Utente:Mario Alvino/La biblioteca come ipertesto

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“La biblioteca come ipertesto: verso l’integrazione dei servizi e dei documenti” è un’opera di Riccardo Ridi pubblicata nel 2007, in cui il concetto-o, meglio, il paradigma-di ipertestualità emerge come la chiave per comprendere funzioni e sviluppi futuri delle “reti” (termine che ha soppiantato il più consunto “sistema”) bibliotecarie e che consente una gestione ottimizzata e omogenea. Il libro, composto di tre parti, grazie alla ricchezza di rimandi tra i capitoli di cui ogni parte è a sua volta sezionata, nonché all’eccelso lavoro di citazioni e annotazioni tratte da un vasto panorama di studiosi, rievoca la struttura di una iperscrittura ben integrata.

Parte 1. Le biblioteche e l'ipertestualità

Nella prima parte l’autore si cimenta in una trattazione teoretica atta a sciogliere, cioè a definire, pur senza semplificarli, i nodi centrali di questa “metadisciplina” ( <<in quanto si occupa delle strutture e degli ordinamenti delle conoscenze stesse>>[1] ).Il testo affronta la questione, fondativa di ogni scienza bibliografica, su cosa sia un documento, e, rompendo i limiti che canonicamente in passato lo astringevano esclusivamente come testuale o alfanumerico, tenta di tracciarne dei nuovi. Insorge la difficoltà di questo compito quando si riflette sull’illimitata possibilità di ogni oggetto di veicolare informazioni, tanto da poter far coincidere docuverso con universo tout court. La questione si risolve sottolineando l’aspetto intenzionale del fruitore: <<ogni osservatore crea i propri documenti>>[1]. Ridi mostra il panorama delle risorse elettroniche distinguendo tra quelle locali, off-line (REL) e quelle remote, on-line (RER), e riflette sul fenomeno della convergenza al digitale paragonandola, per queste ultime, ad una “rivoluzione copernicana” per cui<<non sono più i documenti ad andare verso i lettori>>[1] ma viceversa. La natura del documento digitale è messa in luce metaforicamente con il concetto di liquidità: il contenitore, cioè la forma in cui un documento si presenta, plasma solo temporaneamente il contenuto dell’informazione che , quindi, può mutare secondo la volontà dell’utente. Questa metafora compendia le caratteristiche essenziali dei documenti digitali, come la flessibilità, la trasmissibilità, la granularità, l’interattività, la mancanza di autorità. Venendo poi a trattare dell’ipertesto, Ridi lo definisce come un testo <<non unisequenziale (non unilineare) e quindi multisequenziale (multilineare), ovvero un documento che non deve necessariamente essere letto seguendo un unico ordine>>[1]. Di seguito l’autore passa ad ispezionare gli attributi che competono agli ipertesti secondo diversi gradi -infatti:<<l’ipertestualità non è una caratteristica discreta>>[1]; e ancora:<<il livello di ipertestualità di un documento non è una grandezza oggettiva e immutabile>>[1]. Nella rappresentazione di ipertesto <<come una rete formata da nodi collegati fra loro da link>>[1]sorgono delle criticità, d’altronde naturali se si considerano le caratteristiche di queste reti (il web in special modo) e le si contestualizza con l’aspirazione ad una rete aperta, ospitale e ricca di itinerari personalizzabili in cui i documenti comunichino tra di loro a seconda dell’interesse del fruitore, pur mantenendosi integrati. L’integrabilità, cioè l’estensibilità di nodi e collegamenti, l’interattività, ovvero la possibilità del fruitore di intervenire creativamente, e la multimedialità- o, meglio, ipermedialità- cioe’ il connubio tra media diversi accessibili per più vie, sono gli attributi che più di tutti rispecchiano il paradigma ipertestuale, rendendo l’ipertesto <<il regno della libertà>>,[1] con il rischio, però, di disorientamento da parte di chi ne fruisce nonché di ambiguità nel discernere tra il ruolo del lettore e quello dello scrittore, che sembrano fondersi. La biblioteca è sempre stata, nella sua intrinseca natura, ibrida, nella raccolta dei documenti così come nei servizi di gestione o di fruizione. È chiaro che in entrambi i fronti è in atto da tempo un processo continuo (non discreto) rispettivamente di digitalizzazione e di automazione che mira al passaggio dalla biblioteca tradizionale a quella virtuale.

