Fabbricanti di angeli di Nagyrév: differenze tra le versioni

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Julia Fazekas era una [[levatrice]], [[infermiera]], [[ostetrica]] ed [[abortista]] (all'epoca l'aborto era illegale ma, in mancanza di [[contraccezione| metodi contraccettivi]] efficaci, largamente praticato) che giunse nel modesto villaggio di [[Nagyrév]], in [[Ungheria]], nel 1911; il villaggio si trova a circa 100 km a sud-est di [[Budapest]] e contava poco meno di 900 abitanti.
Julia Fazekas era una [[levatrice]], [[infermiera]], [[ostetrica]] ed [[abortista]] (all'epoca l'aborto era illegale ma, in mancanza di [[contraccezione| metodi contraccettivi]] efficaci, largamente praticato) che giunse nel modesto villaggio di [[Nagyrév]], in [[Ungheria]], nel 1911; il villaggio si trova a circa 100 km a sud-est di [[Budapest]] e contava poco meno di 900 abitanti.

Versione delle 14:39, 29 dic 2014

Zsuzsanna Olàh e Julia Fazekas
Altri nomiSusi Olàh, Zia Susi
SoprannomiLe Creatrici (o "Fabbricanti") di Angeli di Nagyrév
NascitaSconosciuta
MorteSeconda metà del 1929 o dopo
Vittime accertate50+
Vittime sospettate300+
Periodo omicidi1911 o 1914-prima metà del 1929
Luoghi colpitiNagyrév e villaggi limitrofi nell'area del Tiszaug
Metodi uccisioneAvvelenamento da "Polvere dell'Eredità di Zia Susi"
Altri criminiComplicità, falsificazione, pratica illegale di aborti
ArrestoLuglio 1929 circa
ProvvedimentiJulia si avvelenò; Susi e la sorella Lydia vennero impiccate; alcune delle altre complici ebbero l'ergastolo
Periodo detenzioneLuglio 1929-?

Zsuzsanna Olàh (... – 1929) e Julia Fazekas (... – 1929), note anche come Le Fabbricanti di Angeli di Nagyrév, sono state una coppia di assassine seriali ungheresi; insieme ad un gruppo di alcune decine di complici hanno compiuto almeno 50 omicidi, che secondo altre stime ammonterebbero addirittura a 300..

Le Creatrici di Angeli di Nagyrév

Gli inizi

Julia Fazekas era una levatrice, infermiera, ostetrica ed abortista (all'epoca l'aborto era illegale ma, in mancanza di metodi contraccettivi efficaci, largamente praticato) che giunse nel modesto villaggio di Nagyrév, in Ungheria, nel 1911; il villaggio si trova a circa 100 km a sud-est di Budapest e contava poco meno di 900 abitanti.

Non si conosce nulla della sua infanzia; la Fazekas dichiarava di essere stata sposata con un marito che l'aveva abbandonata da tempo; non è mai stato appurato se tale marito fosse esistito realmente e che cosa ne fosse stato di lui. Veniva soprannominata “donna saggia”.

Era una sostenitrice dell'aborto, che continuò a praticare per anni, sebbene fosse illegale.

Nel 1914 iniziò la prima guerra mondiale; i mariti chiamati al fronte lasciarono le loro mogli per partire; Nagyrév diventò una sorta di centro di detenzione di prigionieri di guerra.

La congregazione

Le donne della società di quel periodo dovevano sottostare ai matrimoni vincolati dalla famiglia; il divorzio ancora non esisteva. Le donne di Nagyrév, mentre gli uomini erano al fronte, iniziarono ad avere alcuni amanti stranieri, spesso prigionieri di guerra. Nel 1918, quando la guerra finì, i mariti superstiti tornarono nel borgo e vollero tornare al loro precedente stile di vita, che avrebbe creato situazioni instabili.

Julia Fazekas iniziò così a convincere alcune donne ad avvelenare i mariti; si formò in segreto un gruppo di assassine chiamato “Fabbricanti di angeli”. Le guide era Julia Fazekas e la sua complice più stretta, una sedicente maga e fattucchiera di nome Zsuzsanna (Susanna) Olàh, soprannominata “zia Susi”; presumibilmente le due erano amanti.

Il gruppo contava circa 30 membri, forse fino a più di 50.

Gli omicidi, il movente

La prima vittima fu un anziano di nome “Peter Hegedus”, che morì o nel 1911 o nel 1914; non fu opera di Fazekas. Tutti gli altri omicidi partirono dallo stesso anno e terminarono nel 1929, dopo 15 o 18 anni. Con il passare del tempo si estesero nei villaggi vicini.

I delitti motivati da numerosi fattori di carattere personale: dall'odio delle donne verso il marito che dovettero sposare in modo forzato; perché, dopo essersi trovato l'amante, non volevano tornare con loro; perché non volevano tornare allo stile di vita precedente; perché il marito le aveva violentate fisicamente o psicologicamente. Per loro, il veleno era uno “strumento di liberazione” dalle dure condizioni a cui erano soggette.

