Attentati dell'11 settembre 2001: differenze tra le versioni

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Nessun oggetto della modifica
LiveRC : Annullate le modifiche di 87.24.197.114 (discussione), riportata alla versione precedente di Nubifer
Riga 1: Riga 1:
{{nota disambigua|il film del [[2025]] diretto da [[Alain Brigand]]|[[59 settembre 2015 (film)]]|59 settembre 2015}}
{{nota disambigua|il film del [[2002]] diretto da [[Alain Brigand]]|[[11 settembre 2001 (film)]]|11 settembre 2001}}
{{Avvisounicode}}
{{Avvisounicode}}
{{Incidente
{{Incidente

Versione delle 17:29, 16 apr 2015

Disambiguazione – "11 settembre 2001" rimanda qui. Se stai cercando il film del 2002 diretto da Alain Brigand, vedi 11 settembre 2001 (film).

Template:Avvisounicode

Attentati dell'11 settembre 2001
Le torri del World Trade Center bruciano poco dopo l'impatto del volo United Airlines 175 contro la Torre Sud, sulla destra. A sinistra la Torre Nord colpita precedentemente dal volo American Airlines 11, dalla quale esce ancora fumo.
Tipoattacco suicida, dirottamento aereo
Data11 settembre 2001
08:46 – 10:28 (UTC-4)
LuogoManhattan, Arlington (Virginia), Washington D.C.
StatoBandiera degli Stati Uniti Stati Uniti
ObiettivoWorld Trade Center, Pentagono, Campidoglio (Washington D.C.)
Responsabiliterroristi legati ad al-Qāʿida
MotivazioneOstilità di al-Qāʿida nei confronti degli Stati Uniti d'America, considerati fonte di iniquità e di ingiustizia per tutto il mondo islamico.
Conseguenze
Morti2 996 (2977 vittime, 19 dirottatori) e 24 dispersi
Feriti6 294 (più i 106 feriti al Pentagono)

Gli attentati dell'11 settembre 2001 sono stati una serie di quattro attacchi suicidi che causarono la morte di 3000 persone, organizzati e realizzati da un gruppo di terroristi aderenti ad al-Qāʿida contro obiettivi civili e militari nel territorio degli Stati Uniti d'America, spesso citati dall'opinione pubblica come i più gravi attentati terroristici dell'età contemporanea.

Sinossi storica

La mattina dell'11 settembre 2001 diciannove affiliati all'organizzazione terroristica di matrice fondamentalista islamica al-Qāʿida dirottarono quattro voli civili commerciali.[1][2] I terroristi fecero intenzionalmente schiantare due degli aerei sulle torri nord e sud del World Trade Center di New York, causando poco dopo il collasso di entrambi i grattacieli e conseguenti gravi danni agli edifici vicini. Il terzo aereo di linea venne dirottato contro il Pentagono. Il quarto aereo, diretto contro il Campidoglio o la Casa Bianca a Washington,[3] si schiantò in un campo vicino Shanksville, nella Contea di Somerset (Pennsylvania), dopo che i passeggeri e i membri dell'equipaggio tentarono, senza riuscirci, di riprendere il controllo del velivolo.

Gli attacchi terroristici dell'11 settembre causarono circa tremila vittime.[4] Nell'attacco alle torri gemelle morirono 2.752 persone, tra queste 343 vigili del fuoco e 60 poliziotti.[5] La maggior parte delle vittime era civile; settanta le diverse nazionalità coinvolte.[6]

Gli attacchi ebbero grandi conseguenze a livello mondiale: gli Stati Uniti d'America risposero dichiarando la "guerra al terrorismo" e attaccando l'Afghanistan controllato dai Talebani, accusati di aver volontariamente ospitato i terroristi. Il parlamento statunitense approvò lo USA PATRIOT Act mentre altri stati rafforzarono la loro legislazione anti-terroristica, incrementando i poteri di polizia. Le borse rimasero chiuse quasi per una settimana, registrando enormi perdite subito dopo la riapertura, con quelle maggiori fatte registrare dalle compagnie aeree e di assicurazioni. L'economia della Lower Manhattan si fermò per via della distruzione di uffici del valore di miliardi di dollari.

I danni subiti dal Pentagono furono riparati un anno dopo e sul luogo fu eretto un piccolo monumento commemorativo. La ricostruzione del World Trade Center è invece stata più problematica, a seguito di controversie sorte riguardo ai possibili progetti e sui tempi necessari al loro completamento. La scelta della Freedom Tower per la ricostruzione del sito ha subito ampie critiche, conducendo all'abbandono di alcune parti del progetto originario.

Le Twin Towers prima dell'attentato

Gli attacchi

Lo stesso argomento in dettaglio: Cronologia degli attentati dell'11 settembre 2001.

Il mattino dell'11 settembre 2001, un martedì, diciannove terroristi presero il comando di quattro aerei di linea passeggeri in viaggio verso la California decollati rispettivamente dal Logan di Boston, dal Washington Dulles di Dulles - ma utilizzato per voli da Washington - e dal Newark, in New Jersey, il quale però serve anche New York.[1] I dirottatori condussero due aeroplani modello Boeing 767, il volo American Airlines 11 e il volo United Airlines 175, a schiantarsi contro le torri Nord e sud del World Trade Center.[7] Un altro gruppo di dirottatori condusse il volo American Airlines 77 a schiantarsi contro il Pentagono, mentre un quarto volo, lo United Airlines 93, col quale i terroristi intendevano colpire il Campidoglio o la Casa Bianca a Washington,[3] precipitò nei pressi di Shanksville, in Pennsylvania.[8][9]

Il volo United Airlines 175 si schianta contro la Torre Sud

Nel corso del dirottamento, alcuni passeggeri e membri dell'equipaggio furono in grado di effettuare chiamate con l'apparecchio radiotelefonico aria-superficie della GTE e con i telefoni cellulari;[10][11] affermarono che diversi dirottatori erano a bordo di ciascun aeroplano e che i terroristi avevano preso il controllo dei velivoli usando coltelli e taglierini per uccidere alcuni assistenti di volo e almeno un pilota o un passeggero, tra cui il comandante del volo 11, John Ogonowski;[12] la Commissione d'indagine sugli attentati dell'11 settembre 2001 stabilì che due dei dirottatori avevano recentemente acquistato attrezzi multifunzione di marca Leatherman.[13] Qualche tipo di spray nocivo, come gas lacrimogeno o spray al peperoncino, sarebbe stato utilizzato sui voli American 11 e United 175 per tenere i passeggeri fuori dalla cabina di prima classe.[14] Un assistente di volo dell'American Airlines 11, un passeggero del volo 175 e alcuni passeggeri del volo 93 riferirono che i dirottatori avevano delle bombe, ma uno dei passeggeri disse anche di ritenere che si trattasse di ordigni inerti. Nessuna traccia di esplosivi fu trovata sui luoghi degli impatti. Il Rapporto della Commissione sull'11 settembre afferma che le bombe erano probabilmente false.[12]

Sul volo United Airlines 93 le registrazioni della scatola nera hanno rivelato che l'equipaggio e i passeggeri tentarono di sottrarre il controllo dell'aereo ai dirottatori dopo aver saputo, per via telefonica, che altri aerei dirottati erano stati mandati a schiantare contro degli edifici, quella mattina.[15][16] Secondo la trascrizione della registrazione, uno dei dirottatori diede l'ordine di virare il velivolo quando fu chiaro che ne avrebbero perso il controllo a causa dei passeggeri.[17] Poco dopo, l'aeroplano si schiantò in un campo vicino Stonycreek, nella contea di Somerset (Pennsylvania), alle ore 10:03:11 ora locale (14:03:11 UTC). In una intervista rilasciata al giornalista di al Jazeera Yosri Foda, Khalid Shaykh Muhammad, dirigente di al-Qā‘ida, affermò che l'obiettivo del volo 93 era il Campidoglio di Washington, il cui nome in codice era «la facoltà di Legge».[18]

Tre edifici del complesso del World Trade Center collassarono a causa di danni strutturali, quel giorno.[19] La torre meridionale (denominata WTC 2) crollò alle 9:59 circa, dopo un incendio di 56 minuti causato dall'impatto del volo United Airlines 175; la torre settentrionale (WTC 1) collassò alle 10:28, dopo un incendio di circa 102 minuti.[19] La caduta di WTC 1 produsse dei detriti che danneggiarono la vicina 7 World Trade Center (WTC 7), la cui integrità strutturale fu ulteriormente compromessa dagli incendi, che portarono al crollo della penthouse est alle 17:20 ora locale di quello stesso giorno; l'intero edificio collassò completamente alle 17:21 ora locale.[20]

Mappa della zona interessata dagli attacchi, sovrapposta ad una immagine di Ground Zero.

Il National Institute of Standards and Technology promosse delle investigazioni sulle cause del collasso dei tre edifici, successivamente allargando le indagini sulle misure per la prevenzione del collasso progressivo, chiedendosi ad esempio se la progettazione aveva previsto la resistenza agli incendi e se era stato effettuato un rafforzamento delle strutture in acciaio. Il rapporto riguardo WTC 1 e WTC 2 fu terminato nell'ottobre 2005, mentre l'indagine sul WTC 7 è stata pubblicata il 21 agosto 2008: il crollo dell'edificio è stato causato dalla dilatazione termica, prodotta dagli incendi incontrollati per ore, dell'acciaio della colonna primaria, la numero 79, il cui cedimento ha dato inizio ad un collasso progressivo delle strutture portanti vicine.[21]

Gli attacchi crearono grande confusione tra le agenzie di notizie e i controllori del traffico aereo in tutti gli Stati Uniti; a tutto il traffico aereo civile internazionale fu proibito di atterrare su terreno statunitense per tre giorni.[22] Gli aerei già in volo furono respinti o indirizzati agli aeroporti in Canada o Messico. Radio e televisioni diffusero notizie non confermate e spesso contraddittorie per tutto il giorno; una delle ricostruzioni più diffuse raccontava di una autobomba esplosa nella Segreteria di Stato degli Stati Uniti a Washington.[23]

Poco dopo aver annunciato per la prima volta l'incidente del Pentagono, la CNN e altre emittenti raccontarono anche che un incendio era scoppiato al National Mall di Washington.[24] Un altro rapporto fu diffuso dalla Associated Press, secondo il quale un Boeing 767 della Delta Air Lines, il volo 1989, era stato dirottato: anche questa notizia si rivelò poi un errore, in quanto si era effettivamente pensato che vi fosse quel pericolo, ma l'aereo rispose ai comandi dei controllori di volo e atterrò a Cleveland, Ohio.[25]

Vittime

Lo stesso argomento in dettaglio: Vittime degli attentati dell'11 settembre 2001.
Raccolta delle foto di quasi tutte le vittime degli attacchi (mancano solo quelle di 92 persone e dei terroristi): documento presentato nel processo contro Zakariya Musawi.

