Aldo Moro: differenze tra le versioni

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===Morte e sepoltura===
===Morte e sepoltura===
Dopo una prigionia di 55 giorni nel covo di via [[Camillo Montalcini|Montalcini]]<ref>Per una curiosa ironia della Storia, il luogo della prigionia del teorico della "centralità del Parlamento" fu una via periferica di Roma, nel quartiere Portuense, intitolata al più famoso dei funzionari parlamentari: [[Camillo Montalcini]] che resse la Segreteria generale della Camera dei deputati dal 1900 al 1927, quando fu rimosso dal [[fascismo]] alla luce delle risultanze della Commissione di inchiesta sulle presenze massoniche nelle istituzioni parlamentari.</ref> le Brigate Rosse decisero di uccidere Moro: lo misero dentro una macchina e gli dissero di coprirsi con una coperta dicendo che avevano intenzione di trasportarlo in un altro luogo. Dopo che Moro fu coperto, gli spararono dieci [[cartucce]] addosso uccidendolo. Il corpo di Aldo Moro, fu ritrovato il 9 maggio nel portabagagli di un'automobile [[Renault 4]] rossa a Roma, in via [[Michelangelo Caetani|Caetani]], emblematicamente vicina sia<ref>Erroneamente, forse a enfasi del fatto, venne riportato dalla stampa che il luogo del ritrovamento fosse esattamente a metà strada fra le sedi dei due partiti.</ref> a [[Piazza del Gesù (Roma)|Piazza del Gesù]] (dov'era la sede nazionale della [[Democrazia Cristiana (1942-1994)|Democrazia Cristiana]]), sia a [[via delle Botteghe Oscure]] (dove era la sede nazionale del [[Partito Comunista Italiano]]). Fu sepolto nel comune di [[Torrita Tiberina]], piccolo paese della provincia romana dove lo statista amava soggiornare. Aveva 61 anni.
Dopo una prigionia di 55 giorni nel covo di via [[Camillo Montalcini|Montalcini]]<ref>Per una curiosa ironia della Storia, il luogo della prigionia del teorico della "centralità del Parlamento" fu una via periferica di Roma, nel quartiere Portuense, intitolata al più famoso dei funzionari parlamentari: [[Camillo Montalcini]] che resse la Segreteria generale della Camera dei deputati dal 1900 al 1927, quando fu rimosso dal [[fascismo]] alla luce delle risultanze della Commissione di inchiesta sulle presenze massoniche nelle istituzioni parlamentari.</ref> le Brigate Rosse decisero di uccidere Moro: lo misero dentro una macchina e gli dissero di coprirsi con una coperta dicendo che avevano intenzione di trasportarlo in un altro luogo. Dopo che Moro fu coperto, gli spararono dieci [[cartucce]] addosso uccidendolo. Il corpo di Aldo Moro fu ritrovato il 9 maggio nel portabagagli di un'automobile [[Renault 4]] rossa a Roma, in via [[Michelangelo Caetani|Caetani]], emblematicamente vicina sia<ref>Erroneamente, forse a enfasi del fatto, venne riportato dalla stampa che il luogo del ritrovamento fosse esattamente a metà strada fra le sedi dei due partiti.</ref> a [[Piazza del Gesù (Roma)|Piazza del Gesù]] (dov'era la sede nazionale della [[Democrazia Cristiana (1942-1994)|Democrazia Cristiana]]), sia a [[via delle Botteghe Oscure]] (dove era la sede nazionale del [[Partito Comunista Italiano]]). Fu sepolto nel comune di [[Torrita Tiberina]], piccolo paese della provincia romana dove lo statista amava soggiornare. Aveva 61 anni.


[[Papa Paolo VI]] officiò una solenne commemorazione funebre pubblica per la scomparsa di Aldo Moro, amico di sempre e alleato, a cui parteciparono le personalità politiche e che venne trasmessa in televisione. Questa cerimonia funebre venne celebrata senza il corpo dello statista per esplicito volere della famiglia, che non vi partecipò, ritenendo che lo stato italiano poco o nulla avesse fatto per salvare la vita di Moro, rifiutando il [[funerale di stato]] e scegliendo di svolgere le esequie dello statista in forma privata.
[[Papa Paolo VI]] officiò una solenne commemorazione funebre pubblica per la scomparsa di Aldo Moro, amico di sempre e alleato, a cui parteciparono le personalità politiche e che venne trasmessa in televisione. Questa cerimonia funebre venne celebrata senza il corpo dello statista per esplicito volere della famiglia, che non vi partecipò, ritenendo che lo stato italiano poco o nulla avesse fatto per salvare la vita di Moro, rifiutando il [[funerale di stato]] e scegliendo di svolgere le esequie dello statista in forma privata.

