Terremoto dell'Italia centro-meridionale del 1456
| Terremoto del 1456 | |
|---|---|
| Data | 5 dicembre 1456 |
| Ora | 3.00 circa |
| Magnitudo momento | Mw 7,1 |
| Distretto sismico | Irpinia – Sannio |
| Epicentro | valle del Miscano 41°11′01.32″N 14°52′27.84″E |
| Stati colpiti | |
| Intensità Mercalli | XI |
| Maremoto | sì |
| Vittime | tra 20 000 e 30 000 |
Posizione dell'epicentro
| |

Il terremoto dell'Italia centro-meridionale del 5 dicembre 1456, con una magnitudo stimata di 7,1, è spesso considerato come il terremoto più forte registrato in Italia durante il II millennio[1] in virtù dei suoi effetti distruttivi e micidiali estesi a gran parte dell'Italia centrale e meridionale.
Descrizione
[modifica | modifica wikitesto]Nonostante permangano alcuni margini di incertezza, si ritiene plausibile che l'epicentro del sisma, verificatosi alle 3 del mattino e avvertito finanche in Toscana e Sicilia, fosse localizzato nel distretto sismico dell'Irpinia. A seguito della scossa principale, della durata di almeno due minuti[3], in quasi tutti i paesi dell'entroterra campano, molisano e lucano si ebbero danni ingentissimi; nella stessa città di Napoli, capitale del Regno, si registrarono fra l'altro il crollo del campanile della basilica di Santa Chiara e il cedimento della chiesa di San Domenico Maggiore, che dovette essere ricostruita[4]. Una serie di onde anomale nel porto di Napoli provocò inoltre uno sfracello di barche[3], mentre un vero e proprio maremoto, provocato dallo scuotimento delle acque marine entro il bacino del golfo di Taranto, investì la costa ionica pugliese[5].
Alla scossa principale seguirono numerosissime repliche, una delle quali (quella del 30 dicembre alle ore 16) ebbe un'intensità pressoché pari a quella della scossa principale sebbene stavolta l'epicentro fosse localizzato nettamente più a nord, entro il distretto sismico del Sannio; tale replica finì col radere al suolo molti centri abitati già gravemente lesionati dalle scosse precedenti[3]. Taluni studi hanno ipotizzato che le due grandi scosse del 5 e del 30 dicembre possano aver innescato altrettanti subeventi, con epicentri rispettivamente Basilicata e Abruzzo, ossia in aree sismogenetiche non contigue, benché rimangano ignoti i complessi meccanismi dinamici di fondo e l'esatta sequenza temporale del loro sviluppo[1].
In ogni caso la lunga successione sismica devastò interamente 5 delle attuali 20 regioni italiane (Abruzzo, Molise, Campania, Puglia e Basilicata) mentre altre 2 furono parzialmente danneggiate (settore est del Lazio e settore nord della Calabria). È stato stimato che le vittime del terremoto furono tra le 20 000 e le 30 000[2].
Un resoconto delle devastazioni è riportato nel Chronicon di Antonino Pierozzi.
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ a b La sorgente del terremoto del 1456: nuove ipotesi dal riesame congiunto di dati storici e strutturali (PDF), su OGS Trieste. URL consultato il 31 agosto 2019 (archiviato il 14 febbraio 2018).
- ^ a b Giovanni Vincenzo Ciarlanti, Memorie historiche del Sannio chiamato hoggi Principato Vltra, Contado di Molise, e parte di Terra di Lauoro, prouince del Regno di Napoli, su archive.org, 1823 [1644]. URL consultato il 1º novembre 2016.
- ^ a b c Catalogue of strong earthquakes in Italy, su Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. URL consultato il 31 agosto 2019 (archiviato il 3 novembre 2016).
- ^ Memento Terrae: la Campania e i terremoti, su Terre di Campania. URL consultato il 31 agosto 2019 (archiviato il 15 febbraio 2018).
- ^ Miscellanea (PDF), su Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, p. 69. URL consultato il 13 febbraio 2018 (archiviato il 14 febbraio 2018).
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Mario Baratta, I terremoti d'Italia: saggio di storia, geografia e bibliografia sismica italiana, Torino, Fratelli Bocca, 1901.
- Bruno Figliuolo, Il terremoto del 1456, 2 voll., Altavilla Silentina, 1988-1989.
- Terremoti in Italia dal 62 a.C. al 1908: frammenti di testimonianze storiche e iconografiche tratti dalla banca dati EVA dell'ENEA sulle catastrofi naturali in Italia, Roma, ENEA, 1992.
- Catalogo dei forti terremoti in Italia 461 a.C.-1980, Roma, Istituto Nazionale di Geofisica, 1995.
Voci correlate
[modifica | modifica wikitesto]Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- Terremoto del 1456 formato pdf a cura dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia di Roma (PDF), su www2.ogs.trieste.it. URL consultato l'11 ottobre 2014 (archiviato dall'url originale il 12 novembre 2014).