Momo (mitologia): differenze tra le versioni

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* [[Leon Battista Alberti]], ''[[Momus sive de principe]]'' (ca. [[1447]]). [[Momo o del principe]] A cura di R.Consolo. Costa & Nolan, 1992.
* [[Leon Battista Alberti]], ''[[Momus sive de principe]]'' (ca. [[1447]]). [[Momo o del principe]] A cura di R.Consolo. Costa & Nolan, 1992.



Versione delle 15:00, 12 mar 2014

Template:Avvisounicode Momo (dal greco μῶμος, momos = biasimo) è una figura della mitologia greca, figlio della Notte (Nyx).

Cicerone lo dice figlio della Notte e di Ipno (Hypnos).[1].

Era rappresentato come un omino calvo e minuto, senza vestiti e con in mano una maschera ed un bastone.

Secondo Esiodo personificava il sarcasmo e la mania di censurare. Si infuriò quando non riuscì a criticare in alcun modo Afrodite.

Secondo un'altra tradizione fu proprio Momo a criticare Zeus quando il padre degli dei voleva distruggere l'umanità con fulmini e inondazioni, convincendolo invece a favorire il matrimonio di Teti e Peleo, che avrebbe portato alla fine del regno degli eroi.

Secondo un'altra versione, pare che Zeus lo abbia cacciato dall'Olimpo, dopo che Momo aveva criticato aspramente un animale creato dal re degli dei. [2]

Secondo un mito fu invitato da Zeus, Atena e Prometeo e far da giudice su chi di loro avesse fatto la miglior invenzione; Zeus presentò il toro, Atena la casa e Prometeo l'uomo, ma Momo ritenne che ad ognuno mancasse qualche cosa. Il toro aveva le corna poste, non sopra gli occhi, ma ai lati della testa, rendendo più difficile colpire il bersaglio. La casa non era trasportabile. All'uomo mancava un modo per vedere nel proprio cuore e nei propri sentimenti. Gli dei, infine, si stancarono della sua indole troppo burlesca e lo scacciarono dall'Olimpo.

Note

  1. ^ Marco Tullio Cicerone, De Natura Deorum , III, 44
  2. ^ Esopo, Fabulae , 124

Bibliografia

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