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Aldo Moro

Presidente del Consiglio dei ministri
Durata mandato4 dicembre 1963 –
22 luglio 1964
PresidenteAntonio Segni
PredecessoreGiovanni Leone
SuccessoreAldo Moro

Durata mandato22 luglio 1964 –
23 febbraio 1966
PresidenteAntonio Segni
Giuseppe Saragat
PredecessoreAldo Moro
SuccessoreAldo Moro

Durata mandato23 febbraio 1966 –
24 giugno 1968
PresidenteGiuseppe Saragat
PredecessoreAldo Moro
SuccessoreGiovanni Leone

Durata mandato23 novembre 1974 –
29 luglio 1976
PresidenteGiovanni Leone
PredecessoreMariano Rumor
SuccessoreGiulio Andreotti

Ministro degli Esteri
Durata mandato5 agosto 1969 –
29 luglio 1972
PresidenteMariano Rumor
Emilio Colombo
Giulio Andreotti
PredecessorePietro Nenni
SuccessoreGiuseppe Medici

Durata mandato7 luglio 1973 –
23 novembre 1974
PresidenteMariano Rumor
PredecessoreGiuseppe Medici
SuccessoreMariano Rumor

Ministro della Pubblica Istruzione
Durata mandato19 maggio 1957 –
15 febbraio 1959
PresidenteAdone Zoli
Amintore Fanfani
PredecessorePaolo Rossi
SuccessoreGiuseppe Medici

Ministro della Giustizia
Durata mandato6 luglio 1955 –
19 maggio 1957
PresidenteAntonio Segni
PredecessoreMichele De Pietro
SuccessoreGuido Gonella

Dati generali
Partito politicoDemocrazia Cristiana
FirmaFirma di Aldo Moro

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Aldo Romeo Luigi Moro (Maglie, 23 settembre 1916Roma, 9 maggio 1978) è stato un politico e accademico italiano, cinque volte Presidente del Consiglio dei ministri e presidente del partito della Democrazia Cristiana. È stato il 12º e 18º Presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana. Fu rapito il 16 marzo 1978 e ucciso il 9 maggio successivo da appartenenti al gruppo terrorista denominato Brigate Rosse.

Biografia

Nacque a Maglie, in provincia di Lecce, da genitori originari di Gemini, frazione di Ugento. Conseguì la Maturità Classica al Liceo "Archita" di Taranto.

Si iscrisse presso l'Università di Bari alla Facoltà di Giurisprudenza, dove prese la laurea, sotto la guida del prof. Biagio Petrocelli, con una tesi su "La capacità giuridica penale". In seguito, nel 1939, pubblicò la tesi e ottenne la docenza in filosofia del diritto e di politica coloniale alla stessa università nel 1941. L'anno successivo svilupperà la sua seconda opera "la subiettivazione della norma penale" e otterrà così la cattedra di professore di diritto penale. Durante gli anni universitari partecipa ai Littoriali della cultura e dell'arte.

Nel 1942 entra a far parte della Federazione Universitaria Cattolica Italiana di Bari, segnalandosi ben presto anche a livello nazionale. Nel luglio 1939 venne scelto, su consiglio di Giovanni Battista Montini, di cui, proprio in quegli anni, divenne amico, come presidente dell'Associazione. Mantenne l'incarico sino al 1942, quando fu chiamato alle armi e gli successe Giulio Andreotti, sino ad allora direttore della rivista Azione Fucina[1]. Dopo qualche anno di carriera accademica, fondò nel 1943 a Bari, con alcuni amici, il periodico «La Rassegna» che uscì fino al 1945. Nel luglio dello stesso anno prese parte ai lavori che portarono alla redazione del Codice di Camaldoli.

Nel 1945 sposò Eleonora Chiavarelli (Montemarciano, 25 settembre 1915Roma, 17 luglio 2010), con la quale ebbe quattro figli: Maria Fida (Roma, 17 dicembre 1946), Anna (1949) Agnese (1952), e Giovanni (Roma, 1958). Nei primi anni cinquanta fu nominato professore ordinario di diritto penale presso l'Università di Bari. Nel 1963 ottenne il trasferimento all'Università di Roma, in qualità di titolare della cattedra di Istituzioni di Diritto e Procedura penale presso la Facoltà di Scienze Politiche.

Attività politica

Tra il 1943 e il 1945 Aldo Moro aveva iniziato a interessarsi di politica, in un primo tempo mostrò particolare attenzione alla componente socialdemocratica del partito socialista, successivamente però il suo forte credo cattolico lo spinse verso il costituendo movimento democristiano. Nella DC mostrò subito la sua tendenza democratico-sociale, aderendo alla componente dossettiana[2]. Nel 1945 divenne direttore della rivista Studium e fu eletto presidente del Movimento Laureati dell'Azione Cattolica.

Nel 1946 divenne vicepresidente della Democrazia Cristiana e fu eletto all'Assemblea Costituente, dove entrò a far parte della Commissione che si occupò di redigere il testo costituzionale. Eletto deputato al parlamento nelle elezioni del 1948, fu nominato sottosegretario agli esteri nel gabinetto De Gasperi (23 maggio 1948 - 27 gennaio 1950).

