Indagini preliminari: differenze tra le versioni

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L'indagato ha diritto di essere informato a sua richiesta se è instaurato un procedimento penale a suo carico. Il pubblico ministero può tuttavia disporre la segretazione delle indagini per un periodo non superiore ai 3 mesi se si tratta di reati comuni; per {{Chiarire|i reati di maggiore allarme sociale}} invece non possono essere mai fornite informazioni all'indagato al fine di evitare un pregiudizio alle indagini.
L'indagato ha diritto di essere informato a sua richiesta se è instaurato un procedimento penale a suo carico. Il pubblico ministero può tuttavia disporre la segretazione delle indagini per un periodo non superiore ai 3 mesi se si tratta di reati comuni; per {{Chiarire|i reati di maggiore allarme sociale}} invece non possono essere mai fornite informazioni all'indagato al fine di evitare un pregiudizio alle indagini.


Secondo il disposto dell'art. 369 c.p.p. l'indagato ha diritto a ricevere l'[[avviso di garanzia]] solo quando deve essere compiuto un atto ("atto garantito") al quale ha diritto di partecipare il suo [[Difesa (diritto processuale)|difensore]]. In caso contrario l'indagato ne verrà a conoscenza solo se il PM eserciti l'azione penale inviando [[avviso di conclusione delle indagini]] ai sensi dell'art. 415-bis del c.p.p. o mediante citazione diretta a giudizio (nel procedimento dinanzi al [[Tribunale in composizione monocratica (processo penale italiano)|tribunale in composizione monocratica]] senza [[udienza preliminare]]).
Secondo il disposto dell'art. 369 c.p.p. l'indagato ha diritto a ricevere l'[[avviso di garanzia]] solo quando deve essere compiuto un atto ("atto garantito") al quale ha diritto di partecipare il suo [[Difesa (diritto processuale)|difensore]]. In caso contrario l'indagato ne verrà a conoscenza solo se il PM, esercitando l'azione penale, invii [[avviso di conclusione delle indagini]] ai sensi dell'art. 415-bis del c.p.p. Per converso, l'indagato non verrà a conoscenza dell'esistenza di un procedimento a suo carico nei casi in cui il PM eserciti l'azione penale mediante citazione diretta a giudizio (nel procedimento dinanzi al [[Tribunale in composizione monocratica (processo penale italiano)|tribunale in composizione monocratica]] senza [[udienza preliminare]]) o mediante richiesta al GIP di emissione di decreto penale di condanna (nei casi in cui il PM ritenga che debba applicarsi soltanto una pena pecuniaria, anche in sostituzione di una pena detentiva): in tali casi, la persona nei cui confronti si sono svolte le indagini avrà conoscenza dell'apertura di un procedimento penale a suo carico solo a seguito della notifica della citazione diretta a giudizio emessa dal PM o del decreto penale di condanna emesso dal GIP, e cioè in un momento in cui egli ha già assunto la qualifica di imputato.


L'avviso di conclusione delle indagini è notificato all'indagato e al suo difensore (eventualmente nominato d'ufficio) e contiene:
L'avviso di conclusione delle indagini è notificato all'indagato e al suo difensore (eventualmente nominato d'ufficio) e contiene:

Versione delle 22:28, 22 dic 2017

Le indagini preliminari, nell'ordinamento giuridico italiano, sono una fase del procedimento penale precedente all'eventuale processo.

Sono previste dal codice di procedura penale italiano dall'art. 326, e sono coperte da segreto investigativo per gli atti compiuti durante le indagini.

Caratteristiche

Durante il loro svolgimento il pubblico ministero e la polizia giudiziaria svolgono le indagini necessarie per le determinazioni inerenti all'esercizio dell'azione penale: ne consegue che il p.m. e la polizia giudiziaria devono acquisire anche gli elementi a favore dell'indagato (art. 358) dato che le indagini preliminari servono esclusivamente a stabilire se ci sono i presupposti per l'esercizio dell'azione penale.

Il valore probatorio

Contrariamente a quanto avveniva prima della riforma, oggi le indagini preliminari non hanno valore probatorio, salvo quanto disposto per l'incidente probatorio: nel nuovo sistema, infatti, si è dato risalto al principio del contraddittorio. Nelle indagini preliminari infatti si acquisiscono unicamente elementi di prova al solo fine di valutare l'esercizio o meno dell'azione penale.

Nel fascicolo per il dibattimento confluiscono - e quindi rilevano ai fini della prova - gli atti assunti con l'incidente probatorio e gli atti irripetibili compiuti dall'accusa e dalla difesa - accertamenti tecnici irripetibili, risultati di intercettazioni telefoniche e ambientali, risultati di perquisizioni, ispezioni, sequestri nonché risultati di eventuali mezzi di ricerca delle prova atipici come gli appostamenti. Tutti gli altri atti compiuti nelle indagini preliminari (ma anche nell'udienza preliminare) che non hanno la caratteristica dell'irripetibilità confluiscono nel fascicolo delle parti e quindi - almeno per il momento - non assumono alcun valore probatorio.

L'attività dell'indagine

Le attività che può compiere il pubblico ministero sono disciplinate dagli artt. 358 e segg. c.p.p.

