Il commiato: differenze tra le versioni

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== Storia ==
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La canzone nacque a Torino in una sera di maggio del [[1909]]<ref name="S. Pivato pag. 154">[[Stefano Pivato]], ''Bella Ciao. Canto e politica nella storia d'Italia'', [[Laterza editore|Laterza]], 2005 (p. 154)</ref>, nella trattoria del Sussembrino<ref name="W. Fiorentino, 95">Waldimaro Fiorentino, ''L'Operetta italiana. Storia, analisi critica, aneddoti'', Edizioni Catinaccio, 2006 (p. 95)</ref>, con il titolo ''Il Commiato'', come canto [[Goliardia|goliardico]], durante una festa di addio agli studi degli studenti universitari di legge dell'[[Università di Torino]]. Fu proprio su sollecitazione della comitiva degli studenti convenuti che [[Nino Oxilia]] si mise a comporre di getto il testo della canzone<ref name="W. Fiorentino, 95"/> per celebrare un evento, quello della laurea, che segnava un [[rito di passaggio]] nella vita umana, la fine della spensieratezza della ''[[Bohème (movimento artistico)|vie bohémienne]]'' e il transito dall'[[adolescenza]] alla [[Adulto|vita adulta]], con l'assunzione di impegni e responsabilità professionali, un mutamento spesso segnato dall'abbandono della città e dei compagni di studio per far ritorno alla provincia di origine.
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Nella trattoria, Oxilia si trovava in compagnia dell'amico musicista [[Giuseppe Blanc]], che aggiunse la musica al testo<ref name="W. Fiorentino, 95"/> e la canzone conobbe un notevole gradimento negli ambienti goliardici torinesi tanto da essere subito stampata in 150 copie dagli studenti stessi<ref name="W. Fiorentino, 96">Waldimaro Fiorentino, ''L'Operetta italiana. Storia, analisi critica, aneddoti'', Edizioni Catinaccio, Bolzano, 2006 (p. 96)</ref>. La pubblicazione, per la [[casa editrice]]torinese ''Gustavo Gori Editore Di Musica'' di [[Piazza Castello (Torino)|piazza Castello]] 22, si avvaleva di "un bellissimo ed [[Emblematica|emblematico]] [[frontespizio]]"<ref name="P. M. Prosio, 187"/> a colori di [[Attilio Mussino]]<ref name="P. M. Prosio, 187"/>, il quale, in stile [[Art Nouveau]], aveva raffigurato una scena di commiato tra uno studente in partenza con il diploma di laurea arrotolato sotto il braccio e "una bella e corrucciata fanciulla col viso in parte coperto da un ampio cappello", alla quale lo studente tiene la mano<ref name="P. M. Prosio, 187">Pier Massimo Prosio, ''1911. Commiato'', in ''Torino a cielo alto'', Centro Studi Piemontesi, Torino, 2009 (p. 187)</ref>.
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Versione delle 19:11, 6 dic 2014

Il commiato
Artista
Autore/iNino Oxilia, Giuseppe Blanc
Genereinno
Data1909

Il commiato (o Inno dei laureandi) è un canto che fa parte del repertorio dell'innodia goliardica dell'università italiana, in voga a inizio Novecento, opera estemporanea di Nino Oxilia, che ne compose i versi, in un'occasione estemporanea, nel 1909. Il testo di Oxilia fu messo in musica da Giuseppe Blanc.

Diffuso inizialmente all'Università di Torino, il canto goliardico celebrava la fine degli studi e, di conseguenza, il venire meno della dolcezze della gioventù.

Nata come nostalgica canzone studentesca incentrata sulla malinconica fine della spensierata vita universitaria, essa subì col tempo uno destino imprevisto, adottata in vari contesti che ne travolsero l'originaria impronta goliardica: dapprima adattata in chiave militare, poi in chiave politica e sociale, finì per divenire Giovinezza, inno trionfale del Partito Nazionale Fascista[1].

Autori

Nino Oxilia (1889-1917), autore dei versi dell'inno

Autore del testo fu lo studente diciannovenne Nino Oxilia, futuro poeta crepuscolare, che, insieme alla stesura dell'inno, è rimasto noto per i suoi celebri trascorsi goliardici: era, infatti, membro di spicco dell'A.T.U. (Associazione Torinese Universitaria, poi confluita nella Corda Fratres) e fu, inoltre, sodale della Gaja Brigata, nella quale raggiunse il titolo di "cardinale".

Protagonista della Belle Époque studentesca, Oxilia sarebbe andato incontro a giovane morte il 18 novembre 1917, sulla linea del Monte Grappa, durante la prima guerra mondiale, colpito da una scheggia di granata sul Monte Tomba[2].

