Postulato: differenze tra le versioni
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Il '''postulato''' dal latino ''postulatum'' «ciò che è richiesto», è una proposizione che, senza essere stata preventivamente dimostrata come vera, viene assunta come se lo fosse al fine di giungere logicamente alla verità di una qualche asserzione.<ref>''Enciclopedia Garzanti di filosofia'' (1981) alla voce corrispondente</ref> Ad esempio nella ''[[Critica della ragion pratica]]'' Kant sostiene che chi aspira a conseguire come fine della sua azione morale il "sommo bene", inteso come "il bene più completo" deve accettare il postulato dell'immortalità dell'[[anima]]: poiché solamente la condizione di santità reca l'uomo al sommo bene, e poiché essa è possibile solo nell'aldilà si deve affermare che il soggetto morale ha a sua disposizione un tempo illimitato ed infinito. |
Il '''postulato''' dal latino ''postulatum'' «ciò che è richiesto», è una proposizione che, senza essere stata preventivamente dimostrata come vera, viene assunta come se lo fosse al fine di giungere logicamente alla verità di una qualche asserzione.<ref>''Enciclopedia Garzanti di filosofia'' (1981) alla voce corrispondente</ref> Ad esempio nella ''[[Critica della ragion pratica]]'' Kant sostiene che chi aspira a conseguire come fine della sua azione morale il "sommo bene", inteso come "il bene più completo" deve accettare il postulato dell'immortalità dell'[[anima]]: poiché solamente la condizione di santità reca l'uomo al sommo bene, e poiché essa è possibile solo nell'aldilà si deve affermare che il soggetto morale ha a sua disposizione un tempo illimitato ed infinito. |
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Il postulato quindi nella filosofia antica si distingueva dall'[[assioma]] considerato come un'asserzione tanto evidente di non avere bisogno di alcuna dimostrazione <ref>''Dizionario di filosofia Treccani'' (2009) alla voce "postulato"</ref> |
Il postulato quindi nella filosofia antica si distingueva dall'[[assioma]] considerato come un'asserzione tanto evidente di non avere bisogno di alcuna dimostrazione <ref>''Dizionario di filosofia Treccani'' (2009) alla voce "postulato"</ref> |
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Nella dottrina aristotelica l'assioma è |
Nella dottrina aristotelica l'assioma è «...quel principio che deve essere necessariamente posseduto da chi vuole apprendere alcunché» |
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Nella terminologia logica attuale il termine postulato viene considerato come sinonimo di [[assioma]] a partire dalla fine del XIX secolo, specialmente per opera di G. Frege, G. Peano, B. Russell e D. Hilbert. <ref>''Enciclopedia Treccani'' alla voce "postulato"</ref> |
Nella terminologia logica attuale il termine postulato viene considerato come sinonimo di [[assioma]] a partire dalla fine del XIX secolo, specialmente per opera di G. Frege, G. Peano, B. Russell e D. Hilbert. <ref>''Enciclopedia Treccani'' alla voce "postulato"</ref> |
Versione delle 10:21, 20 gen 2018
Il postulato dal latino postulatum «ciò che è richiesto», è una proposizione che, senza essere stata preventivamente dimostrata come vera, viene assunta come se lo fosse al fine di giungere logicamente alla verità di una qualche asserzione.[1] Ad esempio nella Critica della ragion pratica Kant sostiene che chi aspira a conseguire come fine della sua azione morale il "sommo bene", inteso come "il bene più completo" deve accettare il postulato dell'immortalità dell'anima: poiché solamente la condizione di santità reca l'uomo al sommo bene, e poiché essa è possibile solo nell'aldilà si deve affermare che il soggetto morale ha a sua disposizione un tempo illimitato ed infinito. Il postulato quindi nella filosofia antica si distingueva dall'assioma considerato come un'asserzione tanto evidente di non avere bisogno di alcuna dimostrazione [2] Nella dottrina aristotelica l'assioma è «...quel principio che deve essere necessariamente posseduto da chi vuole apprendere alcunché»
Nella terminologia logica attuale il termine postulato viene considerato come sinonimo di assioma a partire dalla fine del XIX secolo, specialmente per opera di G. Frege, G. Peano, B. Russell e D. Hilbert. [3]