London Stock Exchange: differenze tra le versioni

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L'acquisto di Borsa Italiana e London Stock Exchange nel mese di ottobre [[2007]].<ref>{{Cita news|lingua=|autore=Luigi Grassia|url=http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/economia/200710articoli/26253girata.asp|titolo=Da oggi Milano è quotata a Londra|pubblicazione=[[La Stampa]]|giorno=1|mese=10|anno=2007|pagina=|accesso=26 maggio 2008}}</ref>
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Versione delle 18:34, 20 ago 2015

London Stock Exchange
Logo
Logo
StatoBandiera del Regno Unito Regno Unito
ISINGB00B0SWJX34
Fondazione
Sede principaleLondra
GruppoLondos Stock Exchange Group
Sito webwww.londonstockexchange.com
Paternoster Square. LSE occupa la struttura sul lato destro della foto.

La Borsa di Londra (in inglese London Stock Exchange, abbreviato in LSE) è la borsa valori con sede a Londra, in Inghilterra (Regno Unito). È stata fondata nel 1801 ed è una delle più grandi borse valori del mondo, con molte società quotate anche al di fuori dei confini britannici.

Da ottobre 2007, fa parte, insieme a Borsa italiana, del London Stock Exchange Group.[1]

The Source di Greyworld, collocato nell'atrio del nuovo LSE

Orario

Le ore normali sono dalle 08:00 fino le 16:30 ogni giorno eccetto sabato, domenica e festività dichiarate per l'Exchange in advance.[2]

Levels

  • Ci sono 3.233 società quotate.[3]

Cenni storici

I principali eventi precedenti alla fondazione della Borsa di Londra furono l'istituzione della Banca d'Inghilterra, nel 1694, occupatasi sin dagli esordi, di obbligazioni emesse dal governo durante le guerre e di operazioni riguardanti il debito pubblico, la formazione della Compagnia dei Mari del Sud (South Sea Company), avente lo scopo di porsi come principale intermediario per il debito pubblico, la Compagnia delle Indie Orientali, che riuscirono a rastrellare un ingente quantitativo di capitali, preso dai risparmiatori, e di metterlo a disposizione dello Stato.[4] Intorno al 1720 la pre-Borsa di Londra (Royal Exchange) fu al centro di un periodo di grande floridezza, attestato dall'ingresso di oltre 200 nuove società e da un frenetico commercio di azioni. Quando, però la sopravvalutazione delle azioni portò a un crollo, venne emanato il Bubble Act, che impediva la costituzione di società per azioni senza l'autorizzazione regale. Questa limitazione restò in vigore per cento anni e solamente nel 1824 venne sospesa.

Durante le guerre napoleoniche si assistette ad un boom di società nei settori industriali ed alimentari, mentre invece a partire dal 1823 si espanse il settore assicurativo e dagli anni quaranta ebbero un grande successo le azioni ferroviarie.

Con l'abrogazione del Bubble Act le società quotate in borsa crebbero a dismisura, costringendo nel 1856 il Joint Stock Companies Act ad introdurre la responsabilità limitata. Anche la fissazione del valore nominale delle azione dovette seguire varie fasi ben precise e se nel 1860 solo il 16% delle azioni aveva un valore inferiore alle 5 sterline e il 52% era compreso tra le 10 e le 100 sterline, verso la fine del secolo le azione delle navi scesero anche ad una sterlina, per rendersi appetibili ad un numero maggiore di acquirenti.

L'importanza della Borsa londinese è attestata dalla cifra di titoli scambiati nel 1910, circa 10,7 miliardi di sterline, corrispondente ad un terzo del valore mondiale. Nonostante il lungo periodo di successo, intorno agli anni ottanta del Novecento iniziò un lento calo di importanza del centro finanziario londinese, che costrinse l'autorità ad emettere il cosiddetto Big Bang, ossia un insieme di norme atte a deregolamentare la Borsa di Londra, coinvolgente soprattutto la figura del broker e del jobber, oltre al funzionamento tecnico della borsa radicalmente rinnovato grazie all'ausilio delle nuove tecnologie informatiche.[4]

Voci correlate

Altri progetti

Collegamenti esterni

Note

  1. ^ Luigi Grassia, Da oggi Milano è quotata a Londra, in La Stampa, 1º ottobre 2007. URL consultato il 26 maggio 2008.
  2. ^ Market Hours, London Stock Exchange via Wikinvest
  3. ^ List of Companies, su londonstockexchange.com.
  4. ^ a b Loretta Bruschini Vincenzini, Storia della Borsa, Ten, Newton, Roma, 1998, pag.26-35
Controllo di autoritàVIAF (EN262225313 · LCCN (ENno97016833 · GND (DE45999-9 · BNF (FRcb121620877 (data) · J9U (ENHE987007592466805171 · WorldCat Identities (ENlccn-no97016833