Occupazione militare

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Per occupazione militare si intende, nel lessico militare e diritto internazionale, la presenza di forze armate straniere all'interno del territorio di uno Stato, che in tutto o in parte perde così l'esercizio della sovranità su di esso.

Definizione[modifica | modifica wikitesto]

Esempi di occupazione militare, nella storia, soprattutto del tipo cruento, sono innumerevoli. La definizione dell'evento come giuridicamente rilevante, da parte del diritto internazionale, discende dall'articolo 42 della Laws and Customs of War on Land (Quarta Convenzione dell'Aja del 18 ottobre 1907), per il quale è considerato territorio occupato un terreno che è effettivamente posto sotto l'autorità di un esercito ostile; perciò l'occupazione si estende solo al territorio in cui tale autorità è stata stabilita e può essere esercitata. L'occupazione militare si distingue dall'annessione per la sua natura temporanea e provvisoria (vale a dire senza richiesta di sovranità permanente), per la sua natura militare e dal fatto che i diritti di cittadinanza del potere di controllo non vengono conferiti alla popolazione soggiogata[1][2][3][4].

Il secondo passo del ius in bello, in materiale, derivò dal patto Briand-Kellogg del 1928: esso ha stabilito che la minaccia e l'utilizzo di forze militari contravvengano il diritto internazionale, e allo stesso modo che le acquisizioni territoriali che ne risultano siano illegali. Sebbene quel patto non sia stato universalmente sottoscritto, e sia stato in verità infranto anche dai suoi firmatari, ad esso si richiamarono vari Stati occupati nel corso della seconda guerra mondiale per rivendicare la restituzione della loro sovranità al termine dell'occupazione.

Infine, la Carta delle Nazioni Unite redatta a San Francisco nel 1945, alla quale aderiscono quasi tutte le nazioni, nel contemplare il divieto di uso della forza ha consacrato il conseguente obbligo della comunità internazionale di non riconoscere il frutto dell'illecito, cioè la permanenza dell'occupazione conseguente alla violazione dell'obbligo di dirimere pacificamente le controversie internazionali[5].

Esiti[modifica | modifica wikitesto]

Le occupazioni hanno talora comportato l'incorporazione del territorio occupato in quello dello Stato occupante - come nel caso del Tibet occupato militarmente dalla Cina nel 1959 - ovvero, più frequentemente, un ripristino solo parziale della sovranità dello Stato occupato in favore di un potere d'ingerenza da parte dello Stato - o della coalizione di Stati - occupante. È il caso degli effetti dell'occupazione, durante e dopo la seconda guerra mondiale, di gran parte dei paesi dell'Europa orientale: Estonia, Lettonia, Lituania (che persero la sovranità nazionale) Carelia (che fu sottratta dalla Finlandia a favore di altro Stato) e tutti gli altri paesi del Patto di Varsavia (che recuperarono la sovranità a condizione di aderire al Patto e di ospitare sul loro territorio ingenti contingenti militari dell'Unione Sovietica).

In taluni casi - come quelli dell'Italia, della Germania e del Giappone durante e dopo la seconda guerra mondiale - l'occupazione militare straniera produce l'effetto indiretto della scomparsa di un regime totalitario o autoritario e la conseguente liberazione di tutte le forze politiche e culturali, fino ad allora represse, aventi un carattere liberale e/o democratico, innescando un rapido processo, appunto, d'instaurazione o ripristino di un regime liberal-democratico. Anche in quest'ultimo caso, però, il ripristino della sovranità dello Stato già occupato è molto raramente pieno e completo, riservandosi quasi sempre lo Stato o coalizione già occupante di imporre specifiche misure atte ad impedire il ripresentarsi delle condizioni che avevano determinato la guerra e, quindi, l'occupazione.