Le vittime degli attentati furono 2 974, esclusi i diciannove dirottatori: 246 su quattro aeroplani (87 sul volo American Airlines 11,[26] 60 sul volo United Airlines 175,[27] 59 sul volo American Airlines 77[28] e 40 sul volo United Airlines 93;[29] non ci fu alcun superstite), 2 603 a New York e 125 al Pentagono.[30][31] Altre 24 persone sono ancora elencate tra i dispersi.[32] Tutte le vittime erano civili a parte 55 militari uccisi al Pentagono.[33] Furono più di 90 i paesi che persero cittadini negli attacchi al World Trade Center.[34]

Il NIST ha stimato che circa 17 400 civili erano presenti nel complesso del World Trade Center al momento degli attacchi, mentre i dati sui turisti elaborati dalla Port Authority of New York and New Jersey (l'"Autorità portuale di New York e del New Jersey") suggeriscono una presenza media di 14 154 persone sulle Torri Gemelle alle 8:45 del mattino.[35][36] La gran parte delle persone al di sotto delle zone di impatto evacuò in sicurezza gli edifici, come pure 18 persone che si trovavano nella zona di impatto della torre meridionale;[37] Al contrario, 1 366 delle vittime si trovavano nella zona di impatto o nei piani superiori della torre settentrionale;[38] secondo il Rapporto della Commissione, centinaia furono le vittime causate dall'impatto, mentre le restanti rimasero intrappolate e morirono a seguito del collasso della torre.[39] Quasi 600 persone furono invece uccise dall'impatto o morirono intrappolate ai piani superiori nella torre meridionale.[38]

Almeno 200 persone saltarono dalle torri in fiamme e morirono, come raffigurato nella emblematica foto The Falling Man ("L'uomo che cade"), precipitando su strade e tetti degli edifici vicini, centinaia di metri più in basso.[40] Alcune persone che si trovavano nelle torri al di sopra dei punti di impatto salirono fino ai tetti degli edifici sperando di essere salvati dagli elicotteri, ma le porte di accesso ai tetti erano chiuse; inoltre, non vi era alcun piano di salvataggio con elicotteri e, quella mattina dell'11 settembre, il fumo denso e l'elevato calore degli incendi avrebbe impedito agli elicotteri di effettuare manovre di soccorso.[41]

Le vittime tra i soccorritori furono 411. Il New York City Fire Department (i vigili del fuoco di New York) perse 341 vigili del fuoco e 2 paramedici;[42] il New York City Police Department (la polizia di New York) perse 23 agenti,[43] il Port Authority Police Department (la polizia portuale) 37.[44] I servizi di emergenza medica privata persero altri 8 tecnici e paramedici.[45][46]

La Cantor Fitzgerald L.P., una banca di investimenti i cui uffici si trovavano ai piani 101-105 del WTC 1, perse 658 impiegati, più di qualunque altra azienda.[47] La Marsh Inc., i cui uffici si trovavano immediatamente sotto quelli della Cantor Fitzgerald ai piani 93-101 (dove avvenne l'impatto del volo 11), perse 295 impiegati, mentre 175 furono le vittime tra i dipendenti della Aon Corporation.[48] Dopo New York, lo Stato che ebbe più vittime fu il New Jersey, con la città di Hoboken a registrare il maggior numero di morti.[49]

È stato possibile identificare i resti di sole 1 600 delle vittime del World Trade Center; gli uffici medici raccolsero anche «circa 10 000 frammenti di ossa e tessuti non identificati, che non possono essere collegati alla lista dei decessi».[50] Altri resti di ossa furono trovati ancora nel 2006, mentre gli operai approntavano il Deutsche Bank Building per la demolizione.

La morte per malattie ai polmoni di alcune altre persone è stata fatta risalire alla respirazione delle polveri contenenti centinaia di composti tossici (quali amianto, mercurio, piombo, ecc.) causate dal collasso del World Trade Center. La gravità dell'inquinamento ambientale derivante da tali polveri - che investirono tutta la punta sud dell'isola di Manhattan - fu resa nota al grande pubblico solo a distanza di circa quattro anni dall'evento: sino ad allora le agenzie governative statunitensi avevano sottovalutato o nascosto il rischio ambientale, forse allo scopo di non causare ulteriore panico e di rendere più spediti i soccorsi, lo sgombero delle macerie, il ripristino delle normali attività della città così gravemente ferita.[51][52][53]

Danni

Il Pentagono fu seriamente danneggiato dal fuoco e una sezione dell'edificio collassò.

Oltre alle Torri gemelle, i due grattacieli da 110 piani, numerosi altri edifici del World Trade Center furono distrutti o gravemente danneggiati, inclusi il 7 World Trade Center, il 6 World Trade Center, il 5 World Trade Center, il 4 World Trade Center, il Marriott World Trade Center e la chiesa greco ortodossa di St Nicholas.[54] Il Deutsche Bank Building, situato al di là della Liberty Street rispetto al complesso del World Trade Center, è attualmente in demolizione, in quanto l'ambiente all'interno dell'edificio è tossico e inabitabile.[55][56] La Fiterman Hall del Borough of Manhattan Community College, situato al 30 West Broadway, ricevette gravi ed estesi danni durante gli attacchi e tanto da farne programmare la demolizione.[57] Altri edifici limitrofi, come il 90 West Street e il Verizon Building, subirono gravi danni, ma sono stati riparati.[58] Gli edifici del World Financial Center, la One Liberty Plaza, il Millennium Hilton, e 90 Church Street riportarono danni moderati.[59] Anche gli impianti di telecomunicazioni situati sulla torre settentrionale andarono distrutti, incluse le antenne di trasmissione radio e televisive e i ponti radio, ma le stazioni degli organi di informazioni re-instradarono rapidamente i segnali e ripresero le trasmissioni.[54][60]

Nella contea di Arlington, una porzione del Pentagono fu gravemente danneggiata dall'impatto e dal successivo incendio, e una sezione dell'edificio crollò.[61]

Operazioni di salvataggio e soccorso

Evacuazione di un ferito nell'attacco al Pentagono

Successivamente agli attacchi alle Torri gemelle, il New York City Fire Department inviò rapidamente sul sito 200 unità, pari a metà dell'organico del dipartimento, che furono aiutati da numerosi pompieri fuori-servizio e da personale dei pronto soccorso.[62][63][64] Il New York City Police Department inviò delle unità speciali dette "Emergency Service Units" e altro personale.[65] Durante i soccorsi, i comandanti dei vigili del fuoco, della polizia e dell'Autorità portuale ebbero difficoltà a condividere le informazioni e a coordinare i loro sforzi,[62] tanto che vi furono duplicazioni nelle ricerche dei civili dispersi invece che ricerche coordinate.[66]

Con il peggiorare della situazione, il dipartimento di polizia, che riceveva informazioni degli elicotteri in volo, fu in grado di diffondere l'ordine di evacuazione che permise a molti dei suoi agenti di allontanarsi prima del crollo degli edifici;[65][66] tuttavia, poiché i sistemi di comunicazione radio dei dipartimenti di polizia e di vigili del fuoco erano incompatibili, questa informazione non fu inoltrata ai comandi dei vigili del fuoco. Dopo il collasso della prima torre, i comandanti dei vigili del fuoco trovarono difficoltà a inviare gli ordini di evacuazione ai pompieri all'interno della torre, a causa del malfunzionamento dei sistemi di trasmissione all'interno del World Trade Center. Persino le chiamate al 911 (il servizio di emergenza) non furono correttamente inoltrate.[63] Una enorme operazione di ricerca e salvataggio fu lanciata dopo poche ore dagli attacchi; le operazioni cessarono alcuni mesi dopo.[67]

Attentatori e loro moventi

Mohamed Atta, responsabile operativo degli attacchi, morto nell'impatto del volo American Airlines 11.

Gli attacchi dell'11 settembre sono il risultato degli obiettivi dichiarati da al-Qa'ida, così come furono formulati nella fatwa[68] emessa da Osama bin Laden, Ayman al-Zawahiri, Abū Yāsir Rifāʿī Ahmad Ṭāhā, Mir Hamza e Fazlur Rahman, la quale dichiarava che fosse «dovere di ogni musulmano [...] uccidere gli americani in qualunque luogo».[69][70][71]

Al-Qa'ida

Lo stesso argomento in dettaglio: Al-Qāʿida.

L'origine di al-Qa'ida risale al 1979, anno dell'invasione sovietica dell'Afghanistan; poco dopo l'invasione, Osama bin Laden si recò in Afghanistan per collaborare con l'organizzazione dei mujaheddin arabi e alla creazione di Maktab al-Khidamat, una formazione il cui scopo era quello di raccogliere fondi e assoldare mujaheddin stranieri per resistere all'Unione Sovietica. Nel 1989, con il ritiro delle forze sovietiche dal conflitto afghano, il Maktab al-Khidamat si trasformò in una "forza di intervento rapido" del jihad contro i governi del mondo islamico.[72]

Sotto l'influenza di Ayman al-Zawahiri, bin Laden assunse posizioni più radicali.[73] Nel 1996, bin Laden promulgò la prima fatwa,[74] con la quale intendeva allontanare i soldati statunitensi dall'Arabia Saudita.[75] In una seconda fatwa diffusa nel 1998, bin Laden avanzò obiezioni sulla politica estera statunitense nei riguardi di Israele, come pure sulla presenza di truppe statunitensi in Arabia Saudita anche dopo la fine della guerra del Golfo.[76] Bin Laden ha citato testi dell'Islam per esortare ad azioni di forza contro soldati e civili statunitensi fin quando i problemi sollevati non saranno risolti, notando che «durante tutta la storia dei popoli islamici, gli ulema hanno unanimemente affermato che il jihad è un dovere individuale se il nemico devasta i paesi musulmani».[76]

Organizzazione degli attacchi

Prima, durante e dopo l'attentato dell'11 settembre 2001.

L'idea degli attacchi dell'11 settembre fu formulata da Khalid Shaykh Muhammad, che per primo la presentò a Osama bin Laden nel 1996.[77] In quel momento bin Laden e al-Qāʿida vivevano un periodo di transizione, in quanto erano appena tornati in Afghanistan dal Sudan.[78] Gli attentati alle ambasciate statunitensi del 1998 segnarono un punto di svolta, in quanto con essi bin Laden attaccava direttamente gli Stati Uniti.[78] Alla fine del 1998 o all'inizio del 1999, bin Laden diede il proprio consenso a Mohammed per l'organizzazione dell'attentato.[78] Una serie di incontri ebbero luogo nella primavera del 1999 tra Khalid Shaykh Muhammad, bin Laden e il suo rappresentante Mohammed Atef: bin Laden approvò la scelta dei capi dell'azione e garantì il sostegno finanziario;[78] fu anche coinvolto nella scelta dei partecipanti all'attacco, tanto che fu lui a scegliere Mohamed Atta come il capo dei dirottatori.[79] Mohammed fornì il supporto operazionale, selezionando gli obiettivi e organizzando i viaggi per dirottatori[78] - quasi ventisette membri di al-Qāʿida tentarono di entrare negli Stati Uniti d'America per prendere parte agli attacchi dell'11 settembre -;[12] bin Laden modificò alcune decisioni di Mohammed, respingendo alcuni potenziali obiettivi come la U.S. Bank Tower di Los Angeles.[80]

La National Commission on Terrorist Attacks upon the United States (Commissione Nazionale sugli Attacchi Terroristici contro gli Stati Uniti) fu formata dal governo degli Stati Uniti ed è comunemente nota come 9/11 Commission; il 22 luglio 2004 la commissione rilasciò un rapporto nel quale concludeva che gli attacchi erano stati progettati e messi in atto da membri di al-Qāʿida. La commissione affermò che «gli organizzatori dell'attentato dell'11 settembre spesero in totale tra 400 000 e 500 000 dollari per progettare e mettere in atto il loro attacco, ma che la precisa origine dei fondi utilizzati per eseguire gli attacchi è rimasta sconosciuta».[81]

Dirottatori

Gli edifici intorno al World Trade Center furono gravemente danneggiati dai detriti e dalla caduta delle Torri gemelle.

