Utente:Francesco Garreffa/Sandbox

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NOI DONNE[modifica | modifica wikitesto]

Il titolo della rivista si rifà a quello di un altro giornale fondato durante la guerra di Spagna e poi stampato anche a Parigi nel novembre 1937 come foglio clandestino, per iniziativa delle antifasciste in esilio Teresa Noce e Xenia Silberberg.[1]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Noi Donne fu rifondata durante la Resistenza come organo dei Gruppi di difesa della donna e dopo la Liberazione divenne l'organo dell'UDI.

Dopo l’8 Settembre del 1943 sono numerose le edizioni che vengono pubblicate in forma clandestina nelle regioni occupate dai nazifascisti: lo troviamo in Lombardia, in Emilia Romagna (più precisamente sono attestate delle copie a Bologna), in Toscana e in Piemonte(fonte?).

Nel luglio del 1944 Noi Donne esce dalla clandestinità ed è stampato a Napoli sotto la direzione di Laura Bracco, con l'aiuto di Nadia Spano e la collaborazione di Rosetta Longo. Successivamente la redazione e l’amministrazione vengono trasferite a Roma e a Laura Bracco si affianca questa volta a Vittoria Giunti, insegnante che usciva dalla lotta antifascista clandestina.

Nonostante la maggioranza delle donne non abbia imbracciato le armi (sono solo 115.268 le donne a cui è stato riconosciuto un ruolo all’interno della Resistenza, tra cui “le cadute”, “le condannate”, “le decorate”, ma è probabile che il numero sia ben più grande; un computo esatto non è possibile a causa della clandestinità in cui questa guerra veniva condotta) tuttavia in tanti e vari modi le donne hanno collaborato all’interno del complesso e vasto fenomeno della Resistenza; uno di questi era la redazione della stampa clandestina.

Secondo Marisa Rodano gli scopi del giornale erano chiari: essere un giornale per tutte le donne, e costituire un legame per tutte le energie femminili vogliose di battersi per sconfiggere il fascismo.

Secondo Bianca Guidetti Serra inoltre compito del giornale era quello di rafforzare i Gdd, selezionare le partigiane, incoraggiare i giovani ad imbracciare le armi e partecipare direttamente alla costruzione di un’Italia diversa, far conoscere la lotta delle donne nell'Italia occupata, sollecitare nell'Italia liberata lo sviluppo di un movimento di donne. Secondo il giornale la donna, all’interno della Resistenza ha il compito di realizzare e distribuire volantini, compiere azioni di sabotaggio oltre che assistere i feriti[2]. In alcuni casi  Noi donne dà conto anche della formazione di gruppi femminili deputati al soccorso dei partigiani feriti in combattimento.


" La tecnica utilizzata dalla rivista consisteva in un foglio politico che, allo stesso momento però, non rinunciava a parlare di temi che “tradizionalmente le donne sono abituate a trovare nei periodici ad esse diretti: narrativa, moda, cucina...”.

Fra le scelte editoriali assunte sin dai primi anni ci fu quella dell'interclassismo: la rivista intendeva superare i pregiudizi e le vecchie tradizioni, combattere per i diritti delle donne mettendo da parte le divisioni di classe. Un'altra scelta di fondo fu quella di dare la precedenza all'aspetto economico della questione femminile, e quindi innanzitutto alla lotta per la parità salariale, e poi a quelle per l'abolizione del licenziamento per matrimonio o per l'ammissione alle carriere statali. Prima degli anni Settanta Noi Donne era l'unico settimanale che portasse avanti la battaglia per l'emancipazione femminile[3].




[Quale sia il dovere della donna è un tema ricorrente nei vari articoli comparsi su Noi donne, Noi donne romagna n_2.pdf (stampaclandestina.it) ]



Tra le collaboratrici e i collaboratori di Noi donne si possono citare Ada Gobetti, Camilla Ravera, Nadia Gallico Spano, Anna Maria Ortese, Marguerite Duras, Giovanna Pajetta, Umberto Eco, Gianni Rodari, Maria Antonietta Macciocchi, Ellekappa, Franca Fossati, Pat Carra, Roberta Tatafiore, Cristina Gentile, Ida Magli, Mariella Gramaglia, Bia Sarasini, Silvia Neonato, Anna Maria Crispino, Nadia Tarantini, Patrizia Carrano, Maria Rosa Cutrufelli, Valentina Savioli, Adriano Sofri, Rosi Braidotti.

