Fonti storiche non cristiane su Gesù

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Ritratto di Gesù, fine del IV-inizio del V secolo, catacombe di Commodilla, Roma.

I testi di autori non cristiani su Gesù sono parte delle fonti utilizzate nella ricerca sulla storicità di Gesù: si tratta di testi di autori greci, romani ed ebrei in gran parte risalenti al II secolo.

Le fonti antiche non cristiane sono in generale meno numerose e dettagliate dei testi cristiani su Gesù, ma consentono al tempo stesso di attingere a risorse indipendenti e di documentare l'atteggiamento dei contemporanei verso la vita di Gesù[1][2].

Testi di origine ebraica[modifica | modifica wikitesto]

Giuseppe Flavio, Antichità giudaiche[modifica | modifica wikitesto]

Edizione del 1552 delle Antichità Giudaiche

Riferimenti a Gesù sono presenti in alcuni passi delle Antichità giudaiche, un'opera scritta dallo storico ebreo Giuseppe Flavio (c.37 - c.100) nel 93 e dedicata alla storia del popolo ebraico dalle origini fino al 66. Nel testo tramandato ci sono tre riferimenti a Gesù e ai cristiani: il primo riguarda la morte di Giovanni Battista (XVIII, 116-119); il secondo la morte di Giacomo il Giusto, che Flavio Giuseppe qualifica come «fratello di Gesù chiamato il Cristo» (XX, 200); il terzo, il più noto, è conosciuto come Testimonium Flavianum (XVIII, 63-64).

In particolare il secondo brano recita:

«Così (il sommo sacerdote Anania) convocò i giudici del Sinedrio e introdusse davanti a loro un uomo di nome Giacomo, fratello di Gesù, che era soprannominato Cristo, e certi altri, con l'accusa di avere trasgredito la Legge, e li consegnò perché fossero lapidati.»

Il testo, che contiene alcune informazioni sintetiche su Gesù (il nome, il titolo con cui era conosciuto, il nome e la sorte di un suo fratello), si presenta come genuino e non pone particolari problemi agli storici. Più complessa è invece la valutazione del terzo brano, noto appunto come Testimonium Flavianum, che afferma:

«Allo stesso tempo, circa, visse Gesù, uomo saggio, se pure uno lo può chiamare uomo; poiché egli compì opere sorprendenti, e fu maestro di persone che accoglievano con piacere la verità. Egli conquistò molti Giudei e molti Greci. Egli era il Cristo. Quando Pilato udì che dai principali nostri uomini era accusato, lo condannò alla croce. Coloro che fin da principio lo avevano amato non cessarono di aderire a lui. Nel terzo giorno, apparve loro nuovamente vivo: perché i profeti di Dio avevano profetato queste e innumeri altre cose meravigliose su di lui. E fino ad oggi non è venuta meno la tribù di coloro che da lui sono detti Cristiani.»

Su questo terzo passo, il Testimonium Flavianum, il giudizio degli studiosi è da tempo molto vario[3]. La maggior parte degli studiosi ritiene che il testo sia stato rielaborato da copisti medioevali inserendo alcune note, in particolare sulla natura divina di Gesù e sulla sua risurrezione, in modo da allineare il contenuto con l'insegnamento della Chiesa[4]; questo testo non viene, infatti, citato da alcun padre della Chiesa fino ad Eusebio di Cesarea nel IV secolo.[5][6] Alcuni studiosi lo ritengono comunque integralmente autentico[7] o al contrario interamente oggetto di interpolazione[8]. Nei primi anni settanta però, grazie agli studi del filologo ebreo Shlomo Pines, professore all'Università di Gerusalemme, è stata trovata quella che sembrerebbe essere la forma originaria del Testimonium Flavianum, una forma diversa, contestualizzata all'interno della Storia Universale di Agapio di Ierapoli, un vescovo e storico di lingua araba vissuto nel X secolo:

«Egli afferma nei trattati che ha scritto sul governo dei Giudei: «In questo tempo viveva un uomo saggio che si chiamava Gesù, e la sua condotta era irreprensibile, ed era conosciuto come un uomo virtuoso. E molti fra i Giudei e le altre nazioni divennero suoi discepoli. Pilato lo condannò a essere crocifisso e morire. E quelli che erano divenuti suoi discepoli non abbandonarono la propria lealtà per lui. Essi raccontarono che egli era apparso loro tre giorni dopo la sua crocifissione, e che egli era vivo. Di conseguenza essi credevano che egli fosse il Messia, di cui i Profeti avevano raccontato le meraviglie».»

Tale citazione del Testimonium, non edulcorata e non interpolata, evidenzia come Giuseppe Flavio, senza entrare nel merito della divinità di Gesù, ne parli come personaggio storico realmente esistito[9].

Il Talmud di Babilonia[modifica | modifica wikitesto]

Moderni volumi del Talmud di Babilonia

Il Talmud babilonese, testo ebraico che raccoglie tradizioni molto antiche e messo per iscritto nel V-VI secolo,[10] contiene un riferimento a Gesù, nel quale si dice che egli fu giustiziato alla vigilia di Pasqua perché "praticava la stregoneria".[11] Questo sembrerebbe confermare che Gesù abbia compiuto dei prodigi, che i suoi avversari attribuivano all'opera del demonio.[12]

Esistono peraltro scarsissimi documenti storici relativi all'era del Secondo Tempio: a parte i lavori di Giuseppe Flavio, il più antico testo del periodo, è da ricordare la Mishnah, che è comunque più un codice di leggi piuttosto che un registro di procedimenti giudiziari o un testo di storia generale.

Dai documenti giudaici del periodo, sia orali che scritti, venne compilato il Talmud, una collezione di dibattiti legali e di aneddoti che riempiono trenta volumi. In essi non vi è menzionato mai il nome Gesù (ebraico Yehoshuah): il riferimento più vicino è il nome Yeshu presente nel Talmud di Babilonia e riferito ad uno o più individui, oltre a designazioni indirette e tramite epiteti.[13]

La descrizione di Yeshu non corrisponde comunque a quella cristiana di Gesù;[senza fonte] inoltre si pensa che la parola sia piuttosto un acronimo di yemach shemo vezichro ("sia cancellato il suo nome e la sua memoria") che indica chi cerca di convertire i Giudei dal Giudaismo. Per giunta, il termine non compare nella versione di Gerusalemme del testo, che ci si aspetterebbe dovrebbe menzionare Gesù maggiormente rispetto alla versione di Babilonia. E', inoltre, da sottolineare come il Yeshu del Talmud avesse solo 5 discepoli - Matthai, Nakai, Nezer, Buni e Todah - i cui nomi peraltro non coincidono con i Dodici; in aggiunta, la testimonianza è di periodo tardo - almeno del IV secolo, riportando un insegnamento del rabbi Abbaye, che visse a quel tempo - e le tradizioni del cristianesimo erano già molto diffuse nel bacino del Mediterraneo, permettendo così di estrapolare tale citazione dalle stesse.[14][15]

Occorre comunque tener conto che l'esiguità dei riferimenti a Gesù negli scritti talmudici potrebbe semplicemente essere dovuto al fatto che il Cristianesimo fosse ancora una realtà di minore importanza ai tempi in cui la maggior parte del Talmud è stato redatto, unito al fatto che il testo è stato concepito più per insegnare la legge che come manuale storico.