Quindici dirottatori provenivano dall'Arabia Saudita, due dagli Emirati Arabi Uniti, uno dall'Egitto e uno dal Libano.[82] In contrasto con il consueto profilo degli attentatori suicidi, i dirottatori erano adulti maturi e ben istruiti, le cui visioni del mondo erano ben formate.[83] Dopo alcune ore dagli attacchi, l'FBI fu in grado di determinare i nomi e, in molti casi, i dettagli personali dei sospetti piloti e dirottatori.[84][85] Il bagaglio di Mohamed Atta, che non fu trasbordato dal suo volo da Portland sul volo 11, conteneva documenti che rivelarono l'identità di tutti i 19 dirottatori e altri importanti indizi sui loro piani, sulle loro intenzioni e sui loro precedenti.[86] Il giorno degli attacchi, la National Security Agency intercettò delle comunicazioni che portavano a Osama bin Laden, come avevano fatto i servizi segreti tedeschi.[87][88]

Il 27 settembre 2001, l'FBI rese pubbliche le foto dei diciannove dirottatori, assieme alle informazioni sulle possibili nazionalità e nomi falsi di molti.[89] Le indagini dell'FBI sugli attacchi, l'operazione "PENTTBOM", furono le più vaste e complesse nella storia dell'FBI, coinvolgendo più di 7 000 agenti speciali.[90] Il governo degli Stati Uniti determinò che al-Qāʿida, diretta da Osama bin Laden, era responsabile per gli attacchi, con l'FBI che afferma che «le prove che mettono in relazione al-Qāʿida e bin Laden agli attacchi dell'11 settembre sono chiare e irrefutabili»;[91] Il governo del Regno Unito raggiunse la stessa conclusione.[92]

La dichiarazione di una guerra santa contro gli Stati Uniti d'America e la fatwa firmata da Osama bin Laden e altri nel 1996, in cui si chiedeva l'uccisione di civili statunitensi, sono viste come indizi del suo movente negli attacchi dell'11 settembre da parte degli investigatori.[93] Inizialmente bin Laden negò il proprio coinvolgimento negli attacchi, per poi ammetterlo.[94][95] Il 16 settembre 2001, bin Laden negò ogni coinvolgimento negli attacchi leggendo una dichiarazione trasmessa dal canale satellitare del Qatar Al Jazeera: «Sottolineo che non ho attuato questo gesto, che sembra essere stato portato avanti da individui con motivazioni proprie»;[96] questa smentita fu trasmessa dalle testate giornalistiche statunitensi e mondiali. Nel novembre 2001 forze statunitensi recuperarono una registrazione in una casa distrutta a Jalalabad, in Afghanistan, in cui bin Laden parla a Khaled al-Harbi: nella videoregistrazione bin Laden ammette di aver saputo in anticipo degli attacchi.[97] La registrazione fu trasmessa da varie emittenti giornalistiche a partire dal 13 dicembre 2001; la distorsione delle immagini è stata attribuita ad artefatti causati dalla copia del nastro.[98] Il 27 dicembre 2001 fu pubblicato un secondo video di bin Laden, in cui affermava che «il terrorismo contro gli Stati Uniti merita di essere lodato perché fu una risposta ad una ingiustizia, avente lo scopo di forzare gli Stati Uniti a interrompere il suo sostegno ad Israele, che uccide la nostra gente», senza però ammettere la responsabilità degli attacchi.[99] Poco prima delle elezioni presidenziali statunitensi del 2004, bin Laden rivendicò pubblicamente con una registrazione video il coinvolgimento di al-Qāʿida negli attacchi agli Stati Uniti, ammettendo il proprio legame diretto con gli attentati; affermò che gli attacchi erano stati portati perché «siamo liberi [...] e vogliamo riottenere libertà per la nostra nazione. Così come voi indebolite la nostra sicurezza noi indeboliamo la vostra».[100] Osama bin Laden afferma di aver personalmente diretto i 19 dirottatori:[101] nel video afferma che «concordammo assieme al comandante Muhammad Atta, che Allah abbia pietà di lui, che tutte le operazioni avrebbero dovuto essere completate in venti minuti, prima che Bush e la sua amministrazione se ne accorgessero».[95] Un altro video ottenuto da Al Jazeera nel settembre 2006 mostra Osama bin Laden con Ramzi bin al-Shibh - il più delle volte scritto Ramzi Binelshibh - e due dirottatori, Hamza al-Ghamdi e Wa'il al-Shehri, mentre preparano gli attacchi.[102]

Khalid Shaykh Muhammad dopo la sua cattura in Pakistan.

In un'intervista del 2002 con il giornalista di al Jazeera Yosri Foda, Khalid Shaykh Muhammad ammise il proprio coinvolgimento nella "operazione del santo Martedì", assieme a Ramzi bin al-Shibh.[103] Il Rapporto della Commissione sull'11 settembre ha determinato che l'animosità di Khalid Shaykh Muhammad, il «principale architetto» degli attacchi dell'11 settembre, verso gli Stati Uniti ebbe origine «non dalla sua esperienza di studente fatta lì, ma piuttosto dalla sua violenta opposizione alla politica estera statunitense in favore di Israele».[78] Mohammed Atta condivideva le stesse motivazioni di Khalid Shaykh Muhammad. Ralph Bodenstein, un ex-compagno di classe di Atta, lo descrisse come «molto imbevuto, veramente, [di idee] sulla difesa, da parte degli Stati Uniti, di queste politiche israeliane nella regione»[104] Abd al-Aziz al-Umari, dirottatore del volo 11 assieme a Mohamed Atta, affermò nel suo testamento video: «il mio gesto è un messaggio per coloro che mi hanno ascoltato e per coloro che mi hanno visto e, allo stesso tempo, è un messaggio agli infedeli, che lasciate la Penisola arabica sconfitti e che smettiate di dare una mano ai codardi ebrei in Palestina».[105] Khalid Shaykh Muhammad fu arrestato il 1º marzo 2003 a Rawalpindi, in Pakistan,[106] per poi essere detenuto definitivamente nel campo di detenzione di Guantanamo Bay, a Cuba. Durante le udienze condotte dagli Stati Uniti nel marzo 2007, che sono state «ampiamente criticate da avvocati e gruppi per i diritti umani in quanto falsi tribunali»,[107] Muhammad confessò nuovamente la propria responsabilità per gli attacchi: «ero il responsabile dell'operazione dell'11 settembre, dalla A alla Z».[107][108]

Nel "Sostituto di testimonianza di Khalid Shaykh Muhammad" del processo a Zakariya Musawi, cinque persone sono identificate come quelle che conoscevano tutti i dettagli dell'operazione: Osama bin Laden, Khalid Shaykh Muhammad, Ramzi bin al-Shibh, Abu Turab al-Urdunni e Mohammed Atef.[109] Fino al 2008, solo le figure di contorno sono state processate o condannate in relazione agli attacchi; bin Laden non è stato ancora formalmente accusato degli attentati.[110] Il 26 settembre 2005, la Audiencia Nacional de España, corte nazionale spagnola, diretta dal giudice Baltasar Garzón, condannò Abu Dahdah a ventisette anni di prigione per cospirazione riguardo agli attentati dell'11 settembre e in qualità di membro dell'organizzazione terroristica al-Qāʿida. Allo stesso tempo, altri diciassette membri di al-Qāʿida ricevettero condanne tra i sei e gli undici anni.[111][112] Il 16 febbraio 2006, la corte suprema spagnola ridusse la pena di Abu Dahdah a dodici anni, in quanto considerò non provata la sua partecipazione alla cospirazione.[113]

Moventi

Il sito dell'impatto del volo United Airlines 93 a Shanksville, Pennsylvania.

Molte conclusioni della commissione dell'11 settembre sui moventi degli attacchi sono state condivise da altri esperti. L'esperto di anti-terrorismo Richard Clarke ha spiegato, nel suo libro Against All Enemies, che le scelte di politica estera degli Stati Uniti, inclusi «il confronto con Mosca in Afghanistan, l'invio delle forze armate statunitensi nel Golfo persico» e «il rafforzamento di Israele come base per un fianco meridionale contro i sovietici», contribuirono a formare le motivazioni di al-Qāʿida.[114] Altri, come il corrispondente dall'estero dell'Observer Jason Burke, sottolineano l'aspetto politico dei moventi, affermando che «Bin Laden è un attivista con un'idea molto chiara di ciò che vuole e di come spera di ottenerlo. Questi mezzi possono essere molto distanti dalla normale attività politica [...] ma la sua agenda è fondamentalmente politica».[115]

Molti studi si sono concentrati anche sull'insieme della strategia di Bin Laden per individuare il movente degli attentati. Per esempio, il corrispondente Peter Bergen afferma che gli attacchi erano parte di un piano volto a far incrementare la presenza militare e culturale degli Stati Uniti nel Vicino Oriente, forzando in questo modo i musulmani a confrontarsi con le "malefatte" di un governo non-musulmano e a stabilire governi islamici conservatori nella regione.[116] Michael Scott Doran, corrispondente di Foreign Affairs, enfatizza l'uso "mitico" del termine "spettacolare" nella risposta di Bin Laden agli attacchi, spiegando che si trattava di un tentativo di provocare una reazione viscerale nel Vicino Oriente e di assicurarsi che i cittadini musulmani reagissero il più violentemente possibile a un aumento dell'impegno statunitense nella regione.[117]

Conseguenze

File:George W. Bush being told about second plane hitting WTC.png
Il presidente degli Stati Uniti d'America, George Bush, riceve la comunicazione dell'impatto del secondo aereo al World Trade Center dal responsabile dello staff presidenziale Andrew Card, mentre si trova in una classe della Emma E. Booker Elementary School di Sarasota, Florida, l'11 settembre 2001[118]

Risposta degli Stati Uniti d'America e guerra al terrorismo

Lo stesso argomento in dettaglio: Guerra al terrorismo.

Gli attacchi dell'11 settembre ebbero un immediato e travolgente effetto sulla popolazione degli Stati Uniti d'America. Molti agenti di polizia e soccorritori di altre parti del paese presero dei permessi dal lavoro per recarsi a New York ad assistere i propri colleghi nel recupero dei corpi dalle macerie delle Torri gemelle.[119] Le donazioni di sangue ebbero un incremento nella settimana successiva agli attacchi in tutti gli Stati Uniti.[120][121] Per la prima volta nella storia, tutti i velivoli civili degli Stati Uniti e di altri paesi (come il Canada), che non effettuavano servizi di emergenza, furono immediatamente fatti atterrare, recando grossi disagi a decine di migliaia di passeggeri in tutto il mondo.[122] La Federal Aviation Administration chiuse i cieli statunitensi a tutti i voli internazionali, obbligando gli aerei a dirigersi su aeroporti di altri paesi; il Canada fu uno dei paesi maggiormente toccati da questo fenomeno e lanciò l'Operazione Nastro Giallo per gestire l'enorme numero di aerei a terra e di passeggeri bloccati negli aeroporti.[123]

Il consiglio della Nato dichiarò che gli attacchi agli Stati Uniti erano considerati un attacco a tutti i paesi della Nato e che, in quanto tali, soddisfacevano l'Articolo 5 del trattato NATO.[124] Subito dopo gli attacchi, l'amministrazione Bush dichiarò la "Guerra al terrorismo", con l'obiettivo dichiarato di portare Osama bin Laden e al-Qāʿida davanti alla giustizia e di prevenire la costituzione di altre reti terroristiche. I mezzi previsti per perseguire questi obiettivi includevano sanzioni economiche e interventi militari contro gli stati che avessero dato l'impressione di ospitare terroristi, aumenti dell'attività di sorveglianza su scala globale e condivisione delle informazioni ottenute dai servizi segreti. L'invasione statunitense dell'Afghanistan (2001) e il rovesciamento del governo dei Talebani da parte di una coalizione guidata dagli Stati Uniti fu la seconda operazione della guerra effettuata al di fuori dei confini statunitensi in ordine di grandezza, la più vasta tra quelle direttamente collegate al terrorismo. Gli Stati Uniti non furono l'unica nazione ad aumentare la propria preparazione militare: stati come le Filippine e l'Indonesia dovevano infatti affrontare le minacce portate dal terrorismo islamista interno.[125][126] Subito dopo, alcuni esponenti dell'amministrazione statunitense specularono sul coinvolgimento di Saddam Hussein, il presidente iracheno, con al-Qāʿida.[127] Questi sospetti si rivelarono successivamente infondati, ma questa associazione contribuì a far accettare all'opinione pubblica l'invasione dell'Iraq del 2003.[127]

Reazioni dell'opinione pubblica statunitense

Discorso del presidente Bush davanti ad una seduta congiunta del Congresso degli Stati Uniti d'America, 20 settembre 2001.

