Utente:Cristinatorri.91/Pagina delle prove

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Creata! (Benvenuta) MM (msg) 22:43, 17 feb 2015 (CET)

Studi di circolazione culturale, folclore e cultura dominante in epoca preindustriale[modifica | modifica wikitesto]

Il lavoro dell'autore russo Michail Michajlovic Bachtin intitolato L'opera di Rabelais e la cultura popolare, getta le basi per la ridefinizione del significato di cultura popolare. Attraverso l'opera dello scrittore francese François Rabelais, intitolata Gargantua e Pantagruel, Bachtin analizza la centralità della cultura popolare in epoca medievale e moderna. Egli contribuisce con il suo lavoro a dare una visione più ampia del carnevale e del suo significato. Bachtin individua due elementi fondamentali per comprendere le manifestazioni popolari: il riso e il realismo grottesco.

Jacques Le Goff[modifica | modifica wikitesto]

Jacques Le Goff analizza, a partire dalla seconda metà degli anni 60, l'atteggiamento che la cultura clericale ha nei confronti del folklore in età merovingia[1]. Benchè ci siano degli elementi di incontro, egli ritiene che nel complesso vi sia un blocco della cultura superiore nei confronti di quella inferiore.

Le Goff torna a trattare questa tematica ne L'immaginario medievale pubblicato nel 1988[2]. Egli si sofferma sull'analisi di testi che descrivono viaggi nell'aldilà. L’autore ipotizza che tali testi testimonino lo stretto contatto e gli scambi tra cultura clericale e quella popolare. Le Goff nota per esempio come queste opere abbiano una struttura narrativa condivisa: i protagonisti sono soprattutto monaci. Inoltre i luoghi e i personaggi descritti derivano dalla tradizione folclorica. L’autore sottolinea come nel processo di trasmissione di questi racconti le due componenti della cultura (clericale e folclorica) non si trovino l’una subordinata all’altra, ma come ci sia un equilibrio tra i due attori, che comunicano tra di loro.

Georges Duby[modifica | modifica wikitesto]

Georges Duby esamina i processi di trasmissione dei modelli culturali nella società francese tra XI e XII secolo, e ritiene che questi siano caratterizzati da un fenomeno di "popolarizzazione". Infatti i modelli aristocratici esercitano un certo fascino nei confronti delle classi sociali inferiori, che ne adottano le caratteristiche principali. L'autore, oltre a delineare tale processo di accettazione di modelli culturali d'élite, attesta anche un altro movimento speculare: l'adozione di forme culturali popolari da parte delle classi dominanti[3].

Jean Claude Schmitt[modifica | modifica wikitesto]

Jean-Claude Schmitt, nel saggio intitolato Le tradizioni folkloriche nella cultura medievale, sostiene che durante il medioevo vi sia convivenza e accordo tra tradizioni folkloriche e cultura egemonica. A prova di questa tesi di circolazione sociale egli descrive dei casi esemplari di trasmissione di fonti e testi da una classe sociale all'altra. Egli sottolinea l'importanza del rapporto dinamico che si crea tra i due poli, e delle manipolazioni dirette sul testo, a dimostrazione della circolarità culturale[4].

Peter Burke, Cultura popolare nell'Europa moderna[modifica | modifica wikitesto]

Lo storico inglese Peter Burke analizza lo scambio culturale tra classi sociali in età preindustriale. Burke crede che coesistano due tipologie di cultura (alta e bassa), non caratteristiche in senso stretto a una classe sociale: mentre l'élite partecipa attivamente alle manifestazioni popolari, il popolo è protagonista solo della propria tradizione[5]. Inoltre egli ritiene che in base alle variazioni ambientali e geografiche vi siano differenti espressioni culturali popolari. Le interazioni tra le due culture non sono da sottovalutare. Burke afferma che la cultura popolare sia da indagare oltre che con metodi diretti d'analisi delle fonti, anche con approcci indiretti: quali l'iconologia, esami comparati e analisi regressive[6].

Carlo Ginzburg, Il formaggio e i vermi[modifica | modifica wikitesto]

Carlo Ginzburg, nel saggio Il formaggio e i vermi, si chiede se sia possibile indagare come fosse la cultura popolare autentica, senza ritrattazione nella trasmissione delle fonti da parte della cultura d'élite. Egli introduce una distinzione tra il concetto di cultura popolare e cultura imposta alle classi popolari. I prodotti di quest'ultima categoria non possono essere considerati d'originale derivazione popolare, dal momento che subiscono una manipolazione da parte della cultura dotta.[7]. Ginzburg ritiene, in riferimento agli atti del processo contro Menocchio, che la deposizione dell'imputato attesti una forte influenza della tradizioni antiche e orali, caratteristiche di uno "strato profondo della cultura popolare"[8].

Piero Camporesi, Cultura popolare e cultura d'élite fra Medioevo ed età moderna[modifica | modifica wikitesto]

Piero Camporesi sostiene che in un'epoca in cui il significato di popolo non era ancora stato scoperto, la cultura popolare veniva erroneamente associata a significati quali pregiudizio e superstizione. Camporesi riconosce la dipendenza della cultura popolare rispetto alla cultura clericale, ma identifica una componente folkloristica all'interno della religione ufficiale[9].

Gurevic, Contadini e santi[modifica | modifica wikitesto]

Nel saggio pubblicato nel 1981 Aron Jakovlevič Gurevič riflette sullo scambio bidirezionale tra cultura dominante e folklore. Egli cerca di comprendere la reciproca influenza di queste due componenti analizzando la letteratura mediolatina, soprattutto quella dedicata ad un uditorio laico non alfabetizzato. Attraverso l'analisi di questi generi letterari (quali gli exempla, i sermoni, le laude), Gurevic esamina le modifiche che le esigenze dell'ascoltatore esercitano in coloro che producono i testi. A partire da tali variazioni, l'autore indaga qual è il modo di pensare dell'"uomo medio"[10].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ J. Le Goff,Cultura clericale e tradizioni folkloriche in età merovingia in Tempo della chiesa e tempo del mercante, Torino, 1977, pp. 199-202
  2. ^ Le Goff, L'immaginario medievale, Bari, 1988, pp. 75-90
  3. ^ G. Duby, The chivalrous society, Los Angeles, 1980, p. 173
  4. ^ J.C. Schmitt, Religione, folklore e società nell'occidente medievale, Bari, 1988, pp. 43-44
  5. ^ P. Burke, Cultura popolare nell'Europa moderna, Milano, 1980, pp.31-32
  6. ^ Burke, Cultura popolare nell'Europa moderna, cit., pp. 79-86
  7. ^ C. Ginzburg, Il formaggio e i vermi, Torino, 1976, p. XIII
  8. ^ Ginzburg, Il formaggio e i vermi, cit., p.135
  9. ^ P.Camporesi, Cultura popolare e cultura d'élite fra Medioevo ed età moderna, Torino, 1981, pp. 134-136
  10. ^ A.J. Gurevic, Contadini e santi, Torino, 1986, pp. 11-14

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]