Inizialmente mensile, negli anni successivi la periodicità diventerà quindicinale e poi settimanale sotto


la lunga direzione di Giuliana Dal Pozzo e di Miriam Mafai.

Nel 1969 cambiò la forma giuridica del periodico, in quanto si trasformò in cooperativa delle redattrici[4]. Nel corso degli anni settanta la rivista ebbe il suo momento di massima distribuzione, arrivando a punte di seicentomila copie a numero grazie alla diffusione militante[5]. Il giornale fu protagonista delle battaglie per la parità di salario, per il divorzio, l'aborto e la tutela della maternità. Durante la direzione di Giuliana Dal Pozzo e di Miriam Mafai la periodicità diventò quindicinale e poi settimanale prima di tornare ad essere mensile nel 1981, mantenendo tale modulazione fino al dicembre 2016 quando, sospese le edizioni in versione cartacea, si potenziano le varie declinazioni diffuse virtualmente: dal sito al settimanale on line fino ai social.

In seguito al IX Congresso dell'UDI nel 1973 cambiò anche l'impostazione della rivista, che fino ad allora era stata ispirata ad una visione marxista e perciò si occupava prevalentemente dei problemi economici delle donne. Negli anni settanta Noi Donne iniziò a trattare anche i temi più tipici della riflessione femminista, come la critica dei ruoli sociali, maschile e femminile. Per contribuire su questi temi divennero collaboratrici del periodico esperte come Carla Ravaioli e Elena Gianini Belotti.

La crisi economica portò prima a un tentativo di restyling nel 1998[6], poi a una drastica riduzione della tiratura, infine alla dolorosa scelta di uscire dalle edicole e di ridimensionare la produzione, cosa che portò moltissimi a credere erroneamente che nel gennaio 2000[7] la rivista avesse chiuso .


Noi donne nella Resistenza[modifica | modifica wikitesto]

Temi[modifica | modifica wikitesto]

IL RUOLO DELLA DONNA: NELLA GUERRA[modifica | modifica wikitesto]

Su Noi donne ci si interroga sul ruolo della donna nella dimensione della guerra presente ma si cerca anche e soprattutto di guardare alla futura società e al ruolo che in essa la donna avrà (una simile questione viene trattata da altri giornali clandestini come La compagna e In marcia). Si trovano descritte anche alcune azioni gloriose compiute da partigiane, come il caso delle donne di Parma che hanno strappato al nemico ben 35 partigiani già condannati a morte; oppure il caso della liberazione all'ospedale delle Molinette di Torino di 3 partigiani feriti ad opera di due garibaldine.Sono descritte poi numerose azioni di sabotaggio, come il caso delle donne di Peretola, vicino Firenze, che hanno assaltato i magazzini della Todt per rubare legname oppure le numerose azioni delle mondine.Attraverso Noi donne si delinea il tentativo di emanciparsi dalla condizione di subordinazione all’uomo per diventare protagoniste della lotta attiva: “Oggi il nostro posto è accanto ai nostri uomini.L'insurrezione popolare ha bisogno della nostra collaborazione che dovremo dare con slancio ed abnegazione.”[8]  Le contadine denunciano, attraverso le colonne di Noi Donne nel Luglio del ’44 i soprusi dei soldati nazisti:

“I tedeschi e i fascisti ci rubano tutto, vitelli, maiali, polli, grano, frutta, erbaggi ecc., e se non consegniamo tutto ci incendiano le case e ci ammazzano come se fossimo dei cani”.[9]


