Tre Cime di Lavaredo

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Tre Cime di Lavaredo
Drei Zinnen
Le Tre Cime di Lavaredo viste da nord
StatoBandiera dell'Italia Italia
Regione  Veneto
  Trentino-Alto Adige
Provincia  Belluno
  Bolzano
Comune Auronzo di Cadore
Dobbiaco
Altezza2 999 m s.l.m.
CatenaAlpi
Coordinate46°37′06.96″N 12°18′19.8″E / 46.6186°N 12.3055°E46.6186; 12.3055
Altri nomi e significatiDrei Zinnen (tedesco)
Tre Zìmes (ladino)
Data prima ascensione21 agosto 1869
Autore/i prima ascensionePaul Grohmann con le guide Franz Innerkofler e Peter Salcher
Mappa di localizzazione
Mappa di localizzazione: Italia
Tre Cime di Lavaredo Drei Zinnen
Tre Cime di Lavaredo
Drei Zinnen
Mappa di localizzazione: Alpi
Tre Cime di Lavaredo
Dati SOIUSA
Grande ParteAlpi Orientali
Grande SettoreAlpi Sud-orientali
SezioneDolomiti
SottosezioneDolomiti di Sesto, di Braies e d'Ampezzo
SupergruppoDolomiti di Sesto
GruppoGruppo delle Tre Cime di Lavaredo
CodiceII/C-31.I-A.4

Le Tre Cime di Lavaredo (Drei Zinnen in tedesco; Tré Zìmes in ladino cadorino[1]) sono le cime più famose delle Dolomiti, al confine tra il territorio del Comune di Auronzo di Cadore e quello delle Dolomiti di Sesto nel comune di Dobbiaco, considerate tra le meraviglie naturali più note nel mondo dell'alpinismo, con la Cima Grande che rappresenta una delle classiche pareti nord delle Alpi, e permettono la vista panoramica delle cime circostanti e del parco Naturale Tre Cime.

Toponimo[modifica | modifica wikitesto]

Le attestazioni più antiche del toponimo si riferiscono alle forme tedesche, tant'è che le denominazioni Dreyspiz (letteralmente "tre punte"), dreÿ Spitz e Zwain hohen Spizenn si riscontrano sin dal Cinque e Seicento.[2] Nel famoso "Atlas Tyrolensis" del 1774 di Peter Anich e Blasius Hueber le cime sono indicate come 3 Zinnern Spize. Tuttavia le prove a supporto dell'origine tedesca del toponimo sono piuttosto scarne.[3]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Le Tre cime di Lavaredo fotografate negli anni della prima guerra mondiale

Fra il 1915 e il 1917 le vette delle Lavaredo costituirono il fronte di guerra. Di questo periodo rimangono ancora evidenti resti (trincee, gallerie, baraccamenti) sul massiccio e sul vicino monte Paterno.

Il 9 luglio 1974 cadde tra le Tre Cime e il monte Paterno un elicottero Bell 206 dell'Esercito Italiano (sigla "EI613"), pilotato dal Capitano Pier Maria Medici dell'ALE. A bordo inoltre vi erano due Ufficiali di SM della Brigata alpina "Tridentina" (Ten. Col. Renzo Bulfone Ca. S.M. della Brigata e il Magg. Gianfranco Lastri Capo Ufficio OAIO).[4] A memoria dell'incidente, tra i due monti si trova una lapide commemorativa, composta anche dalle stesse pale dell'elicottero.

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Le Tre Cime di Lavaredo assomigliano vagamente a tre dita, che puntano verso il cielo compatte, armonicamente allineate, apprezzate dagli estimatori per forme e colori.

Il gruppo è attraversato dall'alta via n. 4, detta di Grohmann.

Composizione[modifica | modifica wikitesto]

Le Tre Cime indicate come 3 Zinnern Spize nell'Atlas Tyrolensis del 1774

Le Tre Cime sono composte da[5]:

  • la più alta è la Grande, ossia la centrale (2.999 m s.l.m.);
  • la seconda è la Cima Ovest (2.973 m);
  • la Cima Piccola è la più bassa (2.857 m).