Nel 1953 fu rieletto alla Camera, ove fu eletto presidente del gruppo parlamentare democristiano. Nel 1955 fu ministro di Grazia e Giustizia nel governo Segni I e l'anno dopo risultò tra i primi eletti nel consiglio nazionale del partito durante il VI congresso nazionale della DC. Ministro della Pubblica Istruzione nei due anni successivi (governi Zoli e Fanfani), introdusse lo studio dell'educazione civica nelle scuole. Nel 1959, al VII congresso nazionale DC conquistò la segreteria del partito.

Nel dicembre 1963 (IV Legislatura, 1963-68) divenne, a soli 47 anni, presidente del Consiglio. Formò il suo primo governo con una coalizione inedita: DC, PSI, PSDI e PRI; fu il primo governo del centro-sinistra. La coalizione resse fino alle elezioni del 1968. Il governo Moro III (23 febbraio 1966-5 giugno 1968) batté il record di durata (833 giorni) e rimase uno dei più longevi della Repubblica. Dopo le elezioni venne costituito un governo balneare in attesa del congresso DC, previsto per l'autunno. Al congresso Moro passò all'opposizione interna al partito.

Dal 1969 al 1974 (V e VI Legislatura), assunse l'incarico di ministro degli Esteri. Dopo la caduta del V governo Rumor, riprese la guida di palazzo Chigi, dove rimase fino alle elezioni anticipate del 1976. Nel 1975 il suo governo conclude il Trattato di Osimo, con cui si sanciva l'appartenenza della Zona B del Territorio Libero di Trieste alla Jugoslavia. Nel 1976 fu eletto Presidente del Consiglio Nazionale del partito.

Moro e la DC

Aldo Moro e Amintore Fanfani, definiti i due "cavalli di razza" della Democrazia cristiana.

Aldo Moro «era un cattolico osservante e praticante e la sua fede in Dio si rispecchiava nella sua vita politica»[3]. Moro era considerato un mediatore tenace e particolarmente abile nella gestione e nel coordinamento politico delle numerose "correnti" che agivano e si suddividevano il potere all'interno della Democrazia cristiana. All'inizio degli anni sessanta Moro fu un convinto assertore della necessità di un'alleanza tra il suo partito e il Partito socialista italiano, per creare un governo di centro-sinistra.

Nel congresso democristiano di Napoli del 1962 riuscì a portare su questa posizione l'intero gruppo dirigente del partito. La stessa cosa avvenne all'inizio del 1978 (poco prima del rapimento), quando riuscì a convincere la DC della necessità di un "governo di solidarietà nazionale", con la presenza del PCI nella maggioranza parlamentare. La sua intenzione dominante era di allargare la base del sistema di governo, ossia il vertice del potere esecutivo avrebbe dovuto rappresentare un numero più ampio di partiti e di elettori. Questo sarebbe stato possibile solo con un gioco di alleanze aventi come fulcro la DC, seguendo così una linea politica secondo il principio di democrazia consociativa[4].

Secondo Fontana Moro nella sua attività politica, si trovava nella difficoltà di conciliare la missione cristiana e popolare della democrazia cristiana con i valori di tendenza laica e liberale della società italiana. Il “miracolo economico”, che aveva portato l'Italia rurale a diventare in pochi decenni una delle grandi potenze industriali mondiali, comportò anche un cambiamento sociale, con il risveglio delle masse richiedenti una presenza attiva nella vita del paese. Moro, quando affermava che “di crescita si può anche morire”[5], esprimeva un suo giudizio sui rischi di una società in rapida crescita. Il risveglio delle masse aveva favorito nuove e più forti fasce sociali (tra cui i giovani, le donne e i lavoratori) che avevano bisogno di integrazione all'interno del processo politico.

«No al processo in piazza»

Il 7 marzo 1977 cominciò in Parlamento il dibattito sullo scandalo Lockheed. Marco Pannella, tra i primi a parlare, sostenne la tesi che il responsabile delle tangenti non fosse il governo ma il Presidente della Repubblica in persona, Giovanni Leone. Ugo La Malfa si schierò dalla sua parte chiedendo le dimissioni del Presidente.
Il 9 marzo prese la parola Moro. Il presidente DC difese il suo partito dall'accusa di aver posto in essere un «regime» e difese i ministri Luigi Gui (democristiano) e Mario Tanassi (PSDI), che erano al centro dell'inchiesta. Poi replicò all'intervento di Mimmo Pinto, deputato di Democrazia proletaria, che aveva detto che la corruzione della DC era provata dallo scandalo Lockheed; per questo i democristiani sarebbero stati processati nelle piazze: «Nel Paese vi sono molte opposizioni (…); e quell'opposizione, colleghi della Democrazia cristiana, sarà molto più intransigente, sarà molto più radicale quando i processi non si faranno più in un'aula come questa, ma si faranno nelle piazze, e nelle piazze vi saranno le condanne»[6]
Moro replicò: «Onorevoli colleghi che ci avete preannunciato il processo nelle piazze, vi diciamo che noi non ci faremo processare»[7].
In seguito la frase si prestò a diverse interpretazioni politiche. La vicenda giudiziaria si concluderà nel 1979 con l'assoluzione di Gui e la condanna di Tanassi.