Ma c’è di più: attraverso la guerra contro i nazi-fascisti la donna si deve liberare dalla doppia schiavitù  che la vede costretta ad essere una “bestia da soma”. La donna, proletaria s’intende, è sfruttata al lavoro, non ha un’indipendenza economica, ma tornata a casa è attesa da altrettante fatiche del lavoro domestico; insomma la donna non ha tempo libero da dedicare a sé, il suo rischia di essere un animo atrofizzato. Bisogna superare questa condizione in vista di una concezione “più nobile della donna che è compagna dell’uomo nella gioia del lavoro come nella gioia del riposo”.[10]Nel Dicembre del ‘44, ad un anno dalla nascita dei Gruppi di difesa della donna, compare sull’edizione piemontese un lungo articolo che fa il bilancio delle attività compiute dalle donne, che hanno cercato di collaborare in ogni modo e sempre più concretamente, “dando la loro opera [...] per lenire le sofferenze dei colpiti, portando ad essi, con l’aiuto finanziario, la parola di coraggio e di speranza”[Nota]. In queste edizioni, oltre che tracciare un bilancio dell’esperienza di guerra si guarda già al futuro, nella speranza che i Gruppi di difesa della donna possano diventare parte integrante “degli organi dirigenti per la ricostruzione dell’Italia”[11].

IL RUOLO (FUTURO) DELLA DONNA: IN POLITICA[modifica | modifica wikitesto]

Chiaro il grido delle donne per poter partecipare anche alla futura vita politica dell’Italia: a questo proposito è sintomatico il riferimento ad un intervento di Palmiro Togliatti pubblicato su Noi donne nel Settembre del ’44: in un convegno tenutosi nella Roma già liberata il segretario del Partito Comunista aveva messo al centro la necessità che le donne votassero per l’Assemblea Costituente.

Secondo l’articolo le donne “dovranno avere la direzione di quegli organismi che in modo particolare interessano le donne: istituzioni per la maternità ed infanzia, istituti di assistenza e beneficenza”. Attraverso Noi donne traspare la volontà di ottenere un ruolo centrale nella futura democrazia, ma per poter “collaborare alla direzione dello Stato” bisogna prepararsi fin da subito a governare (come recita il titolo dell’articolo)[12].

Come prepararsi a governare? Le donne devono iniziare ad avere più fiducia in se stesse, devono responsabilizzarsi per acquisire esperienze e capacità, utili per la futura Italia [nota].

IL RUOLO DELLA DONNA: NELLE FABBRICHE[modifica | modifica wikitesto]

Noi donne testimonia anche la condizione della donna nelle fabbriche nella Repubblica Sociale: nella fabbrica Michelin ad esempio, le donne sono costrette a lavorare per turni di dodici ore con l’asfissiante odore di benzina sotto il naso[13]. Con l’inverno del ’44 che si avvicina, aumentano le proteste a Milano per ottenere aumenti salariali in cui le donne (grazie all’azione dei Gruppi di difesa della donna, dei Comitati di agitazione, oltre che del Comitato sindacale) ottengono risultati non trascurabili: alcune officine infatti fanno delle concessioni salariali senza distinzione di sesso[14]. Su Noi donne troviamo documentati anche i numerosi scioperi di cui le donne sono protagoniste dal Gennaio del 1944 fino all’Aprile del 1945. In particolare lo sciopero avvenuto a Torino nel Marzo del 1944, in seguito al tentativo da parte dei tedeschi di portare in Germania i macchinari della FIAT, mette in luce i grandi sforzi dei Gruppi di difesa della donna nella distribuzione di volantini e nell’organizzazione della manifestazione. Si legge sul numero edito in Lombardia il 3/8/1944:


“Le operaie hanno dimostrato, come già altre volte, di essere all'altezza del loro compito. [...] Le donne dovranno però, oltre a questa collaborazione, organizzare dei veri gruppi di difesa e di azione femminili per resistere alle deportazioni delle operaie, delle macchine e della produzione, con scioperi e fermate di lavoro, per intensificare il sabotaggio, continuando nello stesso tempo la lotta per le rivendicazioni immediate.”[15]