Le motivazioni[modifica | modifica wikitesto]

Tale presenza può essere scaturita da un'invasione cruenta del territorio causata dal prevalere delle forze occupanti su quelle dello Stato occupato, con le quali si trova in guerra, oppure - più raramente - dalla richiesta fatta dallo Stato medesimo, dichiaratosi più o meno temporaneamente impossibilitato a mantenere al proprio interno la pace civile.

In quest'ultimo caso, però, si tende a parlare più precisamente di consenso dell'avente diritto[6] o, nel caso di operazioni disposte dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, di misure per il mantenimento della pace o peacekeeping.

Esempi storici[modifica | modifica wikitesto]

Esempi storici di territori occupati sono:

Esempi contemporanei[modifica | modifica wikitesto]

Esempi attuali di territori occupati sono:

I territori palestinesi[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Territori occupati da Israele e Territori palestinesi.

Nel luglio 2004 la Corte internazionale di giustizia ha definito occupati da Israele i territori palestinesi invasi (compresa Gerusalemme Est) durante la guerra dei sei giorni del 1967[8]. Tuttavia, nella sua opinione separata al parere così espresso, il giudice Higgins riconobbe natura di conflitto armato - tutelato dal diritto umanitario ma suscettibile di legittima difesa - agli atti di violenza che vengono compiuti a partire da essi o contro di essi[9].

Nel febbraio 2011 le Nazioni Unite promossero una risoluzione di condanna degli insediamenti israeliani appoggiata da 122 nazioni. Il 17 febbraio il presidente Barack Obama telefonò al presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese (ANP) Mahmoud Abbas per esortarlo a bloccare tale risoluzione.[10] I territori palestinesi occupati o contesi oggi sono Gerusalemme Est e parte della Cisgiordania.

La striscia di Gaza è stata evacuata dai coloni israeliani, in parte anche con la forza nel 2005, ma i Paesi confinanti (Egitto a sud ed Israele a nord ed est) attuano un controllo totale sull'attraversamento delle relative frontiere e sulle acque di mare antistanti. Il controllo dei beni in entrata è volto ad evitare l'ingresso di materiali quali armi e razzi; era altresì controllato cemento e ferro per evitare la costruzione di tunnel da parte di Hamas.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Eyāl Benveniśtî, The international law of occupation, Princeton University Press, 2004, pp. xvi, ISBN 0-691-12130-3.
  2. ^ David M. Edelstein, Occupational Hazards: Why Military Occupations Succeed or Fail, in Journal of Peace Research, 2010, pp. 47; 59.
  3. ^ Coleman Phillipson, Termination of War and Treaties of Peace, The Lawbook Exchange, 1916, p. 10, ISBN 9781584778608.
    «The difference between effective military occupation (or conquest) and annexation involves a profound difference in the rights conferred by each»
  4. ^ Peter Stirk, The Politics of Military Occupation, Edinburgh University Press, 2009, p. 44, ISBN 9780748636716.
    «The significance of the temporary nature of military occupation is that it brings about no change of allegiance. Military government remains an alien government whether of short or long duration, though prolonged occupation may encourage the occupying power to change military occupation into something else, namely annexation»
  5. ^ Corte internazionale di giustizia, 9 luglio 2004, parere sulle Conseguenze giuridiche dell'edificazione di un muro nel territorio palestinese occupato (trad. it.), § 158.
  6. ^ Fu il caso della presenza siriana nella valle della Bekaa durante la seconda guerra civile libanese.
  7. ^ Il Sud nell'autunno del 1943, il Centro variabilmente nel corso del 1944, il Nord dal 25 aprile al 31 dicembre 1945. L'unica zona che volutamente non fu mai occupata per motivi di diritto e politica internazionale fu il Salento, sede del governo del Regno del Sud.
  8. ^ International Court of Justice, Advisory Opinion of 9 July 2004.
  9. ^ separate opinion del giudice Higgins, § 34.
  10. ^ Bullying the Palestinians Al Jazeera, 18 febbraio 2011

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