Il Confine[modifica | modifica wikitesto]

In un intorno delle Tre Cime di Lavaredo, l'attuale confine tra il Comune di Dobbiaco in Provincia di Bolzano e il Comune di Auronzo di Cadore in Provincia di Belluno, rideterminato in seguito alla Grande Guerra, coincide con quello tra il Sacro Romano Impero e la Serenissima stabilito nel 1752 con il Trattato di Rovereto da Maria Teresa d'Austria e dal doge Francesco Loredan. Esso passa esattamente sopra la cresta delle Tre Cime e cade a piombo verso terra. Le celebri pareti Nord si possono ammirare dal Comune di Dobbiaco. Le possenti pareti Sud sono ben visibili sin dal centro di Auronzo, mentre da Misurina compare il lato Sud-Ovest che sembra curiosamente privo della Cima Piccola.[6]

In precedenza al Trattato di Rovereto, le Tre Cime di Lavaredo erano completamente contenute nel comprensorio di Auronzo, all'epoca più esteso di oggi e comprendente vari territori al di là dello spartiacque alpino sotto il dominio di Venezia: a titolo di esempio il confine inglobava una parte dell'attuale Parco Naturale Tre Cime, la Val Rinbon, e giungeva fino alle "Pale di Rivis", ovvero, partendo dal Rifugio Locatelli proseguiva sulla Torre dei Scarperi e oltrepassava il Monte Rudo.[7][8][9][10][11]

Idrografia[modifica | modifica wikitesto]

Sorgenti della Rienza (Rienz-Ursprung)

L'esteso altipiano ai piedi delle Tre Cime rappresenta un importante spartiacque idrografico.

  • Verso nord-nordest i piccoli torrenti e i rigagnoli scorrono attraverso le valli Sassovecchio (Altensteintal) e Campo di Dentro (Innerfeldtal), sfociando nel rio Sesto e poi attraverso la Drava e successivamente il Danubio, nel mar Nero.
  • La Rienza, che sgorga ai piedi delle Tre Cime, sul versante settentrionale, scorre verso ovest attraverso le valli Rienza e Pusteria e poi confluendo nell'Isarco e nell'Adige, sfocia nel mare Adriatico presso Chioggia.
  • Dall'altopiano verso sud invece le acque scorrono prima attraverso la val Marzon, e raggiungono poi il mare Adriatico presso Jesolo dopo essere confluite nei fiumi Ansiei e Piave.

Rifugi[modifica | modifica wikitesto]

Rifugio Auronzo

Punti panoramici[modifica | modifica wikitesto]

I punti panoramici più conosciuti sono quelli che si possono ottenere dalla val di Landro, presso il vecchio paese (ora al suo posto c'è un albergo) dove si ha un profilo laterale delle Tre Cime, oppure dal rifugio Auronzo o ancora dal rifugio Antonio Locatelli. Ma forse la vista migliore delle Tre Cime si ha dal monte Piana e dalla cima di alcune vette, che si ergono nelle sue vicinanze, come la Torre di Toblin o il monte Paterno.

Alpinismo[modifica | modifica wikitesto]

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Le Tre Cime di Lavaredo viste da ovest

Il massiccio è di estremo interesse e fama nel mondo alpinistico.

Le prime ascensioni delle tre vette avvennero fra il 1869 e il 1881 lungo i più articolati versanti meridionali, che si specchiano nel lago di Misurina. Il primo salitore della Cima Grande fu il viennese Paul Grohmann, accompagnato dalla guida di Franz Innerkofler e Peter Salcher. La Cima Piccola è stata salita nel 1881 dalla guida Michel Innerkofler lungo un itinerario che all'epoca si collocava fra i più difficili. Oggi le tre vie normali, le cui difficoltà si aggirano fra il II e il III grado, sono belle ascensioni alla portata di molti alpinisti.

