Benjamin Constant: differenze tra le versioni

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Constant era convinto che nel mondo moderno grazie al [[commercio]] la [[guerra]] fosse superflua. Egli attaccò aspramente la sete di conquiste territoriali di [[Napoleone Bonaparte|Napoleone]] che considerava illiberali e non degne di una moderna organizzazione sociale e commerciale. Era l'Antica Libertà ad essere guerriera, mentre uno Stato organizzato sui principi della Libertà Moderna doveva essere pacifico in mezzo ad altre nazioni pacifiche.
Constant era convinto che nel mondo moderno grazie al [[commercio]] la [[guerra]] fosse superflua. Egli attaccò aspramente la sete di conquiste territoriali di [[Napoleone Bonaparte|Napoleone]] che considerava illiberali e non degne di una moderna organizzazione sociale e commerciale. Era l'Antica Libertà ad essere guerriera, mentre uno Stato organizzato sui principi della Libertà Moderna doveva essere pacifico in mezzo ad altre nazioni pacifiche.


La distinzione tra Libertà Antica e Moderna è significativa per diversi aspetti. In primo luogo, la Francia aveva cercato di riprodurre durante la Rivoluzione Francese la Libertà Antica, basando le sue istituzioni (come il [[Consolato (Francia)|Consolato]] e il [[Tribunato]]) sul modello della [[Repubblica romana|Roma Repubblicana]]. Ciò aveva avuto come esito contrario il dominio personale di Napoleone. Constant era convinto che se la libertà fosse stata salvata dalle conseguenza della Rivoluzione Francese, allora la chimerica Libertà Antica sarebbe stata abbandonata in favore della Libertà Moderna.
La distinzione tra Libertà Antica e Moderna è significativa per diversi aspetti. In primo luogo, la Francia aveva cercato di riprodurre durante la Rivoluzione Francese la Libertà Antica, basando le sue istituzioni (come il [[Consolato (Francia)|Consolato]] e il [[Tribunato]]) sul modello della [[Repubblica romana|Roma Repubblicana]]. Ciò aveva avuto come esito contrario il dominio personale di Napoleone. Constant era convinto che se la libertà fosse stata salvata dalle conseguenze della Rivoluzione Francese, allora la chimerica Libertà Antica sarebbe stata abbandonata in favore della Libertà Moderna<ref>K. Steven Vincent, ''Benjamin Constant and the Birth of French Liberalism'', 978-1-349-29239-4, 978-0-230-11710-5, Palgrave Macmillan US, 2011.</ref>.
L'Inghilterra, dai tempi della 'Gloriosa Rivoluzione del 1688', aveva dimostrato la praticabilità della Libertà Moderna e l'Inghilterra era una [[monarchia costituzionale]]. Constant ne concluse che quest'ultima forma di governo fosse più adatta delle istituzioni repubblicane nel mantenere viva la Libertà Moderna. Questa sua visione contribuì alla definizione dell'''Acte Additional'' del 1815, che trasformava il restaurato potere di Napoleone in una monarchia costituzionale.
L'Inghilterra, dai tempi della 'Gloriosa Rivoluzione del 1688', aveva dimostrato la praticabilità della Libertà Moderna e l'Inghilterra era una [[monarchia costituzionale]]. Constant ne concluse che quest'ultima forma di governo fosse più adatta delle istituzioni repubblicane nel mantenere viva la Libertà Moderna. Questa sua visione contribuì alla definizione dell'''Acte Additional'' del 1815, che trasformava il restaurato potere di Napoleone in una monarchia costituzionale.



Versione delle 12:17, 15 mar 2017

Disambiguazione – Se stai cercando altri significati, vedi Benjamin Constant (disambigua).
Benjamin Constant
Benjamin Constant.

Dati generali
Titolo di studioLaurea in lettere
ProfessioneScrittore
Saggista

Henri-Benjamin Constant de Rebecque (Losanna, 25 ottobre 1767Parigi, 8 dicembre 1830) è stato uno scrittore, politico, scienziato politico, nobile ed intellettuale francese di origine svizzera.

