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Coniglio di Sumatra

Un esemplare impagliato
Stato di conservazione
Vulnerabile[1]
Classificazione scientifica
Dominio Eukaryota
Regno Animalia
Phylum Chordata
Subphylum Vertebrata
Classe Mammalia
Superordine Euarchontoglires
(clade) Glires
Ordine Lagomorpha
Famiglia Leporidae
Genere Nesolagus
Specie N. netscheri
Nomenclatura binomiale
Nesolagus netscheri
(Schlegel, 1880)
Areale

Il coniglio di Sumatra (Nesolagus netscheri (Schlegel, 1880)) è un mammifero lagomorfo appartenente alla famiglia dei Leporidi. Endemico dell'isola di Sumatra, è considerato uno dei rappresentanti più rari del suo ordine.

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Il coniglio di Sumatra ha dimensioni paragonabili a quelle dei conigli selvatici (Oryctolagus cuniculus) introdotti a Sumatra, con i quali viene spesso scambiato dagli abitanti del posto. La sua lunghezza testa-corpo si aggira tra i 36,8 e i 41,7 cm. La colorazione di base del corpo è bruno-giallastra, sulla quale spiccano ampie strisce di colore variabile dal marrone scuro al nero, che si estendono attraverso il corpo in direzione longitudinale; il loro aspetto, tuttavia, varia notevolmente da un esemplare all'altro e in alcuni casi mancano del tutto. La pancia, il mento e la parte interna delle zampe sono bianchi. Il pelo è corto e morbido[2].

Le orecchie, che misurano tra i 6,7 e gli 8,7 cm, sono relativamente corte. Di colore nero, arrivano fino agli occhi quando vengono abbassate. Rispetto al coniglio selvatico, il coniglio di Sumatra ha la testa più larga, con un muso più corto, e zampe molto più corte. La coda misura 1,7 cm ed è così breve che normalmente non è visibile. Essa contiene solamente 12 ossa, mentre nelle altre specie il loro numero varia da 19 a 24[2].

Distribuzione e habitat[modifica | modifica wikitesto]

Il coniglio di Sumatra è endemico dell'isola indonesiana di Sumatra. È stato segnalato in sette località, che si trovano principalmente sui Bukit Barisan nella parte centro-occidentale e sud-occidentale dell'isola[2][3]. Tuttavia, un esemplare venne avvistato nel 1972 nel parco nazionale di Gunung Leuser nel nord-ovest dell'isola, mentre un altro possibile avvistamento, nel 1978, venne registrato nella zona intorno al Kerinci[2].

La specie è diffusa tra 600 e 1600 m. Suo habitat preferito sono le foreste montane remote dal suolo contenente ceneri vulcaniche[2][3].

Biologia[modifica | modifica wikitesto]

Il coniglio di Sumatra ha abitudini rigorosamente notturne e durante il giorno si nasconde in buche nel terreno o in altri rifugi, di solito scavati da altri animali. Sorprendentemente, la maggior parte dei rari avvistamenti di questo animale provengono da regioni in cui le foreste originarie sono state trasformate in piantagioni di tè e caffè. La sua dieta è costituita da piante del sottobosco della foresta. Non sono disponibili dati riguardanti la riproduzione[2][3].

Conservazione[modifica | modifica wikitesto]

Il coniglio di Sumatra viene classificato come «vulnerabile» (Vulnerable) dall'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN) dal 2008. Esso è sempre stato relativamente raro eDabei wird die Art als auch natürlich selten vorkommendes Tier eingestuft, da die Bekanntheit in der Bevölkerung sehr gering ist.[3] Zwischen 1996 und 2008 galt die Art als vom Aussterben bedroht (critically endangered),[3] da nur etwa ein Dutzend Museumsexemplare aus der Zeit zwischen 1880 und 1916 und nur wenige Sichtungen bekannt sind. 1998, 1999, 2007 und 2008 wurde die Art jeweils einmal mit einer Kamerafalle aufgenommen[4][3][5]

Bedrohungen für das Sumatra-Kaninchen gehen vor allem von der Veränderung der Lebensräume durch den Menschen aus. Die nutzbaren Habitate auf der Insel werden auf weniger als 20.000 km2 Gesamtfläche geschätzt.[3]

Il coniglio di Sumatra è stato classificato Vulnerable (Vulnerable) dall'Unione internazionale per la conservazione delle risorse naturali e naturali (IUCN) dal 2008. In questo caso, la specie e l'animale raro presente in natura sono classificati come la consapevolezza nella popolazione è molto bassa. Tra il 1996 e il 2008, la specie è stata considerata in via di estinzione (in pericolo di estinzione), dal momento che solo una decina di copie del museo dal periodo tra il 1880 e il 1916 e solo pochi avvistamenti sono noti. Nel 1998, 1999, 2007 e 2008, la specie è stata registrata una volta ciascuna con una trappola fotografica.

Le minacce al coniglio di Sumatra sono dovute principalmente al cambiamento degli habitat umani. Gli habitat utilizzabili sull'isola sono stimati in meno di 20.000 km2 in totale.


Un cauliodo di Sloane (Chauliodus sloani).

