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Narciso Feliciano Pelosini

Deputato del Regno d'Italia
LegislaturaXV, XVI
Sito istituzionale

Senatore del Regno d'Italia
Durata mandato4 dicembre 1890 –
9 luglio 1896
LegislaturaXVII
Sito istituzionale

Dati generali
Professioneinsegnante e avvocato

Narciso Feliciano Pelosini (Fornacette, 9 giugno 1833Pistoia, 9 luglio 1896) è stato un avvocato, scrittore e politico italiano di ispirazione liberale.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Nacque il 9 giugno 1833 a Fornacette (Pisa), da Giuseppe Pelosini e Maddalena Franchi. Ultimo di cinque figli, aveva assistito alla morte prematura delle due sorelle e del fratello sacerdote, morto in giovane età nel 1857[1].

Oltre all'avvocatura e alla carriera politica, di dedicò anche alla letteratura, che fu la giovanile aspirazione della sua vita. Firmò le sue opere con la sigla N.F.P. o come Giovan Paolo d'Alfiano, l'antico nome del paese natale.

Si ammalò di sifilide, per questo fu spinto a non legarsi sentimentalmente e a rinunciare al matrimonio.

Negli ultimi anni della sua vita attraversò un periodo di crisi spirituale che sfociò in una riscoperta della fede religiosa e della tradizione cattolica. Si ritirò in solitudine in una casetta sul Monte Pisano[2].

Morì a Pistoia il 9 luglio 1896.

Ancora oggi è visibile una lapide presso la sua casa natale in via Tosco Romagnola a Fornacette (Pisa).

Formazione[modifica | modifica wikitesto]

Seguendo le orme del fratello sacerdote, si iscrisse al seminario a Montepulciano, che lasciò per la facoltà di Giurisprudenza a Pisa, dove seguì le lezioni del criminalista Francesco Carrara. Successivamente si trasferì all'Università di Siena dove si laureò nel 1854. Nel frattempo aveva iniziato a scrivere e, nel 1853, erano uscite le sue Poesie Italiane[1]. Tornò a Fornacette, dove si preparò per l'avvocatura presso lo studio del giurista Francesco Carrara. Continuò a dedicarsi alla sua passione letteraria e, frequentando gli ambienti intellettuali, conobbe, tra gli altri Giosuè Carducci.

Gli incontri intellettuali[modifica | modifica wikitesto]

A Pisa entrò a far parte degli ambienti intellettuali. Partecipò con piacere alle polemiche letterarie che vedevano contrapposti i classicisti e i romantici. Conobbe Felice Tribolati, Francesco Buonamici, Giuseppe Puccianti, Raffaello Fornaciari, Giuseppe Chiarini, Ottaviano Targioni-Tozzetti, Isidoro Del Lungo. Proprio Tribolati contribuì alla sua conversione al classicismo e al purismo che lo portò a rinnegare il suo primo libro[2].

In quest'ambiente, nel 1853, conobbe Giosuè Carducci, studente alla Scuola normale superiore, fu il principale punto di riferimento dei letterati pisani[2]. Per Pelosini questi furono grandi anni di speranze letterarie. Il suo rapporto con Carducci fu tumultuoso e capì presto che il letterato pensava soprattutto per sè, senza condere nulla a nessuno. Quando Carducci si laurea e si abilitata all'insegnamento, Pelosini va via da Pisa e comprende che quell'epoca magica è giunta al termine. I rapporti con Carducci cessarono definitivamente nel 1862[1].

Pelosini conobbe Giacomo Puccini, i due strinsero un rapporto di forte amicizia. In un'occasione ne fu anche l'avvocato difensore.

Carriera[modifica | modifica wikitesto]

Pelosini impostò la sua vita tra il faticoso "mestiero" di avvocato e l'amata letteratura. Ormai avvocato di grande fama, nel 1870 fu titolare della cattedra di Encicplopedia giuridica all'università di Pisa. Egli aspirò alla cattedra di diritto penale del suo defunto maestro Francesco Carrara, senza riuscirci[1]. Fu poi titolare della cattedra di diritto penale presso l' Istituto Cesare Alfieri di Firenze e ciò gli consentì di partecipare ad illustri processi dell'epoca, tra cui anche quello fra il politico Giovanni Nicotera e la Gazzetta d'Italia.