Biografia

Benjamin Constant nacque a Losanna il 25 ottobre 1767 da una famiglia ugonotta che, nel XVII secolo, abbandonò la Francia per raggiungere la Svizzera al fine di sfuggire alle persecuzioni religiose in seguito alla revoca dell’Editto di Nantes che, dal 1598, garantiva libertà di culto ai protestanti. Firmato dal sovrano francese Luigi XIV il 18 ottobre 1685, l’editto di Fontainebleau- popolarmente noto come “Revoca dell’editto di Nantes”, sancisce l’annullamento della libertà di culto ai protestanti, provocando una vera e propria diaspora nel continente europeo.

La madre di Benjamin Constant, Henriette Pauline de Chandieu morì pochi giorni dopo il parto e il padre, Louis-Arnold-Juste Constant de Rebecque, era un colonnello al servizio di un reggimento svizzero acquartierato nei Paesi Bassi. Ricevette un’ampia formazione accademica, frequentando le Università di Oxford, Erlangen ed Edimburgo, recandosi infine a Parigi nel 1795 all’età di 28 anni.

Il corso della sua giovinezza si svolge nei tormenti della Rivoluzione Francese e nel tragico epilogo del Terrore di Robespierre, terminato con la congiura del Termidoro (27 luglio 1794). Con il trasferimento a Parigi maturano le sue idee liberali e ha l’occasione di poter instaurare una lunga relazione intellettuale e amorosa con l’influente Madame de Staël, figlia del ministro liberale Jacques Necker, nel corso del regno di Luigi XVI.

La tragica esperienza del Terrore lascia la Francia repubblicana in una situazione di transizione in quanto il Parlamento dovrà varare una nuova Costituzione che entrerà in vigore nell’ottobre del 1795, introducendo il nuovo organo del Direttorio, dotato di un potere esecutivo più forte. Constant si dimostra a favore di questa sistemazione statuale dal momento che rispecchierebbe la fedeltà ai principi ispiratori della Rivoluzione del 1789: rappresentatività e costituzionalità del sistema liberale. Tale soluzione è avversata dalla sinistra giacobina e dalla destra monarchica che, nonostante la loro opposizione dal punto di vista della tradizione politica, Constant non esita a metterle polemicamente sullo stesso piano d’intenti: in esse infatti, sebbene cambino i soggetti politici, permane un’idea di sovranità concepita nella sua illimitatezza, contrapposta all'ordine e alla libertà del progetto termidoriano che mira a una concezione limitata e legale del potere.

Questo è il contenuto del primo pamphlet che Constant scrive nel periodo direttoriale, edito nel 1796 intitolato La forza del governo attuale della Francia, seguito nel 1797 da altri due scritti degni di nota: Le reazioni politiche e Gli effetti del Terrore. Essi contengono riflessioni decisive per la futura ricezione storiografica della Rivoluzione e del Terrore. Egli sostiene che le rivoluzioni si producono dalla reazione dovuta rottura dell’equilibrio tra le aspirazioni di un popolo e le istituzioni che lo governano. La rivoluzione dunque esplode come sintomo di un rapporto degenerato e come la cura che vi pone rimedio. Tuttavia la cura stessa può a sua volta degenerare creando un’altra rottura e una conseguente reazione da parte del popolo: tali sono i casi delle Rivoluzioni del ’89 e del ’93 spinte da intenti radicalmente diversi tra loro. Se la prima è mossa dal desiderio di libertà individuale, politica e uguaglianza civile, la seconda si fonda su un’uguaglianza forzata che nega la libertà. In questo modo Constant dimostra di essere un intellettuale engagé che, a differenza di alcuni suoi contemporanei, si schiera in prima fila propugnando le sue posizioni politiche rinunciando alla semplice contemplazione e sistematizzazione in determinati schemi filosofici.

Tuttavia, l’esperienza della Repubblica Direttoriale arriva a un epilogo il 18 brumaio 1799, a causa di un colpo di mano ordito da Sieyès, personaggio più influente del Direttorio, insieme a Fouché e Napoleone Bonaparte, determinando la decisiva ascesa al potere di quest’ultimo.

Il Parlamento si sposta a Saint-Cloud e Constant si oppone alla svolta politica di Bonaparte e ai cambiamenti istituzionali che mirano all’esautoramento del potere esecutivo, fino a trovare posto nel Tribunato dal quale difende strenuamente la posizione liberale attraverso un’accesa campagna di opposizione che gli costerà l’estromissione dal Tribunato e l’esilio nel 1802.