Le masse popolari, secondo alcuni[8] tendevano a esprimere in forma “emotiva e mitologica” il loro bisogno di una partecipazione diretta alla gestione del potere. Secondo altri, più semplicemente, le masse popolari italiane erano e sono – per ragioni storiche, politico-culturali e di fragilità del ceto intellettuale – propense a inclinare verso una destra autoritaria. In questo quadro variegato e in evoluzione, la missione che Moro avrebbe ascritto alla Democrazia cristiana fu di recuperare le classi popolari dal fascismo e traghettarle nel sistema democratico[9].

Per questo motivo, Moro si sarebbe ritrovato nella situazione di dover “armonizzare” realtà apparentemente inconciliabili tra loro[10] Questo fattore era un fondamentale presupposto per la nascita di gruppi terroristici che, visti sotto quest'ottica, sarebbero il frutto dell'estremizzazione della partecipazione attiva ed extraparlamentare alla politica del paese da parte di una piccola frazione della popolazione in cui componenti emozionali e mitologiche si mescolerebbero provocando quasi sempre “situazioni drammatiche”[11].

Dall'altro lato c'era il desiderio di far sopravvivere il sistema politico, che a questo scopo aveva bisogno sia di regole precise, sia di scendere continuamente a compromessi alla ricerca di una forma di tolleranza civile. Sandro Fontana cosi' riepiloga i dilemmi di Moro: “Come conciliare l'estrema mobilità delle trasformazioni sociali con la continuità delle strutture rappresentative? Come integrare nello Stato masse sempre più estese di cittadini senza cedere a seduzioni autoritarie? Come crescere senza morire?”[12]

Nell'opinione di Moro la soluzione a tali quesiti non poteva non essere raggiunta che con un compromesso politico, ampliando l'esperienza dell“'apertura a sinistra” della DC nei confronti del PSI di Pietro Nenni, avvenuta all'inizio degli anni Sessanta[13]. Ma la situazione era diversa: fin dal 1956 (rivoluzione ungherese) il PSI si era dichiaratamente staccato dal PCI intrapprendendo una strada autonoma. Negli anni settanta e soprattutto dopo le elezioni del 1976, che videro un'avanzata del PCI sulla Dc, Moro concepì l'esigenza di dar vita a governi di "solidarietà nazionale", con una base parlamentare più ampia comprendente anche il PCI. Cio' rese Moro oggetto di aspre contestazioni: i critici lo accusarono di volersi rendere artefice di un secondo “compromesso storico”, più clamoroso di quello con Nenni, in quanto prevedeva una collaborazione di governo con il Partito Comunista di Enrico Berlinguer, che ancora faceva parte della sfera d'influenza sovietica.

Berlinguer anticipò le eventuali preclusioni ai suoi danni prendendo pubblicamente le distanze da Mosca e rivendicando la capacità del PCI di muoversi autonomamente sullo scacchiere politico italiano[14]. Aldo Moro fu uno dei leader politici che maggiormente prestarono attenzione alle affermazioni di Berlinguer, che con lo «strappo da Mosca» si sarebbe reso accettabile a una parte degli elettori della Democrazia cristiana. Il segretario nazionale del Partito Comunista Italiano aveva proposto un accordo di solidarietà politica fra i comunisti e cattolici, in un momento di profonda crisi sociale e politica in Italia. La conseguenza fu un intenso confronto parlamentare tra i due schieramenti, che fece parlare di "centralità del Parlamento".[senza fonte]

All'inizio del 1978 Moro, allora presidente della Democrazia Cristiana fu l'esponente politico più importante che ritenne possibile un governo di "solidarietà nazionale", che includesse anche il PCI nella maggioranza, sia pure senza una presenza di ministri comunisti nel governo, in una prima fase. Tale soluzione presentava rischi sul piano della politica internazionale, in quanto non trovava il consenso delle grandi superpotenze mondiali[15]:

  • Disaccordo degli Usa: l'ingresso al governo di persone che avevano stretti contatti con il partito comunista sovietico avrebbe consentito loro di venire a conoscenza, in piena guerra fredda, di piani militari e di postazioni strategiche supersegrete della Nato. Inoltre, una partecipazione comunista in un paese d'influenza americana sarebbe stata una sconfitta culturale degli Usa nei confronti del resto del mondo, e soprattutto dell'Urss;
  • Disaccordo dell'Urss: la partecipazione al governo del PCI sarebbe stata interpretabile come una forma di emancipazione del partito dal controllo sovietico e di avvicinamento autonomo agli USA.