Dopo l'epoca delle vie normali l'interesse si rivolse nuovamente al massiccio negli anni immediatamente precedenti la Prima Guerra Mondiale (fra il 1909 e il 1914), con le belle imprese di grandi personaggi dell'alpinismo come Angelo Dibona (spigolo nord-est della Cima Grande), Paul Preuss (ascensione alla Cima Piccolissima), Hans Dülfer (pareti ovest delle Cime Grande e Ovest e parete nord della Punta di Frida) e Rudolf Fehrmann (parete nord della Cima Piccola). Sono gli anni del V grado e gran parte di questi itinerari incontra ancora oggi il favore degli alpinisti grazie alla loro bellezza.

Le Tre Cime di Lavaredo e il Monte Paterno

Dopo la Grande Guerra, l'alpinismo si avviò all'epoca "eroica" del sesto grado. L'ascensione più emblematica di quel momento storico fu proprio quella che nel 1933 il triestino Emilio Comici e gli ampezzani Giuseppe ed Angelo Dimai portarono a termine sulla parete nord della Cima Grande, per lungo tempo ritenuta inaccessibile. L'ascensione, che a suo tempo destò un'eco incredibile, è un classico dell'alpinismo d'élite ed è ancora oggi molto ambita e frequentata. Pochi mesi dopo lo stesso Comici traccerà un altro itinerario classicissimo di VI grado: il celebre Spigolo Giallo (Gelbe Kante), lungo il versante sud della Cima Piccola. Due anni più tardi fu scalata la parete nord della Cima Ovest da parte di Riccardo Cassin e Vittorio Ratti, ascensione ancora oggi impressionante per concezione e difficoltà superate.

Dopo queste salite, alla fine degli anni cinquanta, si impose la filosofia della "direttissima". Fra il 1958 e il 1959 i riflettori si puntano di nuovo sul versante settentrionale delle Tre Cime. Con largo uso di mezzi artificiali (chiodi, chiodi a pressione, staffe), vennero aperte le direttissime alla Cima Grande (dai tedeschi Dieter Hasse e Lothar Brandler) ed alla Cima Ovest (tre vie quasi parallele aperte dagli Scoiattoli di Cortina, dalla cordata svizzera di Hugo Weber e Albin Schelbert e da quella francese di René Desmaison e Pierre Mazeaud), lungo la cui parete si accese una vera e propria corsa.

Solo in tempi recenti lungo questi versanti vennero tracciate vie che salgono con assoluta preponderanza dell'arrampicata libera della massima difficoltà (IX grado), come le vie dei fratelli cecoslovacchi Koubal (1989) sulla Cima Grande e di Franc Knez sulla Piccolissima e la Grande, aperte con assicurazioni tradizionali, ed alle numerose vie aperte con l'uso di spit, fino ad arrivare alle prestazioni degli anni 2000 del tedesco Alexander Huber, apritore di alcuni itinerari con difficoltà fino al grado 8c e salitore, in free-solo (cioè senza l'ausilio di nessun mezzo di assicurazione) della via di Hasse e Brandler, che cinquant'anni prima era stata la salita che forse più di ogni altra aveva aperto l'epoca dell'artificiale.

Parco naturale Tre Cime

Un personaggio importante dell'alpinismo sulle Tre Cime è Christoph Hainz che, insieme a Kurt Astner, ha aperto ben quattro nuove vie di elevata difficoltà: Das Phantom der Zinne sulla Cima Grande, Alpenliebe e Pressknödl sulla Cima Ovest, Ötzi trifft Yeti sulla Cima Piccola.

