Storia del computer: differenze tra le versioni

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Entrambi venivano da [[Cupertino]], in quella che di lì a breve sarà ribattezzata ''[[Silicon Valley]]''.
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== Il "primo" personal computer: l'Apple II (1974) ==
== Il "primo" personal computer: l'Apple II (1977) ==
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A parte l'abaco, che è il più antico strumento di calcolo usato dall'uomo, le prime macchine costruite per effettuare meccanicamente operazioni di calcolo, tali che ad un variabile input dell'utente producessero un corrispondente output come effetto di un processo dei dati immessi determinato da una regola matematica o logica, sono molto antiche.

Le prime importanti esigenze di calcolo riguardarono principalmente l'astronomia, disciplina legata da un verso a concezioni religiose o comunque spiritualiste, e per altro verso ad applicazioni estremamente pratiche come quelle per la navigazione marittima.

Dal requisito della portatilità e dalla presenza di un congegno capace di sottoporre ad un preordinato processo quanto immesso dall'utente, si suole riconoscere in queste prime macchine i primordiali antenati delle macchine moderne.

Ad esempio, la macchina di Anticitera (nota anche come meccanismo di Antikythera), dal nome dell'isola dell'Egeo dove fu ritrovata, fu presumibilmente realizzata intorno al I secolo a.C. Consisteva in un piccolo congegno meccanico, per l'epoca molto sofisticato, capace di riprodurre il moto del Sole e di alcuni altri astri, sopperendo ai relativi calcoli altrimenti necessari per determinare le loro posizioni, ovviamente secondo le curve teoriche allora ipotizzate.

Una ricostruzione della macchina di Anticitera

Antenati e progenitori

Lo stesso argomento in dettaglio: Calcolo meccanico.

Funzioni essenzialmente analoghe avevano alcuni strumenti della marineria, fra i quali va menzionato l'astrolabio, con il quale in pochi secondi era possibile ottenere risultati altrimenti assai faticosi da elaborare in ordine alla posizione (punto nave) ed all'ora del giorno, con istintiva e sottintesa applicazione della trigonometria nautica ai dati di base della posizione degli astri. Memorabile in proposito resta l'opera degli astrolabisti moreschi, soprattutto quelli della Scuola di Siviglia, che fra il Duecento ed il Trecento realizzarono macchine di estrema complessità e raffinatezza (anche estetica).

Nel 1632 il matematico inglese William Oughtred realizzò il regolo calcolatore, con il quale, grazie alle teorizzazioni sui logaritmi di Nepero, si rese immediata la resa pratica di operazioni matematiche.

Poco dopo, sempre intorno alla metà del XVII secolo, il filosofo francese Blaise Pascal realizzò la sua celebre Pascalina, ottimizzata per operazioni di somma e sottrazione; sulla base di questa, non tardò Leibniz (1673) a realizzare una macchina capace di moltiplicare e dividere. Tra le prime macchine in grado di eseguire i calcoli in modo automatico attraverso ingranaggi meccanici mossi da contrappesi, figura anche quella inventata e realizzata nel 1709 dal veneziano Giovanni Poleni.[1]

L'ingegnere tedesco J. H. Müller in un libro pubblicato nel 1786 descrisse l'idea di una macchina da calcolo in grado di effettuare le quattro operazioni fondamentali (addizione, sottrazione, moltiplicazione, divisione) settando i valori e mettendola in funzione girando una maovella a mano, finché la macchina dava il risultato finale. Müller non poté mai realizzare la macchina per mancanza di fondi.

Nell'Ottocento si svilupparono i rudimenti dell'elaborazione basata sul sistema numerico binario (0,1) e le schede perforate, e ne nacquero i primi applicativi.

Una parte della macchina differenziale di Charles Babbage

Nel 1833 Charles Babbage (1791-1871) progettò la Macchina Analitica, il primo vero calcolatore programmabile, in senso moderno, della storia. Venne realizzato solo il mulino, la CPU, ma non ne fu mai realizzato un prototipo completo. Era il primo esempio di macchina con un'unità di memoria ed un'unità di calcolo.

Nel 1842 la contessa di Lovelace, Ada Byron (1815-1852), figlia del poeta Lord Byron, scrisse i primi programmi della storia.

Nel 1854 il maestro di scuola elementare irlandese, George Boole (1815-1864), inventò il codice binario. Nacque l'algebra booleana.