A seguito degli attacchi, l'indice di gradimento del presidente Bush salì fino all'86%.[128] Il 20 settembre 2001, il Presidente degli Stati Uniti parlò alla nazione e ad una seduta congiunta del Congresso, esponendo gli eventi del giorno degli attacchi, i successivi nove giorni di sforzi di salvataggio e ricostruzione e la sua risposta agli eventi. Anche il sindaco di New York Rudolph Giuliani ottenne un notevole gradimento a livello locale e nazionale in virtù del ruolo svolto.[129] Molti fondi furono immediatamente aperti per assistere finanziariamente i sopravvissuti e le famiglie delle vittime degli attacchi; al termine ultimo per la compensazione delle vittime, l'11 settembre 2003, erano state ricevute 2 833 richieste dalle famiglie delle vittime.[130] Subito dopo gli attacchi furono messi in atto i piani di emergenza per l'evacuazione dei governanti e per la continuità del governo (la serie di atti necessari a garantire la prosecuzione delle funzioni governative in caso di attacco nucleare o simile).[122] Il fatto che gli Stati Uniti fossero in una condizione di continuità del governo fu però comunicato al Congresso solo nel febbraio 2002.[131] Il Congresso passò l'Homeland Security Act del 2002, che istituì il Department of Homeland Security, la maggiore ristrutturazione dell'amministrazione statunitense nella storia contemporanea. Il congresso passò anche lo USA PATRIOT Act, affermando che sarebbe stato utile a individuare e perseguire il terrorismo e altri crimini; i gruppi per le libertà civili hanno però criticato il PATRIOT Act, affermando che permette agli organi di polizia di invadere la vita privata dei cittadini e che elimina il controllo da parte della magistratura della polizia e dai servizi segreti interni.[132][133][134] L'amministrazione Bush indicò gli attacchi dell'11 settembre per giustificare l'inizio di una operazione segreta della National Security Agency volta a «intercettare comunicazioni via telefono e e-mail tra gli Stati Uniti e persone all'estero senza mandato».[135]

Furono riportati numerosi incidenti di molestie e crimini d'odio contro mediorientali e persone "dall'aspetto mediorientale"; furono coinvolti particolarmente Sikh, in quanto gli uomini sikh vestono un turbante, elemento essenziale dello stereotipo del musulmano negli Stati Uniti. Vi furono abusi verbali, attacchi a moschee e altre costruzioni religiose (tra cui un tempio induista) e aggressioni, tra cui un omicidio: Balbir Singh Sodhi, un Sikh, fu ucciso il 15 settembre, dopo essere stato scambiato per un musulmano.[136] Le principali organizzazioni statunitensi di musulmani[137] furono immediate nella condanna degli attacchi e si appellarono affinché «i musulmani statunitensi si facciano avanti con le loro capacità e le loro risorse per aiutare ad alleviare le sofferenze delle persone coinvolte e delle loro famiglie». Oltre a notevoli donazioni di denaro, molte organizzazioni islamiche organizzarono raccolte di sangue e fornirono assistenza medica, cibo e alloggio alle vittime dell'attentato.[138] A seguito degli attacchi, 80 000 arabi e immigrati musulmani furono registrati e le loro impronte digitali schedate in base all'Alien Registration Act del 1940. Ottomila arabi e musulmani furono interrogati e cinquemila stranieri furono detenuti secondo la Joint Congressional Resolution 107-40, che autorizzava l'uso delle forze armate «per scoraggiare e prevenire atti di terrorismo internazionale contro gli Stati Uniti».[139]

Risposta internazionale

Un vigile del fuoco di New York osserva i resti della Torre meridionale.

Gli attacchi furono condannati da governi di tutto il mondo, e molte nazioni offrirono aiuti e solidarietà.[140] I governanti della maggior parte dei paesi del Medio Oriente, incluso l'Afghanistan, condannò gli attacchi. L'Iraq fece eccezione, in quanto diffuse immediatamente una dichiarazione in cui si affermava che «i cowboys americani stavano cogliendo il frutto dei loro crimini contro l'umanità».[141] Un'altra eccezione, molto evidenziata dai mass media, furono i festeggiamenti da parte di alcuni Palestinesi.[142] Circa un mese dopo gli attacchi, gli Stati Uniti d'America guidarono una vasta coalizione nell'invasione dell'Afghanistan, allo scopo di rovesciare il governo dei Talebani, accusati di ospitare al-Qāʿida.[143] Le autorità del Pakistan si schierarono nettamente al fianco degli Stati Uniti contro i Talebani e al-Qāʿida: i pakistani misero a disposizione degli Stati Uniti diversi aeroporti militari e basi per gli attacchi contro il governo talebano e arrestarono più di 600 presunti membri di al-Qāʿida, che poi consegnarono agli statunitensi.[144] Diversi paesi - tra cui Regno Unito, India, Australia, Francia, Germania, Indonesia, Cina, Canada, Russia, Pakistan, Giordania, Mauritius, Uganda e Zimbabwe - promulgarono legislazioni "antiterroristiche" e congelarono i conti in banca di persone che sospettavano avessero legami con al-Qāʿida.[145][146] I servizi segreti e le forze di polizia di alcuni paesi - tra cui Italia, Malesia, Indonesia e Filippine - arrestarono persone che indicavano come sospetti terroristi con lo scopo dichiarato di distruggere le cellule terroristiche in tutto il mondo.[147][148]

Negli Stati Uniti questi fatti generarono alcune controversie; critici come il Bill of Rights Defense Committee affermarono che le tradizionali limitazioni sul potere di sorveglianza federale (come il controllo degli assembramenti pubblici del COINTELPRO) erano stati "smantellati" dallo USA PATRIOT Act.[149] Organizzazioni per le libertà civili come la American Civil Liberties Union e il gruppo di pressione Liberty affermarono che anche alcune protezioni dei diritti civili erano state aggirate.[150][151] Gli Stati Uniti aprirono un centro di detenzione a Guantanamo Bay, a Cuba, per detenervi quelli che definirono "combattenti nemici illegittimi". La legittimità di tali detenzioni è stata messa in discussione dall'Unione europea, dall'Organizzazione degli Stati Americani e da Amnesty International, tra gli altri.[152][153][154]

Indagini

Punti di impatto sulle Torri gemelle.

"9/11 Commission"

La Commissione d'indagine sugli attentati dell'11 settembre 2001, anche nota come "9/11 Commission" e diretta dall'ex-governatore del New Jersey Thomas Kean, fu istituita nel tardo 2002 per preparare una ricostruzione completa dei fatti riguardanti l'attacco, analizzando anche lo stato di preparazione e l'immediata reazione ad essi. Il 22 luglio 2004, la 9/11 Commission pubblicò il Rapporto della Commissione sull'11 settembre. La Commissione e il suo rapporto hanno ricevuto diverse critiche.[155][156]

Collasso del World Trade Center

Una indagine federale sulle caratteristiche tecniche e di resistenza agli incendi connesse con il collasso delle Torri gemelle e del WTC 7 fu condotta dal National Institute of Standards and Technology (NIST) dello United States Department of Commerce. Questa indagine aveva il compito di trovare il motivo del collasso degli edifici, il numero di morti e feriti causati, oltre che le procedure collegate alla progettazione e alla gestione del World Trade Center.[157]

Il rapporto concluse che i rivestimenti antincendio delle infrastrutture in acciaio furono spazzati via dagli impatti degli aerei e che, se questo non fosse accaduto, le torri sarebbero probabilmente rimaste in piedi.[158]

Gene Corley, direttore dell'indagine originale, commentò che «le torri si comportarono in maniera impressionante. Non furono gli aerei dei terroristi ad abbattere gli edifici; fu l'incendio successivo. Fu dimostrato che era possibile abbattere due terzi delle colonne di una torre e l'edificio sarebbe restato in piedi».[159] Il fuoco indebolì le travature di sostegno dei piani, facendole piegare verso il basso, tirando così le colonne in acciaio esterne che si piegarono verso l'interno. Con le colonne portanti danneggiate, le colonne esterne piegate non furono più in grado di sostenere gli edifici, causandone il collasso. Il rapporto afferma inoltre che le trombe delle scale non erano adeguatamente rinforzate per funzionare da via di fuga per le persone al di sopra della zona di impatto.[160][161] Questo fu confermato da uno studio indipendente della Purdue University.[162] I risultati dell'indagine del NIST sul WTC 7 sono stati pubblicati il 21 agosto 2008: il crollo dell'edificio è stato causato dalla dilatazione termica prodotta dagli incendi che divamparono incontrollati per ore, e che hanno in particolare interessato l'acciaio della colonna primaria numero 79, il cui cedimento ha dato inizio ad un collasso progressivo delle strutture portanti vicine.[21]

Indagine interna della CIA

L'Ispettore Generale della CIA condusse una indagine interna sulle prestazioni della CIA prima dell'11 settembre e fu estremamente critico nei confronti dei funzionari anziani della CIA per non aver fatto tutto ciò che era possibile contro il terrorismo, in particolare per non essere riusciti a fermare due dei dirottatori dell'11 settembre, Nawaf al-Hazmi e Khalid al-Mihdhar, al loro ingresso negli Stati Uniti, e per non aver condiviso le informazioni su di loro con l'FBI.[163]

Nel maggio 2007, senatori appartenenti sia al Partito Democratico che a quello Repubblicano hanno sostenuto una proposta di legge che avrebbe reso pubblico un rapporto d'indagine interno alla CIA concernente le responsabilità del personale CIA prima e dopo gli attacchi. Completato nel 2005, il rapporto non è mai stato reso pubblico nei suoi dettagli.[164] L'ipotesi che siano stati sottovalutati alcuni rapporti della CIA che forse avrebbero consentito di evitare l'attentato, è anche la tesi del film-documentario Fahrenheit 9/11 del regista-giornalista Michael Moore.

Effetti a lungo termine

Conseguenze economiche

Da Manhattan, il 12 settembre 2001, si sollevava una lunga voluta di fumo.

Gli attacchi ebbero un significativo impatto sui mercati finanziari degli Stati Uniti e mondiali. La borsa di New York (New York Stock Exchange, NYSE), l'American Stock Exchange e il NASDAQ non aprirono l'11 settembre e rimasero chiusi fino al 17 settembre. Quando i mercati riaprirono, l'indice Dow Jones precipitò di 684 punti, pari al 7.1%, fino a 8 921, la maggiore flessione mai avuta in un solo giorno.[165] Alla fine della settimana, l'indice Dow Jones era precipitato a 1 369,7 punti (14,3%), la maggiore caduta settimanale della sua storia.[166] Le azioni statunitensi persero 1 400 miliardi di dollari di valore in quella settimana.[166] A New York si contarono circa 430 000 posti di lavoro e 2,8 miliardi di dollari di stipendi persi nei tre mesi seguenti agli attacchi; gli effetti economici si concentrarono sui settori economici dell'export della città.[167] Si stima che la perdita in termini di prodotto interno lordo sperimentata dall'economia newyorkese negli ultimi tre mesi del 2001 e per tutto il 2002 ammonti a 27,3 miliardi di dollari. Il governo federale concesse immediatamente 11,2 miliardi di dollari al governo cittadino nel settembre 2001 e 10,5 miliardi di dollari all'inizio del 2002, per incentivare lo sviluppo economico e la ricostruzione delle infrastrutture.[168]

Gli attacchi ebbero un grosso impatto anche sulle piccole imprese di Lower Manhattan, poste nelle vicinanze del World Trade Center; circa 18 000 di queste imprese furono distrutte o trasferite dopo gli attacchi. L'agenzia federale che gestisce i fondi per le piccole imprese, la Small Business Administration, fornì dei prestiti mentre il governo federale diede assistenza alle piccole imprese danneggiate dagli attacchi tramite il Community Development Block Grants e l'Economic Injury Disaster Loans.[168] Quasi tre milioni di metri quadri di uffici a Lower Manhattan furono danneggiati o distrutti.[169] Gli studi economici sugli effetti degli attacchi hanno confermato che il loro impatto sul mercato degli uffici di Manhattan e su quello dei lavori da ufficio è stato inferiore a quanto previsto, a causa della necessità di una interazione faccia a faccia nell'ambito dei servizi finanziari.[170][171]

Lo spazio aereo nordamericano fu chiuso per diversi giorni dopo gli attacchi e i voli di linea sperimentarono un calo dopo la sua riapertura. Gli attacchi causarono un taglio di circa il 20% della capacità di viaggi aerei, esacerbando i problemi delle compagnie aeree statunitensi.[172]

Effetti sulla salute

Un vigile del fuoco solitario in piedi tra i detriti e il fumo a New York City

Migliaia di tonnellate di detriti tossici risultanti dal collasso delle Torri gemelle contenevano più di 2 500 contaminanti, tra cui alcuni elementi noti per essere cancerogeni.[173][174] Sono testimoniati diversi casi di malattie debilitanti tra coloro che si occuparono dei soccorsi e dei lavori di rimozione delle macerie, malattie ritenute collegate direttamente all'esposizione ai detriti.[175][176] Alcune di queste conseguenze sanitarie hanno toccato anche alcuni residenti, studenti e impiegati della Lower Manhattan e della vicina Chinatown.[177] Molti decessi sono stati collegati alla polvere tossica causata dal collasso del World Trade Center e i nomi delle vittime saranno incluse nel memoriale del WTC.[178] Esistono alcuni studi scientifici che suggeriscono che l'esposizione a diversi prodotti tossici dispersi nell'aria potrebbe avere effetti negativi sullo sviluppo del feto: per questo motivo, un centro studi per la salute ambientale dei bambini sta studiando i figli delle donne incinte all'epoca degli attacchi e che vivevano o lavoravano in prossimità delle torri del WTC.[179]