Le Diciotto Benedizioni[modifica | modifica wikitesto]

In una delle redazioni pervenute delle Diciotto Benedizioni, testo liturgico ebraico, compare un riferimento ai cristiani (o "nazareni"):

«Che per gli apostati non vi sia speranza; sradica prontamente ai nostri giorni il dominio dell'usurpazione, e periscano in un istante i Cristiani (nôserîm) e gli eretici (minim): siano cancellati dal libro della vita e non siano iscritti con i giusti. Benedetto sei tu, Signore, che schiacci gli arroganti»

La preghiera, chiamata Birkat Ha Minim, risale alla fine del I secolo (85-100, anche se si ritiene ci siano redazioni antecedenti[16], ma non è chiaro quando sia stato inserito il riferimento ai cristiani, visto che le altre redazioni del testo menzionano solo "gli eretici"[17]; si ritiene comunque che fu un rabbi di poco successivo a Samuele il piccolo a redigere la versione che citava i cristiani, infatti già Giustino[18] (oltre a Girolamo[19] e Epifanio di Salamina[20]) parla di preghiere ebraiche contro i cristiani. Si ritiene che la forma più arcaica della preghiera in questo senso sia quella ritrovata al Cairo[21] nel 1898 dove a fianco al termine Minim (eretici) si trova anche il termine Notserim (Nazareni: riferito ai giudeo-cristiani)

Sepher Toldos Jeschut[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Toledot Yesu.

Con il nome di Sepher Toldos Jeschut (o anche Toledot Jeschu/Yeschu/Yesu) vengono indicate due opere letterarie sulla vita di Gesù. La prima (II secolo) è un'opera anonima della prima età imperiale romana scritta in ambito ebraico per contrastare il nascente cristianesimo. La seconda, pubblicata nel 1705, è basata sulla prima, che cita esplicitamente.

L'avvertimento riportato da Giustino[modifica | modifica wikitesto]

Il filosofo cristiano Giustino (100-162/168), nel Dialogo col giudeo Trifone, riporta un avvertimento che sarebbe stato inviato dagli ebrei della Terra d'Israele a quelli della diaspora.[22]

«È sorta un'eresia senza Dio e senza Legge da un certo Gesù, impostore Galileo; dopo che noi lo avevamo crocifisso, i suoi discepoli lo trafugarono nottetempo dalla tomba ove lo si era sepolto dopo averlo calato dalla croce, ed ingannano gli uomini dicendo che sia risorto dai morti ed asceso al cielo»

In assenza di altre conferme documentarie non è possibile[senza fonte] sapere se questo avvertimento sia mai stato dato per davvero o se esso, invece, fosse un artificio letterario con il quale Giustino fornisce la sua versione sull'opinione dei giudei del suo tempo a proposito di Cristo e dei cristiani.

Se Giustino è venerato da tutte le chiese cristiane come santo e martire, apologeta e Padre della Chiesa, è probabile che non condividesse questa opinione su "Cristo impostore", e che non avesse usato artifici letterari che potevano indurre in errore i lettori che erano parte di coloro che provava a convertire.

Testi romani[modifica | modifica wikitesto]

Tallo[modifica | modifica wikitesto]

Sesto Giulio Africano (160/170240) riporta un passo dello storico romano (per altri greco) Tallo del I secolo (si ritiene del 52 se identificato con Tallo il Samaritano di Giuseppe Flavio[23]), che è il primo che fa riferimento alla eclissi della crocifissione di Gesù:

«Tallo, nel terzo libro della sua Storia, definisce questa oscurità un'eclisse solare. Questo mi sembra inaccettabile.»

Anche Flegonte di Tralles (circa 100-150), ripreso da Eusebio di Cesarea, riporta lo stesso passo affermando che l'episodio avvenne al quarto anno dell'olimpiade 202 (32-33) e durò 3 ore, ovvero dall'ora sesta alla nona.[24]

Corrispondenza tra Plinio il Giovane e l'imperatore Traiano[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Rescritto di Traiano a Plinio il Giovane.

Circa nel 112, in una lettera[25] tra l'imperatore Traiano e il governatore delle province del Ponto e della Bitinia Plinio il Giovane, viene fatto un riferimento ai cristiani. Plinio chiede all'imperatore come comportarsi verso i cristiani che rifiutano di adorare l'imperatore e pregano "Cristo" come dio.

«I Cristiani... Affermavano inoltre che tutta la loro colpa o errore consisteva nell'esser soliti riunirsi prima dell'alba e intonare a cori alterni un inno a Cristo come se fosse un dio, e obbligarsi con giuramento non a perpetrare qualche delitto, ma a non commettere né furti, né frodi, né adulteri, a non mancare alla parola data e a non rifiutare la restituzione di un deposito, qualora ne fossero richiesti.»

Il testo si limita a indicare Cristo come persona (venerata quasi deo), ma non fornisce ulteriori informazioni dirette su Gesù: Charles Guignebert ha quindi evidenziato come questo breve passaggio non fornisca, da solo, elementi utili a definire i contorni della sua figura storica.[26][27] La lettera documenta piuttosto la diffusione delle prime comunità cristiane e l'atteggiamento dell'amministrazione romana nei loro confronti.[28] Nella sua risposta a Plinio, che li considera colpevoli di una deplorevole superstitio[29], Traiano dispone che i Cristiani non debbano essere ricercati dalle autorità, ma possano essere perseguitati solo se denunciati da qualcuno, purché non anonimo, salvo che, sacrificando agli dei dell'impero, non rinneghino la loro fede.

Svetonio in Vita dei dodici Cesari[modifica | modifica wikitesto]

Lo storico Svetonio (70-122), nella sua opera dedicata alle Vite dei dodici Cesari (112), scrive di "Giudei, che, istigati da Cresto (sic) durante il regno di Claudio avevano provocato dei tumulti", e che perciò l'imperatore li aveva espulsi da Roma. Questo passo, comunque, testimonia la presenza di cristiani a Roma in epoca molto antica (Claudio morì nel 54),[30] anche se l'utilizzo del termine Cristiani per indicare i seguaci di Gesù a Roma è probabilmente più tardo.[31]

(LA)

«Iudaeos, impulsore Chresto, assidue tumultuantes Roma expulit»

(IT)

«Dato che i Giudei, istigati da Cresto, provocavano costantemente dei tumulti, [Claudio] li espulse da Roma.»

Chrestus viene generalmente interpretato come una distorsione del nome Christus ("Cristo") e quindi come un riferimento a Gesù.[32] Il termine Chrestus appare infatti anche in testi successivi riferito a Gesù: un errore di scrittura è quindi plausibile, anche perché forse le due parole in greco antico venivano pronunciate in modo identico, il che può aver influito nella redazione del testo. Del resto a quel tempo i termini crestiani e cristiani venivano usati comunemente e con lo stesso significato, così come documentato, ad esempio, da Tertulliano.[33]

Secondo alcuni studiosi la scelta delle parole nel passo di Svetonio sembra però implicare la presenza di Chrestus a Roma nell'anno 54 dopo Cristo: in questo caso l'identificazione con Gesù sarebbe molto improbabile. Chrestus era inoltre un nome comune tra gli schiavi a Roma, significava "buono" o "utile", ed il passo tratta di una rivolta di schiavi. L'interpretazione del passo è quindi, nel complesso, controversa. In realtà il passo parla di giudei e non di schiavi. Per i pagani, a quel tempo, non era affatto facile distinguere tra ebrei e seguaci di Gesù, che infatti venivano spesso confusi con gli ebrei anche per il fatto che la prima predicazione apostolica si svolgeva all'interno delle sinagoghe. Sicché è molto probabile che i tumulti cui si riferisce Svetonio siano stati causati dall'opposizione sinagogale alla predicazione apostolica di Paolo e Pietro e dei loro primi discepoli.[34][35].