Nonostante il ritiro a vita privata, fino al 1816 Constant ha l’occasione di poter produrre molte delle sue opere più rilevanti grazie alla frequentazione della celebre residenza di Coppet, nei pressi di Nyon sul lago di Ginevra, luogo in cui Madame di Staël aveva riorganizzato le riunioni di un nutrito circolo di intellettuali in seguito all’interdizione dell’amico e amante Constant di avvicinarsi a meno di 150 chilometri da Parigi.

Nel 1813 scrive il libello antinapoleonico Lo spirito di conquista e dell’usurpazione che gli permetterà di rientrare sulla scena politica in seguito alla caduta di Napoleone nella battaglia di Lipsia.

Nonostante la sua avversione a Napoleone, partecipa ai primi anni della Restaurazione (1814-1815) e,durante i Cento giorni (20 marzo all’8 luglio 1815) accetta di redigere l’Acte Additionel, una costituzione per liberalizzare l’Impero di Napoleone, nel periodo stesso in cui aveva difeso la costituzione concessa da Luigi XVIII. Dopo la sconfitta napoleonica a Waterloo il 18 giugno 1815 e il ritorno sul trono del legittimo sovrano Luigi XVIII, Constant decide di partire per l’esilio volontario da cui tornerà nel 1816, stesso anno in cui scrive il suo romanzo più famoso, l’Adolphe identificandosi con le istanze liberali incarnate dagli Indipendenti, uno dei grandi partiti della Seconda Restaurazione.

Nel 1819 declama il famoso discorso La libertà degli Antichi paragonata a quella dei Moderni valendogli l’elezione alla camera dei deputati. Con questo discorso egli si inserisce nell’annosa querelle des Anciens et des Modernes risalente al XVII secolo, sorto all’interno dell’Académie Française, denotando un punto di svolta mettendo in discussione il principio di imitazione dei classici.

L’ascesa di Carlo X al trono nel 1824, sancendo una sorta di ritorno all’Ancien Régime, mette in crisi le aspirazioni liberali di Constant che prontamente organizza la Rivoluzione di Luglio del 1830. Svoltasi nei giorni di 27, 28 e 29 luglio, per questo soprannominata Trois Glorieuses, vede il rovesciamento di Carlo X e l’ascesa di Luigi Filippo, dichiarato non più “Re di Francia” bensì “Re dei Francesi”. Constant, vecchio e malato, all’alba della Rivoluzione redige una dichiarazione a favore del nuovo sovrano e apre il corteo insurrezionale. Morirà qualche mese dopo, l’8 dicembre 1830, la cui tomba è posta nel cimitero parigino di Père-Lachaise.[1][2]

Pensiero

Autore di orientamento liberale, più legato alla tradizione anglosassone che a quella francese, guardava più all'Inghilterra che all'Antica Roma come modello pratico di libertà all'interno di una vasta società commerciale. Egli delineò la distinzione tra la "Libertà degli Antichi" e la "Libertà dei Moderni". La prima era partecipatoria, basata sulla libertà repubblicana, e dava ai cittadini il diritto di influenzare direttamente la politica tramite dibattiti e votazioni nelle pubbliche assemblee. Allo scopo di sostenere questo grado di partecipazione diretta, la cittadinanza era un obbligo morale che richiedeva un considerevole dispendio di tempo ed energia. Generalmente ciò richiedeva una sottoclasse di schiavi per assolvere a gran parte del lavoro produttivo, lasciando così ai liberi cittadini la possibilità di deliberare sugli affari pubblici. La Libertà degli Antichi era anche delimitata a società relativamente piccole ed omogenee, nelle quali la popolazione poteva radunarsi in un unico luogo per dibattere la cosa pubblica.

La Libertà dei Moderni, di contro, era basata sul godimento delle libertà civili, sul dominio della legge, e sulla libertà dall'ingerenza dello Stato. La partecipazione diretta veniva così limitata: ciò era una conseguenza necessaria all'interno degli stati moderni, ed anche un risultato inevitabile dell'aver dato vita ad una società commerciale in cui non esistevano schiavi ma ognuno doveva guadagnarsi da vivere con il proprio lavoro. Per questo motivo coloro che avevano diritto al voto dovevano eleggere dei rappresentanti che avrebbero deliberato in un Parlamento in rappresentanza del popolo liberando i cittadini dall'onere della politica.