Sono tuttora in atto procedimenti legali per il rimborso dei costi delle cure per le malattie connesse agli attacchi. Il 17 ottobre 2006, il giudice federale Alvin Hellerstein annullò il rifiuto della municipalità di New York di pagare i costi dell'assistenza sanitaria ai soccorritori, permettendo così numerosi processi contro l'amministrazione cittadina.[180] Ufficiali governativi sono stati censurati per aver spinto le persone a tornare a Lower Manhattan nelle settimane successive agli attacchi; l'amministratrice della Environmental Protection Agency ("Agenzia per la protezione dell'ambiente", EPA) nel periodo immediatamente successivo agli attacchi, Christine Todd Whitman, fu pesantemente criticata per aver affermato scorrettamente che l'area era sicura dal punto di vista ambientale.[181] Il presidente Bush fu anche criticato per aver interferito con le interpretazioni e i pareri dell'EPA riguardo alla qualità dell'aria successivamente agli attacchi.[182] Inoltre, il sindaco Giuliani fu criticato per aver sollecitato il personale del settore finanziario a tornare rapidamente nell'area vasta attorno a Wall Street.[183]

Ricostruzioni

Il giorno degli attacchi, Giuliani affermò: «Ricostruiremo. Ne usciremo più forti di prima, politicamente più forti, economicamente più forti. La skyline tornerà ad essere nuovamente completa».[184] La rimozione dei detriti terminò ufficialmente nel maggio 2002.[185] La Lower Manhattan Development Corporation, incaricata della ricostruzione del sito del World Trade Center, è stata criticata per aver compiuto poco con i notevoli fondi destinati alla ricostruzione.[186][187] Uno degli edifici completamente distrutti, il 7 World Trade Center, ha una nuova torre uffici, completata nel 2006; la Freedom Tower è attualmente (2012) in costruzione e, al suo completamento, sarà uno degli edifici più alti dell'America settentrionale con una altezza di 541 m. Si prevede il completamento di altre tre torri entro il 2014, poste un isolato a oriente rispetto a quelle originali.

La sezione danneggiata del Pentagono fu ricostruita e rioccupata entro un anno dagli attacchi.[188]

Monumenti

Il Tribute in Light, come appariva da Jersey City nell'anniversario degli attacchi nel 2004.
Le fontane al posto delle torri nel 2011.

Nei giorni immediatamente successivi agli attacchi, si tennero molte commemorazioni e veglie in tutto il mondo;[189][190][191] mentre ovunque a Ground Zero furono affisse immagini delle vittime.[192] Una delle prime commemorazioni fu il Tribute in Light, una installazione di 88 fari da ricerca posti nelle fondamenta delle Torri che proiettavano due colonne di luce verticalmente verso il cielo.[193] A New York fu istituita una competizione per decidere il progetto di un monumento da erigere sul luogo di Ground Zero; il progetto vincente, Reflecting Absence, selezionato nell'agosto 2006, consiste in una coppia di piscine riflettenti sul luogo delle fondamenta delle Torri, circondate da un monumento sotterraneo in cui sono iscritti i nomi delle vittime.[194] I progetti di creazione di un museo sul sito sono stati sospesi dopo che l'International Freedom Center è stato abbandonato per le critiche delle famiglie delle vittime.[195]

Il monumento del Pentagono è correntemente in costruzione fuori dall'edificio: si tratta di un parco con 184 panchine (pari ai 125 morti che ci sono stati tra gli occupanti dell'edificio più i 59 del volo AA 77) che fronteggiano il Pentagono.[196] Quando il Pentagono fu ricostruito, nel 2001-2002, furono costruiti anche una cappella privata e un monumento interno, posti nel luogo dove il Volo 77 si schiantò nell'edificio.[197] Un monumento del Volo 93 da costruire a Shanksville è in fase di progetto: includerà un groviglio di alberi scolpiti che forma un circolo intorno al sito dell'impatto, tagliato dal percorso dell'aereo, mentre delle campane a vento porteranno i nomi delle vittime.[198] Un monumento temporaneo si trova a 450 m dal sito dell'impatto del Volo 93 a Shanksville.[199] Molti altri monumenti permanenti sono in costruzione in tutto il mondo e la loro lista è aggiornata man mano che sono completati.[200] Oltre a monumenti veri e propri, anche borse di studio e programmi caritatevoli sono stati istituiti dai parenti delle vittime, come pure da altre organizzazioni e privati.[201]

Teorie del complotto

A seguito degli attacchi, negli Stati Uniti e nel mondo sono stati sollevati diversi dubbi circa il reale svolgimento dei fatti e sono state formulate numerose teorie difformi da quelle comunemente accettate, generalmente configurabili come teorie del complotto.

Tali dubbi e teorie hanno dato luogo a innumerevoli dispute e controversie circa la natura, l'origine e i responsabili degli attentati, contestando il contenuto dei resoconti ufficiali circa l'accaduto e suggerendo, tra l'altro, che persone con incarichi di responsabilità negli Stati Uniti fossero a conoscenza del pericolo e che deliberatamente avrebbero deciso di non prevenirli, o che individui estranei ad al-Qāʿida avrebbero partecipato alla pianificazione o all'esecuzione degli attacchi.[202] Una delle più diffuse teorie pone in dubbio che gli edifici colpiti a New York siano crollati per conseguenza del solo impatto degli aerei e degli incendi che ne sono seguiti. Tuttavia, la comunità degli ingegneri civili concorda con la versione che vuole il collasso delle Torri gemelle provocato dagli impatti ad alta velocità degli aviogetti e dai conseguenti incendi, piuttosto che da una demolizione controllata[203] della quale non è mai stata fornita alcuna prova.

Film e documentari

Decine di film e documentari sono stati girati sugli attentati; i principali sono:

  • Il primo episodio della serie The Lone Gunmen (messo in onda per la prima volta sei mesi prima dell'attentato) parla di una storia simile, anche se incentrata sulla teoria del complotto.

Remember me (film) si conclude con l'attacco alle torri gemelle in cui muore il protagonista Tyler, un ragazzo 22enne