Le divergenze sul piano internazionale Moro le aveva già constate sulla propria pelle nel periodo direttamente antecedente il sequestro: la sua difesa di Rumor nella discussione parlamentare sullo Scandalo Lockheed fu da taluno spiegata con un suo personale coinvolgimento nel sistema di tangenti versate dall'impresa aerospaziale americana Lockheed in cambio dell'acquisto di aerei da trasporto militari C-130. Secondo alcuni giornali[non chiaro] (che si disse foraggiati da circoli ostili statunitensi[senza fonte]), Moro era il fantomatico Antelope Cobbler, destinatario delle bustarelle. L'accusa, che avvrebbe avuto lo scopo di fare fuori politicamente Moro e far naufragare i suoi progetti politici, venne ridimensionata con l'assoluzione di Moro del 3 marzo 1978, tredici giorni prima dell'agguato in via Fani[16].

Il sequestro

Lo stesso argomento in dettaglio: Agguato di via Fani, Cronaca del sequestro Moro e Caso Moro.
La celebre foto del Presidente Moro sequestrato dalle BR

Il 16 marzo 1978, giorno della presentazione del nuovo governo, guidato da Giulio Andreotti, la Fiat 130 che trasportava Moro, dalla sua abitazione nel quartiere Trionfale zona Monte Mario di Roma alla Camera dei deputati, fu intercettata da un commando delle Brigate Rosse all'incrocio tra via Mario Fani e Via Stresa. Gli uomini delle BR uccisero, in pochi secondi, i 5 uomini della scorta (Domenico Ricci, Oreste Leonardi, Raffaele Iozzino, Giulio Rivera, Francesco Zizzi) e sequestrarono il presidente della Democrazia Cristiana.

Morte e sepoltura

Dopo una prigionia di 55 giorni nel covo di via Montalcini[17] le Brigate Rosse decisero di uccidere Moro: lo misero dentro una macchina e gli dissero di coprirsi con una coperta dicendo che avevano intenzione di trasportarlo in un altro luogo. Dopo che Moro fu coperto, gli spararono dieci cartucce addosso uccidendolo. Il corpo di Aldo Moro fu ritrovato il 9 maggio nel portabagagli di un'automobile Renault 4 rossa a Roma, in via Caetani, emblematicamente vicina sia[18] a Piazza del Gesù (dov'era la sede nazionale della Democrazia Cristiana), sia a via delle Botteghe Oscure (dove era la sede nazionale del Partito Comunista Italiano). Fu sepolto nel comune di Torrita Tiberina, piccolo paese della provincia romana dove lo statista amava soggiornare. Aveva 61 anni.

Papa Paolo VI officiò una solenne commemorazione funebre pubblica per la scomparsa di Aldo Moro, amico di sempre e alleato, a cui parteciparono le personalità politiche e che venne trasmessa in televisione. Questa cerimonia funebre venne celebrata senza il corpo dello statista per esplicito volere della famiglia, che non vi partecipò, ritenendo che lo stato italiano poco o nulla avesse fatto per salvare la vita di Moro, rifiutando il funerale di stato e scegliendo di svolgere le esequie dello statista in forma privata.

Le lettere di Aldo Moro

Lo stesso argomento in dettaglio: Caso Moro § Lettere dalla prigionia.

Rinchiuso dalle Brigate Rosse nella "prigione del popolo", Aldo Moro scrisse moltissime lettere, indirizzate perlopiù ai familiari e alla dirigenza della Democrazia Cristiana, più precisamente a Benigno Zaccagnini, a Francesco Cossiga, a Giulio Andreotti, a Riccardo Misasi e ad altri; oltre che al capo socialista Bettino Craxi, l'unico esponente di governo che abbia sostenuto la necessità di trattare per salvare la vita di Moro. Le lettere, che degli esami grafologici hanno attribuito come scrittura al politico, sono sicuramente di Moro, anche se ragioni tattiche (ascrivibili alla così detta "linea della fermezza" ed alla necessità di chiudere ogni spiraglio alla trattativa) spinsero buona parte dell'allora dirigenza politica (soprattutto DC) ad allinearsi e a metterne in dubbio l'autenticità, a sostenere che non fossero state pensate da Moro o fossero addirittura dettate dalle Brigate Rosse.

Il parere dei familiari, dei migliori studiosi e infine di chiunque abbia letto le lettere integralmente, è concorde nel riconoscere pienamente Moro in quegli scritti. Trentotto di queste lettere vennero pubblicate, con una introduzione attribuita a Bettino Craxi, nel pamphlet Lettere dal Patibolo dalla rivista Critica Sociale.[19]

Le polemiche successive

Il settimanale Panorama nel numero del 19 maggio 1980 in un articolo dal titolo Perché rubano tanto?[20]. aveva sollevato il caso delle fattorie del senese amministrate dal consigliere di Aldo Moro, Sereno Freato. La polemica fu poi ripresa da Giorgio Pisanò sul settimanale Candido.

Riconoscimenti ufficiali

Il 4 maggio 2007, il Parlamento ha votato e approvato una legge con il quale si istituisce il 9 maggio il "Giorno della memoria" in ricordo di Aldo Moro e di tutte le vittime del terrorismo.

Tra aprile e maggio 2007 è stata presentata presso l'Istituto San Giuseppe delle suore Orsoline a Terracina e presso la sede dell'associazione Forche Caudine a Roma[21], presente la figlia Agnese, una raccolta ragionata dei suoi scritti giornalistici, curata da Antonello Di Mario e Tullio Pironti editore.

