Principio di complementarità

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Niels Bohr

In meccanica quantistica il principio di complementarità afferma che il duplice aspetto, ovvero il dualismo, di alcune rappresentazioni fisiche dei fenomeni a livello atomico e subatomico non può essere osservato contemporaneamente durante lo stesso esperimento.

Fu enunciato da Niels Bohr al Congresso internazionale dei fisici del 1927 (tenutosi a Como in occasione del centenario della morte di Alessandro Volta), rendendo in qualche modo i dualismi quantistici, in particolare quello fra natura corpuscolare e ondulatoria (dualismo onda-particella), meno stridenti con la concezione della fisica classica e con la logica.

Corpuscoli e onde[modifica | modifica wikitesto]

Fino alla fine dell'Ottocento con la fisica classica le leggi della meccanica di Newton descrivevano il mondo macroscopico, non solo dei fenomeni meccanici, ma anche di quelli termici e acustici, mentre per i fenomeni elettromagnetici si ricorreva alle leggi di Maxwell. Perciò fenomeni meccanici e ondulatori rimanevano sostanzialmente distinti. Quando però si iniziò a studiare il mondo su piccola scala, ci si rese conto delle contraddizioni che questa suddivisione comportava: mentre da un lato la diffrazione degli elettroni evidenziava l'aspetto ondulatorio delle particelle, che quindi mostravano di possedere entrambi i comportamenti validando l'ipotesi di de Broglie, dall'altro lo spettro del corpo nero (1900), l'effetto fotoelettrico (1905), l'effetto Compton (1926) e l'emissione spontanea (1927) potevano essere spiegati solo ammettendo che le onde elettromagnetiche fossero formate da corpuscoli aventi energia con un valore fisso e indivisibile (quanti), detti poi fotoni.

Altri dualismi[modifica | modifica wikitesto]

La meccanica quantistica contempla diversi altri dualismi, come ad esempio:

Complementarità[modifica | modifica wikitesto]

Trovandosi di fronte a contraddizioni, Bohr le considerò solo apparenti e le risolse postulando che gli aspetti duali sono complementari, in senso concettuale, ma anche fisico, in quanto escludentisi a vicenda: l'osservazione dell'uno in un singolo processo sperimentale preclude cioè quella dell'altro. La versione originale di complementarità fu tra la rappresentazione spazio-temporale e la causalità, a cui affiancò quella tra la rappresentazione corpuscolare e ondulatoria.

La situazione fu così descritta da Heisenberg[1]: «Anche se esiste un corpo di leggi matematiche "esatte", queste non esprimono relazioni tra oggetti esistenti nello spazio-tempo; è vero che approssimativamente si può parlare di "onde" e "corpuscoli", ma le due descrizioni hanno la stessa validità. Per converso, la descrizione cinematica di un fenomeno necessita dell'osservazione diretta; ma poiché osservare significa interagire, ciò preclude la validità rigorosa del principio di causalità.»

In altre parole:

  • o descriviamo i fenomeni nello spazio-tempo, tenendo però conto delle limitazioni date dal principio di indeterminazione di Heisenberg;
  • o usiamo relazioni causali espresse da leggi matematiche, e allora la descrizione nello spazio-tempo diventa impossibile.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Werner Heisenberg, The Physical Principles of Quantum Mechanics, Dover Publications, 1930.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Controllo di autoritàLCCN (ENsh85029357 · GND (DE4136083-7 · J9U (ENHE987007545782005171
  Portale Fisica: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di fisica