Note

  1. ^ a b (EN) Security Council Condemns, 'In Strongest Terms' Terrorist Attacks on the United States, su un.org, United Nations, 12 settembre 2001. URL consultato il 23 novembre 2013.
    «Il Consiglio di Sicurezza oggi, a seguito di quelli che ha chiamato ieri "gli orrendi attacchi terroristici" a New York, Washington e in Pennsylvania, ha inequivocabilmente condannato quegli atti ed espresso la propria vicinanza e le proprie condoglianze alle vittime e alle loro famiglie e al popolo e al Governo degli Stati Uniti»
  2. ^ (EN) Bin Laden claims responsibility for 9/11, CBC News, 29 ottobre 2004. URL consultato il 23 novembre 2013.
  3. ^ a b Testimonianza resa da Ramzi bin al-Shibh, (EN) The 9/11 Commission Report, Chapter 7, su govinfo.library.unt.edu, The 9/11 Commission. URL consultato il 23 novembre 2013.
  4. ^ (EN) 9 Years Later, Nearly 900 9/11 Responders Have Died, Survivors Fight for Compensation, Fox News, 11 settembre 2010. URL consultato il 23 novembre 2013.
  5. ^ (EN) Henry Goldman, New York, U.S. Commemorate Sept. 11 Anniversary With Ceremonies, Protests, Bloomberg News, 12 settembre 2010. URL consultato il 23 novembre 2013.
  6. ^ (EN) A list of the 77 countries whose citizens died as a result of the attacks on September 11, 2001, su interpol.int, Bureau of International Information Programs. [collegamento interrotto]
  7. ^ (EN) Terence Neilan, 2 Planes Crash Into World Trade Center, The New York Times, 11 settembre 2001. URL consultato il 23 novembre 2013.
  8. ^ (EN) Hijacked Planes Used in Coordinated Attacks Upon New York, Washington, su foxnews.com, Fox News, 11 settembre 2001. URL consultato il 23 novembre 2013.
  9. ^ (EN) Flight 93 Hijacker: 'We Have a Bomb on Board', su foxnews.com, Fox News, 13 aprile 2006. URL consultato il 23 novembre 2013.
  10. ^ (EN) Jim McKinnon, The phone line from Flight 93 was still open when a GTE operator heard Todd Beamer say: 'Are you guys ready? Let's roll', Pittsburgh Post-Gazette, 16 settembre 2001. URL consultato il 23 novembre 2013.
  11. ^ (EN) Relatives wait for news as rescuers dig, New York, CNN, 13 settembre 2001. URL consultato il 20 maggio 2008 (archiviato dall'url originale il 13 agosto 2007).
  12. ^ a b c (EN) Chapter 1: "We Have Some Planes" (PDF), su 9/11 Commission Report, 9-11commission.gov, 9/11 Commission, 2004. URL consultato il 23 novembre 2013.
  13. ^ (EN) National Commission Upon Terrorist Attacks in the United States, su 9-11commission.gov, 9/11 Commission, 27 gennaio 2004. URL consultato il 23 novembre 2013.
  14. ^ (EN) Mike M. Ahlers, 9/11 panel: Hijackers may have had utility knives, Washington D.C., CBS News, 27 gennaio 2004. URL consultato il 23 novembre 2013.
  15. ^ (EN) David Snyder, Families Hear Flight 93's Final Moments, The Washington Post, 19 aprile 2002. URL consultato il 23 aprile 2008. [collegamento interrotto]
  16. ^ (EN) Flight 93 Transcript, CNN, 12 aprile 2006. URL consultato il 30 marzo 2007 (archiviato dall'url originale il 13 aprile 2006).
  17. ^ (EN) Text of Flight 93 Recording, Fox News, 12 aprile 2006. URL consultato il 23 novembre 2013.
  18. ^ Yosri Fouda Nick Fielding, Masterminds of Terror, Arcade Publishing, 2004, pp. 158-159.
  19. ^ a b (EN) Bill Miller, Report Assesses Trade Center's Collapse, The Washington Post, 1º maggio 2002. URL consultato il 23 aprile 2008. [collegamento interrotto]
  20. ^ (EN) Chapter 5 WTC 7 - section 5.5.4 (PDF), su World Trade Center Building Performance Study, fema.gov, Federal Emergency Management Agency, 2002. URL consultato il 23 novembre 2013.
  21. ^ a b (EN) Questions and Answers about the NIST WTC 7 Investigation, su National Institute of Standards and Technology, United States Department of Commerce, 8 agosto 2008. URL consultato il 21 agosto 2008 (archiviato dall'url originale il 28 agosto 2008).
  22. ^ (EN) Profiles of 9/11 - About 9/11, su The Biography Channel, A&E Television Networks. URL consultato il 12 dicembre 2007 (archiviato dall'url originale il 2 maggio 2007).
  23. ^ (EN) Mark Miller, Three hours that shook America: A chronology of chaos, su Broadcasting & Cable, Reed Business Information, 25 agosto 2002. URL consultato il 23 novembre 2013.
  24. ^ (EN) CNN Breaking News: Terrorism Strikes In The United States in a Massive Attack, CNN, 11 settembre 2001. URL consultato il 23 novembre 2013.
  25. ^ (EN) Michael O'Mara, 9/11: 'Fifth Plane' terror alert at Cleveland Hopkins Airport, WKYC News, 11 settembre 2006. URL consultato il 13 febbraio 2007. [collegamento interrotto]
  26. ^ (EN) American Airlines Flight 11, CNN. URL consultato il 23 novembre 2013.
  27. ^ (EN) United Airlines Flight 175, su cnn.com, CNN. URL consultato il 23 novembre 2013.
  28. ^ (EN) American Airlines Flight 77, su cnn.com, CNN. URL consultato il 23 novembre 2013.
  29. ^ (EN) Dennis B. Roddy, Flight 93: Forty lives, one destiny, Pittsburgh Post-Gazette, 28 ottobre 2001. URL consultato il 7 settembre 2006 (archiviato dall'url originale il 10 marzo 2012).
  30. ^ (EN) September 11: Chronology of terror, su archives.cnn.com, CNN. URL consultato il 7 settembre 2006 (archiviato dall'url originale il 12 novembre 2004).
  31. ^ (EN) First video of Pentagon 9/11 attack released, Washington D.C., CNN, 16 maggio 2006. URL consultato il 23 novembre 2013.
  32. ^ (EN) 24 Remain Missing, September 11 Victims, 12 agosto 2006. URL consultato il 7 settembre 2006 (archiviato dall'url originale il 29 dicembre 2005).
  33. ^ (EN) Andrea Stone, Military's aid and comfort ease 9/11 survivors' burden, Arlington, USA Today, 20 agosto 2002. URL consultato il 23 novembre 2013.
  34. ^ (EN) Carolee Walker, Five-Year 9/11 Remembrance Honors Victims from 90 Countries, su america.gov, United States Department of State, 11 settembre 2006. URL consultato il 18 maggio 2008 (archiviato dall'url originale il 15 gennaio 2008).
  35. ^ Averill, Jason D., et al., Occupant Behavior, Egress, and Emergency Communications (PDF), in Final Reports of the Federal Building and Fire Investigation of the World Trade Center Disaster, National Institute of Standards and Technology (NIST), 2005. URL consultato il 23 novembre 2013.
  36. ^ Dwyer-Flynn, 2005.
  37. ^ (EN) Dwyer, Jim, et al., Last Words at the Trade Center; Fighting to Live as the Towers Die, in The New York Times, 26 maggio 2002. URL consultato il 23 novembre 2013.
  38. ^ a b (EN) Eric Lipton, Study Maps the Location of Deaths in the Twin Towers, in The New York Times, 22 luglio 2004. URL consultato il 23 novembre 2013.
  39. ^ (EN) Heroism and Honor, su National Commission on Terrorist Attacks upon the United States, 9-11commission.gov, U.S. Congress, 21 agosto 2004. URL consultato il 23 novembre 2013.
  40. ^ (EN) Dennis Chaucon e Martha Moore, Desperation forced a horrific decision, USATODAY, 2 settembre 2002. URL consultato il 23 novembre 2013.
  41. ^ (EN) Joel Roberts, Poor Info Hindered 9/11 Rescue, in CBS News, 18 maggio 2004. URL consultato il 23 novembre 2013.
  42. ^ (EN) Denise Grady, Andrew C. Revkin, Threats and Responses: Rescuer's Health; Lung Ailments May Force 500 Firefighters Off Job, in The New York Times, 10 settembre 2002. URL consultato il 23 novembre 2013.
  43. ^ (EN) Post-9/11 report recommends police, fire response changes, in USA Today, New York, 19 agosto 2002. URL consultato il 23 novembre 2013.
  44. ^ (EN) Beth Nissen, Police back on day-to-day beat after 9/11 nightmare, in CNN, New York, 21 luglio 2002. URL consultato il 23 maggio 2008 (archiviato dall'url originale il 9 novembre 2007).
  45. ^ Pradnya Joshi, Port Authority workers to be honored, in Newsday, 8 settembre 2005. URL consultato il 20 maggio 2008 (archiviato dall'url originale il 9 novembre 2007).
  46. ^ (EN) 2001 Notices of Line of Duty Death, su nemsms.org, National EMS Memorial Service. URL consultato il 23 novembre 2013.
  47. ^ (EN) Cantor rebuilds after 9/11 losses, in BBC News, 4 settembre 2006. URL consultato il 23 novembre 2013.
  48. ^ (EN) Aaron Siegel, Industry honors fallen on 9/11 anniversary, in InvestmentNews, 11 settembre 2007. URL consultato il 20 maggio 2008.
  49. ^ (EN) Andrew Beveridge, 9/11/01-02: A Demographic Portrait Of The Victims In 10048, su gothamgazette.com, Gotham Gazette. URL consultato il 23 novembre 2013.
  50. ^ (EN) Ayaz Nanji, Ground Zero Forensic Work Ends, in CBS News, 23 febbraio 2005. URL consultato il 23 novembre 2013.
  51. ^ (EN) Michelle Chen, Ecological Impact of 9/11 - Ground Zero: The Most Dangerous Workplace, in The NewStandard, New York, 24 gennaio 2005. URL consultato il 23 novembre 2013.
  52. ^ (EN) Juan Gonzalez, Shocking victims of 9/11 - Ground Zero poison blamed in deaths of DA terror expert, fed health monitor, in New York Daily News, 19 luglio 2007. URL consultato il 23 novembre 2013.
  53. ^ (EN) CBC-TV: 9/11 Toxic Legacy: A CLOUD of dust, su cbc.ca, CBC (archiviato dall'url originale il 13 agosto 2007).
  54. ^ a b (EN) World Trade Center Building Performance Study, su fema.gov, Federal Emergency Management Agency, maggio 2002. URL consultato il 12 luglio 2007 (archiviato dall'url originale il 27 settembre 2006).
  55. ^ (EN) Robert Smilowitz, Adam Hapij, Jeffrey Smilow, Chapter 6: Bankers Trust Building (PDF), su World Trade Center Building Performance Study, fema.gov, Federal Emergency Management Agency, maggio 2002. URL consultato il 23 novembre 2013.
  56. ^ (EN) The Deutsche Bank Building at 130 Liberty Street, su renewnyc.com, Lower Manhattan Development Corporation. URL consultato il 23 novembre 2013.
  57. ^ (EN) Fiterman Hall, su lowermanhattan.info, Lower Manhattan Construction Command Center, luglio 2007. URL consultato il 23 novembre 2013.
  58. ^ (EN) Top Projects Completed 2003-2004: Verizon Building Restoration, su newyork.construction.com, ENR New York. URL consultato il 23 novembre 2013.
  59. ^ (EN) Chapter 7: Peripheral Buildings (PDF), su World Trade Center Building Performance Study, fema.gov, Federal Emergency Management Agency, maggio 2002. URL consultato il 23 novembre 2013.
  60. ^ (EN) Larry Bloomfield, New York broadcasters rebuild, su sysdesignshowcase.broadcastengineering.com, Broadcast Engineering, 1º ottobre 2001. URL consultato il 18 maggio 2008 (archiviato dall'url originale il 4 giugno 2008).
  61. ^ (EN) The Pentagon Building Performance Report (PDF), su fire.nist.gov, American Society of Civil Engineers (ASCE), gennaio 2003. URL consultato il 20 maggio 2008 (archiviato dall'url originale il 3 febbraio 2004).
  62. ^ a b (EN) McKinsey Report - Emergency Medical Service response (PDF), su nyc.gov, FDNY / McKinsey & Company, 9 agosto 2002. URL consultato il 23 novembre 2013.
  63. ^ a b (EN) FDNY McKinsey Report - Executive Summary (PDF), su nyc.gov, FDNY / McKinsey & Company, agosto 2002. URL consultato il 23 novembre 2013.
  64. ^ (EN) Fire Apparatus Deployment on September 11 (PDF), su nyc.gov, FDNY / McKinsey & Company, agosto 2002. URL consultato il 23 novembre 2013.
  65. ^ a b (EN) McKinsey Report - NYPD, su nyc.gov, 19 agosto 2002. URL consultato il 23 novembre 2013.
  66. ^ a b (EN) Alavosius, Mark P., et al., Unity Of Purpose/Unity Of Effort: Private-Sector Preparedness In Times Of Terror, in Disaster Prevention & Management, vol. 14, n. 5, 2005, pp. 666-680.
  67. ^ (EN) Timeline of WTC Recovery, in Fox News, New York, 29 maggio 2002. URL consultato il 23 novembre 2013.
  68. ^ L'irritualità di una simile pronuncia di interesse giuridico è dimostrata dal fatto che - per plurisecolare tradizione islamica - una fatwa può essere validamente emessa solo da un giurisperito la cui dottrina ed esperienza siano riconosciute dalla maggioritaria opinione dei dotti musulmani.
  69. ^ (EN) Andrew Higgins, Alan Cullison, Saga of Dr. Zawahri Sheds Light On the Roots of al Qaeda Terror, in The Wall Street Journal, Derbent, 2 luglio 2002. URL consultato il 23 novembre 2013.
  70. ^ (EN) Tenth Public Hearing, Testimony of Louis Freeh editore=9/11 Commission, su 9-11commission.gov, 13 aprile 2004. URL consultato il 23 novembre 2013.
  71. ^ (EN) Jihad Against Jews and Crusaders: World Islamic Front Statement, su fas.org, Federation of American Scientists, 23 febbraio 1998. URL consultato il 23 novembre 2013.
  72. ^ Wright, Lawrence, The Looming Tower, Knopf, 2006, p. 130.