Nella notte tra l'8 e il 9 giugno 2007, giorni della visita del Presidente degli Stati Uniti George W. Bush in Italia, la lapide di via Fani che ricorda il rapimento di Aldo Moro e le cinque persone della scorta uccise è stata imbrattata con la scritta "Bush uguale a Moro".

Il giorno della domenica delle Palme del 2008, 16 marzo, a trenta anni dal suo rapimento, il vescovo di Caserta Raffaele Nogaro nell'omelia pasquale ha chiesto l'avvio di un processo di canonizzazione per Aldo Moro: "uomo di infinita misericordia, che perdonò tutti"[22]. Il 20 settembre 2012 il presidente del tribunale diocesano di Roma dà il via libera all’inchiesta sulla beatificazione di Aldo Moro dopo il nulla osta concesso dal vicario del Papa, cardinal Agostino Vallini, che ha indicato lo statista «servo di Dio»[23].

Nel giorno del 30º anniversario della sua morte, l'Università degli Studi di Bari, di cui Moro fu studente e docente, ha deliberato di intitolarsi allo statista, la decisione ha avuto il consenso e apprezzamento della figlia Agnese Moro. Ad Aldo Moro è dedicato il ponte omonimo di Taranto conosciuto anche come Ponte Punta Penna Pizzone.

Termine della secretazione dei lavori governativi di Aldo Moro

Ormai i termini di secretazione sono scaduti, e lentamente vengono pubblicati alcuni documenti realizzati durante la sua attività politica[24][25][26][27].

Opere

Aldo Moro si occupò, assieme di politica attiva, anche di filosofia, principalmente filosofia del diritto e filosofia politica[28].