È del 2011 l'impresa degli alpinisti Armin Holzer di Sesto e Reinhard Kleindl di Graz che attraversarono su una slack line lo spazio vuoto fra le singole cime.[12] Nel marzo 2012 si ha invece la prima attraversata invernale delle Tre Cime, compiuta dall'altoatesino Simon Gietl e lo svizzero Roger Schäli. Inizialmente salirono per la "via degli scoiattoli" della Cima Ovest, per poi discendere lungo la parete sud. Poi su lungo la "via Dülfer" della Cima Grande dove hanno bivaccato in parete. Il giorno seguente, dopo aver concluso la scalata alla Cima Grande, hanno concluso l'impresa salendo dalla parete ovest della Cima Piccola.[13]

Vista dal Lago di Misurina

Le vie classiche più ripetute[modifica | modifica wikitesto]

Alla Cima Piccola[modifica | modifica wikitesto]

  • Via normale: itinerario aperto nel 1881 da Michael Innerkofler e suo fratello Hans. È la via più facile che consente l'accesso alla cima. Sale la parete sud con percorso complicato per cenge e camini. Inizialmente terminava all'antecima, poi Zsigmondy trovò l'accesso alla vetta vera e propria nel 1884, nel camino che ancora oggi porta il suo nome. Sviluppo: 400 m, difficoltà: III/IV.
  • Via Egger: altra via che sale la parete sud di Egger e Sauschek, aperta nel 1955. Sviluppo: 320 m, difficoltà: VI+ (o V+ e A0).
  • Via Comici-Varale-Zanutti o Spigolo Giallo: una delle vie più famose delle Dolomiti e delle Alpi che sale l'estetico spigolo sud-est, salita per la prima volta da E. Comici, M. Varale e R. Zanutti nel 1933. La linea originale, fedele allo spigolo e con difficoltà di VII è stata oggi addolcita con una variante che evita di lato il tratto centrale strapiombante e friabile per recuperare la linea a 2/3 dell'altezza. Sviluppo: 380 m, difficoltà: V/VI- ed 1 passo di VI+.
  • Via dei camini: salita attraverso una serie di camini e fessure, aperta da J. Innerkofler, J. Reider e A. Witzenmann nel 1904, che porta alla Forcella Frida. Di qui spesso si prosegue con la Helversen del 1890, sempre in camino. Sviluppo: 420 m; difficoltà: III/IV.
  • Camino Fehrmann: sulla parete nord della Cima Piccola questa serie di camini saliti per la prima volta da Fehrmann e da Perry Smith nel 1909 è una via dell'Alpinismo Eroico: gli apritori salirono senza piantare chiodi. Poco ripetuta. Sviluppo: 280 m, difficoltà: V.
  • Via Comici-Mazzorana: aperta nel 1936 da E. Comici e P. Mazzorana sale lo spigolo nord della Cima Piccola. Sviluppo: 300 m, difficoltà: fino al VI+ e con un passo di VI e A1 (o VII).
  • Via Molin-Lancellotti: aperta nel 1965 da Alziro Molin e Lancelloti sale dalla parete sud alla sella nord della Punta Frida. Grado V, con arrivo sulla punta a 2.792 metri.
Preussturm

Alla Cima Piccolissima o Preussturm[modifica | modifica wikitesto]

  • Fessura Preuss: via ardita aperta da Paul Preuss nel 1911 secondo la sua etica rigorosa, senza chiodi e utilizzando la corda solo per assicurare il compagno. Segue le fessure-camino della parete nord. Sviluppo: 220 m; difficoltà: IV/V.
  • Via Cassin: supera la parete sud-est con una linea logica e di impegno sostenuto. Aperta da Cassin, Ratti e Vitali nel 1934. Sviluppo: 200 m; difficoltà: V/VI e VII- (o A0).