  73. ^ Gunaratna, Ronan, Inside Al Qaeda, Berkley Books, 2002, pp. 23-33.
  74. ^ In realtà la fatwa era del tutto irrituale sotto il profilo del diritto islamico, dal momento che Bin Laden non aveva alcun titolo per emetterne una, non avendo egli mai compiuto i necessari e certificati studi di "scienze religiose" (tra cui diritto islamico, teologia islamica, scienza dei hadith, esegesi coranica) in una struttura riconosciuta d'insegnamento superiore islamico).
  75. ^ (EN) Bin Laden's Fatwa (1996), in PBS, 23 agosto 1996. URL consultato il 23 novembre 2013.
  76. ^ a b (EN) Al Qaeda's 1998 Fatwa, in PBS, 23 febbraio 1998. URL consultato il 23 novembre 2013.
  77. ^ (EN) Suspect 'reveals 9/11 planning', in BBC News, 22 settembre 2003. URL consultato il 23 novembre 2013.
  78. ^ a b c d e f (EN) National Commission on Terrorist Attacks Upon the United States, Chapter 5: Al Qaeda at the American Homeland, in 9/11 Commission Report, Government Printing Office, 2004. URL consultato il 23 novembre 2013. Errore nelle note: Tag <ref> non valido; il nome "911-ch5" è stato definito più volte con contenuti diversi
  79. ^ (EN) Peter Bergen, The Osama bin Laden I Know, Free Press, 2006, p. 283.
  80. ^ Lawrence Wright, The Looming Tower: Al-Qaeda and the Road to 9/11, Knopf, 2006, p. 308.
  81. ^ (EN) 9/11 panel: Al Qaeda planned to hijack 10 planes, in CNN, Washington, D.C., 17 giugno 2004. URL consultato il 23 novembre 2013.
  82. ^ David Johnston, Two Years Later: 9/11 Tactics; Official Says Qaeda Recruited Saudi Hijackers to Strain Ties, in The New York Times, 9 settembre 2003. URL consultato il 23 novembre 2013.
  83. ^ (EN) Mark Clayton, Reading into the mind of a terrorist, in Christian Science Monitor, 30 ottobre 2003. URL consultato il 23 novembre 2013.
  84. ^ Richard A. Clarke, Against All Enemies: Inside America's War on Terrorism, New York, Simon & Schuster, 2004, pp. 13-14, ISBN 0-7432-6823-7.
  85. ^ (EN) FBI Announces List of 19 Hijackers, su fbi.gov, Federal Bureau of Investigation, 14 settembre 2001. URL consultato il 7 settembre 2006 (archiviato dall'url originale il 14 settembre 2001).
  86. ^ (EN) Michael Dorman, Unraveling 9-11 was in the bags, in Newsday, 17 aprile 2006. URL consultato il 20 maggio 2008 (archiviato dall'url originale il 14 giugno 2007).
  87. ^ (EN) Piece by Piece, The Jigsaw of Terror Revealed, in The Independent, 30 settembre 2001. URL consultato il 20 maggio 2008 (archiviato dall'url originale il 15 settembre 2007).
  88. ^ (EN) John Tagliabue, Raymond Bonner, A Nation Challenged: German Intelligence; German Data Led U.S. to Search For More Suicide Hijacker Teams, in The New York Times, Amburgo, 29 settembre 2001. URL consultato il 23 novembre 2013.
  89. ^ (EN) The FBI releases 19 photographs of individuals believed to be the hijackers of the four airliners that crashed on September 11, 01, su Federal Bureau of Investigation, United States Department of Justice, 27 settembre 2001. URL consultato il 20 maggio 2008 (archiviato dall'url originale il 1° ottobre 2001).
  90. ^ (EN) Michael E. Rolince, The Inspector General's Report and the September 11th Response, su Federal Bureau of Investigation, United States Department of Justice, 24 giugno 2003. URL consultato il 20 maggio 2008 (archiviato dall'url originale il 13 luglio 2003).
  91. ^ (EN) Dale L. Watson, The Terrorist Threat Confronting the United States, su Federal Bureau of Investigation, United States Department of Justice, 6 febbraio 2002. URL consultato il 20 maggio 2008 (archiviato dall'url originale il 5 aprile 2002).
  92. ^ (EN) Responsibility for the Terrorist Atrocities in the United States, 11 September 2001, su number-10.gov.uk, 10 Downing Street, 14 novembre 2001. URL consultato il 20 maggio 2008 (archiviato dall'url originale il 16 ottobre 2006).
  93. ^ Rohan Gunarathna, Inside Al Qaeda, Global Network of Terror, Berkley Books, 2002, pp. 61-62.
  94. ^ (EN) Bin Laden claims responsibility for 9/11, in CBC News, 29 ottobre 2004. URL consultato il 23 novembre 2013.
    «Il leader di al-Qa'ida Osama bin Laden è apparso in un nuovo messaggio trasmesso da una stazione televisiva araba venerdì notte, per la prima volta rivendicando la responsabilità diretta per gli attacchi del 2001 contro gli Stati Uniti.»
  95. ^ a b (EN) Full transcript of bin Ladin's speech, in Al Jazeera English, 2 novembre 2004. URL consultato il 20 maggio 2008 (archiviato dall'url originale il 10 aprile 2007).
  96. ^ (EN) Pakistan to Demand Taliban Give Up Bin Laden as Iran Seals Afghan Border, in Fox News, 16 settembre 2001. URL consultato il 23 novembre 2013.
  97. ^ (EN) Bin Laden on tape: Attacks 'benefited Islam greatly', in CNN, 14 dicembre 2001. URL consultato il 9 novembre 2007 (archiviato dall'url originale il 31 ottobre 2004).
    «Rivelando i dettagli degli attacchi fatali, bin Laden si vanta in arabo di esserne venuto a conoscenza in anticipo e afferma che la distruzione era andata oltre le sue speranze. Afferma che gli attacchi "hanno portato un grande beneficio all'Islam"»
  98. ^ (EN) Ed Haas, Taking the fat out of the fat bin Laden confession video, su muckrakerreport.com, Muckraker Report, 7 marzo 2008. URL consultato il 1º maggio 2008 (archiviato dall'url originale il 13 marzo 2008).
  99. ^ (EN) Transcript: Bin Laden video excerpts, in BBC News, 27 dicembre 2001. URL consultato il 23 novembre 2013.
  100. ^ (EN) Maggie Michael, Bin Laden, in statement to U.S. people, says he ordered Sept. 11 attacks, in U-T San Diego, Il Cairo, 29 ottobre 2004. URL consultato il 23 novembre 2013.
  101. ^ (EN) Al-Jazeera: Bin Laden tape obtained in Pakistan, in NBC News, Islamabad, 30 ottobre 2004. URL consultato il 23 novembre 2013.
  102. ^ (EN) Bin Laden 9/11 planning video aired, in CBC News, 7 settembre 2006. URL consultato il 23 novembre 2013.
  103. ^ (EN) 'We left out nuclear targets, for now', in The Guardian, 4 marzo 2003. URL consultato il 23 novembre 2013.
  104. ^ Making of the Death Pilots, MSNBC-TV, marzo 2002.
  105. ^ (EN) Brian Whitaker, Al-Qaida tape finally claims responsibility for attacks, in The Guardian, 10 settembre 2002. URL consultato il 23 novembre 2013.
  106. ^ (EN) Elaine Shannon, Michael Weisskopf, Khalid Sheikh Mohammed Names Names, TIME, 24 marzo 2003. URL consultato il 23 novembre 2013.
  107. ^ a b (EN) Key 9/11 suspect 'admits guilt', in BBC News, 15 marzo 2007. URL consultato il 23 novembre 2013.
  108. ^ (EN) September 11 suspect 'confesses', in Al Jazeera English, 15 marzo 2007. URL consultato il 20 maggio 2008 (archiviato dall'url originale il 17 marzo 2007).
  109. ^ (EN) Substitution for Testimony of Khalid Sheik Mohammed (PDF), su United States District Court for the Eastern District of Virginia, United States Department of Justice, 2006, p. 24. URL consultato il 23 novembre 2013.
  110. ^ (EN) Robin Clewley, How Osama Cracked FBI's Top 10, in Wired, 27 settembre 2001. URL consultato il 23 novembre 2013.
  111. ^ (EN) Spain jails 18 al-Qaeda operatives, in The Age, Madrid, 27 settembre 2005. URL consultato il 23 novembre 2013.
  112. ^ (EN) 18 jailed in Spanish Al-Qaeda trial, in Forbes, Madrid, 26 settembre 2005. URL consultato il 19 maggio 2008 (archiviato dall'url originale il 3 maggio 2007).
  113. ^ (EN) Country Reports on Terrorism 2006, su Embassy of the United States in Spain, United States Department of State, 2 ottobre 2007. URL consultato il 19 maggio 2008. [collegamento interrotto]
  114. ^ Richard Clarke, Against All Enemies, New York, Free Press, 2004, p. 35, ISBN 0-7432-6024-4.
  115. ^ Jason Burke, Al-Qaeda - The True Story of Radical Islam, Londra, New York, I.B. Tauris, 2004, pp. 23, 162-163, ISBN 1-85043-666-5.
  116. ^ Peter Bergen, The Osama bin Laden I Know: An Oral History of al Qaeda's Leader, New York, Free Press, 2006, p. 229, ISBN 0-7432-7891-7.
  117. ^ Michael Scott Doran, Understanding the War on Terror, New York, Norton, 2005, pp. 72-75, ISBN 0-87609-347-0.
  118. ^ Bush spiega la sua reazione all’11 settembre, in Il Post, 30 luglio 2011. URL consultato il 23 novembre 2013.
  119. ^ (EN) Stephen Smith, Asthma Rates Up Among Ground Zero Workers, in CBS News, 27 agosto 2007. URL consultato il 23 novembre 2013.
  120. ^ (EN) Simone A. Glynn, Effect of a National Disaster on Blood Supply and Safety: The September 11 Experience, in Journal of the American Medical Association, vol. 289, n. 17, American Medical Association, 7 maggio 2003. URL consultato il 23 novembre 2013.
  121. ^ (EN) Ray Suarez, Red Cross Woes, in PBS, 19 dicembre 2001. URL consultato il 23 novembre 2013.
  122. ^ a b (EN) Chapter 10: Wartime, su 9/11 Commission Report, 9-11commission.gov, National Commission on Terrorists Attacks upon the United States. URL consultato il 23 novembre 2013.
  123. ^ (EN) Chronology - Transport Canada responds to September 11 attacks, Transport Canada, 10 ottobre 2006. URL consultato il 15 dicembre 2007 (archiviato dall'url originale il 2 novembre 2002).
  124. ^ (EN) Statement by the North Atlantic Council, su nato.int, NATO, 12-15 settembre 2001. URL consultato il 23 novembre 2013.
    «"Article 5: The Parties agree that an armed attack against one or more of them in Europe or North America shall be considered an attack against them all and consequently they agree that, if such an armed attack occurs, each of them, in exercise of the right of individual or collective self-defence recognised by Article 51 of the Charter of the United Nations, will assist the Party or Parties so attacked by taking forthwith, individually and in concert with the other Parties, such action as it deems necessary, including the use of armed force, to restore and maintain the security of the North Atlantic area. / Any such armed attack and all measures taken as a result thereof shall immediately be reported to the Security Council. Such measures shall be terminated when the Security Council has taken the measures necessary to restore and maintain international peace and security."»
  125. ^ (EN) C. S. Kuppuswamy, Terrorism in Indonesia : Role of the Religious Organisation, su saag.org, South Asia Analysis Group, 2 novembre 2005. URL consultato il 6 luglio 2007 (archiviato dall'url originale il 21 gennaio 2007).
  126. ^ Rommel Banlaoi, Radical Muslim Terrorism in the Philippines, in Andrew Tan (a cura di), Handbook on Terrorism and Insurgency in Southeast Asia, Londra, Edward Elgar Publishing, 2006.
  127. ^ a b (EN) Plans For Iraq Attack Began On 9/11, in CBS News, Washington, D.C., 4 settembre 2002. URL consultato l'8 gennaio 2007 (archiviato dall'url originale il 6 settembre 2002).
  128. ^ (EN) Richard Benedetto, Patrick O'Driscoll, Poll finds a united nation, in USA Today, 16 settembre 2001. URL consultato il 23 novembre 2013.
  129. ^ (EN) Eric Pooley, Mayor of the World, in TIME, 31 dicembre 2001. URL consultato il 23 novembre 2013.
  130. ^ Devlin Barrett, 9/11 Fund Deadline Passes, in CBS News, 23 dicembre 2003. URL consultato l'8 settembre 2006 (archiviato dall'url originale il 2 febbraio 2004).
  131. ^ (EN) 'Shadow Government' News To Congress, in CBS News, Washington, D.C., 2 marzo 2002. URL consultato l'8 settembre 2006 (archiviato dall'url originale il 3 aprile 2002).
  132. ^ (EN) Uncle Sam Asks: "What The Hell Is Going On Here?", in New ACLU Print and Radio Advertisements, su aclu.org, Washington, D.C., American Civil Liberties Union, 3 settembre 2003. URL consultato il 23 novembre 2013.
  133. ^ (EN) Dan Eggen, Key Part of Patriot Act Ruled Unconstitutional, in The Washington Post, 30 settembre 2004. URL consultato il 23 novembre 2013.
  134. ^ (EN) Federal judge rules 2 Patriot Act provisions unconstitutional, in CNN, 26 settembre 2007. URL consultato il 23 novembre 2013.
  135. ^ (EN) Jim VandeHei, Dan Eggen, Cheney Cites Justifications For Domestic Eavesdropping, in The Washington Post, 5 gennaio 2006. URL consultato il 23 novembre 2013.
  136. ^ (EN) Hate crime reports up in wake of terrorist attacks, in CNN, Atlanta, 17 settembre 2001. URL consultato l'8 settembre 2006 (archiviato dall'url originale il 27 novembre 2005).
  137. ^ Tra queste le principali sono: la Islamic Society of North America, la American Muslim Alliance, l'American Muslim Council, il Council on American-Islamic Relations, il The Islamic Circle of North America, e la Shari'a Scholars Association of North America.