Un pesce abissale, pesce degli abissi o pesce delle profondità è un pesce che trascorre la maggior parte della sua esistenza negli abissi. I pesci degli abissi costituiscono un elemento importante della fauna abissale e una risorsa alieutica considerevole. Noti per il loro aspetto mostruoso, la maggior parte di essi misura appena una decina di centimetri e sono rari quelli che superano il metro. A causa della difficile accessibilità delle zone in cui vivono, conosciamo solo poche informazioni sul loro comportamento, a parte quello che possiamo dedurre dalla loro anatomia.

La profondità media degli oceani è di circa 3800 m e di conseguenza gli abissi costituiscono più dell'85% del volume totale[6]. Il mare aperto è quindi il più esteso habitat della biosfera terrestre, e per la comprensione della propagazione della biodiversità lo studio dei pesci abissali costituisce un elemento importante.

Su 15.800 specie di pesci di mare[7], si stima che almeno 2000 vivano negli abissi[8][9]. I pesci abissali si dividono in due tipi: i cosiddetti pesci bentonici, che vivono in prossimità del fondo dell'oceano, e quelli pelagici, che si spostano attraverso l'ambiente oceanico, lontano dal fondale. I loro stili di vita sono molto differenti, e tale distinzione è importante per comprendere l'evoluzione dell'ecologia dei pesci delle profondità.

I pesci abissali costituiscono una nuova risorsa alieutica e sono numerose le specie che vengono consumate dall'uomo. Purtroppo, l'impoverimento delle popolazioni dei pesci delle acque superficiali provocato dalla sovrapesca ha fatto sì che aumentasse il prelievo delle specie che vivono in profondità, mettendo in pericolo la sopravvivenza di queste creature dal metabolismo lento.

Scoperte ed esplorazioni[modifica | modifica wikitesto]

La scoperta della vita negli abissi[modifica | modifica wikitesto]

L'ascia d'argento diafana è sicuramente il primo pesce abissale ad essere stato descritto (1781).

Prima della fine del XIX secolo, gli scienziati pensavano che per tutte le forme di vita fosse impossibile vivere in quegli ambienti ostili che sono gli abissi. Nel 1858, il naturalista britannico Edward Forbes dichiarò, basandosi sulle osservazioni condotte a bordo di una nave oceanografica nel 1839, che non poteva esserci vita al di sotto delle 300 braccia (550 m)[10].

La scoperta di pesci negli abissi è recente, ma non costituisce una novità. Molto prima dell'invenzione dei primi sommergibili, gli scienziati avevano già pescato, senza essersene resi conto, dei pesci abissali, come l'ascia d'argento diafana, un pesce che vive tra 400 e 3676 m di profondità che venne descritto da Hermann nel 1781[11].

Ma la descrizione in gran numero dei primi esemplari risale alla fine del XIX secolo, quando furono effettuate spedizioni con navi equipaggiate con lunghe reti per catturare la fauna abissale. Dal 1872 al 1876, gli scienziati della spedizione del Challenger, la prima circumnavigazione oceanografica intorno al mondo, perlustrarono il fondo marino con l'aiuto di draghe e reti a strascico. Tra molte altre scoperte, la spedizione catalogò oltre 4000 specie animali precedentemente sconosciute, tra cui centinaia di pesci. Questa spedizione costituì il vero punto di partenza della storia dello studio dei pesci degli abissi.

Ma durante queste pesche miracolose, la brutalità della decompressione e dei cambiamenti termici era tale che i pesci morivano rapidamente. In effetti, la maggior parte dei pesci abissali non è in grado di sopravvivere in superficie e tutti i tentativi di mantenerli in cattività hanno fallito. Per questo motivo è ben poco quello che sappiamo su di loro: la quantità delle ricerche che si possono effettuare su un esemplare morto è limitata e le attrezzature per l'esplorazione delle acque profonde sono molto costose.

L'inizio dell'esplorazione degli abissi[modifica | modifica wikitesto]

L'invenzione dei primi sommergibili durante la prima guerra mondiale per scopi militari, ma anche accademici, segnò l'inizio dell'esplorazione degli abissi da parte dell'uomo. Nel 1928, una batisfera, un sommergibile di forma sferica, rese finalmente possibile l'osservazione dei pesci abissali. La batisfera non aveva alcun tipo di autonomia, ma poteva immergersi fino a 923 m di profondità. Tuttavia, nel 1948, Auguste Piccard costruì il primo batiscafo, un sommergibile autonomo. Il batiscafo ha avuto numerosi successori e costituisce un potente strumento per osservare e raccogliere campioni dell'ambiente dei pesci delle profondità[12].

A partire dagli anni '70, il perfezionamento di sottomarini abitabili (Alvin, Nautile, Shinkai 6500, ecc.) e la comparsa dei robot fissati a un cavo (ROV) hanno permesso di accumulare informazioni sugli stili di vita dei pesci abissali nel loro ambiente naturale, ma la luce abbagliante dei riflettori provoca una reazione di difesa o di fuga nella maggior parte dei pesci abissali, impedendo analisi concrete.

L'esplorazione degli abissi è tuttora in corso; numerose spedizioni sono ogni anno responsabili di nuove scoperte. Alcune di esse hanno pescato fino al 50-90% di specie non identificate, in particolare nel sud dell'Atlantico e sui monti sottomarini del Pacifico. Le stime del numero di specie ancora da scoprire si situano generalmente tra i 10 e i 30 milioni circa, mentre attualmente sono note solamente 1,4 milioni di specie, sia terrestri che marine. Possiamo quindi concludere che molte specie di pesci abissali attendono di essere scoperte[6].

