Adalberto Libera

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Adalberto Libera (Villa Lagarina, 16 luglio 1903Roma, 17 marzo 1963) è stato un architetto italiano, tra i maggiori esponenti del razionalismo e ideatore di numerosi edifici pubblici della prima metà del XX secolo.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

L'ufficio postale Ostiense a via Marmorata

Nacque il 16 luglio 1903 a Villa Lagarina, piccolo paese del Trentino allora sotto l’Impero asburgico. A undici anni (nel 1914) Adalberto si stabilì con i genitori a Parma, città d'origine della madre, la marchesa Olimpia Pallavicino; il padre, Giuseppe Antonio, ex-ufficiale di leva dell'Esercito imperiale Austro-ungarico, era in fuga dal Trentino austriaco alla vigilia della prima guerra mondiale.

Qui completerà gli studi classici e inizierà gli studi universitari presso la Facoltà di Matematica dell'Università degli Studi cittadina, frequentando contemporaneamente le lezioni di architettura presso il Regio Istituto d’Arte "Paolo Toschi". Il riordinamento della riforma dell'istruzione universitaria spinse Libera all'iscrizione presso l'unica Facoltà di Architettura in Italia, quella della Sapienza, escluse le sezioni speciali ai politecnici di Torino e Milano. Qui conoscerà e avvierà un fruttuoso sodalizio con un importantissimo architetto del Novecento italiano, Mario De Renzi, suo collega universitario e compagno della formazione artistica. A Roma, Libera si inserì in un ambiente intellettuale che lo portò a contatto diretto con le personalità che dominavano la cultura architettonica della capitale Gustavo Giovannoni e Marcello Piacentini.

Fu membro non ancora laureato del milanese Gruppo 7 con Terragni, Figini, Pollini, Rava, Frette, Larco e Castagnoli. Subentrò proprio a quest'ultimo nel 1927, diffondendo a Roma l'azione teorica del gruppo. Nel 1930 fondò, e divenne segretario, il MIAR (Movimento italiano per l'architettura razionale) ed è invitato da Ludwig Mies van der Rohe all'esposizione di Stoccarda del 1927 (Werkbund). Nel 1928 e nel 1931 fu tra gli organizzatori delle Esposizioni di "Architettura Razionale" a Roma, la seconda delle quali segnò la sconfitta del M.I.A.R. che fu costretto a sciogliersi a seguito delle roventi polemiche tra la giovane generazione d'"assalto” e quella legata all'accademia, prossima al potere politico, duramente rappresentata dalla "tavola degli orrori" di Pietro Maria Bardi.

Roma, Palazzo dei Congressi all'EUR

Continua però la sua attività progettuale sui canoni del razionalismo e realizza in tal senso diversi edifici negli anni trenta di cui il maggiore è senz'altro il Palazzo dei Congressi dell'E.42. Il fabbricato rileva nella facciata i segni e i particolari architettonici del "neoclassicismo semplificato" piacentiniano, ma nella volta a vela e negli altri prospetti crea un innovativo spazio architettonico ed è senz'altro l'edificio razionalmente più valido tra quelli realizzati.

Nel 1937 cura la Mostra nazionale delle colonie estive e dell'assistenza all'infanzia, svoltasi nel Circo Massimo.

Nel 1938 realizza a Capri la Villa Malaparte di Curzio Malaparte, parallelepipedo rotto dalla gradonata della terrazza solare della copertura; opera architettonica di una limpidezza razionale esemplare e che appare in rilievo sulla roccia di un promontorio, ma anche straordinariamente integrata con il luogo e creatrice di un eccezionale ambiente costruito. Secondo recenti acquisizioni di documenti e lettere[1] il progetto della villa è in realtà interamente attribuibile allo stesso Malaparte; Libera aveva presentato prima della rottura con Malaparte un progetto diverso e mai realizzato. Tutto ciò emerge da lettere del pittore viareggino Uberto Bonetti, che si era occupato della realizzazione dell'edificio e che scriveva appunto che "la realizzazione materiale dell'edificio" è stata effettuata su disegni propri ma "dietro Vostro (di Malaparte, ndr) indirizzo estetico e costruttivo: piante, sezioni ecc." Questo spiegherebbe anche la modestia della parcella presentata da Bonetti, riferita al puro lavoro tecnico-esecutivo.