  138. ^ (EN) American Muslim Leaders, Muslim Americans Condemn Attack, su islamicity.com, ISNA. URL consultato il 23 novembre 2013.
  139. ^ (EN) Authorization for Use of Military Force, su Public Law 107-40 S. J. RES. 23, U.S. Congress, 18 settembre 2001. URL consultato l'8 settembre 2006. [collegamento interrotto]
  140. ^ (EN) Hendrik Hertzberg, Lost love, in The New Yorker, 11 settembre 2006, p. 29. URL consultato il 23 novembre 2013.
  141. ^ (EN) Attacks draw mixed response in Mideast, in CNN, Londra, 12 settembre 2001. URL consultato il 30 marzo 2007 (archiviato dall'url originale il 1° novembre 2007).
  142. ^ (EN) Heba Saleh, Mixed response from Arab World, in BBC News, Il Cairo, 11 settembre 2001. URL consultato il 23 novembre 2013.
  143. ^ (EN) U.S. President Bush's speech to United Nations, in CNN, 10 novembre 2001. URL consultato il 14 aprile 2008 (archiviato dall'url originale il 15 giugno 2007).
  144. ^ (EN) Aamer Ahmed Khan, Pakistan and the 'key al-Qaeda' man, in BBC News, 4 maggio 2005. URL consultato il 23 novembre 2013.
  145. ^ (EN) Stuart Hamilton, September 11, the Internet, and the effects on information provision in Libraries (PDF), su 68th IFLA Council and Conference, International Federation of Library Associations and Institutions, 24 agosto 2002. URL consultato il 23 novembre 2013.
  146. ^ (EN) G8 counter-terrorism cooperation since September 11 backgrounder, su g8.fr, Site Internet du Sommet du G8 d'Evian. URL consultato il 23 novembre 2013.
  147. ^ (EN) Courtney C. Walsh, Italian police explore Al Qaeda links in cyanide plot, in Christian Science Monitor, Roma, 7 marzo 2002. URL consultato il 23 novembre 2013.
  148. ^ (EN) SE Asia unites to smash militant cells, in CNN, Kuala Lumpur, 8 maggio 2002. URL consultato il 23 novembre 2013.
  149. ^ (EN) Nancy Talanian, A Guide to Provisions of the USA Patriot Act and Federal Executive Orders that threaten civil liberties (PDF), su bordc.org, Bill of Rights Defense Committee, 2002. URL consultato il 23 novembre 2013.
  150. ^ (EN) Reform the Patriot Act — Do not Expand It!, su action.aclu.org, American Civil Liberties Union. URL consultato il 14 settembre 2006 (archiviato dall'url originale il 30 luglio 2005).
  151. ^ (EN) Countering Terrorism, su liberty-human-rights.org.uk, Liberty. URL consultato il 23 novembre 2013.
  152. ^ (EN) Euro MPs urge Guantanamo closure, in BBC News, 13 giugno 2006. URL consultato il 23 novembre 2013.
  153. ^ (EN) Juan E. Mendez, Detainees in Guantanamo Bay, Cuba; Request for Precautionary Measures, Inter-Am. C.H.R., University of Minnesota, 13 marzo 2002. URL consultato il 23 novembre 2013.
  154. ^ (EN) USA: Release or fair trials for all remaining Guantánamo detainees, su amnesty.org, Amnesty International, 2 maggio 2008. URL consultato il 23 novembre 2013.
  155. ^ (EN) Richard A. Posner, The 9/11 Report: A Dissent, in The New York Times, 29 agosto 2004. URL consultato il 23 novembre 2013.
  156. ^ (EN) Ed Henry, Republicans amplify criticism of 9/11 commission, in CNN, Washington, D.C., 26 aprile 2004. URL consultato il 23 novembre 2013.
  157. ^ (EN) NIST's World Trade Center Investigation, su National Institute of Standards and Technology, Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti d'America, 14 dicembre 2007. URL consultato il 3 maggio 2008 (archiviato dall'url originale il 10 ottobre 2002).
  158. ^ National Construction Safety Team, Executive Summary (PDF), in Final Report on the Collapse of the World Trade Center Towers, National Institute of Standards and Technology, Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti d'America, settembre 2005. URL consultato il 21 maggio 2008 (archiviato dall'url originale il 28 novembre 2005).
  159. ^ (EN) Pete Sigmund, Building a Terror-Proof Skyscraper: Experts Debate Feasibility, Options, su constructionequipmentguide.com, 25 settembre 2002. URL consultato il 23 novembre 2013.
  160. ^ (EN) Translating WTC Reccomendations Into Model Building Codes, su wtc.nist.gov, NIST, 25 ottobre 2007. URL consultato il 24 gennaio 2008 (archiviato dall'url originale il 15 maggio 2006).
  161. ^ (EN) Reports of the Federal Building and Fire Investigation of the World Trade Center Disaster, su wtc.nist.gov, NIST, 25 ottobre 2005. URL consultato l'8 settembre 2006 (archiviato dall'url originale il 24 novembre 2005).
  162. ^ (EN) Steve Hermann, Simulation finds 9/11 fireproofing key, in Fox News, Indianapolis. URL consultato il 2 ottobre 2007 (archiviato dall'url originale il 27 giugno 2007).
  163. ^ (EN) Philip Giraldi, Deep Background, in The American Conservative, 1º aprile 2005. URL consultato il 23 novembre 2013.
  164. ^ (EN) Katherine Shrader, Senators Want CIA to Release 9/11 Report, in San Francisco Chronicle, Washington, D.C., Associated Press, 17 maggio 2007. URL consultato il 14 aprile 2008 (archiviato dall'url originale il 17 ottobre 2007).
  165. ^ (EN) Bill Barnhart, Markets reopen, plunge, in Chicago Tribune, 17 settembre 2001. URL consultato il 23 novembre 2013.
  166. ^ a b (EN) Fernandez Bob, U.S. Markets Decline Again, in The Philadelphia Inquirer, 22 settembre 2001.
  167. ^ (EN) Dolfman, Michael L., Solidelle F. Wasser, 9/11 and the New York City Economy, in Monthly Labor Review, vol. 127, 2004.
  168. ^ a b (EN) Gail Makinen, The Economic Effects of 9/11: A Retrospective Assessment (PDF), su Congressional Research Service, Library of Congress, 27 settembre 2002, 5. URL consultato il 23 novembre 2013.
  169. ^ Lesley Hensell, Tough Times Loom For Manhattan Commercial Market, su realtytimes.com, Realty Times, 14 dicembre 2001. URL consultato il 23 novembre 2013.
  170. ^ (EN) Franz Fuerst, Exogenous Shocks and Real Estate Rental Markets: An Event Study of the 9/11 Attacks and their Impact on the New York Office Market, su papers.ssrn.com, 7 settembre 2005. URL consultato il 23 novembre 2013.
  171. ^ (EN) James S. Russell, Do skyscrapers still make sense? Revived downtowns and new business models spur tall-building innovation., su archrecord.construction.com, Architectural Record, 7 novembre 2004. URL consultato il 23 novembre 2013.
  172. ^ (EN) Dipasis Bhadra, Pamela Texter, Airline Networks: An Econometric Framework to Analyze Domestic U.S. Air Travel, in Journal of Transportation and Statistics, Dipartimento dei Trasporti degli Stati Uniti, 2004. URL consultato il 21 maggio 2008 (archiviato dall'url originale il 30 marzo 2005).
  173. ^ (EN) Anita Gates, Buildings Rise from Rubble while Health Crumbles, in The New York Times, 11 settembre 2006. URL consultato il 23 novembre 2013.
  174. ^ (EN) What was Found in the Dust, in The New York Times, 5 settembre 2006. URL consultato il 23 novembre 2013.
  175. ^ (EN) New York: 9/11 toxins caused death, in CNN, New York, 24 maggio 2007. URL consultato il 10 luglio 2007 (archiviato dall'url originale il 26 maggio 2007).
  176. ^ (EN) Anthony DePalma, Tracing Lung Ailments That Rose With 9/11 Dust, in The New York Times, 13 maggio 2006. URL consultato il 23 novembre 2013.
  177. ^ (EN) Updated Ground Zero Report Examines Failure of Government to Protect Citizens, su sierraclub.org, Sierra Club, 2006. URL consultato il 23 novembre 2013.
  178. ^ (EN) Stephen Smith, 9/11 "Wall Of Heroes" To Include Sick Cops, in CBS News, 28 aprile 2008. URL consultato il 23 novembre 2013.
  179. ^ (EN) CCCEH Study of the Effects of 9/11 on Pregnant Women and Newborns (PDF), su World Trade Center Pregnancy Study, Columbia University, 2006. URL consultato il 23 novembre 2013.
  180. ^ (EN) Anthony DePalma, Many Ground Zero Workers Gain Chance at Lawsuits, in The New York Times, 18 ottobre 2006. URL consultato il 23 novembre 2013.
  181. ^ (EN) Larry Neumeister, Associated Press, Judge Slams Ex-EPA Chief Over Sept. 11, in San Francisco Chronicle, 2 febbraio 2006. URL consultato il 3 maggio 2008 (archiviato dall'url originale il 24 maggio 2008).
  182. ^ (EN) John Heilprin, White House edited EPA's 9/11 reports, in Seattle Post-Intelligencer, Washington, D.C., 23 giugno 2003. URL consultato il 23 novembre 2013.
  183. ^ (EN) Ben Smith, Rudy's Black Cloud. WTC health risks may hurt Prez bid, in Daily News, 18 settembre 2006. URL consultato il 21 maggio 2008 (archiviato dall'url originale il 18 giugno 2008).
  184. ^ (EN) Tess Taylor, Rebuilding in New York, in Architecture Week, n. 68, 26 settembre 2001. URL consultato il 23 novembre 2013.
  185. ^ (EN) Silent Tribute Marks End of Ground Zero Search, in Fox News, New York, 30 maggio 2002. URL consultato il 23 novembre 2013.
  186. ^ (EN) Sam Lubell, Charles Linn, Power Struggle Heats Up While Development Moves Slowly at Ground Zero, su archrecord.construction.com, Architectural Record, 5 dicembre 2005. URL consultato il 23 novembre 2013.
  187. ^ (EN) Russ Buettner, Fat cats milked Ground Zero, in New York Daily News. URL consultato l'8 settembre 2006. [collegamento interrotto]
  188. ^ (EN) Christy Oglesby, Phoenix rises: Pentagon honors 'hard-hat patriots', in CNN, 11 settembre 2002. URL consultato il 13 giugno 2008 (archiviato dall'url originale il 18 dicembre 2004).
  189. ^ (EN) Honoring the fallen, From New York to Texas, Americans pay respect to the victims of terrorism, The Dallas Morning News, 15 settembre 2001.
  190. ^ (EN) Frank Ahrens, Sorrow's Legions; Washingtonians Gather With Candles, Prayers And a Shared Grief, in The Washington Post, 15 settembre 2001. URL consultato il 23 novembre 2013.
  191. ^ (EN) Bush Thanks Canadians for Helping After 9/11, Halifax, Fox News, 1º dicembre 2004. URL consultato il 23 novembre 2013.
  192. ^ (EN) Pete Sigmund, Crews Assist Rescuers in Massive WTC Search, su cegltd.com, Construction Equipment Guide, 26 settembre 2001. URL consultato il 23 novembre 2013.
  193. ^ (EN) Tribute in light to New York victims, in BBC News, 6 marzo 2002. URL consultato il 23 novembre 2013.
  194. ^ (EN) Stephen Smith, Associated Press, WTC Memorial Construction Begins, in CBS News, 13 marzo 2006. URL consultato il 23 novembre 2013.
  195. ^ (EN) David W. Dunlap, Governor Bars Freedom Center at Ground Zero, in The New York Times, 29 settembre 2005. URL consultato il 23 novembre 2013.
  196. ^ (EN) Timothy Dwyer, Pentagon Memorial Progress Is Step Forward for Families, in The Washington Post, 26 maggio 2007. URL consultato il 23 novembre 2013.
  197. ^ (EN) DefenseLINK News Photos - Pentagon's America's Heroes Memorial, su defenselink.mil, Department of Defense. URL consultato il 23 novembre 2013.
  198. ^ (EN) Associated Press, Sept. 11 Flight 93 Memorial Design Chosen, in Fox News, Washington, D.C., 8 settembre 2005. URL consultato il 23 novembre 2013.
  199. ^ (EN) Flight 93 Memorial Project, su nps.gov, Flight 93 Memorial Project / National Park Service. URL consultato il 23 novembre 2013.
  200. ^ (EN) 911 Memorials List, su List of 911 and World Trade Center Memorials Across U.S. and the World. URL consultato il 23 novembre 2013.
  201. ^ (EN) Ford Fessenden, 9/11; After the World Gave: Where $2 Billion in Kindness Ended Up, in The New York Times, 18 novembre 2002. URL consultato il 23 novembre 2013.
  202. ^ (EN) Cinnamon Stillwell, The Truth About 9/11 Conspiracy Theories, in San Francisco Chronicle, 19 aprile 2006. URL consultato il 23 novembre 2013.
  203. ^ (EN) Zdenek P. Bazant, Verdure, M., Mechanics of Progressive Collapse: Learning from World Trade Center and Building Demolitions (PDF), in Journal of Engineering Mechanics, vol. 133, n. 3, American Society of Civil Engineers, marzo 2007, pp. 308-319, DOI:10.1061/(ASCE)0733-9399(2007)133:3(308). URL consultato il 23 novembre 2013.

Bibliografia

Voci correlate

Altri progetti

Collegamenti esterni

Template:Guerra al Terrorismo

Controllo di autoritàVIAF (EN315679777 · Thesaurus BNCF 62701 · LCCN (ENsh2001000147 · GND (DE4667841-4 · BNE (ESXX549856 (data) · BNF (FRcb137450433 (data) · J9U (ENHE987007563709605171 · NDL (ENJA00956404 · WorldCat Identities (ENviaf-315679777

Template:Link VdQ Template:Link VdQ

Template:Link V Template:Link V Template:Link V Template:Link V Template:Link VdQ

Template:Link VdQ

Template:Link AdQ Template:Link AdQ Template:Link AdQ Template:Link AdQ