Stacia Napierkowska

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Stacia Napierkowska - 1914

Stacia Napierkowska, all'anagrafe Renée Claire Angèle Élisabeth Napierkowski (Parigi, 16 settembre 1891[1]Parigi, 11 maggio 1945), è stata un'attrice cinematografica e danzatrice francese.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Nasce a Parigi in rue de la Seine, ma all'età di soli due mesi la sua famiglie si trasferisce a Scutari dove suo padre, figlio di esuli polacchi stabilitisi in Francia nel 1863, era stato inviato nel 1894 dal governo francese per dirigere la locale Accademia di Belle Arti[2]. L'ambiente esotico in cui la bambina cresce condizionerà in modo determinante la sua inclinazione artistica, ispirandole due grandi passioni quali l'Oriente e la danza, per la quale muove i primi passi durante alcune visite fatte con la madre agli harem della città[3].

Stacia Napierkowska bambina di 9 anni, quando viveva a Scutari in Turchia

Esordi e primi successi[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1905, la famiglia rientra definitivamente in Francia[4] e dopo aver frequentato una scuola d'arte, diventa modella di pittori, che la incoraggiano ad iscriversi al Conservatorio. Lei sceglie invece di entrare alla scuola di ballo dell'Opera. Ma, insofferente della rigida disciplina scolastica lontana dalla sua sensibilità orientale, si trasferisce all'"Opera Comique", dove inizia a riscuotere un grande successo come interprete di Alcesti, Cenerentola, Circe e in danze esotiche per le quali si ispira alle sue esperienze infantili[5]. Quando ha 14 anni viene già considerata un'étoile[3]. Balla anche alle "Folies Bergères" e, nel ruolo di Lisistrata, alle "Bouffes Parisiennes" e ottiene infine un clamoroso successo di fronte a 30.000 spettatori in occasione delle "Fêtes d'Orange".

Ballerine dell'Opera comique - Parigi 1908. Stacia Napierkowska è la prima a destra
La Napierkowska (a destra) ne La fille du saltimbanque, suo secondo film

In questa occasione viene notata da André Antoine, fondatore del Théâtre-Libre, che la sceglie in sostituzione della sua precedente "primadonna", Margaretha Zelle, in arte Mata Hari, da lui ritenuta troppo bizzosa[6]. Con Antoine nel 1908 la Napierkowska danza al teatro "Odéon" in Anthar, di cui è autore il poeta siriano Chakrì_Ghanem, ottenendo ancor prima di compiere 17 anni un successo trionfale replicato nel corso di una tournée che tocca tutte le capitali europee, da Berlino a San Pietroburgo, per concludersi a Londra. Margaretha Zelle ricorrerà in tribunale contro la sua estromissione, ma la causa si trascinerà sino al 1911, e alla fine otterrà solo un modesto indennizzo[4].

Passaggio al cinema[modifica | modifica wikitesto]

È sempre il 1908 quando nella carriera artistica della giovane danzatrice entra il cinematografo. Mistinguett, dopo averla vista a teatro, le propone di apparire accanto a lei come ballerina in una pellicola che sta per iniziare. Napierkowska accetta e gira così nell'autunno dello stesso anno, il suo primo film L'empreinte prodotto da "Pathé Frères"[6]. Tra il 1908 e il 1911 la sua attività si alterna tra la danza e il cinematografo, dove partecipa a circa una ventina di pellicole, ma prevalentemente in ruoli di danzatrice, tranne che in Cléopatre e Cagliostro. Nel 1909, lavorando con la "S.C.A.G.L.", una consociata della "Pathé", ottiene il suo primo grande successo sugli schermi, e non solo in Francia, con Notre-Dame de Paris. diretto da Albert Capellani, film insolitamente lungo per i tempi (810 metri, pari a circa 40 minuti), ricco di scenografie, di costumi e di comparse, tanto da risultare molto più costoso della media dei prodotti del periodo[7].

Stacia Napierkowska - danzatrice nel 1911

Il suo stile allusivo di danza le attira anche critiche poco lusinghiere a cui lei risponde con decisione: nel 1910 intenta una causa legale ad un giornale italiano che l'aveva definita "donna fatale" - cosa che lei ritiene ingiuriosa - ottenendo un risarcimento di 10.000 franchi[3].