Constant era convinto che nel mondo moderno grazie al commercio la guerra fosse superflua. Egli attaccò aspramente la sete di conquiste territoriali di Napoleone che considerava illiberali e non degne di una moderna organizzazione sociale e commerciale. Era l'Antica Libertà ad essere guerriera, mentre uno Stato organizzato sui principi della Libertà Moderna doveva essere pacifico in mezzo ad altre nazioni pacifiche.

La distinzione tra Libertà Antica e Moderna è significativa per diversi aspetti. In primo luogo, la Francia aveva cercato di riprodurre durante la Rivoluzione Francese la Libertà Antica, basando le sue istituzioni (come il Consolato e il Tribunato) sul modello della Roma Repubblicana. Ciò aveva avuto come esito contrario il dominio personale di Napoleone. Constant era convinto che se la libertà fosse stata salvata dalle conseguenze della Rivoluzione Francese, allora la chimerica Libertà Antica sarebbe stata abbandonata in favore della Libertà Moderna[3]. L'Inghilterra, dai tempi della 'Gloriosa Rivoluzione del 1688', aveva dimostrato la praticabilità della Libertà Moderna e l'Inghilterra era una monarchia costituzionale. Constant ne concluse che quest'ultima forma di governo fosse più adatta delle istituzioni repubblicane nel mantenere viva la Libertà Moderna. Questa sua visione contribuì alla definizione dell'Acte Additional del 1815, che trasformava il restaurato potere di Napoleone in una monarchia costituzionale.

Questa doveva durare solo cento giorni, prima che Napoleone venisse sconfitto, ma il lavoro di Constant fu nondimeno utile a riconciliare la monarchia con la libertà. In effetti, la Costituzione Francese del 1830 potrebbe essere considerata una traduzione in pratica delle idee di Constant: una monarchia ereditaria convivente con una Camera dei deputati eletta e una Camera dei Pari senatoriale, con il potere esecutivo attribuito a ministri responsabili. Così, sebbene spesso ignorato in Francia a causa delle sue simpatie anglosassoni, Constant diede un contributo profondo (anche se indiretto) alla tradizione costituzionale francese.

L'importanza delle opere di Constant riguardo alla libertà degli antichi ha quasi oscurato il resto del suo pensiero. Constant non era, ad ogni modo, un sostenitore di un libertarismo radicale. I suoi molteplici lavori letterari e culturali (tra i quali i più importanti sono la novella Adolphe e le dettagliate storie della religione) mettevano l'accento sull'importanza dello spirito di sacrificio e del calore delle emozioni umane come base per la convivenza umana. In questo modo, se da un lato riteneva la libertà individuale essenziale per lo sviluppo morale dell'individuo e sinonimo di modernità, dall'altro sentiva che l'egoismo e gli interessi personali non erano sufficienti a definire veramente la libertà individuale. L'autenticità delle emozioni e la compartecipazione dei sentimenti erano elementi critici. In questo, il suo pensiero morale e religioso era fortemente influenzato dagli scritti morali di Jean-Jacques Rousseau e dai pensatori tedeschi, come Immanuel Kant, che lesse per documentarsi sulla storia della religione e con cui ebbe una celebre polemica in merito al "diritto di mentire".

La teoria costituzionale

La teoria politica di Benjamin Constant è profondamente radicata al contesto storico-politico in cui nasce e si evolve; per questo è influenzata dalle opzioni che l'hanno preceduta e che hanno mutato la riflessione filosofica e politica tra XVII e XIX secolo: il Leviatano di Thomas Hobbes, ovvero l'ingresso degli interessi individuali nel gioco istituzionale, pianificabile e prevedibile in senso meccanicistico fino all'ultimo particolare; l'ambiente anglosassone, il suo sistema “misto” basato sul confronto-scontro (balance) tra i poteri e i ceti, attraverso i diversi organi che li rappresentano, senza una carta costituzionale che ne chiarisca i meccanismi istituzionali; infine, l'ambiente intellettuale francese a cavallo dei due secoli che fa della razionalità la caratteristica principale del sistema politico fondato sullo strumento costituzionale, utile a limitare, separare e regolamentare ogni singolo aspetto del potere. [4]

