apuliese, giullare del XIII secolo di cui si hanno poche o nulle notizie, per lo più discordanti, ma nei quali vi si rintraccia una sardonica capacità di parodiare e drammatizzare gli eventi, racchiusi nei suoi vanti e serventesi. Nel corso del Duecento, tuttavia, la prosa giullaresca in volgare subisce una battuta d'arresto causa la marginalità degli eventi cui era legata: rappresentazioni curtensi, spettacoli di piazza, e altro di cui la cronaca non conserva memoria.

Teatro religioso medievale[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Teatro religioso.

Fiorisce invece nel medesimo periodo la lauda drammatica, che si evolverà poi nella Sacra rappresentazione[7]: la lauda, di derivazione dalla ballata popolare, si componeva di stanze rappresentate dapprima in versi, poi in forma di dialogo. L'esempio di trasformazione in dramma dialogico lo abbiamo grazie alla Donna de Paradiso di Iacopone da Todi, dove su un argomento religioso si articola il dialogo tra il Nunzio, la Madonna e Gesù: in esso vi si riscontra un fine intervento linguistico e lessicale (il linguaggio dimesso della Madonna e del Cristo rispetto a quello del Nunzio) e un'abile capacità di drammatizzazione dell'evento. È doveroso sottolineare che tale tipo di teatralità religiosa non si diffuse propriamente in seno alla Chiesa, ma si sviluppò soprattutto in Umbria a seguito di una grave pestilenza che decimò il paese, grazie alle confraternite dei Disciplinati, congreghe di fedeli use all'autoflagellazione, che in virtù dei loro atti religiosi ben coniugavano le processioni di pentimento all'accompagnamento con laudi drammatiche. Se esse trovarono rappresentazione a Orvieto, come in altri centri umbri (si ricorda il celebre Miracolo di Bolsena), un altro importante epicentro di produzioni di laude fu L'Aquila[8], dove l'articolazione delle stesse era tale da necessitare tre giorni per una rappresentazione completa (come nel caso dell'anonima Leggenna de Sancto Tomascio).

La Sacra rappresentazione, ultimo celebre capitolo del teatro religioso medievale, si sviluppò a partire dal XV secolo in Toscana ed ebbe fortuna anche nei secoli successivi sebbene perderà la caratteristica di principale protagonista del teatro italiano. Come già la laude si agiva nei luoghi esterni all'edificio ecclesiastico, e veniva recitata sia in latino che in volgare. A differenza delle laudi, i testi ci sono pervenuti in numero non esiguo e recano la firma di grandi nomi, non ultimo quello di Lorenzo il Magnifico la cui La rappresentazione dei Santi Giovanni e Paolo denota una certa ricchezza di stile e complessità di intreccio drammatico.

Mario Apollonio riconosce una sostanziale differenza, a livello strettamente teatrale, tra la lauda e la sacra rappresentazione: se la prima è rivolta all'edificazione religiosa, la seconda non cela l'interesse per lo spettacolo o spettacolarizzazione, da cui deriva una maggiore attenzione al testo - non per nulla steso da eruditi - all'artificio scenico, all'apporto scenografico come supporto importante alla rappresentazione[9].

Si può dunque ammettere con certezza che, in forme diverse, sull'intero territorio italiano la pratica teatrale rimase viva e fortemente connessa al culto religioso: in misura minore, alle manifestazioni collettive come le feste di corte e le sagre.

Commedia elegiaca[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Commedia elegiaca.

Un capitolo a parte rispetto alla rappresentazione religiosa è costituito da quelle produzioni in versi latini note come commedie elegiache (commedie latine medievali). Si tratta di un insieme di testi della latinità medievale, composti prevalentemente forma metrica del distico elegiaco[10] e caratterizzati, quasi sempre, dall'alternanza di dialoghi e parti narrate e dai contenuti comici e licenziosi.