Il testo di Oxilia fu musicato dal suo amico Giuseppe Blanc, musicista versatile e polistrumentista, allievo del Liceo musicale "Giuseppe Verdi" (poi Conservatorio Giuseppe Verdi). Blanc, a quei tempi, era studente laureando in giurisprudenza, avendo rinunciato a seguire in pieno le proprie inclinazioni musicali per accondiscendere al desiderio dei genitori che lo volevano avviato agli studi di diritto[3].

Storia

La canzone nacque a Torino in una sera di maggio del 1909[1], nella trattoria del Sussembrino[3] in Via Po, con il titolo Il Commiato, come canto goliardico, durante una festa di addio agli studi degli studenti universitari di legge dell'Università di Torino. Fu proprio su sollecitazione della comitiva degli studenti convenuti che Nino Oxilia si mise a comporre di getto il testo della canzone[3] per celebrare un evento, quello della laurea, che segnava un rito di passaggio nella vita umana, la fine della spensieratezza della vie bohémienne e il transito dall'adolescenza alla vita adulta, con l'assunzione di impegni e responsabilità professionali, un mutamento spesso segnato dall'abbandono della città e dei compagni di studio per far ritorno alla provincia di origine.

Nella trattoria, Oxilia si trovava in compagnia dell'amico musicista Giuseppe Blanc, che aggiunse la musica al testo[3] e la canzone conobbe un notevole gradimento negli ambienti goliardici torinesi tanto da essere subito stampata in 150 copie dagli studenti stessi[4]. La pubblicazione, per la casa editricetorinese Gustavo Gori Editore Di Musica di piazza Castello 22, si avvaleva di "un bellissimo ed emblematico frontespizio"[5] a colori di Attilio Mussino[5], il quale, in stile Art Nouveau, aveva raffigurato una scena di commiato tra uno studente in partenza con il diploma di laurea arrotolato sotto il braccio e "una bella e corrucciata fanciulla col viso in parte coperto da un ampio cappello", alla quale lo studente tiene la mano[5].

I versi dell'Oxilia, al contempo gioiosi e malinconici, celebravano la fine della spensierata età bohémienne degli studi, che segnava anche l'epilogo delle sue gioie, degli amori studenteschi, del vigore e della spavalderia di chi ha vent'anni.

Il musicista Giuseppe Blanc (1886-1969), negli anni precedenti la Grande guerra

.

«Son finiti i tempi/giorni lieti
degli studi e degli amori
o compagni, in alto i cuori
il passato salutiam.
[...]
Giovinezza, giovinezza,
primavera di bellezza!
Della vita nell'asprezza,
il tuo canto squilla e va!
...
Stretti stretti sotto braccio
d'una piccola sdegnosa
trecce bionde, labbra rosa
occhi azzurri come il mar
...»

Nell'ultima strofa prima del refrain finale faceva capolino un accento patriottico e irredentista:

«Ma se il grido ci giungesse
dei compagni non redenti
alla morte sorridenti
il nemico ci vedrà.»

Secondo uno studio del 2013 di Patrizia Deabate [6] l'inno, nella versione originale, era stato una risposta di Oxilia a una poesia scritta mezzo secolo prima dal milanese Emilio Praga, poeta "maledetto" appartenente alla Scapigliatura. L'Inno, inoltre, affonderebbe le radici più remote nell'esaltazione della giovinezza della Rivoluzione Francese, con il richiamo a un simbolo contenuto nel celebre dipinto di Eugène Delacroix, La Libertà che guida il popolo, custodito al Museo del Louvre di Parigi.

Fortuna

Nel 1911 la canzone fu inserita nella "celeberrima"[7] operetta Addio giovinezza!, con libretto di Sandro Camasio e dello stesso Nino Oxilia, che conobbe un notevole successo[8]. Questo contribuì anche alla fortuna dell'inno che fu intonato anche tra i padiglioni dell'Esposizione internazionale dell'Industria e del Lavoro che si tenne a Torino in quello stesso anno.

Erano gli anni in cui, nella Torino di inizio secolo, l'incipiente sviluppo industriale delineava già una frattura sociologica; rispetto al mondo delle ciminiere e degli opifici della meccanica, la canzone rappresentava espressione di controcanto di una città ancorata alla sua anima risorgimentale, la società sabauda "degli orizzonti limitati ma sicuri, della vita senza foga, delle cose piccole e serene cantate con rimpianto dia Guido Gozzano"[7]

Rimaneggiamenti successivi

Il successo dell'inno è testimoniato anche dai rifacimenti successivi: rimaneggiato nel 1911, fu adottato come inno ufficiale degli Alpini[9].