Alla Cima Grande[modifica | modifica wikitesto]

  • Via normale: la prima arrampicata sulle Tre Cime ad opera di Paul Grohmann, Franz Innerkofler e Peter Salcher nel 1869. Via facile ma con percorso complicato che sale il versante sud dapprima per camini e poi per rampe fino alla grande terrazza e da qui per camini ancora alla cima. Sviluppo 600 m, difficoltà: II/III.
  • Spigolo Dibona: classica e ripetuta via che sale lo spigolo nord-est aperta da A. Dibona ed E. Stubler nel 1909. Sviluppo: 650 m; difficoltà: IV.
  • Via Camillotto Pellissier: aperta alla cordata E. Mauro e M. Minuzzo nel 1967 in memoria del solitario salitore del Kanjut Sar è una via ardita sul lato sinistro della parete nord, nel punto più strapiombante. Essa ha richiesto ai primi salitori 9 giorni di permanenza in parete di cui 1 per superare il famigerato "tetto a zeta", con impiego sistematico di chiodi ad espansione. Finisce sullo spigolo Dibona a 60 metri dalla grande terrazza. In arrampicata libera la via raggiunge i limiti dell'arrampicata odierna (8a+). Sviluppo: 355 m, difficoltà: in larga parte A1 (o VI e A0) con passi in A2-A3, fino al X- in libera.
    Vista al tramonto
  • Via Hasse-Brandler: grandiosa arrampicata del 1959 di D. Hasse, L. Brandler, S. Löw e J. Lehne che risolve per la prima volta il problema di un accesso diretto alla cima da nord. Partendo dal centro della parete essa vince direttamente la parete gialla per poi forzare il diedro strapiombante e con tetti a mezza altezza per poi uscire sulla cengia collare. Via aperta con largo uso di mezzi artificiali. Sviluppo: 730 m; difficoltà: VI+ e A0 sulla parete gialla, segue il diedro di A1 o VIII in libera e poi i camini finali dal V al VII-. La prima invernale delle direttissima fu compiuta dai tedeschi Peter Siegert, Reiner Kauschke, Rolf Jäger e Werner Bittner, che in sei giorni di scalata, dal 13 al 17 febbraio 1961, superano il muro strapiombante delle Cima Grande, dopo essersi sottoposti a specifici allenamenti per resistere alle bassissime temperature tipiche delle Tre Cime in inverno. Alla mattina e alla sera i quattro venivano riforniti dalla base da Horst, il fratello minore di Siegert, mediante un cordino di collegamento. La seconda invernale è compiuta da Marcello Bonafede, Emilio Menegus "Longo" e Natalino Menegus "Fritze", dal 7 al 10 gennaio 1964, in soli quattro giorni polverizzando il tempo di salita della cordata tedesca. Marcello Bonafede e Natalino Menegus erano allora "freschi" vincitori della Via Solleder-Lettenbauer al Civetta (4-7 marzo 1963, con Sorgato, Piussi, Radaelli e Hiebeler), mentre Emilio Menegus era da poche settimane rientrato da tre anni di lavoro in Africa equatoriale, e scontava i postumi della malaria che vi aveva contratta. Questo fatto, oltre all'aver affrontato la salita senza alcun rifornimento dal basso, è la misura della forza della cordata cadorina, rispetto a quella tedesca.
  • Direttissima dei Sassoni: altra arrampicata ardita sulla muraglia nord che ha inchiodato P. Kauschke, P. Siegert, G. Uhlner per 17 giorni in parete, in inverno nel 1963. Via aperta con esclusivo impiego di mezzi artificiali e superata anche in libera con difficoltà di IX+. Sviluppo: 550 m; difficoltà: A1-A2 e passi in A3 o IX+ in libera.
  • Via Comici-Dimai: la prima via aperta sulla parete nord della Cima Grande e delle Tre Cime da E. Comici e G. e A. Dimai nel 1933. Questa via è una classica tra le più conosciute del mondo e la più famosa delle Dolomiti che conta migliaia di ripetizioni. Inizia nel lato destro della parete e segue la colata grigia sinuosa che attraversa la parete gialla per poi raggiungere per camini la cengia collare. Sviluppo: 550 m; difficoltà: molto sostenute dallo zoccolo fino alla sommità del muro giallo, circa 250 m di VI+ con passi di VII (o A1), poi III/IV e passi di V-.
  • Diedro Abram: altra via della parete nord che sale il gran diedro a destra del muro. Aperta da Abram e Schrott nel 1961. Sviluppo: 450 m; difficoltà: V e A2.
  • Via Dülfer: famoso itinerario che scala una lunga fessura sul margine destro della parete ovest, aperta nel 1913 da H. Dülfer e W. von Bernuth. Sviluppo: 250 m; difficoltà: V+.