Oltre al passo citato, Svetonio nelle sue opere fa inoltre un riferimento ai cristiani nella sua Vita di Nerone:

«sottopose a supplizio i Cristiani, razza di uomini d'una superstizione nuova e malefica»

Cornelio Tacito negli Annales[modifica | modifica wikitesto]

Dettaglio della pagina del codice laurenziano dell'XI secolo, contenente Tacito, Annales, XV, 44, 3-8 (Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Plut. 68.2, c. 38r, fragm.).

Il nome di Cristo viene citato dallo storico latino Tacito (56-123) nel quindicesimo libro degli Annali, quando narra della persecuzione dei cristiani ad opera di Nerone: egli afferma che i cristiani avevano avuto origine da Cristo, il quale era stato condannato a morte sotto Ponzio Pilato.

Tacito scrive due paragrafi che menzionano Cristo e i Cristiani nel 116. Il primo afferma che alcuni cristiani erano presenti a Roma al tempo dell'imperatore Nerone (dal 54 al 68) e che egli, per evitare di essere accusato dell'incendio di Roma del 64 li incolpò:

(LA)

«Ergo abolendo rumori Nero subdidit reos et quaesitissimis poenis adfecit, quos per flagitia invisos vulgus Chrestianos appellabat.»

(IT)

«Allora, per troncare la diceria, Nerone spacciò per colpevoli e condannò ai tormenti più raffinati quei cosiddetti cristiani, che il volgo odiava per le loro nefandezze.»

Il secondo che la fede cristiana si era diffusa a Roma e in Giudea e che 'Cristo' fu messo a morte dal 'procuratore Ponzio Pilato'.

(LA)

«Auctor nominis eius Christus Tiberio imperitante per procuratorem Pontium Pilatum supplicio adfectus erat; repressaque in praesens exitiabilis superstitio rursum erumpebat, non modo per Iudaeam, originem eius mali, sed per urbem etiam, quo cuncta undique atrocia aut pudenda confluunt celebranturque.»

(IT)

«Prendevano essi il nome da Cristo, che era stato suppliziato ad opera del procuratore Ponzio Pilato sotto l'impero di Tiberio e quell'esecrabile superstizione, repressa per breve tempo, riprendeva ora forza non soltanto in Giudea, luogo d'origine di quel male, ma anche in Roma, ove tutte le atrocità e le vergogne confluiscono da ogni parte e trovano seguaci.»

Il passo è comunemente riconosciuto come autentico dagli studiosi,[37] ma non unanimemente.[38]

L'uso del termine 'Cristo' - traduzione dal greco della parola ebraica "Messia" - è da Tacito collegato al nome della nuova religione[37][39] Sull'attribuzione a Ponzio Pilato della carica di procuratore (e non di prefetto, come appare invece nei Vangeli e in evidenze archeologiche), sono state proposte diverse ipotesi: dalla scelta di utilizzare i termini in uso al tempo in cui Tacito scrisse, alla possibile traduzione di un termine greco;[40] altri storici ritengono semplicemente si sia trattato di un errore, che testimonia come Tacito si limitò a riportare delle informazioni orali, presumibilmente cristiane, senza operare alcuna verifica documentale.[41][42]

Alcuni studiosi ritengono che Tacito si basi su fonti cristiane, mentre altri, tra cui Karl Adam, ritengono che Tacito, come nemico dei cristiani e storico, abbia investigato sull'esecuzione di Gesù prima di riportarne la notizia.

Dione Cassio[modifica | modifica wikitesto]

Dione Cassio (155-dopo il 229) storico e senatore pagano cita i cristiani nella sua Storia romana:

«Tutti adunque convengono nel dire che Antonino fu uomo giusto e dabbene; perciocché gli altri sudditi aggravò, i Cristiani, ai quali grande rispetto e venerazione usò, e l'onore accrebbe col quale erano stati trattati da Adriano. Perciocché da Eusebio Panfìlio nella istoria si riferisce certa epistola di Adriano, nella quale gravemente sdegnato si mostra con coloro che i Cristiani molestavano o denunziavano,...»

Tertulliano e il senatoconsulto del 35[modifica | modifica wikitesto]

Tertulliano (150-220) fa cenno nell'Apologetico al fatto che l'imperatore Tiberio avrebbe proposto al Senato romano di riconoscere Gesù come dio (i romani spesso incorporavano nel loro pantheon le divinità dei popoli da loro sottomessi). La proposta fu respinta il che, secondo l'autore, costituì la base giuridica per le successive persecuzioni dei cristiani, seguaci di un "culto illecito".

Un frammento porfiriano (fr. 64 von Harnack,[44] Macario di Magnesia, IV secolo), riporta informazioni dall'opera di Porfirio Contro i cristiani:

«...(Gesù) non apparve a molti uomini contemporanei e degni di fede, e soprattutto al senato e al popolo di Roma onde essi, stupiti dei suoi prodigi, non potessero, per comune consenso, emettere sentenza di morte, sotto accusa di empietà contro coloro che erano obbedienti a Lui.[...]»

Fonti orientali[46] confermano la notizia di Tertulliano:

«Dunque Tiberio, al tempo del quale il Cristianesimo entrò nel mondo, i fatti annunziatigli dalla Siria Palestina, che colà la verità avevano rivelato della Divinità stessa, sottomise al parere del senato, votando egli per primo favorevolmente. Il senato, poiché quei fatti non aveva esso approvati, li rigettò. Cesare restò del suo parere, pericolo minacciando agli accusatori dei Cristiani.»

Anche Eusebio di Cesarea[48] fa riferimento al senatoconsulto del tempo di Tiberio (35) che, rifiutando la proposta dell'imperatore di riconoscere il cristianesimo, faceva di questa religione una superstitio illicita, i cui seguaci potevano essere messi a morte come tali. Non tutti gli storici sono concordi nel ritenere attendibile la notizia poiché potrebbe essere stata sia inventata dallo stesso Tertulliano (spesso acceso nel sostenere le proprie tesi, ma con l'attenuante di scrivere oltre 160 anni dopo i presunti fatti, a Cartagine e in un periodo di persecuzioni), sia alterata successivamente. Secondo invece lo storico ebreo Edoardo Volterra, Tertulliano appunto perché cristiano in anni di persecuzioni, non aveva alcun interesse a inventare l'esistenza di un senatoconsulto che aveva dichiarato il cristianesimo una superstitio illicita. Anzi, aveva l'interesse opposto. Proprio l'esistenza di quel senatoconsulto infatti rendeva legali le persecuzioni contro i cristiani.

Gli scritti dell'imperatore Adriano[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Rescritto di Adriano a Gaio Minucio Fundano.

Eusebio di Cesarea, nella sua Storia Ecclesiastica, riporta la risposta dell'imperatore Adriano al proconsole della provincia d'Asia Quinto Licinio Silvano Graniano che in una lettera aveva richiesto come comportarsi nei confronti dei cristiani che fossero stati oggetto di delazioni anonime o accuse.[49]

«Se pertanto i provinciali sono in grado di sostenere chiaramente questa petizione contro i Cristiani, in modo che possano anche replicare in tribunale, ricorrano solo a questa procedura, e non ad opinioni o clamori. È infatti assai più opportuno che tu istituisca un processo, se qualcuno vuole formalizzare un'accusa. Allora, se qualcuno li accusa e dimostra che essi stanno agendo contro le leggi, decidi secondo la gravità del reato; ma, per Ercole, se qualcuno sporge denuncia per calunnia, stabiliscine la gravità e abbi cura di punirlo»

La risposta era indirizzata a Gaio Minucio Fundano, nuovo proconsole d'Asia, che fu in carica dal 122 al 123.