Nell'intreccio di queste correnti di pensiero, si pone la serie di eventi rivoluzionari che caratterizzano il passaggio tra i due secoli in tutto il continente europeo a partire dalla Rivoluzione Francese; in questo contesto così ricco di mutamenti si può definire il costituzionalismo in almeno due modi diversi: come la stesura delle diverse carte costituzionali utili al chiarimento di un nuovo assetto dei poteri (processo storico che caratterizzerà tutto il XIX secolo); in un senso invece più ampio si parla del “costituire” uno Stato realmente nuovo da parte della nation, la società, il nuovo soggetto politico in formazione, salito alla ribalta alla fine XVIII secolo.

La teorizzazione di Benjamin Constant, interrogandosi radicalmente sulla natura del potere, difende le conquiste politiche rivoluzionarie e allo stesso tempo riesce ad essere protagonista centrale nel periodo della restaurazione. La sua dottrina costituzionale si basa sulla divisione tra potere legislativo e potere esecutivo, divisione che riprende le facoltà individuali del volere (legislativo) e dell'agire (esecutivo)[5]; si articola poi in cinque funzioni (a partire dal 1814, data di pubblicazione delle “Reflexions sur les constitutions”): il pouvoir préservateur/neutre affidato al re; il potere esecutivo assegnato ai ministri; il pouvoir représentatif, ovvero il potere legislativo affidato a due camere; il potere giudiziario; il pouvoir municipal legato alla dimensione locale, questa proposta fu infine recepita nel 1831, quando furono istituiti dei consigli comunali eletti (sebbene con una base elettorale ristretta). [6]

Il monarca ha rapporti con tutti gli altri poteri: nomina i ministri (potere esecutivo), promulga o pone il veto sui provvedimenti legislativi, nomina parte dei giudici (potere giudiziario). Rispetto alla sua carica neutra e di garanzia rispetto all'assetto costituito, invece egli può destituire i ministri, sciogliere la camera elettiva, esercitare la grazia.

Il potere legislativo è assegnato a due camere, una delle quali viene eletta con suffragio su base censitaria (da qui la definizione di potere représentatif), l'altra è organizzata su base ereditaria. L'assemblea ereditaria ha lo scopo di legare la nazione (la società) col trono, evitando il dispotismo del monarca e radicando la nobiltà all'interno del corpo sociale e del meccanismo costituzionale, con lo scopo di mantenere “il popolo nell'ordine” e vegliare sulla libertà, anche per questo questa camera viene definita da Constant come "corpo intermediario”[7]; essa non ha limite di estensione, per permetterne il rinnovamento ed evitare la nascita di una aristocrazia chiusa, eversiva per l'organizzazione istituzionale. Seguendo un disegno coerente che lega tutte le parti del corpo costituzionale, la camera elettiva viene progettata da Constant per radicare il meccanismo politico nell'opinione attraverso la rappresentanza. L'elezione diretta avviene seguendo tre passaggi: in ogni distretto tutti i cittadini aventi diritto (ovvero i proprietari) fissano una prima lista di cinquanta candidabili, scelgono poi una commissione composta da cento elementi che sceglierà i cinque candidati tra cui verrà nuovamente effettuata la scelta da tutti gli aventi diritto di voto[8]. La camera elettiva è fondamentale nel disegno costituzionale perché permette un reale collegamento tra gli interessi particolari e l'interesse generale, incentivando ulteriormente la relazione tra le diverse classi sociali; essa è rinnovabile per intero a scadenze non eccessivamente ravvicinate, i suoi membri sono rieleggibili per un numero indefinito di tornate elettorali con il duplice scopo di ricompensarne il merito ed evitare disordini nella popolazione. Pur non essendo contrario ad una indennità modesta per i componenti eletti, Constant sostiene la gratuità delle funzioni rappresentative, proprio perché in un contesto in cui i non-proprietari non hanno diritti politici l'assenza di qualsiasi compenso per i rappresentanti diviene naturale. Per rendere allo stesso tempo appetibili le cariche rappresentative essere devono avere un ruolo fondamentale all'interno dello Stato.[9]

Il potere esecutivo viene esercitato dai ministri, responsabili rispetto alle camere e al sovrano; il giudiziario viene esercitato da giudici in parte nominati dal re, in parte estratti a sorte tra gli elettori; il potere municipal si esplica nella sfera locale ed è la cifra di una forte decentralizzazione amministrativa ma anche politica, elemento di novità portato dalla teorizzazione constantiana.