Fu eletto deputato del gruppo della Destra per due legislature, eletto nel 1882 nel Consiglio di Pisa e nel 1886 in quello di Volterra. Nel 1890 fu eletto senatore del Regno.[3]

La sua attività politica fu principalmente orientata nella riforma del diritto penale.[4]

Opera "Maestro Domenico"[modifica | modifica wikitesto]

L'opera "Maestro Domenico", scritta nel 1871, fu la sua opera più famosa. In tutte le sue opere ripercorre le fasi del "trauma della nascita", che è per lui il trauma stesso di esistere e racconta della fede religiosa recuperata nel suo aspetto predominante del rituale ossesivo, rappresentato nella figura paterna del Maestro Domenico.[1]

Quest'opera fiabesca racconta di un personaggio, Maestro Domenico, un falegname vissuto all'epoca del Granducato di Toscana, che ben presto si accorge che l’antico mondo contadino era scomparso definitivamente, sostituito da un' Italia composta da repubblicani anticlericali, di massoni e di politicanti di mestiere che aveva portato alla caduta di Roma e alla fine dello Stato della Chiesa. Il racconto sembrava rispecchiare il travaglio interiore dei cattolici italiani che, assopitisi nel periodo della Restaurazione, non si erano resi conto che nel frattempo il potere temporale della Chiesa era andato distrutto[2]. Il protagonista del racconto, conosciuto come colui che si addormenta nel Granducato di Toscana e che si risveglia anni dopo nel Regno d'Italia, farebbe riferimento al padre di Pelosini, che come il protagonista della fiaba, svolge al contempo l’attività di artigiano e quella di insegnante per il suo popolo.

Nell'opera è presente anche un velato messaggio di denuncia, vengono passati in rassegna l’oppressione del potere, la stoltezza della burocrazia, la superficialità della stampa, l’inettitudine della politica, la volgarità dei costumi, la diffamazione della religione.[5]

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Cavaliere dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro - nastrino per uniforme ordinaria

Opere letterarie[modifica | modifica wikitesto]

  • Poesie italiane, Siena 1853
  • Liriche, Nistri, Pisa 1862
  • Intorno alle nuove elezioni. Avvertenze politiche per un giureconsulto toscano, Nistri, Pisa 1865
  • Ad Edgardo Quinet. Lettera politica d'un giureconsulto toscano, Nistri, Pisa 1868
  • Maestro Domenico, 1871 (ultima edizione: a cura di Gianandrea de Antonellis, Solfanelli, Chieti 2012, ISBN 978-88-89756-43-0)
  • Amenità bibliografiche della vecchia Toscana, Nistri, Pisa 1871
  • Scritti letterari, Barbèra, Firenze 1884
  • Narciso Feliciano Pelosini, Ricordi, tradizioni e leggende dei monti pisani, per N. F. Pelosini, Pisa, Tipografia di Francesco Mariotti, 1890. URL consultato il 3 febbraio 2021.
  • Echi dei monti. Per le nozze Orsini-Guerrini, Mariotti, Pisa 1892

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Benedetto Croce, N.F. Pelosini, in La letteratura della nuova Italia, vol. V, Laterza, Bari 1957, pp. 238-244.
  • Gioiello Tognoni, Pelosini, Carducci e altri, Tagete Edizioni, Pontedera 2008
  • Elena Ceccarini, Gli Orsini Baroni. Storia Politica, Diplomazia, Edizioni ETS, Pisa, 2010
  • Luca Orsini, Ricordo di Narciso Feliciano, Tagete, 2004.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e Luca Orsini, Ricordo di Narciso Feliciano, Tagete, 2004.
  2. ^ a b c d treccani.it, https://www.treccani.it/enciclopedia/narcisio-feliciano-pelosini_(Dizionario-Biografico)/.
  3. ^ treccani.it, https://www.treccani.it/enciclopedia/narcisio-feliciano-pelosini_(Dizionario-Biografico)/.
  4. ^ rivistacontrorivoluzione.blogspot.com, http://rivistacontrorivoluzione.blogspot.com/2017/02/pelosini-e-il-maestro-domenico-di.html.
  5. ^ rivistacontrorivoluzione.blogspot.com, http://rivistacontrorivoluzione.blogspot.com/2017/02/pelosini-e-il-maestro-domenico-di.html.