L'allestimento della Mostra della Rivoluzione fascista 1932

Dopo la guerra si dedicò soprattutto alla direzione del piano INA-Casa (anche detto "Piano Fanfani"), volto alla creazione di milioni di unità abitative, che dirigerà nei primi tre anni fino al 1952.[2] Parteciperà, inoltre, direttamente a realizzare alcuni edifici a Roma: un insieme di unità abitative (1954) e un palazzo per uffici (1959). Del 1956 è il suo progetto per la Cattedrale di La Spezia.

Muore a Roma nel 1963.

Stile architettonico[modifica | modifica wikitesto]

Della sua generazione Libera è forse il più razionalista e non solo per la partecipazione al Gruppo 7 ma perché la sua personalità lo rendono affine ai grandi maestri europei del Movimento Moderno; egli infatti aveva l'impulso a trasferire nell'architettura un mondo ordinato secondo categorie universali quali: la semplicità, l'integrità, l'essenzialità e la durata che in architettura si palesano attraverso uno stile di purezza classica e di perfetta corrispondenza tra geometria e costruzione. La figura di Libera differisce dalla cultura italiana del tempo per le sue esclusioni di luogo, contesto, storia e si colloca nell'ambito ideale della cultura razionalista. Nonostante ciò c'è un carattere di anomalia rispetto ad esperienze razionalistiche più tipiche europee dato dall'estraniamento dal luogo, alla perfetta chiusura dell'organismo in se stesso, all'unicità e irripetibilità dell'oggetto e al forte valore simbolico e ideale.

Libera cita tre possibili modi di sviluppo del processo progettuale, in cui funzione e forma giocano ruoli diversi:

  • Concezione funzionale che non conosce a priori e attende il valore figurativo;
  • Suggestioni psicologiche e figurative a priori che cercano la giustificazione funzionale ammissibile;
  • Concezione figurativa a priori che adatti le funzioni e attrezzature in modo qualsiasi.

A monte del processo ideativo di Libera c'è una geometria, una tendenza ad organizzare il volume secondo un prevalente assetto geometrico: parallelepipedi, cilindri, coni, corone circolari, o opportune giustapposizioni e compenetrazioni di questi. Nella prima idea di spazio si esplicita il legame tra l'esigenza e la forma architettonica, deputata a soddisfare quell'esigenza. I primi schizzi sono costruzioni geometriche, il passaggio successivo è strutturale; la struttura è l'elemento di mediazione obbligatoria tra l'idea di spazio e lo spazio concreto, deve essere visibile ma non esibita, una trama organizzatrice. Solo nelle opere dell'ultimo periodo la struttura assumerà un'incidenza rilevante.

Opere principali[modifica | modifica wikitesto]

Palazzina sul lungomare di Ostia Lido prima del restauro, foto del 2003

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (v. il Corriere della Sera del 10 luglio 2009, pag 41, articolo di Stefano Bucci)
  2. ^ Ina-case, quando l’utopia, su La Stampa, 20 febbraio 2013. URL consultato il 9 aprile 2022.
  3. ^ Stefano Bucci, Malaparte: questa villa è solo mia, in Corriere della Sera, 10 Luglio 2009, p. 41.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Vieri Quilici, Adalberto Libera. L'Architettura come ideale, Officina Edizioni, 1981
  • Sergio Poretti, Progetti e costruzione dei Palazzi delle Poste a Roma 1933-1935, Edilstampa, Roma 1990
  • Efisio Pitzalis, Libera e De Renzi. Palazzo del Littorio, in "Area" n. 47 nov-dic 1999 Leggere l'articolo
  • Gaia Remiddi, Antonella Greco, Adalberto Libera. Guida alle architetture romane, Palombi editori, Roma 2003
  • Paolo Melis, I luoghi e le date di una vita. Tracce per una biografia, Nicolodi editore, Trento 2003
  • Michele Costanzo, Adalberto Libera e il Gruppo 7, Mancosu Editore, Roma 2004
  • Adalberto Libera, "La mia esperienza di architetto", (a cura di Alessandro Franceschini), La Finestra editrice, Lavìs - Trento, 2008
  • Nicola di Battista (a cura di), "Adalberto Libera - La città ideale", MART-Electa, 2013 (catalogo della mostra)

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