Santuario di Giove Dolicheno

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Coordinate: 41°52′58.83″N 12°28′47.93″E / 41.883008°N 12.479981°E41.883008; 12.479981

Il santuario di Giove Dolicheno (in latino Dolocenum) era un tempio di Roma, situato sul colle Aventino.

Risaliva al tempo di Antonino Pio e i mattoni bollati testimoniano una data di costruzione posteriore al 138, mentre un'iscrizione è datata 150. Nella seconda metà del II secolo venne dotato di copertura (inizialmente era all'aperto), come segnalano i bolli delle tegole. Fu restaurato più volte, soprattutto nel III secolo, quando il culto di Giove Dolicheno, divinità originaria dell'Asia Minore protettrice dei soldati, raggiunse il suo apogeo.[1]

Il tempio era segnalato sui Cataloghi Regionari e grazie a vari ritrovamenti è stato collocato nell'area vicino alle chiese di Sant'Alessio e di Santa Sabina. Venne rinvenuto nel 1935 in occasione dell'apertura di via San Domenico, scavando lungo il lato settentrionale e parte dei lati brevi, dove è stato rinvenuto un cortile e tracce di una fase più antica, probabilmente augustea. La pianta totale del complesso misurava 22,60 x 12 metri. Era presente una sala più vasta, preceduta da atrio e seguita da un terzo vano quasi quadrato.

L'ambiente centrale era il più importante e qui vennero rinvenuti i resti di un altare e una grande iscrizione a Giove Dolicheno da parte di tali Annius Iulianus e Annius Victor. Nell'edificio vennero scoperte numerose statue, rilievi e iscrizioni, che evidenziavano un culto sincretico, che tendeva a aggregare le divinità più varie, in particolar modo quelle di edifici sacri vicini sull'Aventino: Diana, Iside, Serapide, Mitra, i Dioscuri, il Sole e la Luna. Questi oggetti oggi sono esposti nei Musei Capitolini.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Tina Squadrilli,Vicende e monumenti di Roma, Staderini Editore,1961, Roma, pag.204

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Filippo Coarelli, Guida archeologica di Roma, Verona, Arnoldo Mondadori Editore, 1984.