Successi internazionali[modifica | modifica wikitesto]

Ormai "vedette" di successo, la Napierkowska diventa una delle artiste più richieste e pagate del cinema francese, con "cachet" che sono appena inferiori a quelli di Mistinguette[7]. Con l'apertura delle ribalte internazionali parte assieme a Max Linder per una lunga tournée spagnola, dove si esibisce a Barcellona in uno sketch comico dal titolo Le pédicure pour amour. Poi appare come danzatrice al Teatro Real di Madrid e gira un film El sello de oro, prodotto da una casa cinematografica catalana. In tutte queste occasioni ottiene un crescente successo, che le frutta richieste di ingaggio provenienti da molti paesi, tra cui gli Stati Uniti dove si reca all'inizio del 1914.

Debutta a New York nell'appena terminato Palace Theatre, dove interpreta una danza, La Captive, in cui è una principessa catturata da predoni arabi, costretta a danzare per loro in vesti succinte. La sua esibizione viene accolta con un diluvio di fischi, da cui fugge in lacrime, finché non le spiegano che quello è il modo americano di acclamare. Ma quando rientra in albergo trova un'ingiunzione a comparire davanti al giudice Lévy presso la West Side Court con l'accusa di aver violato l'articolo 1530 del codice penale con uno spettacolo indecente[3]. Si difende appellandosi alla natura sempre trasgressiva e innovativa della danza, da Tersicore sino a Isadora Duncan, e alla fine viene assolta[4]. Può quindi continuare la sua tournée americana, che durerà fino al marzo 1914.

Foto di scena di un'immagine e due anime, uno dei film girati dalla Napierkowska durante il suo soggiorno italiano
Germaine Dulac e Stacia Napierkowska - fotografate assieme in Italia nel 1917, poco prima del loro ritorno in Francia

In Italia[modifica | modifica wikitesto]

Al suo rientro in Francia, fa appena in tempo a prender parte ad alcuni episodi del serial Les Vampires che scoppia la guerra. Pathé, che aveva posto la Napierkowska sotto contratto, viene a trovarsi nell'impossibilità di adempierlo a causa del richiamo di gran parte del personale. Decide pertanto di inviarla a lavorare in Italia, paese ancora neutrale, presso la sua consociata locale "Film d'Arte Italiana", dove opera Ugo Falena, che dirigerà la maggior parte dei film italiani dell'attrice-ballerina.

Il suo arrivo a Roma è principesco, con un seguito di domestiche, animali e bauli ricolmi di vestiti[8], ma la sua prima prova è deludente: viene diretta da Antonio Rasi in Scarpine rotte, che oltre ad essere accolto con freddezza dalla critica[9] e a incontrare scarso successo commerciale, è anche all'origine di una delle tante cause legali per plagio, molto frequenti nel mondo cinematografico italiano (e in questo caso la "Film d'arte" soccombe)[4].

Ma dopo questo primo infortunio, la carriera italiana della Napierkowska decolla e nei tre anni che resterà in Italia partecipa a circa 20 film girati a Roma, Siena, Perugia, Sorrento, Milano. Tra essi nel 1915 un Pierrot in cui trapela una voglia di concorrenza con la Bertini che l'anno precedente aveva interpretato con successo una Histoire d'un Pierrot, poi Effetti di luce, film del 1916 tratto da un soggetto di Lucio D'Ambra e La modella da un soggetto di Washington Borg.

Il suo ultimo film italiano è nel 1917 La tragica fine di Caligola, che, a detta della stessa attrice, è il più importante di tutti sia per la ricchezza delle scene sia per la bellezza dei paesaggi, Durante il suo periodo italiano la fama della Napierkowska è tale che viene chiamata anche a danzare davanti alla famiglia reale e lei stessa descriverà i suoi tre anni in Italia come «uno dei migliori ricordi della mia carriera cinematografica[3]»

Ritorno in Francia e L'Atlantide[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1917 la giornalista e regista Germaine Dulac, da qualche tempo in Italia ospite della Napierkowska, la convince a tornare in Francia per interpretare un film da lei diretto di sapore "femminista" Venus victrix, opera dai molti titoli (L'uragano, Dans l'ouragan de la vie) ma dallo scarso successo[4]. Poi per qualche anno l'attività dell'attrice si concentra esclusivamente sulla danza, con spettacoli in Francia ed all'estero nel corso dei quali riscuote continui successi.