  • La capacità giuridica penale, Padova, CEDAM, 1939.
  • La subiettivazione della norma penale, Bari, Macrì, 1942.
  • Lo stato. Corso di lezioni di filosofia del diritto tenute presso l'Università di Bari nell'anno accademico 1942-43, raccolte a cura e per uso degli studenti, Padova, CEDAM, 1943.
  • Il diritto. Corso di lezioni di filosofia del diritto tenute presso la R. Università di Bari nell'anno accademico 1944-45, raccolte a cura e per uso degli studenti, Bari, L.U.C.E., 1945.
  • L'antigiuridicità penale, Palermo, Priulla, 1947.
  • Appunti sull'esperienza giuridica. Lo stato. Lezioni di filosofia del diritto tenute presso l'università di Bari nell'anno accademico 1946-1947, Bari, L.U.C.E., 1947.
  • Unità e pluralità di reati. Principi, Padova, CEDAM, 1951; 1954.
  • La parità della scuola, in Libertà e parità della scuola non statale nella Costituzione, Roma, Fidae, 1957.
  • Pensiero politico di Luigi Sturzo, Napoli, Ediz. Politica popolare, 1959.
  • Relazione al VII Congresso nazionale della Democrazia cristiana. Firenze, 23-28 ottobre 1959, Roma, DC Spes, 1960.
  • La Democrazia cristiana per il governo del paese e lo sviluppo democratico nella società italiana, Roma, Cinque lune, 1961.
  • Le funzioni sociali dello Stato, in Funzioni e ordinamento dello Stato moderno, Roma, Studium, 1961.
  • Per garantire e sviluppare la democrazia in Italia. Relazione dell'on. Moro al Consiglio nazionale della D.C., Roma, DC Spes, 1961.
  • La continuità della politica di sviluppo democratico promossa in Italia dalla Democrazia cristiana, Roma, DC Spes, 1962.
  • Discorsi elettorali. Elezioni amministrative 10 giugno 1962, Roma, Cinque lune, 1962.
  • Il discorso al Consiglio nazionale. Roma 3-4-5 luglio 1962, Roma, DC Spes, 1962.
  • La Democrazia cristiana per la donna nella famiglia e nella società, Roma, DC Spes, 1963.
  • La professione forza coesiva della società, in Cristianesimo e democrazia, Roma, Civitas, 1964.
  • Dichiarazioni programmatiche di governo. Dicembre 1963, Roma, Spes centrale, 1964.
  • La linea Moro, Livorno, Il telegrafo, 1964.
  • Luigi Sturzo: una vita per la libertà e la democrazia, in Il movimento politico dei Cattolici, Roma, Civitas, 1969.
  • Una politica per i tempi nuovi, Roma, Agenzia Progetto, 1969.
  • Per la società italiana e la comunità internazionale, Roma, Agenzia Progetto, 1971.
  • Prima e dopo il 7 maggio, Roma, Agenzia Progetto, 1972.
  • Per una iniziativa politica della Democrazia cristiana, Roma, Agenzia Progetto, 1973.
  • Il diritto. Lezioni di filosofia del diritto tenute presso l'Università di Bari: 1944-1945, Bari, Cacucci, 1978.
  • Il diritto, 1944-1945. Lezioni di filosofia del diritto tenute presso l'Università di Bari; Lo Stato, 1946-1947. Appunti sull'esperienza giuridica, Bari, Cacucci, 1978.
  • Discorsi politici, Roma, Cinque lune, 1978.
  • Nella società che cambia. Discorsi della prima seconda e terza fase, Roma, EBE, 1978.
  • L'intelligenza e gli avvenimenti. Testi 1959-1978, Milano, Garzanti, 1979.
  • Scritti e discorsi, 6 voll., Roma, Cinque lune, 1982-1990.
  • Al di là della politica e altri scritti. Studium, 1942-1952, Roma, Studium, 1982.
  • Moro. I giorni del tormento, Roma, Cinque lune, 1982.
  • Italia nell'evoluzione dei rapporti internazionali. Discorsi, interventi, dichiarazioni e articoli recuperati e interpretati da Giovanni Di Capua, Roma-Brescia, EBE-Moretto, 1986.
  • Aldo Moro. Il potere della parola (1943-1978), Roma, EBE, 1988.
  • Dichiaro aperta la fiera del Levante.... I discorsi da Presidente del Consiglio alle edizioni del 1964, 1965, 1966, 1967, 1975 della Campionaria barese, Bari, Safra, 1991.
  • Il memoriale di Aldo Moro rinvenuto in via Monte Nevoso a Milano, Roma, Coletti, 1993. ISBN 88-7826-501-2.
  • Lettere. 16 Marzo-9 Maggio 1978, San Bellino, Nova Cultura, 1995.
  • Lettere dal patibolo, Milano, Giornalisti editori, 1995.
  • Discorsi parlamentari. 1947-1977, 2 voll., Roma, Camera dei Deputati, 1996.
  • Il mio sangue ricadrà su di loro. Gli scritti di Aldo Moro prigioniero delle Br, Milano, Kaos, 1997. ISBN 88-7953-058-5.
  • Moro: lettere dal carcere delle Brigate Rosse. 9 maggio '78 - 9 maggio '98, Roma, L'Editrice Romana, 1998.
  • Pietro Nenni, Aldo Moro. Carteggio 1960-1978, Firenze, La Nuova Italia, 1998. ISBN 88-221-3000-6.
  • Ultimi scritti. 16 marzo-9 maggio 1978, Casale Monferrato, Piemme, 1998. ISBN 88-384-3198-1.
  • La democrazia incompiuta. Attori e questioni della politica italiana, 1943-1978, Roma, Editori Riuniti, 1999. ISBN 88-359-4684-0.
  • 55 giorni di piombo. Le lettere dal carcere di Aldo Moro, i ricordi di Francesco Cossiga, Claudio Martelli, Agnese Moro, Eugenio Scalfari, Roma, Elleu Multimedia, 2000.
  • 55 giorni. Aldo Moro-voci e carte dalla prigione, Roma, Nuova iniziativa editoriale, 2003.
  • Lezioni di istituzioni di diritto e procedura penale. Tenute nella Facoltà di scienze politiche dell'Università degli studi di Roma, con DVD audio, Bari, Cacucci, 2005. ISBN 88-8422-404-7.
  • Lo Stato, il diritto, Bari, Cacucci, 2006. ISBN 88-8422-536-1.
  • Lettere dalla prigionia, Torino, Einaudi, 2008. ISBN 978-88-06-18585-5.
  • La democrazia incompiuta, Milano, RCS Quotidiani, 2011.
  • Libertà e giustizia sociale. Per un'autonomia della persona umana (13 marzo 1947), in I valori costituzionali del riformismo cristiano, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2011. ISBN 978-88-498-3056-9.
  • L'Italia di Donat-Cattin. Gli anni caldi della prima Repubblica nel carteggio inedito con Moro ... (1960-1991), Venezia, Marsilio, 2011. ISBN 978-88-317-1146-3.
  • "Siate indipendenti. Non guardate al domani ma al dopo domani". Le lettere di Aldo Moro dalla prigionia alla storia, Roma, Direzione Generale per gli Archivi-Archivio di Stato di Roma, 2013. ISBN 978-88-7125-329-9.

Filmografia

Musica

Io se fossi Dio di Giorgio Gaber (1980): la canzone, della durata di 14 minuti, esprime un giudizio negativo su Aldo Moro. Fu pubblicata dalla F1 Team su disco da 12 pollici inciso solo da un lato, per il rifiuto della Carosello. La canzone era stata scritta nel 1978, dopo l'uccisione di Aldo Moro, ma fu pubblicata due anni dopo perché evidentemente le case discografiche temevano ripercussioni legali.