I pesci delle profondità estreme[modifica | modifica wikitesto]

Un ofidiide (Typhlonus nasus).

Nel 1960, gli Stati Uniti si posero l'obiettivo di scendere nella fossa delle Marianne, già all'epoca nota per essere il punto più profondo degli oceani, con il batiscafo Trieste. Jacques Piccard (figlio di Auguste), che si trovava a bordo quando venne raggiunto il punto più profondo della fossa (a circa 10.900 m di profondità), riferì di aver visto «un pesce simile a una limanda». Il robot giapponese privo di equipaggio utilizzato durante la spedizione del 1998 non riscontrò però la presenza di alcun pesce nella zona già raggiunta. Da allora la «testimonianza oculare» di Piccard è stata messa in discussione e gli studiosi preferiscono affidarsi alle immagini riprese dalle telecamere. In effetti, alcuni ricercatori pensano che Jacques abbia confuso una limanda con un cetriolo di mare.

Ciononostante, esistono prove scientifiche che convalidano la presenza di pesci a grandi profondità: ad esempio, degli ofidiidi della specie Abyssobrotula galatheae furono pescati nella fossa di Porto Rico ad una profondità di 8372 m[13][14] dai membri di una spedizione danese nel 1952; il loro nome scientifico commemora quello della nave oceanografica su cui operavano, la Galathea. Inoltre, alcuni scorpeniformi, dei liparidi e degli ofidiidi sono stati osservati a 7000 m di profondità.

Sviluppo delle tecniche di cattura[modifica | modifica wikitesto]

Un granatiere gigante (Albatrossia pectoralis) appena pescato. Gli organi interni, gonfiati a causa della repentina decompressione, sono fuoriusciti dalla bocca.

Per analizzare la capacità di adattamento alle basse temperature e alle pressioni estreme dei pesci abissali, i campioni catturati dovrebbero essere mantenuti in vita il più a lungo possibile, e questa impresa potrebbe presto diventare possibile in laboratorio.

Tuttavia, per catturare i pesci che vivono in acque profonde bisogna ancora superare numerose difficoltà pratiche. Il problema più importante riguarda l'aumento della temperatura dell'oceano e la rapida decompressione durante la risalita, i cui danni sarebbero fatali per i campioni in numerosi casi. Inoltre, lo stress ambientale causato da una luminosità troppo forte potrebbe avere effetti sulla funzione visiva e la regolazione fisiologica.

Le tecniche di cattura hanno continuato a migliorare in concomitanza con lo sviluppo delle tecniche di esplorazione degli abissi. Già negli anni '70 furono inventati i primi contenitori resistenti alle basse temperature. Poi, nel 1979, comparvero i primi contenitori in grado di mantenere un'elevata pressione al loro interno, che furono considerevolmente migliorati negli anni '80. Con questi fu possibile catturare in alto mare dei pesci bentonici come Nezumia kamoharai, ma le tecniche per mantenere a lungo in vita le creature catturate non sono ancora state messe a punto[12].

La Japan Agency for Marine Earth Science and Technology (JAMSTEC) ha sviluppato, all'inizio degli anni 2000, un dispositivo per tirare in superficie ad alta pressione i pesci delle profondità. Il contenitore centrale è di forma sferica per resistere alla pressione del recipiente sotto pressione, in grado di mantenere la pressione interna. Dopo la cattura dei pesci da parte della nave Dipuakuariumu, i campioni vengono trasportati via terra, mantenendo all'interno del recipiente l'ambiente ad alta pressione che riproduce le condizioni del loro ambiente naturale. È stato quindi possibile evitare la decompressione dovuta a scambi d'acqua, e questo dovrebbe fornire nuove vie di studio per la ricerca.

Distribuzione geografica[modifica | modifica wikitesto]

Distribuzione orizzontale[modifica | modifica wikitesto]

L'ambiente delle profondità marine si differenzia notevolmente da quello della piattaforma continentale e delle zone costiere in prossimità della terraferma. I produttori primari, primo anello di una catena alimentare in una rete trofica, sono assenti a causa dell'assenza della fotosintesi, e di conseguenza le sostanze organiche da cui ricavare energia provengono dalla terraferma o dagli strati superiori. In generale i pesci abissali (così come altri organismi) non vivono troppo distanti dalla terraferma. Inoltre, gli organismi tropicali sulla superficie degli oceani producono meno convezione, impedendo l'espansione attraverso i fondali oceanici.

Distribuzione verticale[modifica | modifica wikitesto]

Le differenti zone oceaniche.

Zona mesopelagica[modifica | modifica wikitesto]

Nella zona mesopelagica, da 200 a 1000 m, riesce a penetrare solamente la lunghezza d'onda blu, che non è sufficiente per realizzare la fotosintesi. Il termoclino principale si trova di solito in questa zona, che è un ambiente tipico del mare aperto fisicamente stabile e con pochi cambiamenti. Attualmente si conoscono circa 750 pesci abissali che vivono in questa zona, dove troviamo soprattutto asce d'argento, gonostomatidi e pesci lanterna. Questi gruppi sono ampiamente distribuiti in tutti gli oceani del mondo, compresi i mari polari. Essi rappresentano una notevole quantità di biomassa: i rappresentati del genere Cyclothone sono addirittura considerati la più grande popolazione di vertebrati sulla Terra[15].