<<Potremmo vedere la biblioteca come una rete ipertestuale i cui nodi sono costituiti non solo da documenti ma anche da persone, uniti fra loro in vari modi dai link rappresentati dai servizi>>[1]. Non stupisce, difatti, che nelle biblioteche si ritrovino le stesse caratteristiche note per gli ipertesti: granularità, multilinearità, multi-e iper- medialità, integrabilità e interattività. Per mezzo di queste, specificamente organizzate in ogni singola concreta gestione, è possibile agognare alla<<ricerca della fantomatica interfaccia perfetta>>[1] che permetta la connessione con l’interezza del docuverso, la cui continua crescita non va limitata. Funzione primaria della biblioteca è la mediazione informativa, svolta tramite il servizio di reference e la gestione di sistemi integrati, con cui si automatizzano le procedure, e le reti interoperabili. 

Ridi analizza in chiave ipertestuale le cinque leggi della biblioteconomia prodotte da Ranganathan: 1. I nodi sono fatti per essere letti, percorsi e scritti; 2. Ad ogni utente il suo percorso; 3. Ad ogni percorso il suo utente; 4. Crea i link più diretti; 5. Una biblioteca è un ipertesto che cresce.

Parte 2. La biblioteca digitale come ipertesto

Nella seconda parte la trattazione diviene più pratica, eminentemente tecnica; il lettore acquisisce le conoscenze con cui carpire a pieno le questioni afferenti ai documenti ed alle biblioteche digitali. Si distingue il concetto di biblioteca digitale da quelli affini di biblioteca ibrida e biblioteca virtuale; i documenti contenuti in essa sono esclusivamente digitali ( è importante ricordare che tra questi alcuni sono nativamente digitali, mentre altri digitalizzati a posteriori per mezzo di vari metodi e contenuti in vari formati) gestiti elettronicamente. Qualunque sia il metodo con cui si intende digitalizzare un documento analogico-che sia la digitazione manuale di un testo, o tramite un’acquisizione meccanica per lo più per video e suoni-ci sono alcune fattori da tenere in conto, come: il costo , il tempo impiegato, l’affidabilità all’originale e il rischio a cui questo è sottoposto nel processo, l’interesse degli utenti e l’<<utilità nell’ambito della didattica e della ricerca>>[1]. Tra le numerose nuove proposte editoriali nate grazie alla rivoluzione tecnologica, i periodici, ovvero gli “e-journals”, sembrano godere di una maggiore fortuna. Nonostante ciò, queste pubblicazioni persistono ancora a ricalcare le impronte dei periodici cartacei, fenomeno spiegabile come <<difficoltà e lentezza nell’abbandonare un paradigma culturale non più giustificato dalle mutate condizioni tecnologiche>>[1]. Un’altra novità sono gli archivi ad accesso gratuito, “open archives”, a cui molti ricercatori si affidano per sfuggire alle limitazioni di tempo e alla peer review inevitabili per i periodici. Si gioca in questi anni, inoltre, il destino di un altro tipo di documento, il libro elettronico( e-book), che potrebbe, a causa della sua ipertestualità, sostituire il nostro stesso modo di confrontarci con il libro. Già consolidate sono invece le banche dati, <<collezioni di dati digitali fortemente strutturati >>[1] utilizzate per lo più per il fine della consultazione. A causa dell’evanescenza e fragilità dei documenti digitali si genera un vero e proprio problema circa la loro conservazione. Ciò è dato innanzitutto da una scarsa durata fisica dei supporti digitali, che richiedono di versare continuamente i contenuti in diversi contenitori, dall’obsolescenza dell’hardware per la decodifica e per l’esecuzione dei programmi, nonché dei software. L’estrema volatilità ed instabilità dei documenti su internet porterà, se non si procederà ad un lavoro di archiviazione, questa piattaforma ad essere privata di una reale dimensione storica. Per prevenire ciò è necessario impegnarsi in alcune operazioni, specifiche per ogni tipo di documento, come la standardizzazione, cioè l’adozione di linguaggi standard, il refreshing e la migrazione, l’adattamento dei documenti ai supporti ed ai software correnti, la museificazione di hardware e software, backup atomico, cioè stampa su carta o microfilm. Ogni biblioteca si compone, oltre che di documenti, anche di servizi, i quali, dipendendo da questo rapporto, regolano la domanda degli utenti e l’offerta documentaria. I principali servizi della biblioteca digitale sono il print on demand , ovvero il servizio di stampa, il document delivery, il deposito legale, il prestito, la personalizzazione. L’elemento caratterizzante del servizio bibliotecario è costituito, però, dal reference digitale, che consiste <<nell’assistere, istruire e informare utenti che si trovano lontani dalle sedi bibliotecarie>>[1] tramite mezzi di comunicazione telematici.