Esiste anche una lettera di Adriano al console Lucio Giulio Urso Serviano del 133 riportata nella Historia Augusta (la cui autenticità è in discussione tutt'oggi poiché l'opera presenta delle incongruenze[50]) di Flavio Vopisco (IV secolo):

«Adriano Augusto saluta il console Serviano. Quell'Egitto che tu lodavi, Serviano carissimo, a me ha dato l'impressione di una terra di gente leggera, indecisa e pronta a mutar partito a ogni occasione.Laggiù gli adoratori di Serapide sono cristiani, e quelli che si dicono vescovi di Cristo sono devoti di Serapide. Non c'è capo di sinagoga giudea, samaritano o sacerdote cristiano che non sia anche astrologo, aruspice o praticone. Lo stesso patriarca, testé arrivato in Egitto, per accontentare tutti è costretto ad adorare ora Serapide, ora Cristo. Si tratta di gente incostante, insolente e irrequieta, anche se vive in ambiente opulento, ricco e produttivo. [...]L'unico loro dio però è il danaro: lo venerano un po' tutti dai Cristiani ai Giudei...»

L'imperatore Marco Aurelio in Colloqui con sé stesso[modifica | modifica wikitesto]

Marco Aurelio Antonino, imperatore dal 161 al 180, in un'opera intitolata Colloqui con sé stesso riporta un accenno ai cristiani:

(GRC)

«Οἵα ἐστὶν ἡ ψυχὴ ἡ ἕτοιμος, ἐὰν ἤδη ἀπολυθῆναι δέῃ τοῦσώματος, [καὶ] ἤτοι σβεσθῆναι ἢ σκεδασθῆναι ἢ συμμεῖναι. Τὸδὲ ἕτοιμον τοῦτο ἵνα ἀπὸ ἰδικῆς κρίσεως ἔρχηται, μὴ κατὰ ψιλὴνπαράταξιν ὡς οἱ Χριστιανοί, ἀλλὰ λελογισμένως καὶ σεμνῶς καὶὥστε καὶ ἄλλον πεῖσαι, ἀτραγῴδως.»

(IT)

«Quale anima è quella preparata a separarsi, quando che sia, dal corpo! preparata o a spegnersi, o a disperdersi, o a sopravvivere! Ma questa preparazione venga dal suo proprio giudizio, e non sia l'effetto d'una vana ostinazione, come quella dei Cristiani; sia ragionata e dignitosa, in modo da persuadere gli altri, e non si manifesti con atteggiamenti da tragedia.»

Lettera di Publio Lentulo[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Lettera di Publio Lentulo.

La lettera di Publio Lentulo è un presunto rapporto di un procuratore romano in Giudea, nel quale egli riferirebbe a Tiberio di Gesù, descrivendone anche l'aspetto fisico. Tutti gli storici concordano però che si tratti di un falso di epoca molto posteriore; Publio Lentulo, a quanto si sa, non è mai esistito.

Orazione di Frontone[modifica | modifica wikitesto]

Minucio Felice, nel suo Octavius (II secolo), cita un'Orazione contro i Cristiani di Marco Cornelio Frontone,[52] definendo quest'ultimo "non un teste diretto che arrechi la sua testimonianza, ma solo un declamatore che volle scagliare un'ingiuria",[53] a causa delle sue accuse infamanti verso i cristiani. L'invettiva, che aveva l'obiettivo di aizzare la popolazione contro i seguaci della nuova religione, va infatti probabilmente inserita nel quadro delle persecuzioni contro i cristiani condotte sotto il regno di Marco Aurelio (161-180).[54] Risalgono a quel periodo, in particolare, gli episodi di violenza popolare contro i cristiani di Smirne, Vienne (Vienna) e Lugdunum (Lione).[55] L'orazione può essere ricostruita, a grandi linee, in base alle citazioni.[56]

(LA)

«Qui de ultima faece collectis imperitioribus et mulieribus credulis sexus sui facilitate labentibus plebem profanae coniurationis instituunt, quae nocturnis congregationibus et ieiuniis sollemnibus et inhumanis cibis non sacro quodam, sed piaculo foederatur, latebrosa et lucifuga natio, in publicum muta, in angulis garrula, templa ut busta despiciunt, deos despuunt, rident sacra, miserentur miseri (si fas est) sacerdotum, honores et purpuras despiciunt, ipsi seminudi! [...] Occultis se notis et insignibus noscunt et amant mutuo paene antequam noverint: passim etiam inter eos velut quaedam libidinum religio miscetur, ac se promisce appellant fratres et sorores, ut etiam non insolens stuprum intercessione sacri nominis fiat incestum. Ita eorum vana et demens superstitio sceleribus gloriatur. Nec de ipsis, nisi subsisteret veritas, maxime nefaria et honore praefanda sagax fama loqueretur. Audio eos turpissimae pecudis caput asini consecratum inepta nescio qua persuasione venerari: digna et nata religio talibus moribus! Alii eos ferunt ipsius antistitis ac sacerdotis colere genitalia et quasi parentis sui adorare naturam: nescio an falsa, certe occultis ac nocturnis sacris adposita suspicio! Et qui hominem summo supplicio pro facinore punitum et crucis ligna feralia eorum caerimonias fabulatur, congruentia perditis sceleratisque tribuit altaria, ut id colant quod merentur. Iam de initiandis tirunculis fabula tam detestanda quam nota est. Infans farre contectus, ut decipiat incautos, adponitur ei qui sacris inbuatur. Is infans a tirunculo farris superficie quasi ad innoxios ictus provocato caecis occultisque vulneribus occiditur. Huius, pro nefas! sitienter sanguinem lambunt, huius certatim membra dispertiunt, hac foederantur hostia, hac conscientia sceleris ad silentium mutuum pignerantur. Haec sacra sacrilegiis omnibus taetriora. Et de convivio notum est; passim omnes locuntur, id etiam Cirtensis nostri testatur oratio. Ad epulas sollemni die coeunt cum omnibus liberis, sororibus, matribus, sexus omnis homines et omnis aetatis. Illic post multas epulas, ubi convivium caluit et incestae libidinis ebriatis fervor exarsit, canis qui candelabro nexus est, iactu offulae ultra spatium lineae, qua vinctus est, ad impetum et saltum provocatur. Sic everso et extincto conscio lumine inpudentibus tenebris nexus infandae cupiditatis involvunt per incertum sortis, etsi non omnes opera, conscientia tamen pariter incesti, quoniam voto universorum adpetitur quicquid accidere potest in actu singulorum»

(IT)