I pesci demersali come i chimeriformi, gli squaliformi, i granatieri, gli ofidiidi e gli alosauri dominano su tutti gli altri. Alcune specie di pesci abissali come i pesci treppiedi, le anguille dal becco d'anatra e gli zoarcidi sono state osservate in zone relativamente diverse tra loro. I pesci abissali bentonici dipendono più dalla topografia del fondale che dalla profondità, e sono spesso dispersi in zone simili situate a profondità diverse.

Zona batipelagica[modifica | modifica wikitesto]

Nella zona batipelagica, da 1000 a 3000 m di profondità, la luce solare non giunge affatto. Nonostante la temperatura dell'acqua sia stabile, tra 2 e 5 °C, la quantità di materia organica disponibile rappresenta meno del 5% di quella presente in superficie, e i valori diminuiscono rapidamente con l'aumentare della profondità. Questa zona ospita almeno 200 specie. Vi si trovano soprattutto pesci pallone, cetomimidi, alepocefalidi e anguille inghiottitrici. Ugualmente ben rappresentati sono i granatieri, i sinafobranchidi, le rane pescatrici abissali e i taumatittidi[16].

Zona abissopelagica[modifica | modifica wikitesto]

Nella zona abissopelagica, da 3000 a 6000 m, le temperature scendono a circa 1 o 2 °C, e rimangono pressoché costanti. La pressione, di oltre 300 atmosfere, esercita una forte incidenza sull'attività biologica delle cellule. I pesci che nuotano nelle acque profonde sono quasi scomparsi, e vi troviamo soprattutto ofidiidi e grenatieri.

Zona adopelagica[modifica | modifica wikitesto]

La zona adopelagica, al di sotto dei 6000 m, limitata alle fosse oceaniche, rappresenta meno del 2% della superficie totale del fondale marino. Con una pressione di oltre 600 atmosfere, vi troviamo solamente alcuni pesci bentonici quali gli ofidiidi e i grenatieri.

Environnement[modifica | modifica wikitesto]

Template:Article détaillé Parce que la zone photique s'étend généralement à quelques centaines de mètres sous l'eau, environ 90 % du volume des océans est invisible pour l'homme. La haute mer est également un environnement extrêmement hostile, avec des pressions entre 20 et 1 000 atmosphères (entre 2 et 100 mégapascals), des températures comprises entre 3 et 10 degrés Celsius et une raréfaction de l'oxygène.

Fisiologia[modifica | modifica wikitesto]

I pesci frusta utilizzano un'esca luminosa per attirare le prede.

La pressoché totale assenza di luce solare, le forti pressioni, le basse temperature, la rarefazione dell'ossigeno e la bassa densità di materia organica sono tutte caratteristiche ambientali che rendono difficile la vita. Per sopravvivere, di conseguenza, i pesci abissali hanno dovuto sviluppare numerosi adattamenti.

Muscoli e scheletro[modifica | modifica wikitesto]

Il peso dello scheletro e delle proteine contenute nel corpo dei pesci è generalmente maggiore nell'acqua salata.

A causa della scarsità delle risorse alimentari, i pesci abissali sono costretti a percorrere grandi distanze per trovare ciò di cui si nutrono, ma devono farlo cercando di risparmiare al massimo l'energia. Pertanto, la densità dei loro tessuti muscolari e ossei è particolarmente ridotta, ma il loro corpo contiene una grande quantità di acqua e di sostanza grassa sì da consentire loro una migliore galleggiabilità. Le spine e le scaglie sono leggere e sottili, in quanto costituirebbero un ulteriore peso. I pesci abissali hanno una carne più gelatinosa, caratteristica che li rende più lenti e meno agili degli altri pesci.

Vescica natatoria[modifica | modifica wikitesto]

I pesci abissali bentonici, come Sladenia shaefersi, hanno una vescica natatoria atrofica.

La maggior parte dei pesci ossei si serve della loro vescica natatoria per galleggiare, ma quella dei pesci abissali è sottoposta alla forte pressione dell'ambiente circostante. Per resistere alla pressione e ai suoi rapidi cambiamenti, le pareti della vescica dei pesci abissali pelagici è ricoperta da cristalli di guanina che la rendono più robusta, mentre il gas al suo interno è rimpiazzato da grasso o da cera. Alcune specie, come i pesci lanterna, frequentano sia acque profonde che poco profonde, dove si spingono in cerca di cibo durante le loro migrazioni verticali, così, ogni giorno, sono costretti a sopportare numerosi cambiamenti di pressione. La vescica dei pesci abissali è relativamente sviluppata, e la rete mirabile (una sottile rete di vasi sanguigni che contribuisce allo scambio dei gas) al suo interno è molto lunga rispetto a quella di altri pesci. Maggiore è la profondità, più la pressione impedisce lo scambio di gas (in particolare la secrezione) e quindi diminuisce la galleggiabilità. I pesci abissali bentonici hanno generalmente una vescica atrofica, che rimane costantemente identica. D'altra parte, questi pesci rimangono sempre in prossimità del fondale marino e non subiscono improvvisi cambiamenti di pressione: di conseguenza, per loro sarebbe del tutto inutile possedere una vescica ben sviluppata.