Morto l'autore in guerra nel 1917, finì per essere trasformata in un inno degli Arditi, quindi degli Arditi del popolo, poi delle donne fasciste, quindi, ancora, in un inno dello squadrismo fascista. Infine, con le modifiche al testo apportate da Salvator Gotta, divenne Giovinezza, il cui sottotitolo era Inno trionfale del Partito Nazionale Fascista[1].

Nulla, nei versi di Oxilia, poteva far intuire o trasparire il senso dei simbolismi sociali e politici di cui l'inno nostalgico degli studenti sarebbe stato caricato con vari interventi nel tempo[9]. Il susseguirsi di questi interventi, con l'inserimento di simboli e riferimenti storici, permette di seguire l'evoluzione stessa, in senso sociale e politico, del fascismo italiano. Nulla, in quei versi, poteva far trasparire il senso dei simbolismi sociali e politici di cui sarebbe stata caricata nel tempo.[10]

Testo originario

Partitutra dell'inno (Giuseppe Blanc)

«

Son finiti i tempi lieti
degli studi e degli amori;
o compagni in alto i cuori,
il passato salutiam.


È la vita una battaglia
è il cammino irto d'inganni;
ma siam forti, abbiam vent'anni,
l'avvenire non temiam.


Giovinezza, giovinezza
primavera di bellezza,
della vita nell'asprezza
il tuo canto squilla e va.


Stretti stretti sotto braccio
d'una piccola sdegnosa,
treccie bionde, labbra rosa,
occhi azzurri come il mar;


Ricordare in primavera
i crepuscoli vermigli
tra le verdi ombre dei tigli
i fantastici vagar.


Giovinezza, giovinezza
primavera di bellezza,
della vita nell'asprezza
il tuo canto squilla e va.


Salve, nostra adolescenza;
te commossi salutiamo,
per la vita ce ne andiamo,
il tuo riso cesserà.


Ma se un dì udremo un grido
dei fratelli non redenti
alla morte sorridenti
il nemico ci vedrà.


Giovinezza, giovinezza
primavera di bellezza,
della vita nell'asprezza
il tuo canto squilla e va.»

Note

  1. ^ a b c Stefano Pivato, Bella Ciao. Canto e politica nella storia d'Italia, Laterza, 2005 (p. 154)
  2. ^ Poeti crepuscolari - Nino Oxilia, su freemaninrealworld.altervista.org, Freemaninrealworld. URL consultato il 29 luglio-2013.
  3. ^ a b c d Waldimaro Fiorentino, L'Operetta italiana. Storia, analisi critica, aneddoti, Edizioni Catinaccio, 2006 (p. 95)
  4. ^ Waldimaro Fiorentino, L'Operetta italiana. Storia, analisi critica, aneddoti, Edizioni Catinaccio, Bolzano, 2006 (p. 96)
  5. ^ a b c Pier Massimo Prosio, 1911. Commiato, in Torino a cielo alto, Centro Studi Piemontesi, Torino, 2009 (p. 187)
  6. ^ Patrizia Deabate, Le origini dell'Inno dei Laureandi Il Commiato, in "Studi Piemontesi", vol. XLII, fasc. 1, giugno 2013.
  7. ^ a b Rinaldo Comba, Umberto Levra, Giuseppe Ricuperati e Nicola Tranfaglia (a cura di), Storia di Torino, vol. VII, 2007 (p. clx)
  8. ^ Rinaldo Comba, Umberto Levra, Giuseppe Ricuperati e Nicola Tranfaglia (a cura di), Storia di Torino, vol. VII, 2007 (p. 973)
  9. ^ a b Stefano Pivato, Bella Ciao. Canto e politica nella storia d'Italia, Laterza, 2005 (p. 153)
  10. ^ Stefano Pivato, Bella Ciao. Canto e politica nella storia d'Italia, Laterza, 2005 (p. 152)

Bibliografia

  • Stefano Pivato, Bella Ciao. Canto e politica nella storia d'Italia, Laterza editore, Roma-Bari, 2005, ISBN 88-420-7586-8.
  • Waldimaro Fiorentino, L'Operetta italiana. Storia, analisi critica, aneddoti, Edizioni Catinaccio, Bolzano, 2006
  • AA.VV., Storia di Torino, a cura di Rinaldo Comba, Umberto Levra, Giuseppe Ricuperati e Nicola Tranfaglia, vol. VII, Einaudi, 2007.
  • Patrizia Deabate, Le origini dell'Inno dei Laureandi Il Commiato, in "Studi Piemontesi", vol. XLII, fasc. 1, giugno 2013.
  • Pier Massimo Prosio, 1911. Commiato, in Torino a cielo alto, Centro Studi Piemontesi, Torino, 2009.

Voci correlate

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