Il sistema così organizzato può essere definito come “ibrido” per almeno due ordini di motivi. Include aspetti di chiaro riferimento anglosassone, legati alla flessibilità lasciata al meccanismo politico rispetto alla materia non strettamente costituzionale, ovvero tutto ciò che va oltre l'attribuzione dei poteri e i diritti individuali, allo stesso tempo proprio nella formalizzazione di questi ultimi due aspetti, si ricollega alle influenze razionaliste francesi. In secondo luogo è il rapporto stesso tra i poteri a rendere tale sistema non riducibile né ad una monarchia costituzionale (in cui i ministri dipendono unicamente dal re), né ad un sistema parlamentare (in cui il potere esecutivo riceve fiducia unicamente dal parlamento); qui i ministri hanno piena autonomia rispetto agli altri poteri, e piena responsabilità individuale, con l'unica eventualità di essere destituibili dal sovrano in casi estremi di crisi istituzionale. Proprio da questo disegno complessivo si può trarre la definizione del sistema prospettato da Constant come “governo di gabinetto”, in cui la legittimità del monarca viene costituzionalizzata, ovvero limitata e formalizzata dalla carta costituzionale, e radicata nell'opinione attraverso il legame con gli altri attori istituzionali, creando un sistema complesso ma allo stesso tempo flessibile di pesi e contrappesi.[10]

Le sue teorie furono applicate alla lettera in Portogallo nel 1822 e in Brasile nel 1824, dove al Re o all'Imperatore erano esplicitamente attribuiti "poteri di moderazione" anziché il potere esecutivo. Altrove (per esempio nello Statuto albertino del Regno di Sardegna del 1848) il potere esecutivo era nominalmente attribuito al Re ma era esercitabile nella pratica solo dai suoi ministri responsabili.

Su Benjamin Constant nella letteratura italiana

  • Nel 1962 il poeta fiorentino Mario Luzi pubblica Lo stile di Constant[11]. La breve silloge consiste in una raccolta di studi sul Constant narratore, da Adolphe ai Quaderni rossi. In seguito, nel 1997, Luzi pubblica il dramma Ceneri e ardori, in cui vengono messe in scena le sue ultime ore di vita.