Apparato digerente[modifica | modifica wikitesto]

L'Eurypharynx pelecanoides ha in realtà una testa molto piccola.
Il Chiasmodon niger può inghiottire prede più grandi di lui.

I pesci abissali che si nutrono di altri pesci sono spesso dotati di bocche smisurate e di grandi denti in proporzione alle dimensioni del corpo. In effetti, la scarsità di prede negli abissi costringe i predatori ad avere un regime alimentare relativamente ristretto. Di conseguenza, devono cercare di catturare tutto ciò che trovano, anche se la preda è grande e veloce, senza dover spendere troppa energia per inseguirla.

Per esempio, a prima vista l'Eurypharynx pelecanoides sembrerebbe avere una testa enorme, ma in realtà il suo cranio è minuscolo. La grande bocca è sorretta dall'osso della mascella, considerevolmente avanzato, e questo impedisce al pesce di aprire attivamente la bocca. Se questo non la chiude volontariamente, essa si apre sotto il suo stesso peso a causa della resistenza dell'acqua. Le deboli mascelle gli impediscono di afferrare e mantenere la preda. La mascella è del tutto priva di denti, in quanto la deglutizione viene effettuata direttamente nella gola e il pesce può quindi ingoiare grosse prede e digerirle un po' alla volta. L'Anoplogaster cornuta possiede i denti più grandi del regno animale in proporzione alle sue dimensioni, e i suoi denti appuntiti gli permettono di catturare pesci delle sue stesse dimensioni, come il brosme. I pesci vipera possiedono anch'essi grandi denti, talmente ingombranti che non riescono a chiudere la loro grossa bocca; pertanto, una preda troppo grande potrebbe rimanere bloccata e condannarli a morire di fame. Essi, tuttavia, hanno sviluppato particolari adattamenti anatomici che gli consentono di non lasciar sfuggire le loro preziose prede: portano la testa indietro per proiettare la mascella aperta in avanti, che richiudono rapidamente sulla preda attraverso la contrazione muscolare[17]. Alcune specie, come gli imantolopidi, hanno i denti rivolti verso l'interno della bocca, per impedire alla preda di fuggire.

Altre specie, come le rane pescatrici abissali e gli inghiottitori, sono in grado di allargare notevolmente l'esofago e lo stomaco. Il Chiasmodon niger può anche digerire la sua preda a più riprese, trattenendola nell'addome. Inoltre, la melanina degli intestini di questi pesci abissali è spesso nera: gli organismi luminescenti ingeriti, infatti, potrebbero attirare possibili predatori attraverso il tratto digestivo.

Dal momento che negli abissi la materia organica è così scarsa, i pesci abissali sono spesso costretti a rimanere lunghi periodi di tempo senza mangiare, e per loro è quindi necessario immagazzinare energia in modo efficiente. Nei pesci delle profondità il fegato costituisce un importante organo di immagazzinamento dell'energia. Quello dei pesci lucertola degli abissi è ricco di lipidi, come quello dei grenatieri, che contiene anche glicogeno. Pertanto, gli scienziati stimano che possano sopravvivere 180 giorni senza alcun apporto alimentare. La bassa percentuale di lipidi che l'acqua può accumulare fa sì che una grande quantità di grasso contenuto nel fegato possa anche contribuire alla galleggiabilità. Così, gli squaliformi degli abissi, privi di vescica natatoria come tutti i pesci cartilaginei, possono aumentare del 25% il loro peso corporeo quando il loro fegato è ricco di lipidi.

Colorazione del corpo[modifica | modifica wikitesto]

I pesci di colore rosso vivo appaiono neri negli abissi (Barbourisia rufa).
Un'ascia d'argento dalle spine (Argyropelecus aculeatus).

La penetrazione della luce solare nelle profondità del mare varia soprattutto a seconda della latitudine: un pesce di colore rosso, infatti, apparirà di questo colore fino a 750 m all'equatore e a 200 m ai poli.

Nella zona epipelagica (dalla superficie fino a 200 m), i pesci sono trasparenti, soprattutto gli avannotti, o colorati[17].

Nella zona mesopelagica (tra 200 e 1000 m), i pesci sono ancora visibili a causa della luce crepuscolare abissale, costituita unicamente dalla lunghezza d'onda blu, e devono quindi cercare di nascondere la loro figura, onde rischiare di essere individuati dai predatori, grazie alla controilluminazione. Numerose specie di pesci sono di colore rosso brillante, in quanto la lunghezza d'onda rossa è il primo colore assorbito dall'acqua e di conseguenza appaiono completamente neri in questa zona. Altri pesci hanno scaglie argentate per riflettere la luce solare. Ad esempio, le asce d'argento sono pesci piccoli e piatti che sembrano francobolli argentati. L'intera superficie del corpo, ricoperta da cristalli di guanina, è riflettente e funziona come uno specchio se vista dal fianco, respingendo tutta la luce che arriva dall'alto e rende il pesce invisibile contro il blu scuro del mare. Visti da sotto, sono così sottili da essere quasi inesistenti. Ma per rendersi totalmente invisibili usano cellule produttrici di luce note come fotofori, che cambiano colore per adattarsi all'intensità della luce che filtra dall'alto, qualunque sia l'altezza del sole in cielo[17]. A partire dai 500-700 m, prevalgono i pesci di colore nero.