«Essi, raccogliendo dalla feccia più ignobile i più ignoranti e le donnicciuole, facili ad abboccare per la debolezza del loro sesso, formano una banda di empia congiura, che si raduna in congreghe notturne, sacri digiuni o banchetti inumani, non con lo scopo di compiere un rito, ma per scellerataggine; una razza di gente che ama nascondersi e rifugge la luce, tace in pubblico ed è garrula in segreto. Disprezzano ugualmente gli altari e le tombe, irridono gli dei, scherniscono i sacri riti; miseri, commiserano i sacerdoti (se è lecito dirlo), disprezzano le dignità e le porpore, essi che sono quasi nudi! […] Si riconoscono con contrassegni e segnali e si amano vicendevolmente quasi prima di essersi conosciuti: regna infatti tra loro una specie di religiosità di sfrenatezze, e si chiamano indistintamente fratelli e sorelle, cosicché, col manto di un nome sacro, anche la consueta impudicizia diventi incesto. Così la loro vana e stolta superstizione si vanta dei delitti. Riguardo a loro, se non ci fosse un fondo di verità, non circolerebbe una penetrante diceria così tremenda, della cui ci si debba scusare prima di parlarne. Sento dire che venerano la testa consacrata di una bestia sconcia, un asino, non saprei per quale convincimento: religione degna e nata con comportamenti del genere! Altri raccontano che essi venerano e adorano i genitali dello stesso celebrante e sacerdote, quasi ad adorare la natura di chi li ha generati: non so se il sospetto è falso, ma di certo si sostiene sul carattere dei loro riti occulti e notturni! E chi ci dice che il loro culto riguarda un uomo punito per un delitto con il sommo supplizio e i lugubri legni della croce, che costituiscono le lugubri sostanze della loro liturgia, ascrive a quei corrotti e scellerati gli altari che più ad essi convengono, perché adorino ciò che si meritano. Quanto alla iniziazione dei novizi, la diceria è tanto esecrabile quanto risaputa. Un bambino cosparso di farina, per ingannare gli incauti, viene posto innanzi a colui che dev'essere introdotto ai riti. Invitato questi a infliggere colpi come se fossero inoffensivi, il bambino viene ucciso dal novizio con ferite inferte alla cieca e senza consapevolezza, visto che in superficie c'è la farina. Orribile a dirsi, ne succhiano poi con avidità il sangue, se ne spartiscono a gara le membra, e su questa vittima stringono un patto, si impegnano reciprocamente al silenzio a motivo della complicità in quel delitto. Questi i loro riti, più funesti di tutti i sacrilegi. Il loro banchetto, è ben conosciuto: tutti ne parlano variamente, e lo attesta chiaramente un'orazione del nostro retore di Cirta. Si riuniscono a banchetto in un giorno solenne con tutti i figli, le sorelle, le madri, persone di ogni sesso e di ogni età. Là, dopo un lauto banchetto, quando i convitati si sono riscaldati e, tra i fumi del vino, la febbre di una libidine incestuosa li brucia, un cane che è legato a un candelabro viene aizzato grazie al lancio di una focaccia, perché si lanci e faccia un balzo al di là del limite consentitogli. Così, una volta estinto il lume che rendeva tutto consapevole, essi stringono gli amplessi di una nefasta cupidigia nelle tenebre che ignorano il pudore, affidandosi alla sorte, tutti incestuosi, se non nelle azioni, almeno nella coscienza, poiché nel desiderio tutti mirano a quello che può accadere ad alcuni»

Testi greci[modifica | modifica wikitesto]

Epitteto delle Dissertazioni di Arriano[modifica | modifica wikitesto]

In Dissertazioni del filosofo storico Arriano (95 circa – 175 ca) è riportato uno degli insegnamenti del suo maestro Epitteto, che parlando della morte, indica i "galilei" (intendendo probabilmente i cristiani) come persone che non ne hanno paura.[58]

«Anche per follia uno può resistere a quelle cose (atti compiuti dai tiranni, ndr.), o per ostinazione, come i Galilei»

Galeno nella Historia anteislamica di Abulfeda[modifica | modifica wikitesto]

Abulfeda nella Historia anteislamica[59] riporta un giudizio di Galeno (129216) sui cristiani:[60]

«I più tra gli uomini non sono in grado di comprendere con la mente un discorso dimostrativo consequenziale, per cui hanno bisogno, per essere educati, di miti. Così vediamo nel nostro tempo quegli uomini chiamati Cristiani trarre la propria fede dai miti. Essi, tuttavia, compiono le medesime azioni dei veri filosofi. Infatti, che disprezzino la morte e che, spinti da una sorta di ritegno, aborriscano i piaceri carnali, lo abbiamo tutti davanti agli occhi. Vi sono infatti tra loro sia uomini che donne i quali per tutta la vita si sono astenuti dai rapporti; e vi sono anche coloro che sono a tal punto progrediti nel dominare e dirigere gli animi, e nella più tenace ricerca della virtù, da non cedere in nulla ai veri filosofi»

Galeno non ha solo una visione positiva dei cristiani:

«Nessuno subito da principio, come se fosse pervenuto alla dottrina di Mosè o Cristo, ascolti leggi indimostrate, nelle quali non si deve per nulla credere
[...]
Infatti si potrebbero dissuadere prima quelli che provengono da Mosè e Cristo, che non i medici o i filosofi, i quali si sono consumati sui loro principi»

Lettera di Mara Bar Sarapion[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Lettera di Mara Bar Serapion.

La lettera di Mara Bar Serapion fu scritta da Mara bar Sarapion, uno stoico siriano che si trovava in una prigione romana, a suo figlio; la lettera è stata variamente datata dal 73 al 260.[62] In questa lettera si tratta dell'uccisione di tre uomini saggi della storia e uno di questi è stato da alcuni identificato con Gesù:

«A che cosa è servito ai giudei uccidere il loro saggio re, visto che il regno è stato poi tolto loro. [...] Socrate non è morto, grazie a Platone; né Pitagora, per la statua di Hera. Nemmeno il saggio re, per la nuova legge che ha dato»

Luciano di Samosata[modifica | modifica wikitesto]

Luciano di Samosata (120 circa – 186 ca) riporta il suicidio di Peregrino Proteo facendo vari accenni ai cristiani ed al loro "primo legislatore".[63]

«Allora Proteo venne a conoscenza della portentosa dottrina dei cristiani, frequentando in Palestina i loro sacerdoti e scribi. E che dunque? In un batter d'occhio li fece apparire tutti bambini, poiché egli tutto da solo era profeta, maestro del culto e guida delle loro adunanze, interpretava e spiegava i loro libri, e ne compose egli stesso molti, ed essi lo veneravano come un dio, se ne servivano come legislatore e lo avevano elevato a loro protettore a somiglianza di colui che essi venerano tuttora, l'uomo che fu crocifisso in Palestina per aver dato vita a questa nuova religione.
[...] Si sono persuasi infatti quei poveretti di essere affatto immortali e di vivere per l'eternità, per cui disprezzano la morte e i più si consegnano di buon grado. Inoltre il primo legislatore li ha convinti di essere tutti fratelli gli uni degli altri, dopoché abbandonarono gli dei greci, avendo trasgredito tutto in una volta, ed adorano quel medesimo sofista che era stato crocifisso e vivono secondo le sue leggi. Disprezzano dunque ogni bene indiscriminatamente e lo considerano comune, seguendo tali usanze senza alcuna precisa prova. Se dunque viene presso di loro qualche uomo ciarlatano e imbroglione, capace di sfruttare le circostanze, può subito diventare assai ricco, facendosi beffe di quegli uomini sciocchi»

Celso in "Discorso Veritiero"[modifica | modifica wikitesto]

Il filosofo Celso, nel II secolo, polemizza contro i cristiani nella sua opera "Discorso Veritiero" (Alethès lógos).[64] Questo scritto ci è pervenuto attraverso il Contra Celsum di Origene, in cui l'autore riporta molti passi per confutarli.[65]

In alcuni dei passi tratta direttamente di Gesù, ad esempio:

«Spinto dalla miseria andò in Egitto a lavorare a mercede, ed avendo quindi appreso alcune di quelle discipline occulte per cui gli Egizi son celebri, tornò dai suoi tutto fiero per le arti apprese, e si proclamò da solo Dio a motivo di esse»

Fonti letterarie indirette[modifica | modifica wikitesto]

Secondo alcuni studiosi è infine possibile trovare un'eco della storia di Gesù e delle vicende dei primi cristiani anche in alcune opere letterarie, sia in lingua latina che greca. I riferimenti, per quanto ipotetici e indiretti, testimonierebbero come tali vicende fossero al tempo già sufficientemente note da costituire fonte di ispirazione letteraria.