Opere

Saggi

  • De la force du gouvernement actuel de la France et de la nécessité de s'y rallier (1796) (La forza del governo attuale: sulla necessità di uscire dalla rivoluzione, tr. di Marina Valensise, Roma, Donzelli, 1996)
  • Des réactions politiques (1797) (Le reazioni politiche, tr. di Manrico Fiore, Napoli, Esi, 1950) (Le reazioni politiche, tr. di Carla Maggiori, Macerata, Liberilibri, 2008)
  • Des effets de la Terreur (1797) (Gli effetti del Terrore, tr. di Manrico Fiore, Napoli, Esi, 1950) (Gli effetti del Terrore, tr. di Carla Maggiori, Macerata, Liberilibri, 2008)
  • Fragments d'un ouvrage abandonné sur la possibilité d'une constitution républicaine dans un grand pays (1795-1810, pubbl. post. 1991)
  • De l'esprit de conquête et de l'usurpation dans leurs rapports avec la civilisation européenne (1814) (Conquista e usurpazione, tr. di Carlo Botti, Torino, Einaudi, 1944) (Dello spirito di conquista, tr. di Salvatore Annino, Venezia, Miuccio, 1945) (Lo spirito di conquista, tr. di Alessandro Visconti, Milano, Ambrosiana, 1945) (Lo spirito di conquista, tr. di Umberto Ortolani, Roma, Atlantica, 1945) (I conquistatori della libertà, tr. di Enrico Lecci, Milanto, Denti, 1945) (Dello spirito di conquista e dell'usurpazione nei loro rapporti con la civiltà europea, tr. di A. Donaudy, Milano, Rizzoli, 1961) (Conquista e usurpazione, tr. di Carlo Dionisotti, Torino, Einaudi, 1983) (Conquista e usurpazione, tr. di Luigi Marco Bassani, Torino, IBL, 2009) (Lo spirito di conquista e l'usurpazione, tr. di Carla Maggiori, Macerata, Liberilibri, 2009)
  • Réflexions sur les constitutions, la distribution des pouvoirs et les garanties dans une monarchie constitutionnelle (1814) (Riflessione sulle costituzioni e le garanzie, tr. di Tarcisio Amato, Roma, Ideazione, 1999)
  • Principes de politique applicables à tous les gouvernements représentatifs (1815) (Principi di politica, tr. di Umberto Cerroni, Roma, Editori Riuniti, 1970) (Principi di politica applicabili a tutte le forme di governo: versione del 1806, tr. di Stefano de Luca, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2007)
  • Mémoires sur les Cent-Jours (Memorie sui Cento Giorni, tr. di Enrico Emanuelli, Milano, Gentile, 1944)
  • Cours de politique constitutionnelle (1818-1820) (Corso di politica costituzionale, tr. di Tito Mascitelli, Napoli, Porcelli, 1848)
  • De la liberté des Anciens comparée à celle des Modernes (discorso pronunciato nel 1819) (La libertà degli Antichi e la libertà dei Moderni, tr. di Umberto Ortolano, Roma, Atlantica, 1945) (Discorso sulla libertà degli Antichi paragonata a quella dei Moderni, tr. di Lucia Nutrimento, Treviso, Canova, 1952) (La libertà degli Antichi paragonata a quella dei Moderni, tr. di Giovanni Paoletti, Torino, Einaudi, 2001) (La libertà degli antichi paragonata a quella dei moderni, tr. di Luca Arnaudo, Macerata, Liberilibri, 2001, 2004)
  • De la religion considérée dans sa source, ses formes et son développement (1824-1830)
  • Appel aux Nations chrétiennes en faveur des Grecs (1825)
  • Mélanges de littérature et de politique (1829)
  • Du polythéisme romain considéré dans ses rapports avec la philosophie grecque et la religion chrétienne (1833)
  • Comento sulla scienza della legislazione di G. Filangeri, Capolago, Tipografia Elvetica, 1838
  • Gli scritti politici e giovanili di Benjamin Constant (1796-1797) , tr. di Carlo Cordie, Como, Marzorati, 1944
  • Antologia degli scritti politici di Benjamin Constant, tr. di Giannina Zanfarino-Bonacci, Bologna, Il Mulino, 1962
  • Saggi, tr. di Umberto Cerroni, Roma, Samona e Savelli, 1965