Nella zona batipelagica (tra 1000 e 4000 m), la luce del sole è completamente scomparsa e i pesci sono solitamente neri o depigmentati.

Bioluminescenza[modifica | modifica wikitesto]

Himantolophus groenlandicus.
Dragon à écailles (Leptostomias gladiator).

La bioluminescenza è dovuta alla chemiluminescenza tra luciferina e luciferasi; questo fenomeno luminoso è provocato da una reazione chimica che ha luogo in numerosi organismi delle grandi profondità. I pesci di acque profonde non fanno eccezione: durante uno studio nel Nord Atlantico, è stato scoperto che ad una profondità di 500 m il 70% delle specie di pesci utilizzava la bioluminescenza, percentuale che saliva al 90% per quanto riguardava il numero totale di esemplari.

Altri organismi utilizzano batteri luminescenti simbiotici all'interno dei loro corpi che consentono la produzione di luce propria. I fotofori possono essere collocati in più punti, come l'addome, la zona davanti all'ano, la pinna cadale, la zona intorno all'occhio o l'estremità di un illicio o di una sorta di barba.

A partire dai 600-800 m di profondità, molti pesci utilizzano esche bioluminescenti, soprattutto per attirare le loro prede. I ceratiidi hanno sviluppato diversi tipi di esche per compensare le loro mediocri capacità di nuoto. Alcuni presentano il loro organo luminoso all'estremità di un peduncolo frontale chiamato illicio. Questa esca può essere agitata regolarmente ed è dotata di una serie di appendici messe in movimento dai battiti del peduncolo, come nelle specie del genere Himantolophus. In altri, l'esca, che assume la forma di un piccolo crostaceo, è impiantata sul palato. Il pesce tiene la bocca aperta aspettando che una preda si avvicina ad essa. Negli stomiidi, l'esca è attaccata a un peduncolo che pende sotto la mascella inferiore[18].

Bioluminescenza simbiotica[modifica | modifica wikitesto]

La «lanterna» di una rana pescatrice abissale (Oneirodes eschrichtii).

Questo tipo di boluminescenza è presente in un numero relativamente ristretto di pesci abissali, ad esempio tra alcune specie bentoniche come i granatieri e alcuni merluzzi abissali. I loro fotofori si sono sviluppati Leurs photophores se sont développés en continuité de l'appareil digestif, les bactéries sont issues de la flore intestinale (principalement Photobacterium phosphoreum) qui permet un approvisionnement durable. Le nombre de petits photophores est habituellement de 1 ou 2.

Chez les poissons abyssaux pélagiques, les baudroies abyssales possèdent leur organe lumineux à l'extrémité d'une sorte de canne qui n'est pas relié au tube digestif. On ignore comment les bactéries arrivent sur la « lanterne » et la capacité du poisson à régler l'intensité de celle-ci. On sait que les bactéries du genre Vibrio sont impliquées, mais leur culture n'a pas encore été réussie.

Nel pesce bentonico abissale ci sono alcuni granatieri e qualche merluzzo abissale. I loro fotofori si sono sviluppati in continuità del sistema digestivo, i batteri derivano dalla flora intestinale (principalmente il fotobacterium fosforo) che consente un approvvigionamento sostenibile. Il numero di piccole candele teal di solito è 1 o 2.

Nei pesci pelagici abissali, la rana pescatrice abissale possiede il loro organo luminoso alla fine di una specie di canna che non è collegata al tubo digerente. Non si sa come i batteri arrivino sulla "lanterna" e la capacità del pesce di regolarne l'intensità. I batteri del vibrione sono noti per essere coinvolti, ma la loro coltivazione non ha ancora avuto successo.

Bioluminescence chimique[modifica | modifica wikitesto]

Sens[modifica | modifica wikitesto]

[[Fichier:Smooth lanternshark nmfs2.jpg|thumb|Les yeux des requins-lanternes détectent la moindre variation de la luminosité.]] Comme bon nombre d'entre eux vivent dans les régions dépourvues de lumière solaire, ils ne peuvent compter uniquement sur leur vision pour localiser leurs proies et éviter leurs prédateurs, ils ont donc évolué de manière appropriée. La plupart des poissons abyssaux ne sont pas des poissons aveugles, certains n'ont pas d'yeux fonctionnels, comme Neoceratias spinifer , mais certains ont développé de très grands yeux adaptés à l'obscurité, capables de percevoir la moindre variation de la luminosité, comme les revenants.

On estime que les trois quarts des poissons abyssaux sont munis de photophores [19], source de bioluminescence, mais n'en ont pas la même utilisation. Les haches d'argent utilisent leurs photophores ventraux pour effacer leur silhouette, visible d'en-dessous à cause du crépuscule abyssal, tandis que les baudroies abyssales utilisent un appât bio-luminescent au bout d'une tige frontale (illicium) pour attirer leurs proies. Les scientifiques pensent que la bioluminescence peut également servir pour la communication entre les poissons de la même espèce, notamment pour la reproduction.

Leur cycle de vie peut se passer exclusivement dans les abysses ou bien dans des eaux peu profondes au stade juvénile puis à la surface à l'âge adulte.

En raison de l'absence quasi totale de lumière photosynthétique dans cet environnement, la plupart des poissons s'appuient sur la matière organique tombant des niveaux supérieurs, la neige marine, ou, dans de rares cas, sur les éléments nutritifs autour des cheminées hydrothermales.