L’invito è rivolto quindi non solo alle operaie, ma alle donne in generale: più avanti, sempre nello stesso numero si invitano le contadine a nascondere il grano in vista delle requisizioni dei tedeschi, e le massaie a fare lo stesso. Nel Marzo e Aprile del 1945, con l’avanzata degli eserciti alleati in Europa, si verificano altri grandi scioperi insurrezionali: l’8 Marzo a Milano è “una giornata di mobilitazione generale” che vede donne di ogni classe sociale e schieramento scendere in piazza contro la fame e la violenza, nel tentativo di accelerare la liberazione dell’Italia dall’usurpatore nazi-fascista; in questa giornata particolare vengono anche ricordate le donne cadute in combattimento, e “le combattenti che lottano clandestinamente, che sfidano ogni giorno la deportazione […] senza scoraggiarsi di fronte ai disagi e ai pericoli”[16].

LA PARTECIPAZIONE GIOVANILE E INTELLETTUALE ALL'INTERNO DEL GIORNALE[modifica | modifica wikitesto]

All’interno di Noi donne troviamo anche alcuni inviti di intellettuali e insegnanti alla partecipazione e ad aiutare i partigiani; in particolare, nel Luglio del ‘44, una studentessa si interroga sul ruolo che intellettuali, insegnanti, studenti e studentesse oltre che professionisti, devono assumere all’interno della Resistenza: chi lavora per lo Stato deve volgersi “a vantaggio della lotta di liberazione”, ma qualora ciò non sia possibile, è invitato a lasciare il proprio lavoro. Si invitano le studentesse a lasciare gli studi per accorrere in aiuto dei partigiani. Infine l’invito è sempre quello di riunirsi nei Gdd, di sostenere con denaro, cibo e vestiti la Resistenza, di dare asilo e di procurare assistenza medica ai partigiani.








[Incitamento all’Insurrezione da parte di una studentessa, apparso sull’edizione del 10 Luglio del ‘44, http://www.stampaclandestina.it/wp-content/uploads/numeri/NOI_DONNE_TOSCANA_1944_a_1_n_5.pdf ]









“Compagne! sta a noi, ormai, dimostrare se siamo degne delle nostre idee, e se siamo degne delle nostre compagne operaie e dei nostri uomini, sta a noi, come a tutti, fare di questa lotta di liberazione l’inizio della rinascita del nostro popolo”[17]


Circa un mese prima, sull’edizione lombarda di Noi donne, veniva pubblicata parte di una lettera inviata da un’insegnante che sottolineava il ruolo fondamentale e la responsabilità delle educatrici. Bisogna comunicare alle ragazze e ai ragazzi della nuova generazione “l’amore per la libertà strappata col sangue dei martiri”; bisogna insegnare loro e trasmettere i valori dei grandi del passato con cui gli stessi insegnanti sono stati educati. Infine fondamentale è trovarsi, alla fine della guerra, dalla parte giusta, senza cercare alcun compromesso col regime fascista[18].

Noi Donne nel terzo millennio[modifica | modifica wikitesto]