La fioritura del genere si inscrive principalmente all'interno della stagione europea della cosiddetta rinascita del XII secolo e risente dei fermenti di quella temperie culturale che il filologo Ludwig Traube chiamò aetas Ovidiana. nel suo insieme, si trattò di un fenomeno che non si può certo affermare come italiano: anzi, l'Italia fu appena lambita da questo fenomeno, in un'epoca più tarda, il XIII secolo: tutte le produzioni italiane di rimandano all'ambiente della corte e della cancelleria di Federico II di Svevia (la singolare De Paulino et Polla di Riccardo da Venosa, e la De uxore cerdonis, attribuita a Iacopo da Benevento[11])

Non è comunque chiara la loro genuina natura teatrale: non si sa, ad esempio, se fossero meri prodotti retorici o piuttosto opere destinate a una vera e propria messa in scena (in tal caso, si ritiene più probabile una recitazione con una sola voce[12]); nemmeno si è in grado di apprezzare l'influenza sul sorgere del teatro medievale in volgare, anche se alcuni elementi comici sono passati al teatro. La piccola fioritura di questo genere conobbe una notevole fortuna; notevole è l'importanza nella storia letteraria, per l'influenza sugli autori successivi in lingue volgari, in particolare sulla fabliaulistica e la novellistica medievale di cui anticipano temi e toni, e sulla commedia umanistica del Quattrocento.

La scenografia[modifica | modifica wikitesto]

Durante tutto il Medioevo nessuno stabile teatrale fu mai edificato, così che risulta impossibile parlare di architettura teatrale. Riguardo la scenografia, essa è completamente collocabile sul piano delle rappresentazioni sacre, poiché giullari e buffoni, trovieri e cantori non utilizzavano elementi di supporto che potessero aiutare lo spettatore nella figurazione della storia narrata. Il quasi nullo supporto iconografico pervenutoci rende ardua una ricostruzione fedele, ma d'aiuto sono state le liste delle "robe" delle Confraternite, giunte sino a noi, che testimoniano una ricchezza di suppellettili non paragonabili alla moderna concezione di teatro ma pur sempre di un certo spessore: molto nota è la lista della confraternita perugina di San Domenico, dove si ritrovano camicie, guanti, tonache, parrucche e maschere[13].

Le rappresentazioni, uscite dalla chiesa in cerca di luoghi più ampi di accoglimento e dove vi era possibilità di utilizzare artefici scenici non di certo graditi all'interno di mura consacrate, trovarono posto sui sagrati prima, nelle piazze poi finanche nelle strade della città, sia in forma di processione che non. Il supporto pittorico, che si rendeva necessario per una più completa riconoscibilità del luogo rappresentato e narrato, divenne anch'esso molto importante, sebbene non siano giunti sino a noi nomi di artisti che lavorassero per la loro realizzazione. C'è da tener bene presente che non esiste la figura di allestitore o scenografo, per cui tali lavori dovettero necessariamente sottostare alle richieste delle confraternite, e quasi certamente svolti da artisti improvvisati o di poca fama visto che il possibile guadagno era poco. Un certo gusto per la spettacolarizzazione, inoltre, sarebbe stato fortemente condannato dai religiosi per il pericolo idolatrico proprio dello spettacolo, costringendo sia le scene a un certo grado di morigeratezza - assolutamente non sinonimo di pacatezza o trascuratezza dell'impianto scenico e costumistico - sia i libretti di scena alla costrizione dei personaggi nella loro designazione tradizionale di derivazione dalle Sacre scritture, impedendone qualsiasi sviluppo personale.

Umanesimo[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Commedia umanistica.

L'età dell'Umanesimo, tra Trecento e Quattrocento, conosce la genesi e la fioritura della cosiddetta commedia umanistica, un fenomeno che può essere considerato di estrazione interamente italiana. Al pari delle commedie elegiache, si tratta di testi in latino, anch'essi di argomento licenzioso e paradossale. Al di là della consonanza di temi comuni (forse dovuta anche alla loro natura di tòpoi letterari) non è chiaro il rapporto tra i due generi: di sicuro, le commedie umanistiche si mostrano più efficaci nell'attualizzare determinati temi, con una trasposizione su un piano elevato, in modo da mostrarli nella loro natura esemplare e utilizzarli come allusioni a situazioni della contemporaneità. A differenza della commedia elegiaca, si sa con certezza che le commedie umanistiche era destinate alla messa in scena. La fruizione avveniva nello stesso ambiente alto-culturale e universitario-goliardico nel quale venivano prodotte. In effetti, come è stato affermato, l'"operazione linguistico-espressiva che era alla base di queste opere comiche [...] poteva essere recepita e apprezzata solo in contesti culturali di alto livello, ma sensibili anche a una comicità di matrice goliardica: i circoli universitari rappresentarono quindi il naturale bacino di lettori e spettatori delle scritture teatrali umanistiche"[14].