Il Satyricon di Petronio[modifica | modifica wikitesto]

Alcuni studiosi[66] hanno ipotizzato, anche se il tema è dibattuto,[67] la presenza di possibili riferimenti ai cristiani e al vangelo di Marco nel Satyricon[68] di Petronio Arbitro (27-66).

«“Porta anche dell'unguento e un assaggio da quell'anfora, con cui voglio siano lavate le mie ossa” [...] Subito aprì l'ampolla del nardo, unse tutti noi e disse “Spero che possa piacermi da morto quanto da vivo”. Poi comandò che fosse infuso del vino in una brocca e disse “Fate come se foste stati invitati ai miei funerali»

Questo passo ha delle somiglianze con il vangelo di Marco:

« Gesù si trovava a Betània nella casa di Simone il lebbroso. Mentre stava a mensa, giunse una donna con un vasetto di alabastro, pieno di olio profumato di nardo genuino di gran valore; ruppe il vasetto di alabastro e versò l'unguento sul suo capo. [...]"Essa ha fatto ciò ch'era in suo potere, ungendo in anticipo il mio corpo per la sepoltura." »   ( Mc 14,3-9, su laparola.net.)

Un altro passo che potrebbe avere riferimenti evangelici:

«Mentre diceva queste cose, un gallo domestico cantò. Turbato da quella voce, Trimalcione comandò che fosse versato del vino sotto la tavola e che anche la lucerna ne venisse cosparsa. Poi passò l'anello nella mano destra e disse: “Non senza ragione questo trombettiere ha dato il segnale; infatti o dovrà scoppiare un incendio, o qualcuno dei vicini dovrà morire. Lungi da noi! Per cui, chi mi porterà questo accusatore riceverà un premio”. In men che non si dica venne portato un gallo da una casa vicina, che Trimalcione ordinò venisse cotto in pentola”»

Il canto del gallo è visto come un segno di sciagura, contrariamente alla tradizione greca e romana in cui il canto del gallo simboleggia la vittoria ma simile all'episodio del tradimento di Pietro descritto in tutti i quattro vangeli canonici (mostra[69]).

E ancora nella cena di Trimalcione, Eumolpo dice:

«...Nel mio testamento, a tutti quelli in condizione di liberi lascerò i miei beni se mangeranno parti della mia carne davanti a testimoni»

e in realtà tutto l'episodio della cena sembra una parodia dell'Ultima Cena di Gesù con gli Apostoli.

Anche il racconto della matrona di Efeso può essere significativo:

«Una matrona di Efeso, [...] avendo perso il marito, [...] seguì il defunto persino nel sepolcro. [...] Nello stesso tempo il governatore della provincia comandò che fossero crocifissi dei ladroni proprio accanto al sepolcro nel quale la matrona piangeva il recente cadavere. La notte seguente, quando il soldato che sorvegliava le croci affinché nessuno togliesse i corpi per seppellirli, notò un lume splendere tra le tombe e udì il gemito di qualcuno che piangeva [...] volle sapere chi fosse e che cosa facesse. Scese quindi nella tomba. [...] Dunque giacquero assieme non solo quella notte nella quale fu consumato il loro imeneo, ma anche il seguente ed il terzo giorno, tenendo certamente chiuse le porte del sepolcro. [...] Ma i parenti di un crocifisso, come videro diminuita la sorveglianza, tirarono giù di notte l'appeso e gli resero l'estremo ufficio. E quando il giorno successivo il soldato [...] vide una croce senza cadavere, atterrito dal supplizio raccontò alla donna quello che era successo. [...] Ella disse allora di togliere il corpo del proprio marito dall'arca e di attaccarlo a quella croce che era vuota. Il soldato approfittò dell'ingegno dell'avvedutissima donna, ed il giorno dopo il popolo si meravigliava di come quel morto avesse potuto salire sulla croce»

Questi sono solo alcuni dei parallelismi che sono stati riscontrati, in realtà ne vengono messi in luce molti altri. Già nel 1902 Erwin Preuschen[70] aveva notato queste somiglianze, immaginando però che il Vangelo di Marco potesse essere dipendente da Petronio, tesi oggi scartata dagli studiosi.[71]

La religione giudeo-cristiana non sembra essere ignota anche ad altri scrittori romani del primo secolo, fra cui Virgilio (per Genesi e Isaia) e Lucano (per la parodia della consumazione del corpo di Cristo).[72]

Apuleio e Le metamorfosi[modifica | modifica wikitesto]

Nell'opera di Apuleio (125-170), Le metamorfosi, c'è questo passo che alcuni storici hanno ricondotto ad una moglie cristiana:[73]

«Quel mugnaio, che mi aveva fatto sua proprietà pagandomi, un uomo peraltro buono e soprattutto modesto, aveva ottenuto in sorte come moglie una donna pessima, di gran lunga la peggiore di tutte le donne, e sosteneva pene estreme in casa e a letto, al punto che, per Ercole, anche io me ne doglievo in silenzio per lui. Non mancava alcun vizio a quella pessima donna, ma tutte le nefandezze erano confluite nel suo animo come in una melmosa latrina: crudele, funesta, ammaliatrice, ubriacona, ostinata, caparbia, vergognosamente avara nell'arraffare, scialacquatrice nelle spese per le sue porcherie, nemica della fede, avversaria del pudore. In quel tempo, disprezzati e calpestati i divini numi, al posto della religione stabilita fingeva sacrilegamente di credere in un Dio che proclama unico, osservando cerimonie inconsistenti e ingannando tutti gli uomini e il suo misero consorte, dandosi fin dal mattino al vizio e offrendo continuamente il suo corpo»

Nei romanzi greci antichi: Cherea e Calliroe di Caritone, Abrocome e Anzia di Senofonte Efisio[modifica | modifica wikitesto]

Il romanzo Le avventure di Cherea e Calliroe scritto da Caritone e datato da Thiede non dopo il 62, poiché l'opera viene citata dallo stoico Aulo Persio Flacco,[74] presenta rimandi[75] alla storia evangelica di Gesù:

  • Cherea viene condannato da un governatore e non si difende dalle accuse (come Gesù da Ponzio Pilato)
  • morte apparente di Calliroe
  • Cherea viene caricato della croce, e sfidato a scendere dalla croce con le stesse espressioni verbali del vangelo
  • Cherea va alla tomba di Calliroe all'alba con libagioni, vi si trova la pietra rotolata e smarrimento dei presenti
  • Cherea fa entrare prima il padre di Calliroe nella tomba (come Giovanni aveva fatto con Pietro)
  • Cherea proclama la divinizzazione e assunzione in cielo della fanciulla
  • il riconoscimento finale di Calliroe, tornata in vita, avviene grazie alla voce (come quello di Gesù da parte della Maddalena)[76].