Stacia Napierkowska nel deserto durante le riprese di l'Atlantide (1921)

Nel 1920, durante uno di essi è ammirata dal regista Jacques Feyder, secondo il quale «esile come un filo, s'era fatta acclamare da tutta Parigi per la sua grazia, il suo stile e l'armonia del suo corpo efebico» ed è per questo che quando l'anno successivo egli viene incaricato di realizzare la trasposizione cinematografica de L'Atlantide propone il suo nome per il ruolo di Antinea, misteriosa regina della città perduta[10]. Ma l'anno trascorso non è stato senza conseguenze. La Napierkowska è, nonostante l'ancor giovane età, notevolmente ingrassata e mostra un corpo appesantito inadatto al ruolo, il che costringerà sia il regista che i costumisti ad inventarsi ogni possibile marchingegno scenico per occultare il problema[11] e a tentare in ogni modo di scoraggiare l'appetito che l'attrice non perde neanche nell'afoso clima sahariano in cui si gira il film[10]. Nonostante questi inconvenienti, l'Atlantide resta il film per cui è più nota, ma anche il suo "canto del cigno"[6].

Il ritiro e l'oblio[modifica | modifica wikitesto]

Infatti dopo il film di Feyder, le apparizioni della Napierkowska si riducono quasi a zero. Tornerà ancora nel deserto per partecipare (1922) a In'ch'Allah! (distribuito in Italia con il titolo de La vergine dell'Atlantide, scaltro tentativo dei distributori di sfruttare il successo del film di Feyder[4] ). Poi, ormai impossibilitata per ragioni fisiche a proseguire con la danza, nella restante parte degli anni venti partecipa soltanto ad altri due film francesi (1925 e 1926), e in seguito si sposa e si ritira dal mondo dello spettacolo[2]. Su di lei scende, a parte rari interventi pubblici (tra cui un suo articolo Comment je suis devenue danseuse pubblicato nel 1925 sul periodico femminile Eve), il silenzio.

Dopo essere stata acclamata in Francia e all'estero da affollate platee deliranti, negli anni trenta nessuno si ricorda più di lei. Quando nel maggio 1945 muore, ancor prima di compiere 54 anni, Parigi è in festa per la guerra appena finita con la sconfitta della Germania nazista, e nel momento della sua sepoltura nel Cimitero dei Batignolles, la notizia non appare neppure sui giornali. Soltanto 40 anni dopo due storici del cinema - il francese Henri Bousquet e l'italiano Vittorio Martinelli - sono riusciti a ricostruire, superando le difficoltà dovute alla dispersione nel tempo delle pellicole, l'attività svolta nei due Paesi dall'attrice - ballerina[4].

Filmografia[modifica | modifica wikitesto]

In alto: la Napierkowska a 12 anni alla scuola di ballo dell'Opera, in basso una sua immagine del 1916 durante la sua permanenza in Italia
In alto, la Napierkowska danza ne La figlia di Erodiade, uno dei suoi film italiani (1916). Sotto un ritratto del 1922

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ In alcuni articoli, Stacia Napierkowska afferma di essere nata nel 1896, ma quella data non si accorda con le notizie che scandiscono la sua carriera artistica.
  2. ^ a b Filmleixicon, cit. in bibliografia.
  3. ^ a b c d e Mes souvenirs, serie di articoli di Stacia Napierkowska, pubblicati su Ciné-Miroir, aprile - maggio 1923.
  4. ^ a b c d e f g La bella Stasià, numero speciale di Immagine, note di storia del cinema, nuova serie, primavera - estate 1988
  5. ^ Jeanne e Ford, cit. in bibliografia, p.345.
  6. ^ a b c Le dive del silenzio cit. in bibliografia, p. 194.
  7. ^ a b Leteux, cit. in bibliografia, p.53.
  8. ^ La Tribuna, 12 settembre 1914.
  9. ^ La vita cinematografica, 15 ottobre 1914.
  10. ^ a b Le cinéma notre métier, cit. in bibliografia, p.50.
  11. ^ Sadoul, cit. in bibliografia, p.134.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Roberto Chiti, voce Napierkowska Stacia in Filmlexicon degli autori e delle opere, Roma, Edizioni di "Bianco e nero", 1961, ISBN non esistente
  • (FR) René Jeanne, Charles Ford, Histoire encyclopédique du cinéma - 1895 - 1929, Paris, Laffont, 1947 ISBN non esistente
  • (FR) Christine Leteux, Albert Capellani, cinéaste du romantique, Grandivilliers, La tour verte, 2012, ISBN 978-2-917819-22-7
  • Vittorio Martinelli, Le dive del muto, Genova, Le Mani - Bologna, Edizioni Cineteca, 2001, ISBN 88-8012-177-4
  • (FR) Françoise Rosay et Jacques Feyder, Le cinéma nôtre mêtier, Génève, Skira, 1944, ISBN non esistente
  • Georges Sadoul, Storia generale del cinema - L'arte muta 1919 - 1929 ed. it, Torino, Einaudi, 1978, ISBN non esistente

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