Centro sociale

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La Sonoma Community Center a Sonoma, California.

Un centro sociale è una struttura, gestita da istituzioni, da organizzazioni non a scopo di lucro oppure in maniera autonoma volta a offrire servizi socialmente utili, attività ricreative o culturali[1]. Ne sono esempio tra gli altri, i centri sociali comunali, i centri sociali di quartiere[1], i centri sociali parrocchiali, i centri sociali "dopolavoro"[2] o i centri sociali sportivi.

Il termine "centro sociale", o anche il suo corrispettivo inglese Social Center, è spesso utilizzato in modo estensivo per riferirsi ad un particolare tipo di struttura autogestita e legata ad un network controculturale, spesso nata dopo l'occupazione di uno spazio pubblico, privato o abbandonato[1], volta a dare supporto a gruppi di minoranza come prigionieri o rifugiati, oppure a fornire attività ed iniziative disparate nei cosiddetti luoghi liberati: servizio bar, freeshop, libero utilizzo di computer, graffiti, servizi collettivi e pernotto gratuito per viaggiatori. I servizi offerti da un centro sociale sono spesso determinati dalle necessità del quartiere e dalle possibilità e capacità offerte da chi vi partecipa[3].

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Un'impronta politica[modifica | modifica wikitesto]

I centri sociali rappresentano inoltre un fenomeno di aggregazione politica extraistituzionale nato nell'alveo culturale dell'estrema sinistra. I primi centri sociali, nati come luogo di aggregazione di militanti politici, nascono negli anni settanta in vari paesi sulla base, in Italia, dell'esperienza dei circoli del proletariato giovanile.[senza fonte]

In Italia, il fenomeno è cresciuto nel corso degli anni ottanta e novanta, tanto da divenire endemico su tutto il territorio ed identificativo del mondo della controcultura giovanile politicamente schierata. Prassi consuetudinaria dei centri sociali è quella della cosiddetta "riappropriazione (o liberazione) degli spazi", che consiste nell'occupazione di stabili spesso dismessi. In tempi più recenti, gli enti locali hanno cominciato a legalizzare alcuni centri sociali occupati affidandoli agli occupanti stessi (oppure ad assegnare stabili ad associazioni senza dimora che ne fanno uso), in modo da responsabilizzarne i "gestori".[senza fonte]

L'attivismo nato nell'area dei centri sociali di questo tipo si è conquistato nel tempo un certo peso sulla scena politica nazionale, tanto che la locuzione "centri sociali" è entrata a far parte del linguaggio politico corrente, in quanto identificativa della militanza di estrema sinistra riconducibile a queste realtà. Durante gli anni duemila, sebbene centri sociali politicamente posizionati dal centrodestra all'estrema destra esistano fin dagli anni ottanta[4], hanno cominciato ad acquisire peso politico anche i centri sociali di questa parte politica, grazie ad una maggiore capacità comunicativa ed all'abbassamento delle tensioni politiche proprie dei decenni precedenti.

Classificazione[modifica | modifica wikitesto]

Per quanto riguarda i centri sociali di sinistra si parla di Centri Sociali Autogestiti (CSA) oppure, nel caso di centri occupati, di Centri Sociali Occupati Autogestiti (CSOA o CSO). In alcuni casi è possibile trovare la denominazione Centri Popolari Occupati (CPO).

Per quanto riguarda i centri sociali di ispirazione anarchica si parla di Centri Occupati di Cultura Autogestita (COCA).

Per quanto riguarda invece i centri sociali di destra si parla genericamente di centri sociali di destra oppure, nel caso di quelli facenti parte del circuito relativo al gruppo neofascista e populista di CasaPound Italia, di Occupazioni Non Conformi (ONC) ed Occupazioni a Scopo Abitativo (OSA).[4]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c Centro Sociale (definizione), su dizionario.internazionale.it.
  2. ^ Ansaldo Centro Sociale Interaziendale, su ansaldo.ergomercator.com.
  3. ^ Steve Wright, Living In The Heart Of The Beast, su Libcom, Black Flag #209, 1996. URL consultato il 6 novembre 2015.
  4. ^ a b Domenico Di Tullio, Centri sociali di destra: occupazioni e culture non conformi, Castelvecchi, Roma, 2006

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Primo Moroni e Nanni Balestrini, L'Orda d'Oro, SugarCo Edizioni, Milano, 1988, IT\ICCU\CFI\0157738
  • AA.VV., "Centri sociali: geografie del desiderio: dati, statistiche, progetti, mappe, divenire", Shake edizioni underground, Milano, 1996, ISBN 88-86926-01-4
  • Enrico Caniglia, "Identità, partecipazione e antagonismo nella politica giovanile", Rubbettino Editore srl, 2002, ISBN 88-498-0393-1
  • Carlo Branzaglia, Pierfrancesco Pacoda, Alba Solaro, "Posse italiane: centri sociali, underground musicale e cultura giovanile degli anni '90 in Italia", Tosca editore, 1992, ISBN 88-7209-022-9
  • Domenico Di Tullio, Centri sociali di destra: occupazioni e culture non conformi, Castelvecchi, Roma, 2006, ISBN 88-7615-105-2
  • AA. VV. Area 19, Società Editrice Barbarossa, 2008.
  • Nicola Antolini Fuori dal cerchio, Elliot, 2010. ISBN 9788861921405
  • Claudio Calia Piccolo Atlante Storico Geografico dei Centri Sociali Italiani, BeccoGiallo, Padova, 2014, ISBN 978-8897555827

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