Alla Cima Ovest[modifica | modifica wikitesto]

  • Via normale: come le altre due vie normali anche questo è un percorso complesso lungo il versante meridionale per cenge e camini, con l'impronta dei primi pionieri; aperta da M. Innerkofler e G. Ploner nel 1879. Sviluppo: 600 m; difficoltà: III/III+.
  • Spigolo Demuth: via frequentata e molto famosa che risale l'estetico spigolo nord-est aperta nel 1933 da Demuth, Lichtenegger e Peringer. Sviluppo: 620 m; difficoltà: V con 1 passo di A0 (o VII-).
Versante nord
  • Via in ricordo di Jean Couzy: realizzazione di R. Desmaison e P. Mazeaud del 1959 che per prima portò all'introduzione di A4 come termine di arrampicata estrema. La via sale il lato sinistro della parete nord, a sinistra del grande tetto della Cima Ovest, lungo una serie di gialle fasce strapiombanti. L'itinerario è stato aperto con impiego sistematico di chiodi ad espansione e in arrampicata libera raggiunge limiti estremi (8a+). Sviluppo: 600 m; difficoltà: VI+ e A3 per i primi 250 m strapiombanti (o X-), poi fino al V+.
  • Via degli Svizzeri: via aperta dalla cordata svizzera di Schelbert e Weber nel 1959 in competizione con una cordata italiana. Esse superarono la fascia dei grandi tetti della Cima Ovest sul lato sinistro e poi proseguirono per due itinerari differenti poco al di sopra di essa. Sviluppo: 600 m; difficoltà: VI e A1 (o IX-).
  • Via degli Italiani: aperta dalla cordata rivale di Bellodis e Franceschi che raggiunse per prima la cima. I percorsi coincidono fino sopra i tetti e poi questa via procede sulle rocce di sinistra del grande colatoio della Cima Ovest. La parte superiore è raramente percorsa. Sviluppo: 600 m; difficoltà: VI e A1.
  • Via Cassin: una delle più ardimentose arrampicate degli anni trenta (1935) riuscita a Riccardo Cassin e Vittorio Ratti dopo numerosi tentativi falliti anche da parte di Emilio Comici. La via, il cui attacco originario è ora poco seguito, sale dapprima lo spigolo nord-ovest per poi attraversare in obliquo una fascia di rocce gialle compattissime fino alle cornici sopra il tetto. Per fissare un solo chiodo su queste placche Cassin impiegò circa 3 ore! Poi essa traversa a sinistra fino al colatoio della Cima Ovest che segue fino alla cengia superiore; il finale del traverso ha richiesto circa 6 ore ai primi salitori per la compattezza della roccia. Sviluppo: 630 m; difficoltà: VI e A1 con la placca gialla di VIII in libera e 17 metri in strapiombo all'inizio del colatoio di VII-.
  • Spigolo degli Scoiattoli: si tratta di un raccordo tra due vie già esistenti: la parte iniziale della Cassin e la Harrer-Wallenfels sopra i grandi tetti dello spigolo. Aperta nel 1959 dagli Scoiattoli di Cortina. Sviluppo: 600 m; difficoltà: VI e A2 o VIII+.

Alpinisti deceduti sulle Tre Cime[modifica | modifica wikitesto]

Vista notturna
  • Alex Papesh, (* 21/11/1944, + 24/09/1965) sulla cima Piccola
  • Alessandro Oppizzi (* 1962, + 1982)

Ciclismo[modifica | modifica wikitesto]

Il rifugio Auronzo è stato più volte sede di arrivo di tappa del Giro d'Italia. La salita finale, molto impegnativa, sale da Misurina (1760 m) al rifugio (2333 m) in circa 7 km. Il tratto finale scavalca in meno di 4 km un dislivello di 477 metri, per una pendenza media superiore al 12% e punte fino al 19%.