Romanzi, scritti autobiografici, corrispondenza

  • Adolphe (1816) (Adolfo, aneddoto trovato nelle carte d'un ignoto e pubblicato dal signor Beniamino Constant, prima traduzione italiana, Livorno, Vignozzi, 1835) (Adolfo, tr. di Aristide Polastri, Milano, Sonzogno, 1903) (Adolfo, tr. di Lavinia Mazzucchetti, Milano, Istituto Editoriale Italiano, 1917) (Adolfo, tr. di Maria Ortiz, Firenze, Sansoni, 1923) (Adolfo, tr. di Massimo Bontempelli, Milano, Bietti, 1923) (Adolfo, tr. di Francesco Flora, Milano, Treves, 1932) (Adolphe, tr. di Giulia Gerace, Torino, Utet, 1933) (Adolfo, tr. di Enrico Emanuelli, Roma, Colombo, 1944) (Adolphe, tr. di Carlo Cordie, Milano, Leonardo, 1944) (Adolfo, tr. di Piero Bianconi, Milano, Rizzoli, 1953) (L'Adolfo, tr. di L. G. Tenconi, Milano, Leda, 1963) (Adolphe, tr. di Stefano de Simone, Torino, Utet, 1963) (Adolphe, tr. di Oreste del Buono, Milano, 1968) (Adolphe, tr. di Lisa Tullio, Roma, Curcio, 1977) (Adolphe, tr. di Teresa Cremisi, Milano, Garzanti, 1979)
  • Le Cahier rouge (1807, pubbl. postumo nel 1907) (Il quaderno rosso, tr. di Enrico Emanuelli, Milano, Bompiani, 1943) (Il quaderno rosso, tr. di Lisa Tullio, Roma, Curcio, 1977) (La mia vita (Il quaderno rosso) , tr. di Laura Este Bellini, Milano, Adelphi, 1998) (Il quaderno rosso: la mia vita (1767-1787) , tr. di Pier Francesco Paolini, Roma, Robin, 2009)
  • Cécile (1811, pubbl. postumo nel 1951) (Cecilia, tr. di Piero Bianconi, Milano, Rizzoli, 1953) (Cécile, tr. di Lisa Tullio, Roma, Curcio, 1977)
  • Correspondance de Benjamin Constant et d'Anna Lindsay - L'Inconnue d'Adolphe, publiée par la baronne Constant de Rebecque (Plon, 1933).
  • Il racconto di Giulietta (Mme Recamier) , tr. di Maria Ortiz, Firenze, Sansoni, 1923
  • Lettera su Giulia (Mme Talme) , tr. di Maria Ortiz, Firenze, Sansoni, 1923; Lettera intorno a Giulia, tr. di Piero Bianconi, Milano, Rizzoli, 1953
  • La porta chiusa: lettere a Juliette Recamier, 1814-1816, tr. di Lucia Omacini, Milano, Serra e Riva, 1982
  • Giornale intimo, tr. di Giuseppe Gallavaresi, Milano, Facchi, 1923
  • Diari, tr. di Parolo Serini, Torino, Einaudi, 1969
  • Lettere inedite di Benjamin Constant al Sismondi, tr. di Carlo Pellegrini, Firenze, Ariani, 1932

Note

  1. ^ Benjamin Constant, La libertà degli antichi, paragonata a quella dei moderni, Traduzione e cura di Giovanni Paoletti. Con un Profilo del liberalismo di Pier Paolo Portinaro, Giulio Einaudi Editore, Torino, 2001. (PDF), su tasso2e4rights.x10.mx.
  2. ^ Stefano De Luca, Benjamin Constant teorico della modernità politica, su Bollettino telematico di filosofia politica, Dipartimento di Scienze della politica, Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Pisa., 2002.
  3. ^ K. Steven Vincent, Benjamin Constant and the Birth of French Liberalism, 978-1-349-29239-4, 978-0-230-11710-5, Palgrave Macmillan US, 2011.
  4. ^ Mauro Barberis, Benjamin Constant. Rivoluzione, costituzione, progresso, Bologna, Il Mulino, 1988, pp. 90-139.
  5. ^ Mauro Barberis, Benjamin Constant. Rivoluzione, costituzione, progresso, Bologna, Il Mulino, 1988, p. 122.
  6. ^ Mauro Barberis, Benjamin Constant. Rivoluzione, costituzione, progresso, Bologna, Il Mulino, 1988, p. 203.
  7. ^ Benjamin Constant, Principi di politica (tr. di Umberto Cerroni), Roma, Editori Riuniti, 2013, pp. 95-96.
  8. ^ Benjamin Constant, Principi di politica (tr. di Umberto Cerroni), Editori riuniti, 2013, p. 102.
  9. ^ Benjamin Constant, Principi di politica (tr. di Umberto Cerroni), Editori Riuniti, 2013, pp. 109-113.
  10. ^ Mauro Barberis, Benjamin Constant. Rivoluzione, costituzione, progresso, Bologna, Il Mulino, 1988, pp. 229-230.
  11. ^ Mario Luzi, Lo stile di Costant, Milano, Il Saggiatore, 1962, pp. 129.

Bibliografia

  • Gauchet, Marcel. “Constant,” in A Critical Dictionary of the French Revolution, ed. François Furet and Mona Ozouf (1989), 924.
  • Rosenblatt, H. "Why Constant? A Critical Overview of the Constant Revival", Cambridge Journals (2004)
  • Furet, F (1981). “La Révolution sans la Terreur? Le débat des historiens du XIXe siècle", in Le Débat 13, 41.
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