Giovanni Maria Vitelleschi

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Giovanni Maria Vitelleschi
cardinale di Santa Romana Chiesa
Ritratto del cardinale Vitelleschi del 1646
 
Incarichi ricoperti
 
Nato1390/1400 a Corneto
Ordinato presbiteroin data sconosciuta
Nominato vescovo16 aprile 1431 da papa Eugenio IV
Consacrato vescovoin data sconosciuta
Elevato patriarca21 febbraio 1435 da papa Eugenio IV
Creato cardinale9 agosto 1437 da papa Eugenio IV
Deceduto2 aprile 1440 a Roma
 
Giovanni Maria Vitelleschi
NascitaCorneto, 1390/1400
MorteRoma, 2 aprile 1440
ReligioneCattolicesimo
Dati militari
Paese servito Stato Pontificio
Regno di Napoli
Forza armataMercenari
GradoCondottiero
ComandantiAngelo Tartaglia
Altre caricheGonfaloniere della Chiesa
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Giovanni Maria Vitelleschi (Corneto, 1390/1400Roma, 2 aprile 1440) è stato un condottiero e cardinale italiano.

Stemma Vitelleschi

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Ricevette un'istruzione militare sin da giovane nella compagnia di ventura di Angelo Tartaglia, e affinò la sua educazione al servizio di papa Martino V, che lo nominò protonotario apostolico.

Fu eletto vescovo di Macerata e Recanati il 16 aprile 1431. Assoldato da papa Eugenio IV per comandare le truppe papali, condusse le operazioni militari contro la fazione dei Colonna, i quali erano in lotta contro papa Eugenio IV per il rovesciarsi della loro fortuna politica quando era morto il papa Martino V che apparteneva alla loro famiglia. Il Vitelleschi riuscì a sedare la rivolta, per la quale il Papa era fuggito in esilio a Firenze nel 1434, in seguito alla restaurazione di un'effimera Repubblica romana. Per riuscire a riprendere la città il Vitelleschi, non fu estraneo ad atti di ferocia e crudeltà, cosa abbastanza comune all’epoca, oltre ad abolire il diritto romano in vigore. L'impresa terminò nell'ottobre del 1434, con la vittoria dei papali e il ritorno del pontefice. In seguito comandò anche le truppe papali contro Alfonso d'Aragona, che voleva impossessarsi del trono di Napoli.

Per venire ricompensato delle sue imprese il 21 febbraio 1435 il Papa gli concesse il titolo, ormai puramente onorifico di patriarca di Alessandria, ritenendo le diocesi di Macerata e Recanati, e il 12 ottobre dello stesso anno fu nominato arcivescovo di Firenze (dopo Amerigo Corsini), senza rinunciare al titolo patriarcale. Conservò le due cariche contemporaneamente, ma di fatto non ebbe modo di dedicarvisi: a Firenze per esempio delegò le sue funzioni all'arcivescovo di Pisa, il vescovo di Fiesole e messer Giuliano di Niccolò Davanzati. Sempre nel 1435 il papa gli assegna la signoria su Sansepolcro, che aveva ripreso ai Malatesta di Rimini nel 1430.

Nel 1436 ebbe, dal Papa, l'ordine di reprimere le turbolenze dei baroni romani, che avevano occupato Terracina, dopo essersi ribellati a papa Eugenio IV. Radunati fanti e cavalli, il Vitelleschi si scontrò con le milizie avversarie presso Albano, vinse il loro capitano Francesco Savelli ed occupò nel 1437 Palestrina distruggendola e Zagarolo, costringendo Renzo Colonna a fuggire. Attaccò poi Antonio da Pontedera, lo sconfisse e lo fece impiccare, riuscendo infine a domare i baroni.

Nello stesso anno fece erigere a Tarquinia il palazzo Vitelleschi, attuale sede del Museo archeologico nazionale.

Fu nominato prefetto delle armi pontificie e cardinale nel concistoro del 9 agosto 1437 da papa Eugenio IV e ricevette il titolo di Lorenzo in Lucina. In quell'occasione rinunciò alla sede fiorentina, che passò a Ludovico Scarampi, anche se spesso cominciò ed essere chiamato il "cardinale fiorentino". Ricevette però la diocesi di Traù in commendam, che mantenne fino alla morte.

Nel 1439 ricevette ordine dal papa di debellare la famiglia Trinci. Mise sotto assedio Foligno insieme al cardinal Cusano ed al condottiero Ranuccio Farnese il Vecchio e la conquistò, facendo prigioniero Corrado III Trinci con i suoi due figli.