L'arma usata per ogni omicidio era l'arsenico; lo ottenevano immergendo alcuni fogli di carta moschicida nell'acqua e facendola bollire: in questo modo estraevano il veleno, che si separava dalla carta; quest'idea fu trovata dalla Fazekas. Susi Olàh si occupava di venderlo porta a porta; lo soprannominava “la Polvere dell'Eredità di Zia Susi”.

Il cugino della Fazekas, un addetto delle pompe funebri, si occupava di falsificare e archiviare i certificati di morte; attribuiva le morti a malattie varie e non ad avvelenamento. Questo fattore allontanò per qualche tempo i sospetti delle autorità dalle "Fabbricanti di angeli".

Inizialmente, le donne coinvolte uccisero i mariti; qualche tempo dopo cominciarono a morire anche i loro figli, genitori, parenti e vicini, che ritenevano “scomodi”.

Tra un omicidio e l'altro, Fazekas eseguiva anche aborti clandestini in cambio di denaro; venne arrestata e imprigionata una decina di volte tra il 1911 e il 1921, ma sempre assolta.

La denuncia

Nella metà del 1920, gli omicidi si diffusero a tal punto che Nagyrév fu soprannominato “il Distretto dell'Omicidio” (“Murder District”).

Il caso emerse ufficialmente nell'aprile 1929, quando una lettera anonima venne inviata al direttore di un giornale locale: essa denunciava i livelli di criminalità della zona del Tiszazug (in cui si trovava Nagyrév); fece anche notare che tutte le vittime erano membri di una famiglia; accusò le donne di essere le assassine.

Le indagini

Le indagini, a partire da quell'anno, si rinvigorirono fino alla svolta finale.

Nel luglio 1929, un maestro di coro del vicino villaggio di Tiszakurt sopravvisse ad un tentativo di avvelenamento dopo che gli fu praticata una lavanda gastrica; si rivolse alla polizia e accusò l'infermiera Ladislaus Szabo di avere provato ad ucciderlo con un bicchiere di vino avvelenato. Poco tempo dopo, un'altra persona accusò a sua volta la Szabo di avere cercato di somministrargli del veleno. La donna fu arrestata; per ottenere la scarcerazione denunciò un'amica che era stata sua complice, la signora Bukenoveski. Arrestata, fece il nome di Julia Fazekas, sostenendo che, nel 1924, l'ostetrica le avrebbe fornito dell'arsenico per uccidere la madre di settantasette anni.

Il suo cadavere venne ripescato dal fiume Tisza; uno studente di medicina lo esaminò e ci trovò delle grosse tracce di avvelenamento da arsenico. La polizia si insospettì quando vide che, nel certificato di morte, c'era indicata come causa l'"annegamento". Nel frattempo, altre decine di cadaveri vennero riesumati dal cimitero locale per le indagini; i certificati di morte riportavano come causa del decesso la “malattia”; probabilmente anche l'addetto all'archiviazione era coinvolto.

La fine

Gli agenti, che avevano abbastanza prove per il coinvolgimento della Fazekas, la arrestarono. Lei si proclamò innocente. La scarcerarono per mancanza di prove e iniziarono a pedinarla di nascosto: come previsto, andò di casa in casa per avvertire i membri del suo gruppo che erano state scoperte e che gli omicidi avrebbero dovuto cessare.

A partire dalla Fazekas, scoprirono i membri del gruppo delle Fabbricanti di angeli e li arrestarono il giorno stesso.

In totale si fecero 34 o 38 arresti, tra cui un uomo (forse l'addetto all'archivio); le autorità rilasciarono alcune sospettate e ne tennero in custodia 26. Julia Fazekas all'arresto si era suicidata in casa sua bevendo il veleno; insieme al cadavere la polizia trovò della carta moschicida a mollo nell'acqua. Susi Olàh invece fu presa viva insieme alla sorella settantenne Lydia.

Alle Angelmakers furono attribuiti almeno 50 omicidi, fino a 300.

A conclusione del processo, che ebbe luogo a Szolnok, 7 delle 26 assassine vennero condannate a scontare l'ergastolo; delle altre ricevettero alcuni anni di carcere. Otto di loro invece ebbero la pena capitale, ma solo due di loro furono impiccate: una delle due condannate era Susi Olàh; l'altra era la sorella Lydia.

I loro omicidi scioccarono l'Ungheria, che si stava riprendendo dai casi di Béla Kiss e Vera Renczi. Gli studiosi, che non hanno saputo dare una spiegazione plausibile, hanno ipotizzato che le donne sarebbero state prese da “un attacco di pazzia complessivo”.

Il loro caso non fu il primo: una donna di nome Alexe Popova tra il 1879 e il 1909, diede del veleno gratis alle donne del villaggio di Samara per avvelenare i loro mariti. Arrestata nel marzo 1909, confessò con orgoglio 300 omicidi. Venne successivamente condannata a morte tramite fucilazione, sentenza eseguita nel 1909; prima di morire si pentì delle sue azioni.[1]

Voci correlate

Note

  1. ^ Vincenzo M. Mastronardi; Ruben De Luca, I Serial Killer, Roma, Newton & Compton, settembre 2005. ISBN 88-541-0459-0.

Bibliografia

  • Tiszazug: A Social History of a Murder Epidemic, di Béla Bodó, Columbia University Press East European Monographs, 2003. ISBN 0880334878.

Collegamenti esterni

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