Il giornale arriva alle soglie del 2000 nel pieno di una pesante crisi finanziaria che viene superata, grazie ad una profonda riorganizzazione, e grazie ad un riassestamento interno e ad un riposizionamento nel mercato editoriale. Tale fase è stata espressione della generosità e professionalità che tante amiche hanno messo a disposizione di una rinnovata rete di contatti e contaminazioni avviata sotto la direzione di Tiziana Bartolini. Attualmente è reperibile per abbonamento o presso le librerie Feltrinelli. Il sito e il settimanale on line, sono la conferma dell’impegno al servizio di un progetto editoriale di genere che ha mostrato di saper essere dinamico, aperto alle innovazioni anche tecnologiche e sensibile alle potenzialità della rete e dei social media.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Guidetti Serra B., Quello che scrivevano le donne sui giornali della Resistenza in Laura Derossi (a cura di), 1945 Il voto alle donne, Milano, FrancoAngeli, 1998, p. 102
  2. ^ Guidetti Serra B., Quello che scrivevano le donne sui giornali della Resistenza in Laura Derossi (a cura di), 1945 Il voto alle donne, Milano, FrancoAngeli, 1998, p. 116
  3. ^ Avanti sulla via dell’insurrezione, “Noi donne Piemonte”, 30 giugno 1944 http://www.stampaclandestina.it/wp- content/uploads/numeri/NoiDonneEdPiemonte_N04-44.pdf
  4. ^ Brave le compagne, “Noi donne Piemonte”, maggio 1944 http://www.stampaclandestina.it/wp- content/uploads/numeri/NoiDonneEdPiemonte_N02-44.pdf
  5. ^ Difendiamo i nostri figli e le nostre case, “Noi donne Piemonte”, primo giugno 1944 http://www.stampaclandestina.it/wp-content/uploads/numeri/NoiDonneEdPiemonte_01-06-44.pdf
  6. ^ Guidetti Serra B., Quello che scrivevano le donne sui giornali della Resistenza in Laura Derossi (a cura di), 1945 Il voto alle donne, Milano, FrancoAngeli, 1998, p. 118
  7. ^ Un bell’esempio di lotta, “Noi donne Toscana”, 10 luglio 1944 http://www.stampaclandestina.it/wp- content/uploads/numeri/NOI_DONNE_TOSCANA_1944_a_1_n_5.pdf
  8. ^ Dai campi, “Noi donne Toscana”, 10 luglio 1944 http://www.stampaclandestina.it/wp- content/uploads/numeri/NOI_DONNE_TOSCANA_1944_a_1_n_5.pdf
  9. ^ Dai campi, “Noi donne Toscana”, 10 luglio 1944 http://www.stampaclandestina.it/wp- content/uploads/numeri/NOI_DONNE_TOSCANA_1944_a_1_n_5.pdf
  10. ^ Dalla doppia schiavitù alla liberazione femminile, “Noi donne Piemonte”, primo giugno 1944 http://www.stampaclandestina.it/wp-content/uploads/numeri/NoiDonneEdPiemonte_01-06-44.pdf
  11. ^ Un anno di vita, “Noi donne Piemonte”, dicembre 1944. http://www.stampaclandestina.it/wp- content/uploads/numeri/NoiDonneEdPiemonte_N10-44.pdf
  12. ^ Prepariamoci ad amministrare e a governare, “Noi donne Lombardia”, ottobre 1944 http://www.stampaclandestina.it/wp-content/uploads/numeri/noi%20donne%20lombardia_1944_5.pdf
  13. ^ Le condizioni di lavoro delle operaie in regime “repubblicano fascista”, “Noi donne Piemonte”, maggio 1944 http://www.stampaclandestina.it/wp-content/uploads/numeri/NoiDonneEdPiemonte_N02-44.pdf
  14. ^ Lo sciopero di Milano, le donne chiedono anticipi, viveri e combustibili, “Noi donne Lombardia”, novembre 1944 http://www.stampaclandestina.it/wp-content/uploads/numeri/NOI_DONNE_LOMBARDIA_A1_N6.pdf
  15. ^ Avanti sulla via dell’insurrezione, “Noi donne Lombardia”, 3 agosto 1944 http://www.stampaclandestina.it/wp- content/uploads/numeri/NOI_DONNE_LOMBARDIA_A1_N3.pdf
  16. ^ La lotta delle donne milanesi nella giornata internazionale delle donne, “Noi donne Lombardia”, marzo 1945 http://www.stampaclandestina.it/wp-content/uploads/numeri/noi%20donne%20lombardia_1945_2.pdf
  17. ^ Studentesse e intellettuali: avanti per l’Insurrezione Popolare! “Noi donne”, 10 luglio 1944 http://www.stampaclandestina.it/wp-content/uploads/numeri/NOI_DONNE_TOSCANA_1944_a_1_n_5.pdf
  18. ^ Alle insegnanti, “Noi donne Lombardia”, primo giugno 1944 http://www.stampaclandestina.it/wp- content/uploads/numeri/NoiDonneEdPiemonte_01-06-44.pdf