La prima volta fu nel 1967, tappa vinta da Felice Gimondi davanti a Eddy Merckx e Gianni Motta; il corridore bergamasco avrebbe conquistato anche la maglia rosa, ma la tappa venne annullata per irregolarità.[14] Andò meglio l'anno successivo, con una tappa memorabile che vide, sotto la neve, la vittoria del belga Eddy Merckx che qui indossò la maglia rosa per portarla a Milano. La tappa più famosa conclusa sotto le Tre Cime è certamente quella del Giro del 1974: il vincitore di tappa fu lo spagnolo José Manuel Fuente, ma il vero protagonista fu il ventunenne Gianbattista Baronchelli, al primo anno di professionismo, che staccò il leader della classifica Eddy Merckx e per soli 12 secondi fallì l'impresa di strappargli la maglia rosa.

Nel 1981 la vittoria fu dello svizzero Beat Breu mentre nel 1989 vinse il colombiano Luis “Lucho” Herrera. Dopo diversi anni di assenza, l'arrivo delle Tre Cime di Lavaredo è stato reinserito nel percorso del Giro d'Italia 2007 (15ª tappa) ed ha visto la vittoria del giovane modenese Riccardo Riccò, seguito da Leonardo Piepoli, suo compagno di squadra. Nel Giro d'Italia 2013 la vittoria è stata del campione siciliano Vincenzo Nibali, protagonista di un arrivo solitario nel mezzo di una tempesta di neve.[15]

Di seguito si riportano i vari passaggi (in grassetto le edizioni in cui il traguardo era Cima Coppi):

Edizione Tappa Percorso km Vincitore di tappa Maglia Rosa
1967 19ª Udine > Tre Cime di Lavaredo (annullata) 170 Bandiera dell'Italia Felice Gimondi Bandiera dell'Italia Silvano Schiavon
1968 12ª Gorizia > Tre Cime di Lavaredo 213 Bandiera del Belgio Eddy Merckx Bandiera del Belgio Eddy Merckx
1974 20ª Pordenone > Tre Cime di Lavaredo 163 Bandiera della Spagna José Manuel Fuente Bandiera del Belgio Eddy Merckx
1981 20ª San Vigilio di Marebbe > Tre Cime di Lavaredo 100 Bandiera della Svizzera Beat Breu Bandiera dell'Italia Giovanni Battaglin
1989 13ª Padova > Tre Cime di Lavaredo 207 Bandiera della Colombia Luis Herrera Bandiera dei Paesi Bassi Erik Breukink
2007 15ª Trento > Tre Cime di Lavaredo 184 Bandiera dell'Italia Riccardo Riccò Bandiera dell'Italia Danilo Di Luca
2013 20ª Silandro > Tre Cime di Lavaredo 210 Bandiera dell'Italia Vincenzo Nibali Bandiera dell'Italia Vincenzo Nibali
2023 19ª Longarone > Tre Cime di Lavaredo 183 Bandiera della Colombia Santiago Buitrago Bandiera della Gran Bretagna Geraint Thomas

Leggende[modifica | modifica wikitesto]

Per stabilire il confine territoriale tra i comuni di Dobbiaco e Auronzo, una leggenda descrive la storia che due giovani ragazze (secondo altre versioni due vecchie) partirono dai due rispettivi comuni al canto del gallo. La donna di Auronzo, non vista, punse il pennuto in modo da anticipare il canto e iniziare prima la camminata. Grazie a questo stratagemma, il confine è quindi posto più a nord dello spartiacque, presso il ponte della Marogna.[16][17]

Nel 1743 venne consacrata la chiesa delle Grazie di Auronzo dove ancora oggi si può osservare una croce in ferro battuto con alla sua cima un gallo che presenta 3 buchi in pancia, in ricordo dei 3 colpi di spillo ricevuti durante la notte.[18][19]

Nei media[modifica | modifica wikitesto]

Le Tre Cime di Lavaredo sono comparse nei media in varie occasioni:

Stemma[modifica | modifica wikitesto]

Il 7º Reggimento Alpini, di stanza a Belluno, ha come stemma le Tre Cime di Lavaredo.