Anche nel romanzo Abrocome e Anzia di Senofonte Efesio[77] (II-III secolo) troviamo possibili rimandi a episodi evangelici, tra i quali:

  • la crocifissione di Abrocome
  • l'invocazione agli dei di Abrocome crocifisso.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Gerd Theissen e Annette Merz, citati in John Dickson, Alla ricerca di Gesù. Le indagini di uno storico, Edizioni San Paolo, Milano, 2011.
  2. ^ Una approfondita discussione delle fonti storiche non cristiane è disponibile online: Lawrence Mykytiuk, Did Jesus Exist? Searching for Evidence Beyond the Bible, BAR, January/February 2015.
  3. ^ Già Voltaire nel suo Dizionario filosofico notava la contraddizione tra questo passo e l'ortodossia ebraica che caratterizzava Flavio Giuseppe
  4. ^ J. Dickson, Alla ricerca di Gesù. Le indagini di uno storico, Edizioni San Paolo, Milano, 2011. Un esempio di studioso che propende per interpolazioni parziali è, tra gli altri, John Dominic Crossan, Gesù. Una biografia rivoluzionaria, Firenze, Ponte alla Grazie 1994. Per una discussione: http://www.gesustorico.it/htm/fontinocrist/giuseppeflavio2.asp
  5. ^ Bart D. Ehrman, Gesù è davvero esistito? Un'inchiesta storica, Mondadori, 2013, pp. 58-68, ISBN 978-88-04-63232-0.
  6. ^ Piergiorgio Odifreddi, Perché non possiamo essere cristiani, Longanesi, 2007, pp. 88-89, ISBN 978-88-304-2427-2.
  7. ^ Étienne Nodet, Serge Badet
  8. ^ E. Schürer, The History of the Jewish People in the Age of Jesus Christ (175 B.C.- A.D. 135), 4 vols., Edinburgh: T.& T.Clark, 1973-87 (tr.it Storia del popolo gludaico al tempo di Gesù Cristo (175 a.C-135 d.C.), Brescia Paideia 1985-1998 (4 volumi); H. Chadwick, The Early Church, 2nd edition, London: Penguin, 1993.
  9. ^ studio contenuto in Shlomo Pines, An Arabic Version of the Testimonium Flavianum and Its Implications, Jerusalem, The Israel Academy of Sciencea and Humanities 1971. http://khazarzar.skeptik.net/books/pines01.pdf
  10. ^ Treccani - Talmud, su treccani.it. URL consultato il 6 settembre 2015.
  11. ^ Riferimento a Gesù in Sanhedrin, 43a, su digilander.libero.it. URL consultato il 22 luglio 2017.; traduzione inglese del testo in Tractate Sanhedrin 43a (Babylonian Talmud), su hebrew-streams.org. URL consultato il 22 luglio 2017.
  12. ^ Per uno studio approfondito del testo: Jacob Z. Lauterbach, Rabbinic Essays, Cincinnati: Hebrew Union College, 1951, pp. 486-500.
  13. ^ Giuseppe Ricciotti, Vita di Gesù, Mondadori (prima edizione 1941).
  14. ^ Soncino Babylonian Talmud, editor I. Epstein, Tractate Sanhedrin, folio 43a, London, Soncino Press, 1935-1948.
  15. ^ John P. Meier, A Marginal Jew. Rethinking the Historical Jesus, Vol.I, Doubleay, New York, 1991.
  16. ^ Pieter W. van der Horst, "The Birkat ha-minim in Recent Research", The Expository Times, vol. 105, 1994, pp. 363-368.
  17. ^ Tratto da Testimonianze extracristiane. Fonti: Johann Maier, Gesù Cristo e il cristianesimo nella tradizione giudaica antica, Brescia, 1994, p. 63, con altri passi paralleli; Romano Penna, L'ambiente storico culturale delle origini cristiane, Bologna, 1984, p. 248. Una trattazione di questa preghiera in E. Schürer, Storia del popolo giudaico al tempo di Gesù Cristo, vol. II, Brescia, 1987, pp. 547-554, ove si trova una traduzione delle due recensioni babilonese e palestinese, ed una bibliografia esaustiva.
  18. ^ William. Horbury, The Benediction of the Minim and Early Jewish-Christian Controversy, in «Journal of Theological Studies» vol 33 (1982) pag 19-62; fonte primaria: Giustino, Dialogo con Trifone 16; 47; 93; 95; 123; 133. e cfr. Giustino, Apologia prima 31; 49, 5.
  19. ^ Epistulae 112, 13; Amos 1, 11-12; Isaia 5, 18-19; 49, 7; 52, 2-6
  20. ^ Epifanio, Panarion, I, 2, 29, 9
  21. ^ Sesto contributo alla storia degli studi classici e del mondo antico di Arnaldo Momigliano pag 453-454
  22. ^ Markus Bockmuehl, Donald A. Hagner (a cura di), The Written Gospel, Cambridge University Press, 2010, pag. 212; Morton Smith, Gesù, messia o mago?, Gremese editore, 2006, pag. 82.
  23. ^ Giuseppe Flavio, Antiquitates iudaicae, XVIII,VI,4
  24. ^ Thallos, Tallo
  25. ^ Lettere tra Plinio il Giovane e Traiano, lettera di Plinio a Traiano
  26. ^ Charles Guignebert, Gesù, Parigi, La Renaissance du Livre 1933. Vedi Gesù (Charles Guignebert).
  27. ^ Luigi Cascioli e Guy Fau, entrambi sostenitori della non esistenza di Gesù, ritengono che Plinio non si riferisse a cristiani ma a Esseni. Si veda Guy Fau, 1967, La Fable de Jesus Christ, Parigi, Les Éditions de l'Union Rationaliste, pag. 235. Argomenti
  28. ^ Vedi Colin M. Wells, L'Impero Romano, Il Mulino, 1984 (ristampa RCS quotidiani, 2004, pagg. 316-317); C. Barbagallo, Storia Universale. Roma. Volume II, Parte II, UTET, 1964, pagg. 1396-1397; Chester G. Starr, Storia del mondo antico, Edizioni CDE su licenza Editori Riuniti, 1983, pag. 620.
  29. ^ Il termine superstitio aveva al tempo un significato diverso dall'attuale, e indicava qualcosa di estraneo e di aggiunto alle religioni tradizionali (vedi C. Augias, M. Pesce, Inchiesta su Gesù, Mondadori, 2006, pagg. 192 e 194).
  30. ^ Svetonio, Svetonio.
  31. ^ Pesce in Augias-Pesce, Inchiesta su Gesù, Mondadori, 2006.
  32. ^ Sul dibattito Chrestus-Christus cfr. Robert E. Van Voorst, Jesus outside the New Testament: an introduction to the ancient evidence, 2000
  33. ^ Peter Lampe, Christians at Rome in the First Two Centuries: From Paul to Valentinus, Londra, Continuum Books 2003, pagg. 12-13.
  34. ^ M.Pesce in C. Augias e M. Pesce in Inchiesta su Gesù, Mondadori, 2006
  35. ^ . Data l'incapacità pagana a distinguere tra ebrei e seguaci di Gesù diventa oltremodo insostenibile la tesi di alcuni studiosi che ritengono che "Chrestus" fosse un esponente di una comunità esseno-zelota presente a Roma di cui avrebbero fatto parte i coniugi Priscilla e Aquila che ospitarono Paolo di Tarso (Atti At 17-18, su laparola.net.); anch'egli secondo questa interpretazione sarebbe stato un Nazireo[senza fonte].
  36. ^ a b Tacito, Annali, a cura di Azelia Arici, Torino, Unione tipografico-editrice torinese, 1952, p. 560.
  37. ^ a b Markus Bockmuehl, "The Cambridge Companion to Jesus", Cambridge University Press, 2001, pag. 123.
  38. ^ L'ipotesti di un'interpolazione cristiana è discussa in Richard Carrier, "The Prospect of a Christian Interpolation in Tacitus, Annals 15.44", Vigiliae christianae, 68, 2014, pp. 1-20.
  39. ^ Paul Barnett, "Jesus & the Rise of Early Christianity: A History of New Testament Times", Inter Varsity Press, 1999, pag. 30.
  40. ^ Per ulteriori approfondimenti, cfr. James H. Charlesworth, Brian Rhea, Petr Pokorný, "Jesus Research: New Methodologies and Perceptions: the Second Princeton - Prague Symposia on the Historical Jesus", 2013, pag. 715
  41. ^ Bart D. Ehrman, Gesù è davvero esistito? Un'inchiesta storica, Mondadori, 2013, pp. 55-58, ISBN 978-88-04-63232-0.
  42. ^ Piergiorgio Odifreddi, Perché non possiamo essere cristiani, Longanesi, 2007, pp. 89-90, ISBN 978-88-304-2427-2.
  43. ^ Istorie romane pag 363-364
  44. ^ Adolf von Harnack, Porphyrius, "Gegen die Christen",Abhandlungen der Königlich Preussischen Akademie der Wissenschaften. Philos.-histor. Klasse 1916 documento pdf frammento 64 a pagina 85
  45. ^ Apocritico in inglese
  46. ^ vedi Tiberio, l'imperatore romano che difese i cristiani, gli studi: Sordi, Ramelli, "Il senatoconsulto del 35 contro i Cristiani in un frammento porfiriano" in Aevum 2004, vol. 78,1, pp. 59-67 e Hugoye 9,1 (2006) Archiviato il 25 settembre 2012 in Internet Archive.; le fonti orientali sono: Mosè di Corene storico armeno e l'epistolario tra Tiberio e Abgar Ukkama, toparca di Edessa, confluite nella Doctrina Addai, 9 (IV sec)
  47. ^ Apologetico tradotto in italiano
  48. ^ Eusebio di Cesarea :