Parte 3. Il futuro ipertestuale delle biblioteche

Per ovviare alla dispersione informativa causata dalla crescita vertiginosa degli ultimi anni di un ingente massa di informazioni si progettano oggi delle soluzioni, nelle biblioteche come nel web, che mirano al controllo e all’integrazione. Una di queste è il web semantico, un’evoluzione dell’odierno web, utopico per certi versi, dove gli strumenti di ricerca trovino le informazioni, ne verifichino il contenuto relazionando tra loro più risultati attraverso l’uso di ontologie. All’interno dei portali bibliotecari il reference linking rende possibile ricerche trasversali sfruttando la connessione tra i macrodocumenti e le parti di cui si compongono. L’autore esalta le qualità, peraltro rinvenibili tra i fini delle biblioteche, dell’open acces con cui si tenta di ridimensionare <<lo strapotere degli editori scientifici privati>>[1].

Per il problema della conservazione dei documenti digitali l’obbligo di deposito legale nelle biblioteche nazionali centrali(a Roma e a Firenze in italia) non risulta essere abbastanza efficace e richiede la cooperazione tra le biblioteche, gli autori, gli editori e i cosiddetti soggetti pubblici: università, centri di ricerca etc...
Chiaramente la conservazione dei documenti,  la garanzia di autenticità e la loro persistenza - questi gli obbietivi del deposito legale- non devono invadere e violare la privacy di enti o persone coinvolti nei materiali depositati e devono rispettare <<il diritto morale>> per chi effettua una ricerca <<di non essere costretti a recuperare informazioni errate o obsolete >>[1].       

Successivamente Ridi elabora un modello di integrazione razionale del docuverso digitale rappresentato da un triangolo costituito dagli open archives, che potrebbero crescere notevolmente in futuro, dai periodici elettronici, che abbandonerebbero il doppio binario analogico/digitale e, superando l’abituale e secolare identità di periodico, creerebbero degli archivi chiusi contenenti articoli revisionati e selezionati, dando maggior risalto alla qualità, e infine dalle bibliografie.<<Al centro di questo triangolo documentario si collocherebbero le biblioteche digitali>>[1] i cui compiti di conservazione, di selezione e di organizzazione sarebbero implementati grazie all’armonia delle lore interfacce con gli altri lati del triangolo. Nella parte finale dell’opera, l’autore introduce la teoria della biblioteca come conversazione elaborata da David Lankes, confrontandola al proprio paradigma ipertestuale, reputato più convincente in quanto nella prima metafora <<scompare la fondamentale dimensione documentaria delle biblioteche >>[1], essa indica ciò che la biblioteca fa ma non ciò che è, mentre l’ipertesto <<copre sia l’aspetto della comunicazione che quello della documentazione>>. <<La biblioteca è un mezzo, non un fine>>[1] : sembrerebbe che gli obiettivi canonici delle biblioteche, <<selezionare, conservare, organizzare e rendere disponibili>> documenti, oggi, per diverse esigenze, stiano per aumentare, accogliendo anche<<la loro produzione, manipolazione e pubblicazione>>[1]. <<Sembra profilarsi all’orizzonte il momento in cui le biblioteche decidano di superare, nell’erogazione dei propri servizi, il confine fra lettura e scrittura>>[1]. Delineare quando, come e in quali direzioni avverrano i cambiamenti intravisti è ancora del tutto affidato all’incertezza, ma ciò che di sicuro si può dire è che questa è un’epoca di forti sperimentazioni e rivoluzioni.

  1. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u Biblioteca come ipertesto.