L'importanza della commedia umanistica risiede nel fatto che essa segna la genesi del "dramma profano", frutto non di un processo culturale dal basso, ma di un’invenzione dall’alto, compiuta da una borghesia cittadina colta e partecipe, in grado di cogliere ed elaborare i fermenti di un’epoca di grande trasformazione e rinnovamento[15]. Si ponevano così le basi per un processo di affrancamento del teatro dalle forme religiose di rappre4sentazione e dalla chiesa cattolica, un'emancipazione che si sarebbe poi compiuta, in via definitiva e in breve tempo, senza attriti o conflitti con la curia papale, con le commedie in lingua italiana del teatro rinascimentale.

Rinascimento[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Teatro rinascimentale.

Il teatro del Rinascimento segnò l'inizio del teatro moderno: grazie alla riscoperta e allo studio dei classici, si recuperarono e tradussero gli antichi testi teatrali, che ben presto vennero inscenati a corte e nei saloni curtensi, per poi spostarsi in veri e propri teatri. In tal modo l'idea di teatro si avvicinò a quella odierna: una rappresentazione in un luogo deputato cui il pubblico partecipa.

Nel tardo XV secolo due città furono importanti centri per la riscoperta e il rinnovamento dell'arte teatrale: Ferrara e Roma. La prima, vitale fulcro dell'arte nella seconda metà del Quattrocento, vide la messinscena di alcuni dei più celebri lavori latini di Tito Maccio Plauto, rigorosamente tradotti in italiano[16]. Il 5 marzo 1508 alla corte di Ferrara si rappresentò la prima commedia in italiano, La Cassaria di Ludovico Ariosto, debitrice del modello terenziano di commedia. I papi, invece, videro nel teatro uno strumento politico: dopo anni di osteggiamenti, il papato avallò finalmente l'arte teatrale, dapprima sotto lo sprone di Sisto IV della Rovere che grazie all'Accademia Romana di Pomponio Leto vide il rifacimento di molte commedie latine; successivamente il contributo di Papa Alessandro VI, amante delle rappresentazioni, permise la diffusione delle stesse a molte celebrazioni, tra cui i matrimoni e le feste.

Altro centro importante della rinascita del teatro moderno fu Firenze, dove prima in assoluto fu inscenata nel 1476 una commedia classica, l'Andria di Terenzio[17]. Il capoluogo toscano si distinse, nel XV secolo, per l'enorme sviluppo della Sacra rappresentazione, ma ben presto una schiera di poeti, a partire da Agnolo Poliziano, diedero il loro contributo alla diffusione della commedia rinascimentale.

Una figura a sé stante è quella di Angelo Beolco detto Il Ruzante, autore di commedie in dialetto pavano, attore e regista spalleggiato dal mecenate Alvise Cornaro: sebbene la particolarità linguistica ne permise poco la diffusione in ambito italiano alternando periodi di celebrità e dimenticanza dell'autore nel corso dei secoli, egli rappresenta l'esempio di utilizzo del teatro come rappresentazione della società contemporanea, molto spesso vista dalla parte del contado. Venezia, nella quale si agiva uno scenario di variegate attività teatrali, sviluppò in ritardo la diffusione di quest'arte in virtù di un emendamento del 1508 del Consiglio dei Dieci, che proibiva l'attività teatrale. L'editto non fu mai pedissequamente osservato, e grazie a queste infrazioni si svilupparono il mariazo, l'egloga, la commedia pastorale, la commedia erudita o colta. Sempre Venezia vide difatti la nascita di una commedia anonima, La Venexiana, assai lontana dai canoni della commedia erudita, in cui si riflette uno spaccato licenzioso e brillante oltre che dissacrante della libertina aristocrazia della Serenissima. Un autore a sé, anch'esso carico di originalità creativa e teso alla bizzaria, è Andrea Calmo, poeta del quale ci son pervenute sei opere e che godette di una certa fama nella natìa Venezia.