Pêche profonde[modifica | modifica wikitesto]

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Historique[modifica | modifica wikitesto]

La pêche de poissons abyssaux remonte au Template:S- : le zoologiste français Joseph Risso faisait ses recherches à partir de spécimens pêchés entre 800 et 1200 mètres de profondeur par des palangriers de Villefranche-sur-Mer. La réduction des stocks de poissons dans la zone photique provoquée par la surpêche a amené certaines pêcheries industrielles à s'intéresser aux poissons des profondeurs, en passant de la pêche halieutique du plateau continental aux pentes du plateau continental, jusqu'à des profondeurs de 1 600 mètres[12]. C'est à l'aide du chalutage de fond qu'ils parviennent à capturer cette faune.

Espèces halieutiques[modifica | modifica wikitesto]

[[Fichier:Mountain of dogfish.jpg|vignette|Un filet remontant des aiguillats communs.]] Les poissons abyssaux constituent une ressource halieutique et de nombreuses espèces sont consommées par l'Homme. Parmi elles, les plus consommées sont le colin d'Alaska, les sabres de mer, les baudroies, les béryx et les flétans qui vivent à plusieurs centaines de mètres de profondeur.

Comme indiqué précédemment, de nombreux poissons abyssaux nagent grâce à de la graisse accumulée dans le corps, certains sous forme d'huile et d'autres sous forme d'une matière grasse analogue à de la cire. Le corps humain ne peut digérer cette cire, elle peut même causer des douleurs abdominales et la diarrhée à des doses élevées. L'escolier noir et le rouvet de la famille des escolars ont une forte concentration de cette « cire », ce qui leur vaut d'être interdit à la vente dans certains pays comme au Japon. Les poissons-lanternes accumulent la cire dans leur corps seulement lors de leur migration verticale diurne.

Une nouvelle ressource halieutique[modifica | modifica wikitesto]

[[Fichier:Lobianchia dofleini.jpg|thumb|Les poissons-lanternes sont les poissons les plus abondants dans les profondeurs ( ici Lobianchia dofleini). ]] La pêche au chalut des poissons d'eau profonde attrape un grand nombre de d'espèces de poissons. La plupart sont transformés en pâte de poisson (Surimi) (comme Nezumia kamoharai, etc) en l'absence de valeur marchande, mais les poissons traditionnels d'eau profonde entrent dans le cadre de la consommation locale dans de nombreuses régions.

Les poissons-lanternes étant, de loin, les poissons de mer les plus courants dans les profondeurs. Ils constituent une ressource pour subvenir à la demande alimentaire mondiale croissante. Les poissons-lanterne sont comestibles, mais à cause de l'excès de graisse de nombreuses espèces ne peuvent être consommées par l'homme. La biomasse totale de poissons abyssaux a été estimé à au moins 9,5 millions de tonnes.

Une ressource en danger[modifica | modifica wikitesto]

gauche|vignette|Pêche de poissons abyssaux. [[Fichier:Beryx decadactylus 4.jpg|thumb|Un béryx commun dans un récif corallien d'eau froide.]] Cette pêche a provoqué des dégâts considérables sur l'environnement, par des pêches non sélectives et des impacts aux récifs coralliens profonds[6], bien que des efforts aient été faits dans l'Atlantique Nord[20] et dans l’océan austral. Les poissons abyssaux ne peuvent pas supporter la pêche intensive, notamment à cause de la lenteur de leur croissance et de leur rythme de reproduction, ils atteignent pour la plupart leur maturité sexuelle environ au même âge que les hommes[21]. La diminution des possibilités pour les mâles et les femelles d'entrer en contact pour se reproduire et la surexploitation des ressources supérieure au recrutement peut, dans le pire des cas, conduire à l'extinction de la ressource. En 2006, une diminution dramatique des stocks de morues, au nord-ouest de l'Atlantique, a été signalé. L’organisation des Nations Unies pour l'alimentation et l'agriculture (FAO) a tiré la sonnette d'alarme en appelant les états à une bonne gestion pour la protection des ressources halieutiques.

La faune abyssale dépend des débris organiques provenant des couches supérieures (la neige marine), composés essentiellement de poissons et de planctons morts, et la raréfaction de la population en surface a un effet immédiat sur la vie dans les abysses. Le cas le plus probant est celui des carcasses de baleine, qui constituent de véritables oasis pour les poissons des profondeurs, mais la diminution de la population des grands cétacés provoque la raréfaction de cet apport vital[6].

En raison de leur environnement hostile à l'homme, il est difficile d'évaluer avec précision l'état actuel des populations. Ainsi, presque tous les poissons abyssaux sont classés par l'UICN sous le statut de conservation "DD" (données insuffisantes). Une étude réalisée en 2006 par des chercheurs canadiens a découvert que cinq espèces de poissons abyssaux - le grenadier de roche, grenadier berglax, le hoki, un poisson-tapir à épines et la raie à queue épineuse - sont au bord de l'extinction[21]. Depuis, ces études ont été relativisées par les progrès de la connaissance scientifique selon le Conseil international pour l'exploration de la mer.

