Stride piano: differenze tra le versioni
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Lo '''stride piano''', noto anche come ''Harlem stride piano'' o semplicemente ''stride'', è uno stile pianistico usato nel [[jazz]]. |
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[[File:MeadeLuxLewis.jpeg|thumb|Uno dei più noti esponenti dello ''stride style'', Meade Lux Lewis]] |
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Fu una caratteristica principale della musica suonata ad [[Harlem]] negli anni [[1920|'20]]. Un grande esponente di questa tecnica fu [[James P. Johnson]] e venne apprezzata da giovani musicisti come [[Fats Waller]] e [[Duke Ellington]] in seguito diventati grandi jazzisti. Nasce dalla mescolanza del [[Blues]] di [[New Orleans]] con il [[ragtime]], genere musicale ormai sorpassato. |
Versione delle 14:55, 18 dic 2012
Lo stride piano, noto anche come Harlem stride piano o semplicemente stride, è uno stile pianistico usato nel jazz.
Storia
Fu una caratteristica principale della musica suonata ad Harlem negli anni '20. Un grande esponente di questa tecnica fu James P. Johnson e venne apprezzata da giovani musicisti come Fats Waller e Duke Ellington in seguito diventati grandi jazzisti. Nasce dalla mescolanza del Blues di New Orleans con il ragtime, genere musicale ormai sorpassato.
Tecnica
Questo modo di suonare il piano era caratterizzato dall'uso della mano sinistra in salti repentini tra il basso (solitamente note singole suonate in battere) e gli accordi al centro della tastiera (solitamente suonati in levare). La mano destra invece è destinata di solito a fraseggi melodici, ma potrebbe anche suonare parti armoniche (secondi accordi o ottave).[1]
Stile
Lo stile stride-piano, (che venne anche chiamato talvolta Harlem piano) che Fats Waller e James P. Johnson crearono poco dopo il 1920, si basava sul modo di rendere consistenti le armonie e di estendere la forza emotiva del ragtime attraverso un idioma altamente formale, anche se piuttosto fragile ma che tuttavia riprendeva qualcosa dell'espressività che si trova normalmente nei blues. Lo stridestyle emerse dalla Costa orientale e risultava molto più potente del normale piano ragtime. Si mostrava notevolmente esibizionistico, raffinato, difficile e molto provocatorio.[2]
Bibliografia
- Gildo De Stefano, Ragtime, Jazz & dintorni: la musica sincopata da Scott Joplin al Terzo Millennio, prefazione di Amiri Baraka, postfazione di Renzo Arbore, Sugarco Edizioni, Milano, 2007 ISBN 887198532X
- Jazz di Arrigo Polillo :La vicenda e i protagonisti della musica afro-americana.
- The Jazz Piano Book di Mark Levine: un libro "come fare per" sull'argomento.
- Metaphors For The Musician di Randy Halberstadt: introspezioni su quasi ogni aspetto del jazz piano.
- Stylistic II/V7/I Voicings For Keyboardists di Luke Gillespie: copre tutti gli stili di comping, dagli approcci basilari e fondamentali a quelli moderni.
- Forward Motion di Hal Galper: un approccio al fraseggio jazz.
- Jazz Piano: The Left Hand di Riccardo Scivales (Bedford Hills, New York, Ekay Music, 2005): un metodo che copre tutte le tecniche usate nel jazz piano (e anche uno studio della storia della mano sinistra nel jazz piano), con centinaia di esempi musicali.
- The Jazz Musician's Guide to Creative Practicing di David Berkman: copre i problemi della pratica improvvisatoria del jazz con un'attenzione al pianoforte, ma per tutti gli strumenti. (Inoltre, è avvincente e umoristico.)
Note