A cavallo tra XV e XVI secolo Roma divenne il centro di una serie di studi sull'arte teatrale che permisero lo sviluppo della scena prospettica e della sperimentazione scenografica, grazie agli studi di Baldassarre Peruzzi, pittore e scenografo.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Festività ancora pagane, come la vendemmia, e agite per lo più in piccoli centri abitati.
  2. ^ Di questa seconda radice Dario Fo parla come di una vera cultura alternativa a quella ufficiale: sebbene diffusa come idea, alcuni studiosi come Giovanni Antonucci non concordano nel considerarla tale. A tal proposito si veda Giovanni Antonucci, Storia del teatro italiano, Roma, Newton Compton Editori, 1995, pp.10-14.
  3. ^ Tra i primi ad assumere un atteggiamento di analisi trasversale nello studio del teatro vi è Mario Apollonio, storico teatrale al quale si deve un approccio diversificato dalla scuola crociana, che vedeva nel teatro la supremazia della parola scritta e nel suo effetto sullo spettatore un interesse sociologico. Apollonio si focalizza sulla parola parlata e agita, includendo quindi nell'analisi del fenomeno teatrale un significato del tutto differente: interdisciplinare, che doveva cogliere anche in altri campi di studio le armi necessarie per affrontare e comprendere l'argomento.
  4. ^ Il medesimo concetto lo si ritrova in Giovanni Antonucci, Storia del teatro italiano, Roma, Newton Compton Editori, 1995, p. 11.
  5. ^ Alcuni storici sottolineano anche che alla Chiesa necessitava di imporsi come religione dell'Impero, reprimendo il paganesimo e le forme di espressione culturale che da esso derivavano: tra queste, la pratica teatrale. Cfr. Antonio Attisani, Breve storia del teatro, Milano, BCM, 1989, p. 60.
  6. ^ Giovanni Antonucci, Storia del teatro italiano, Roma, Newton Compton Editori, 1995, p. 12.
  7. ^ Anche qui i pareri sono discordi: se taluni (come Giovanni Antonucci) vedono nella sacra rappresentazione un'evoluzione della lauda drammatica umbro-abruzzese, altri (vedansi i lavori e gli studi di Paola Ventrone) vi riconoscono esiti originali ed esperienze diversificate.
  8. ^ Il teatro medievale abruzzese e la Sacra Rappresentazione, dal sito del comune di Teramo.
  9. ^ Mario Apollonio, Storia del teatro italiano, Milano, BUR, 2003, pp. 183 e segg..
  10. ^ Le Muse, De Agostini, Novara, 1965, Vol. IV, pag. 325
  11. ^ Ferruccio Bertini, Il «De Uxore cerdonis», commedia latina del XIII secolo, «Schede medievali», 6-7 (1984), pp. 9-18
  12. ^ Douglas Radcliff-Umstead, The Birth of Modern Comedy in Renaissance Italy, 1969 (p. xviii)
  13. ^ Mario Apollonio, Storia del teatro italiano, Milano, BUR, 2003, p. 186..
  14. ^ Paolo Rosso, Teatro e rappresentazioni goliardiche, in: Dario Mantovani (a cura di), Almum Studium Papiense. Storia dell'Università di Pavia, vol. I, tomo, I, p. 667
  15. ^ Alessandro Perosa, Teatro umanistico, 1965 (pp. 10-11)
  16. ^ Giovanni Antonucci, Storia del teatro italiano, Roma, Newton Compton Editori, 1995, p. 18.
  17. ^ Giovanni Antonucci, Storia del teatro italiano, Roma, Newton Compton Editori, 1995, p. 21.