Teatro

Televisione

Note

  1. ^ Sulle vicende di Moro negli anni della FUCI si veda Renato Moro, Aldo Moro negli anni della FUCI, Studium, 2008 e Tiziano Torresi L'altra giovinezza. Gli universitari cattolici dal 1935 al 1940, Cittadella editrice 2010
  2. ^ Considerata comunemente la "sinistra DC".
  3. ^ Aniello Coppola, Moro, Feltrinelli, Milano, 1976, pag. 13
  4. ^ Questa idea di Moro non va confusa con la strategia, enunciata dal segretario del PCI Enrico Berlinguer, del “compromesso storico”, che prevedeva l'entrata al governo del Pci.
  5. ^ Sandro Fontana: Moro e il sistema politico italiano, in: AA. VV., Cultura e politica nell'esperienza di Aldo Moro, Giuffrè, Milano, 1982, pag. 183
  6. ^ Mino Martinazzoli, Uno strano democristiano, Rizzoli, 2009, pp. 61-66.
  7. ^ Atti parlamentari, VII legislatura, Parlamento in seduta comune, Resoconto stenografico della seduta dal 3 all'11 marzo 1977, p. 455
  8. ^ Sandro Fontana: Moro e il sistema politico italiano, in: AA. VV., Cultura e politica nell'esperienza di Aldo Moro, cit., pag. 184.
  9. ^ Secondo Beppe Pisanu, nell'intervento dell'8 maggio 2009 alla Sala delle colonne di palazzo Marini in Roma nel corso della presentazione del libro di Corrado Guerzoni Aldo Moro, Moro dissentì dall'entusiasmo di Granelli e degli altri della sua corrente che nel 1977 prevedevano una vittoria della DC spagnola alle prime elezioni post-franchiste, e richiesto del perché (al ritorno dal suo viaggio a Madrid) spiegò a Pisanu: "Lì nessuno dei nostri amici democratici cristiani s'è incaricato di traghettare nella democrazia le masse che per mezzo secolo hanno inneggiato a Franco; non supereranno il 4 per cento dei voti". la previsione, concluse Pisanu, risultò precisa al millesimo.
  10. ^ Sandro Fontana, nel suo citato articolo Moro e il sistema politico italiano, sostenne che tale strutturazione culturale delle masse le induce a cercare “soluzioni di tipo simbolico” che si risolvono spesso in “situazioni drammatiche”.
  11. ^ Si pensi all'aspetto “romantico” del perseguire un ideale con ogni mezzo.
  12. ^ Sandro Fontana: Moro e il sistema politico italiano, in: AA. VV., Cultura e politica nell'esperienza di Aldo Moro, cit., pag. 184
  13. ^ Italo Pietra, Moro fu vera gloria?, Garzanti, Milano, 1983, pp. 111–114
  14. ^ Vedi «lo strappo con Mosca.
  15. ^ Marcello Veneziani, "Ma è oggi che trionfa in Italia la formula chiamata moroteismo", ne: Il Messaggero, 16/3/1998
  16. ^ Robin Erica Wagner-Pacifici, "The Moro Morality Play. Terrorism as Social Drama", The University of Chicago Press, Chicago, 1986, pp. 30–32; Paolo Cucchiarelli – Aldo Giannuli, Lo Stato parallelo, Gamberetti Editrice, Roma, 1997, pag. 422
  17. ^ Per una curiosa ironia della Storia, il luogo della prigionia del teorico della "centralità del Parlamento" fu una via periferica di Roma, nel quartiere Portuense, intitolata al più famoso dei funzionari parlamentari: Camillo Montalcini che resse la Segreteria generale della Camera dei deputati dal 1900 al 1927, quando fu rimosso dal fascismo alla luce delle risultanze della Commissione di inchiesta sulle presenze massoniche nelle istituzioni parlamentari.
  18. ^ Erroneamente, forse a enfasi del fatto, venne riportato dalla stampa che il luogo del ritrovamento fosse esattamente a metà strada fra le sedi dei due partiti.
  19. ^ Le Lettere Dal Patibolo Di Aldo Moro - Critica Sociale
  20. ^ Massimo Riva, già articolista economico del "Corriere" e poi di "Repubblica". afferma: " Per la sua tragica fine la vicenda di Aldo Moro ha giustamente toccato e commosso la coscienza civile di tutti gli italiani. Però mi chiedo se sia giusto dimenticare che dietro quel personaggio non c'era soltanto un disegno politico, ma esisteva un mondo di affarismo molto spinto"
  21. ^ (storico circolo dei Romani d'origine molisana)
  22. ^ Notizia riportata dalla stampa locale come l'Eco di Caserta e da quella nazionale come il settimanale L'Espresso
  23. ^ Notizia pubblicata dalla Gazzetta del Mezzogiorno il 24 settembre del 2012
  24. ^ da la Repubblica.it del 9 agosto 2008: "Aldo Moro e quella mano tesa verso la Libia di Gheddafi"
  25. ^ da la Repubblica.it: "Gli archivi segreti di Moro"
  26. ^ Aldo Moro, le carte segrete "Presidente, dica no al divorzio" - Politica - Repubblica.it
  27. ^ Le carte di Aldo Moro - Galleria - Repubblica.it
  28. ^ Raffaele Marino, La Lezione Aula XI.
  29. ^ sito "Archivio Storico Corriere della Sera" [1]
  30. ^ a b sito "Archivio La Repubblica" [2]

Bibliografia

Voci correlate

Altri progetti

Collegamenti esterni

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