Galleria d'immagini[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Le interdentali (rappresentate con "z"), frequenti nel cadorino, che è un dialetto ladino, sono tuttavia d'influsso bellunese e posteriori al '500 come lo attesta Giovan Battista Pellegrini nel suo saggio I dialetti ladino-cadorini, Miscellanea di studi alla memoria di Carlo Battisti, Firenze, Istituto di studi per l'Alto Adige, 1979.
  2. ^ Egon Kühebacher, Die Ortsnamen Südtirols und ihre Geschichte, vol. 3, Bolzano, Athesia, 2000, p. 48. ISBN 88-8266-018-4
  3. ^ Egon Kühebacher, Die Ortsnamen Südtirols und ihre Geschichte, vol. 3, Bolzano, Athesia, 2000, p. 35. ISBN 88-8266-018-4
  4. ^ A pagina 61 di, Giovanni Tonicchi, Le Ali dell'Esercito dall'Aviazione leggera alla Cavalleria dell'aria 1951-2001, Viterbo, 2001, p. 207.
  5. ^ Le Tre Cime di Lavaredo, su dolomiti.it. URL consultato il 19 luglio 2019.
  6. ^ Tre Cime di Lavaredo - Simbolo delle Dolomiti UNESCO, su Tre Cime Dolomiti. URL consultato il 22 febbraio 2020.
  7. ^ Le Tre Cime di Lavaredo - Dolomiti Unesco, su DolomitiUnesco.it. URL consultato il 17 febbraio 2019.
  8. ^ AuronzoMisuri10, su auronzo.eu. URL consultato il 17 febbraio 2019.
  9. ^ trekker, Tre Cime di Lavaredo, su Solo Montagna, 6 gennaio 2017. URL consultato il 17 febbraio 2019.
  10. ^ Giovanni Carraro, Tre Cime di Lavaredo: La Trinità delle Dolomiti, in Rassegna "Oltre le Vette 2018", commissionato dal Comune di Auronzo di Cadore e trasmesso da TeleBelluno, Ottobre 2018.
  11. ^ Gianni Pais Becher, https://books.google.de/books?id=T2AvYAAACAAJ, in Auronzo: Terra di Frontiera, Regione del Veneto - Comune di Auronzo di Cadore, 1999.
  12. ^ In equilibrio tra le nuvole: l'impresa di un pusterese sulle tre cime Archiviato il 5 ottobre 2011 in Internet Archive.
  13. ^ Notizia ANSA.it
  14. ^ Felice Gimondi e la tappa scomparsa: meno 51 al Giro100, Giovanni Battistuzzi su ilfoglio.it
  15. ^ Giro d'Italia, tappa 20: leggendario Nibali sulle Tre Cime. Uran ora è secondo su Gazzetta.it
  16. ^ Giovanni Fabbiani, Auronzo di Cadore. Pagine di storia, Tip. Piave, Belluno, 1973, pag. 290, La leggenda del gallo
  17. ^ Auronzo di Cadore, Misurina, la leggenda del gallo e la roccia dolomitica, su caiauronzo.it. URL consultato il aprile 2018.
  18. ^ Madonna delle Grazie Auronzo, su alexauronzo.altervista.org
  19. ^ Fra storia e leggenda, il confine tra Auronzo e Dobbiaco, su vacanzainmontagna.net. URL consultato il maggio 2018 (archiviato dall'url originale il 5 settembre 2017)., su vacanzainmontagna.net

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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