Il pubblico ministero può procedere al compimento di accertamenti tecnici irripetibili secondo la disciplina posta dall'art. 360 c.p.p. In quanto parte del processo, può nominare un numero di consulenti tecnici non superiore al numero dei periti, ove sia in corso una perizia, oppure, qualora nessuna perizia sia in corso, un numero di consulenti tecnici non superiore a due. I difensori e gli eventuali consulenti tecnici hanno diritto ad assistere al conferimento dell'incarico al perito nominato dal giudice e partecipare alle operazioni formulando osservazioni e pareri cui deve esser fatta menzione nel verbale. La difesa dell'indagato può chiedere - prima del conferimento dell'incarico - che si proceda attraverso l'incidente probatorio. In questo caso il PM potrà procedere negli accertamenti tecnici solo se un loro rinvio comporti che questi non possano essere più utilmente compiuti. Se questa condizione non è rispettata e il PM procede comunque al compimento degli accertamenti, questi sono inutilizzabili.

Durata e proroga

Secondo l'art. 405 c.p.p. la durata delle indagini preliminari è di sei mesi dall'iscrizione del nome della persona alla quale il reato è attribuito nel registro della notizia di reato, salvo che non si proceda per uno dei delitti indicati nell'art. 407, comma 2 lettera a), per cui la durata è di un anno.

Tuttavia il PM, ex art. 406 c.p.p. può chiedere al Giudice per le indagini preliminari (GIP) una proroga, per giusta causa, non eccedente altri sei mesi. Possono essere richieste anche altre proroghe per particolare complessità delle indagini o per l'oggettiva impossibilità di concludere entro il termine prorogato, sempre non eccedenti i sei mesi. La proroga è accordata dal giudice prima della scadenza del termine e notificata all'indagato e alla persona offesa che ha fatto richiesta di essere informata. Il giudice deve fare lo stesso procedimento nel caso non ritenga di accordare la proroga fissando l'udienza in camera di consiglio. La durata massima delle indagini non può comunque superare i diciotto mesi o i due anni nel caso dei delitti ex art. 407, comma 2.

Il ruolo della polizia giudiziaria

Solitamente il primo passo è compiuto dalla polizia giudiziaria, la quale però si è vista limitare molte libertà con la riforma del 1989. Innanzitutto la polizia giudiziaria può avviare proprie indagini autonomamente e assicurare la cessazione del reato oltre che acquisire gli elementi necessari, ma deve darne avviso senza ritardo al PM (prima della riforma il limite era 48 ore). Una volta intervenuto il PM, deve compiere le attività da questo delegate, anche di propria iniziativa.

Diritti dell'indagato

L'indagato ha diritto di essere informato a sua richiesta se è instaurato un procedimento penale a suo carico. Il pubblico ministero può tuttavia disporre la segretazione delle indagini per un periodo non superiore ai 3 mesi se si tratta di reati comuni; per i reati di maggiore allarme sociale[non chiaro] invece non possono essere mai fornite informazioni all'indagato al fine di evitare un pregiudizio alle indagini.

Secondo il disposto dell'art. 369 c.p.p. l'indagato ha diritto a ricevere l'avviso di garanzia solo quando deve essere compiuto un atto ("atto garantito") al quale ha diritto di partecipare il suo difensore. In caso contrario l'indagato ne verrà a conoscenza solo se il PM, esercitando l'azione penale, invii avviso di conclusione delle indagini ai sensi dell'art. 415-bis del c.p.p. Per converso, l'indagato non verrà a conoscenza dell'esistenza di un procedimento a suo carico nei casi in cui il PM eserciti l'azione penale mediante citazione diretta a giudizio (nel procedimento dinanzi al tribunale in composizione monocratica senza udienza preliminare) o mediante richiesta al GIP di emissione di decreto penale di condanna (nei casi in cui il PM ritenga che debba applicarsi soltanto una pena pecuniaria, anche in sostituzione di una pena detentiva): in tali casi, la persona nei cui confronti si sono svolte le indagini avrà conoscenza dell'apertura di un procedimento penale a suo carico solo a seguito della notifica della citazione diretta a giudizio emessa dal PM o del decreto penale di condanna emesso dal GIP, e cioè in un momento in cui egli ha già assunto la qualifica di imputato.

L'avviso di conclusione delle indagini è notificato all'indagato e al suo difensore (eventualmente nominato d'ufficio) e contiene:

  • la sommaria enunciazione del fatto per il quale si procede;
  • le norme di legge che si assumono violate;
  • la data e il luogo del fatto;
  • l'avvertimento che la documentazione relativa alle indagini espletate è depositata presso la segreteria del pubblico ministero e che l'indagato e il suo difensore hanno facoltà di prenderne visione ed estrarne copia.

Entro il termine di 20 giorni dalla notifica dell'avviso, l'indagato può:

  • presentare memorie, produrre documenti, depositare documentazione relativa ad investigazioni del difensore;
  • chiedere al pubblico ministero il compimento di atti di indagine;
  • chiedere di presentarsi per rilasciare dichiarazioni o di essere sottoposto ad interrogatorio (se l’indagato chiede di essere sottoposto ad interrogatorio, il pubblico ministero deve procedervi).

Durante alcuni atti l'avvocato difensore ha il diritto di assistere e di essere avvertito, come l'interrogatorio, l'ispezione e il confronto; in caso di perquisizione e sequestro può assistere senza avvertimento. Il difensore può anche consultare entro 5 giorni dalla loro pubblicazione i documenti relativi a tali atti, che devono essere depositati dal PM entro 3 giorni dal compimento dell'atto stesso in cancelleria, ed estrarne copia.

Bibliografia

Collegamenti esterni