Tungsteno esacarbonile

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Tungsteno esacarbonile
Campione di esacarboniltungsteno
Campione di esacarboniltungsteno
Formula di struttura dell'esacarboniltungsteno
Formula di struttura dell'esacarboniltungsteno
Nome IUPAC
esacarboniltungsteno
Caratteristiche generali
Formula bruta o molecolareC6O6W
Massa molecolare (u)351,901
Aspettosolido incolore inodore[1]
Numero CAS14040-11-0
Numero EINECS237-880-2
PubChem98884
SMILES
[C-]#[O+].[C-]#[O+].[C-]#[O+].[C-]#[O+].[C-]#[O+].[C-]#[O+].[W]
Proprietà chimico-fisiche
Densità (g/cm3, in c.s.)2,65[1]
Solubilità in acquapraticamente insolubile[1]
Temperatura di fusione150 °C (423 K)[1]
Indicazioni di sicurezza
Simboli di rischio chimico
tossicità acuta
pericolo
Frasi H301+311+331 [1]
Consigli P261 - 280 - 301+310 - 311 [1]

Il tungsteno esacarbonile o esacarbonile di tungsteno è il metallocarbonile di formula W(CO)6. In condizioni normali si presenta come un solido volatile incolore e inodore.[1] È un complesso dove il tungsteno è nello stato di ossidazione zero e viene rispettata la regola dei 18 elettroni.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

W(CO)6 fu ottenuto per la prima volta da André Job e Jean Rouvillois nel 1928 facendo reagire WCl6 e CO in presenza di C6H5MgBr in soluzione eterea.[2]

Sintesi[modifica | modifica wikitesto]

W(CO)6 si prepara per carbonilazione riduttiva, cioè riducendo un composto di tungsteno in presenza di CO.[3] Ad esempio:

WCl6 + 2 Al(C2H5)3 → W(CO)6 +2 AlCl3 + 3 C4H10

La riduzione può essere effettuata anche con polvere di rame o lega di Devarda anziché trietilalluminio.[4]

Struttura[modifica | modifica wikitesto]

Il tungsteno esacarbonile è un composto molecolare. La molecola W(CO)6 ha geometria ottaedrica (simmetria Oh); di conseguenza nello spettro IR si osserva una singola banda di stiramento del CO (1998 cm–1).[5] Allo stato solido la distanza W–C risulta di 207 pm.[6]

Reattività[modifica | modifica wikitesto]

Il composto è relativamente stabile all'aria, ma va conservato in atmosfera inerte. È insolubile in acqua e leggermente solubile in solventi organici. Reagisce decomponendosi con basi forti e alogeni.[7]

W(CO)6 può dar luogo a reazioni di sostituzione dei leganti, nelle quali uno o più leganti CO vengono sostituiti, senza che ci sia variazione nel numero di ossidazione del tungsteno. La sostituzione di tre leganti CO è molto comune.[3] Analoghe reazioni si osservano anche con Mo(CO)6; nel caso di W(CO)6 in genere i composti sono cineticamente più stabili. La reazione può procedere sia per via termica che fotochimica. Alcuni esempi sono:[3]

W(CO)6 + C5H5 → [W(CO)35-C5H5)] + 3 CO
W(CO)6 + THF + → W(CO)5THF + CO

Trattando W(CO)6 con metalli alcalini si ha una reazione di riduzione che porta alla specie W(CO)52–; usando NaBH4 in ammoniaca liquida si ottiene invece la specie dinucleare [W2(CO)10]2–.[3]

Tossicità / Indicazioni di sicurezza[modifica | modifica wikitesto]

Come tutti i metallocarbonili, W(CO)6 è una fonte pericolosa di particelle metalliche volatili e monossido di carbonio.[1]

Note[modifica | modifica wikitesto]

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • (DE) G. Brauer, Handbuch der Präparativen Anorganischen Chemie, vol. 3, 3ª ed., Stuttgart, Ferdinand Enke, 1981, ISBN 3-432-87823-0.
  • (EN) F. Calderazzo, Carbonyl Complexes of the Transition Metals, in Encyclopedia of Inorganic Chemistry, 2ª ed., John Wiley & Sons, 2006, DOI:10.1002/0470862106.ia037, ISBN 9780470862100.
  • GESTIS, Tungsten carbide, su gestis-en.itrust.de, 2018. URL consultato il 15 settembre 2018. Pagina del tungsteno esacarbonile nel data base GESTIS.
  • (EN) C. E. Housecroft e A. G. Sharpe, Inorganic chemistry, 3ª ed., Harlow (England), Pearson Education Limited, 2008, ISBN 978-0-13-175553-6.
  • J. E. Huheey, E. A. Keiter e R. L. Keiter, Chimica inorganica - principi, strutture, reattività, 2ª ed., Padova, Piccin, 1999, ISBN 88-299-1470-3.
  • (FR) A. Job e J. Rouvillois, Préparation d'un tungstène-carbonyle par l'intermèdiaire d'un magnésien, in Compt. Rend. Acad. Sci., vol. 187, 1928, pp. 564-565.
  • (EN) T. W. Penrice, Tungsten Compounds, in Kirk-Othmer Encyclopedia of Chemical Technology, 4ª ed., John Wiley & Sons, 1998.

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