[[Fichier:Coryphaenoides rupestris Fisherie.jpg|thumb|Le grenadier de roche est soupçonné de se raréfier.]] En Europe, selon l'ONG Greenpeace, c'est la politique commune de la pêche (PCP) de l'Union européenne qui est en cause. Les prélèvements sur le stock sont trop importants, avec 90 % des espèces pêchées sont surexploitées et les méthodes de pêche sont jugées destructrices avec jusqu'à 80 % d'espèces pêchées accidentellement et gaspillées. Ce secteur est jugé sur-subventionné et non-rentable, les états européens ayant subventionné une flotte industrielle sur-équipée. La PCP a permis une délocalisation de la pêche vers les eaux d'Afrique de l'Ouest, de l'océan Pacifique ou Indien face à l'épuisement des stocks européens[22]. Le pailona commun, le flétan du Groenland, le grenadier de roche, le hoki, la lingue bleue, le sabre noir, le sébaste atlantique et l'empereur sont particulièrement en danger[23].

Comme tous les 10 ans, la PCP est réformée, de mi 2011 à fin 2013, et souhaite en profiter pour optimiser la qualité des diagnostics et concevoir des plans de gestion et d'exploitation à long terme de ces ressources notamment à travers le programme DEEPFISHMAN qui regroupe 13 instituts scientifiques européens[24].

Le célèbre blobfish fait partie des espèces menacées de disparition, certains médias ont repris ce symbole pour dénoncer le danger du chalutage de fond[25].

Poissons des abysses[modifica | modifica wikitesto]

Note : Liste non-exhaustive. Les noms vernaculaires sont issus du site SITI.

Poissons cartilagineux[modifica | modifica wikitesto]

[[Fichier:Chimaera monstrosa Sardinia.jpg|thumb|Chimaera monstrosa]] [[Fichier:Smooth lanternshark nmfs.jpg|thumb|Etmopterus pusillus]] [[Fichier:Chlamydoselachus anguineus2.jpg|thumb|Chlamydoselachus anguineus]] [[Fichier:Mitsu.JPG|thumb|Mitsukurina owstoni]]

Poissons osseux[modifica | modifica wikitesto]

Poissons à nageoires rayonnées[modifica | modifica wikitesto]

[[Fichier:Expl9672 (14505446015).jpg|vignette|Halosaure]] [[Fichier:Armored searobin ( Peristedion miniatum ).jpg|thumb|Peristedion miniatum]] [[Fichier:Poromitra crassiceps.jpg|thumb|Poromitra crassiceps]] [[Fichier:Eurypharynx.jpg|thumb|Eurypharynx pelecanoides]] [[Fichier:Opisthoproctus soleatus.png|thumb|Opisthoproctus soleatus]] [[Fichier:Photostomias guernei1.jpg|thumb|Photostomias guernei]] [[Fichier:ArgyropelecusAculeatus.jpg|thumb|Argyropelecus aculeatus]] [[Fichier:Myctophum punctatum1.jpg|thumb|Myctophum punctatum]] [[Fichier:Bathypterois dubius1.jpg|thumb|Bathypterois dubius]] [[Fichier:Bathysaurus mollis.jpg|thumb|Bathysaurus mollis]] [[Fichier:Coccorella atrata.png|thumb|Coccorella atrata]] [[Fichier:Regalecus glesne, Naturhistorisches Museum Wien.jpg|thumb|Regalecus glesne]] [[Fichier:Western softhead grenadier (Malacocephalus occidentalis).jpg|thumb|Malacocephalus occidentalis]] [[Fichier:L amphirhamphus.jpg|thumb|Lasiognathus amphirhamphus]] [[Fichier:Himantolophus sp.jpg|thumb|Himantolophus sp.]] [[Fichier:Snailfish.jpg|thumb|Elassodiscus tremebundus]] [[Fichier:Anoplogaster cornuta1.jpg|thumb|Anoplogaster cornuta]] [[Fichier:Latimeria.jpg|thumb|Latimeria chalumnae]]

Poissons à nageoires charnues[modifica | modifica wikitesto]

Agnathes[modifica | modifica wikitesto]

Annexes[modifica | modifica wikitesto]

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Articles connexes[modifica | modifica wikitesto]

Bibliographie[modifica | modifica wikitesto]

Notes et références[modifica | modifica wikitesto]

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  1. ^ (EN) Meijaard, E. & Sugardjito, J. (2008), BlackPanther2013/Sandbox/1, su IUCN Red List of Threatened Species, Versione 2020.2, IUCN, 2020.
  2. ^ a b c d e f Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore Flux 1990
  3. ^ a b c d e f g Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore IUCN
  4. ^ Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore Wilson & Reeder 2005
  5. ^ Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore WWF
  6. ^ a b c d Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore Abysses
  7. ^ Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore Nelson11-14
  8. ^ Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore Cohen
  9. ^ Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore Helfman393-394
  10. ^ Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore Randall83
  11. ^ Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore Lacépéde
  12. ^ a b c Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore Desbruyères
  13. ^ Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore Abyssobrotula
  14. ^ Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore FishBase
  15. ^ Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore Nelson208-209
  16. ^ Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore Grey
  17. ^ a b c Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore Laubier109
  18. ^ Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore Laubier255
  19. ^ Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore TS
  20. ^ Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore OSPAR
  21. ^ a b Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore Devine
  22. ^ Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore Greenpeace
  23. ^ Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore danger
  24. ^ Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore Deepfishman
  25. ^ Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore blobfish