    «E quando il miracolo della Resurrezione del nostro Salvatore e la sua ascesa al cielo erano ormai noti ai più, Pilato, secondo un'antica usanza che imponeva ai governatori di comunicare all'imperatore ciò che di nuovo accadeva nei loro territori affinché egli fosse al corrente di ogni cosa, riferì all'imperatore Tiberio i fatti riguardanti la resurrezione dai morti del nostro Salvatore Gesù, ormai nota a tutti gli abitanti dell'intera Palestina. Informandolo degli altri suoi miracoli e della sua resurrezione dopo la morte, gli disse che dai più era ritenuto Dio. Si dice che Tiberio abbia sottoposto ciò che aveva appreso al giudizio del Senato, che rifiutò di dare però la propria approvazione, in apparenza perché non era stato richiesto prima il suo parere - vigeva infatti un'antica legge secondo la quale i Romani non dovevano riconoscere nessuno come Dio se non per deliberazione e decreto del Senato - ma in realtà perché l'insegnamento salvifico dell'annuncio divino non aveva bisogno del giudizio e dell'approvazione degli uomini. Così dunque il Senato romano non ratificò ciò che era stato sottoposto alla sua approvazione riguardo al nostro Salvatore, Tiberio rimase saldo nella sua precedente opinione, e non mosse alcuna ostilità contro l'insegnamento di Cristo. Tertulliano, conoscitore esperto del diritto romano, e del resto uomo famoso e fra i più illustri della Roma del suo tempo, parla di questi fatti nell'Apologetico, da lui composto in lingua latina e da me poi tradotto in greco. Ecco le sue testuali parole: "Per parlare dall'origine di siffatte leggi, era antico decreto che nessuno doveva essere consacrato dio dall'imperatore senza previo consenso del Senato. Così fece Marco Emilio riguardo ad una divinità di nome Alburno. E ciò ritorna a vantaggio della nostra tesi, che tra voi la divinità viene conferita da un decreto degli uomini. Se un dio quindi non piace ad un uomo, non viene ritenuto tale; così, secondo questo principio, conviene che l'uomo mostri il suo favore a Dio, e non viceversa. Tiberio pertanto, sotto il quale il nome dei cristiani entrò nel mondo, non appena Pilato gli rese nota dalla Palestina, dove essa ha avuto origine, la nostra dottrina, ne diede notizia al Senato, palesando la sua approvazione. Ma il Senato non diede la propria, perché non era stata richiesta prima la sua opinione; però l'imperatore restò saldo nella sua deliberazione, lanciando minacce di morte contro gli accusatori dei cristiani". La divina Provvidenza aveva infatti infuso, secondo l'economia, una simile disposizione d'animo in quell'imperatore, affinché la parola del Vangelo nascesse senza impedimento e si diffondesse in ogni angolo della terra.»

  49. ^ Adriano Imperatore
  50. ^ per approfondire il dibattito sull'autenticità vedi: Scrittori della storia augusta, a cura di Paolo Soverini, voll.2, Torino, Utet, 1983.
  51. ^ Marco Aurelio, I ricordi, Nuova traduzione con la vita dell'imperatore e note illustrative di Umberto Moricca, Torino, casa editrice Giovanni Chiantore, 1923, p. 251.
  52. ^ Christianismus - studi sul cristianesimo - Testimonianze extracristiane
  53. ^ Octavius XXXI, 2
  54. ^ Karl Bihlmeyer - Hermann Tuechle, Le persecuzioni dei cristiani da Nerone alla metà del III secolo, 1960, in "Storia della Chiesa", vol. I, Morcelliana.
  55. ^ C.G Starr, "Storia del Mondo Antico", Editori Riuniti, 1977
  56. ^ Il problema storico e letterario del testo è affrontato da P. Frassinetti, L'orazione di Frontone contro i Cristiani, in Giornale italiano di Filologia II, 1949, pp. 238-254
  57. ^ Ed. J. P. Waltzing, Louvain, 1903
  58. ^ Epitteto
  59. ^ Heinrich Leberecht Fleischer (ed.), Abulfedae Historia anteislamica, arabice, Lipsiae, Vogel, 1831.
  60. ^ Galeno
  61. ^ d. Fleischer, Leipzig, 1831, p. 109
  62. ^ (EN) Robert E. Van Voorst, Jesus Outside the New Testament: An Introduction to the Ancient Evidence, Wm. B. Eerdmans Publishing, 2000, ISBN 0-8028-4368-9, pp. 53-58.
  63. ^ Luciano di Samosata
  64. ^ Celso, Il discorso vero, traduzione e commento di Giuliana Lanata, Milano, Adelphi 1987
  65. ^ Celso
  66. ^ J. Allen Cabaniss,"The Satiricon and the Christian Tradition", Greek-Roman and Byzantine Studies, 3, 1960, pp. 36-39. Per chi ritiene la dipendenza di Petronio dal Vangelo di Marco vedi: articolo del corriere e lo studio del Centro Culturale di Milano (CMC)
  67. ^ Luca Canali mostra qualche perplessità a tal proposito poiché sembra strano che Petronio conoscesse così bene il cristianesimo come mette in evidenza la Ramelli nei suoi studi, quando invece Tacito storico di poco successivo a Petronio invece ci dà poche informazioni sui cristiani articolo del corriere
  68. ^ Petronio
  69. ^ Mt 26,69-79.Mc 14,66-72.Lc 22,54-62.Gv 18,25-27, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
  70. ^ “Die Salbung Jesu in Bethanien”, in ‘’Zeitschrift für die Neutestamentliche Wissenschaft und die Kunde der Älteren Kirche’, III, 1902, pp. 252-253, e IV, (1903), p. 88.
  71. ^ vedi Contributo del CMC pag 5
  72. ^ Julia Dyson Hejduk, "Was Vergil Reading the Bible? Original Sin and an Astonishing Acrostic in the Orpheus and Eurydice", Vergilius 64 (2018), pp. 71–101.
  73. ^ Storicità di Gesù articolo su Apuleio di Andrea Nicolotti
  74. ^ Persio che cita il romanzo alla fine della satira I:
    (LA)

    «his mane edictum, post prandia Callirhoen do.»

    (IT)

    «La mane in piazza, e al lupanar la sera»

    da altri tradotto fedelmente (come C. Thiede): Dal mattino questi ordini, dopo pranzo ti do Calliroe
  75. ^ La guerra contro Gesù di Antonio Socci
  76. ^ GesuStorico.it
  77. ^ Avvenire, 26 gennaio 2010

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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