Machiavelli lo cita nelle Istorie fiorentine:

«Giovanni Vitelleschi [...] diventato in ultimo cardinale, fu [...] animoso e astuto; e per ciò seppe tanto operare,
che dal Papa fu grandemente amato, e da lui preposto alli eserciti della Chiesa; e di tutte le imprese che il Papa in Toscana,
in Romagna, nel Regno e a Roma fece, ne fu capitano: onde che prese tanta autorità nelle genti e nel Papa, che
questo temeva a comandargli, e le genti a lui solo, e non ad altri, ubbidivano.»

Le spie fiorentine controllavano segretamente la sua corrispondenza e intercettarono così alcune missive a Niccolò Piccinino, il capo di una banda di ventura che compiva saccheggi e devastazioni in Toscana. Sebbene il messaggio fosse cifrato e pieno di allusioni, esso fu interpretato come pericoloso per il papa, così che Eugenio IV colse l'occasione per incarcerare l'uomo ormai troppo potente. La maniera con la quale fu catturato a Roma in Castel Sant'Angelo dal castellano Antonio Rido di Padova è pure raccontata dal Machiavelli:

«Aveva il Patriarca [Il Vitelleschi] deliberato passare in Toscana; e volendo il dì seguente partire di Roma
significò al Castellano che la mattina fusse sopra il ponte del castello, perché, passando,
gli voleva di alcuna cosa ragionare. [... Il Castellano] aspettò il Patriarca sopra il ponte che,
propinquo alla rocca, per fortezza di quella si può, secondo la necessità, levare e porre.
E come il Patriarca fu sopra quello, avendolo prima con il ragionamento fermo, fece cenno a' suoi che
alzassero il ponte; tanto che il Patriarca in un tratto si trovò, di comandatore di eserciti, prigione di uno castellano.
Le genti che erano seco prima romoreggiorono; di poi, intesa la volontà del Papa, si quietorono.
Ma il Castellano confortando con umane parole il Patriarca, e dandogli speranza di bene, gli rispose
che gli uomini grandi non si pigliavano per lasciargli, e quelli che meritavano di essere presi,
non meritavano di essere lasciati. E così poco di poi morì in carcere»

La famiglia Vitelleschi comunque mantenne un notevole prestigio in Italia centrale. Il nipote di Giovanni, Bartolomeo Vitelleschi, fu vescovo di Montefiascone e Corneto; in questa veste prestò la sua obbedienza all'antipapa Felice V e fu da questi creato cardinale, o meglio pseudocardinale del titolo di San Marco il 6 aprile 1444.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Alfonso Dragonetti, Le vite degli illustri Aquilani, L’Aquila, Francesco Perchiazzi Editore, 1847. URL consultato il 18 febbraio 2021.
  • Filippo Thomassino, Giovan Turpino, Ritratti di cento capitani illvstri, Parma, 1596.
  • Giulio Roscio, Agostino Mascardi, Fabio Leonida, Ottavio Tronsarelli et al., Ritratti et elogii di capitani illvstri, Roma, 1646.
  • La chiesa fiorentina, Curia arcivescovile, Firenze, 1970.
  • Nunzio Federigo Faraglia, Storia de la lotta tra Alfonso V d'Aragona e Renato d'Angiò, Lanciano, 1908.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Predecessore Vescovo di Macerata e Recanati Successore
Benedetto Guidalotti 16 aprile 1431 – 12 ottobre 1435 Tommaso Tommasini, O.P.
Predecessore Gonfaloniere della Chiesa Successore
Niccolò Fortebraccio 1º gennaio 1433 – 1º gennaio 1434 Francesco Sforza
Predecessore Governatore di Bologna Successore
Bartolomeo Zabarella agosto 1434 Daniele Scotti
Predecessore Patriarca titolare di Alessandria Successore
Vitale di Mauléon 21 febbraio 1435 – 2 aprile 1440 Marco Condulmer
Predecessore Arcivescovo metropolita di Firenze Successore
Amerigo Corsini 12 ottobre 1435 – 9 agosto 1437 Ludovico Scarampi
Predecessore Amministratore apostolico di Traù Successore
Ludovico Scarampi Mezzarota
(vescovo)
9 agosto 1437 – 2 aprile 1440 Angelo Cavazza
(vescovo)
Predecessore Cardinale presbitero di San Lorenzo in Lucina Successore
Jean de la Rochetaillée 9 agosto 1437 – 2 aprile 1440 Jean le Jeune
Predecessore Arciprete della Basilica Liberiana di Santa Maria Maggiore Successore
Antonio Casini 4 febbraio 1439 – 2 aprile 1440 Niccolò Albergati, O.Cart.
Predecessore Legato apostolico di Perugia e dell'Umbria Successore
Alberto Alberti 18 dicembre 1439 – 2 aprile 1440 Gaspare de Diano
(governatore)
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