Nel 1858 la prima macchina differenziale mise piede sul territorio degli Stati Uniti, dato che l'Osservatorio astronomico di Albany importò il calcolatore automatico meccanico realizzato dagli svedesi Goerg ed Edward Scheutz, basato sul progetto di Babbage e da quel momento gli americani cercarono di sviluppare in proprio i filoni di ricerca scientifica e tecnologica.[2]

Nel 1889 Herman Hollerith (1860-1929) brevettò l'utilizzo di schede perforate la cui lettura avveniva mediante l'analisi di circuiti elettrici (chiusi in corrispondenza dei fori della scheda) e fondò nel 1896 la società Tabulating Machine Company, che nel 1924 sarebbe divenuta la IBM. La macchina di Hollerith fu utilizzata per l'elaborazione del censimento degli Stati Uniti.

Nel 1904 John Ambrose Fleming inventa il tubo a vuoto, progenitore delle valvole termoioniche.

Il Memex (1932)

Lo stesso argomento in dettaglio: Memex.

Tra gli antenati del personal computer, prima ancora dell'avvento dell'era digitale, è necessario citare anche il progetto Memex. Si trattava di un sistema di archiviazione ideato dallo scienziato e tecnologo statunitense Vannevar Bush negli anni 1930 e mai realizzato.

Il memex (dalla contrazione di memory expansion) era un sistema nel quale un singolo individuo avrebbe potuto registrare i propri libri, il proprio archivio e le proprie comunicazioni personali, meccanizzato in modo da poter essere consultato con eccezionali velocità e versatilità, una sorta di estensione privata della sua memoria. Le sue caratteristiche rivoluzionarie ne fanno un antenato dell'odierno personal computer. Era un dispositivo di tipo elettro-ottico, che all'epoca rappresentava la più avanzata e promettente forma di archiviazione delle informazioni. Il memex era descritto come una scrivania dotata di schermi traslucidi, una tastiera, un set di bottoni e leve.

La "Bomba" polacca (1938)

Per dovere storico va ricordato il calcolatore denominato Bomba, progettato nel 1932 e realizzato nel 1938 dal matematico polacco Marian Rejewski per decifrare i messaggi tedeschi prodotti dalla macchina Enigma ideata da Arthur Scherbius. La bomba tuttavia era una "macinanumeri", ossia un calcolatore che usava il metodo forza bruta, e che non permetteva alcuna diversa programmazione, se non tramite riassemblaggio e modifiche al meccanismo. Tale calcolatore polacco venne poi sfruttato come base di partenza per lo sviluppo e la realizzazione della macchina britannica Colossus nel 1944, dopo che il regime tedesco ebbe cambiato il sistema di codifica dei messaggi della macchina Enigma.

Lo Z1 (1939)

riproduzione dello Z1

Nel 1939 Konrad Zuse (1910-1995) costruì lo Z1, primo di una innovativa serie di calcolatori elettromeccanici basati sul sistema binario e programmabili, funzionanti prima a memorie meccaniche e poi a relè (Z2, Z3). La macchina presentava una struttura già del tutto analoga a quella dei computer moderni, con la distinzione tra unità di memoria ed unità di calcolo, e funzionava alla velocità di clock di un solo Hertz, generata da un motore elettrico. Gli studi di Zuse e quelli di John Vincent Atanasoff, inventore della memoria rigenerativa, furono la base principale per l'elaborazione dell'architettura di von Neumann. Il convegno internazionale di Informatica del 1998 riconobbe a Konrad Zuse con il suo "Z1" il ruolo di inventore del primo computer programmabile funzionante della storia.

L'ABC (1939)

Nel 1939 il Dr. John Vincent Atanasoff e Clifford E. Berry dell'Iowa State University costruiscono l'Atanasoff Berry Computer (spesso chiamato ABC), il primo computer digitale totalmente elettronico; rappresenta uno dei maggiori passi avanti della storia dei calcolatori. L'Atanasoff-Berry Computer introdusse molte innovazioni nel campo dei calcolatori. Introdusse i numeri binari in un computer digitale (lo Z3 utilizzava i numeri binari ma era un calcolatore elettromeccanico) e la loro gestione, il calcolo parallelo le memorie rigenerative e una separazione tra dati e istruzioni.

Un computer era considerato una specie di macchina per fare i conti superveloce, la naturale evoluzione delle calcolatrici usate durante la seconda guerra mondiale. Era normale perforare una serie di schede per fornire non solo l'input, ma anche i rudimenti di quello che oggi prende il nome di sistema operativo.

Questi primi calcolatori erano molto lenti, ed era normale che il risultato del calcolo venisse presentato varie ore, se non giorni, più tardi. Tra un input e l'altro, inoltre, il computer rimaneva inattivo, proprio come una macchina calcolatrice.

Il primo computer Turing-completo basato sul sistema numerico binario e totalmente programmabile fu lo Z3, costruito in Germania da componenti riciclati di telefonia dal già citato Konrad Zuse, che lo realizzò praticamente da solo, nel 1941. Lo Z3 venne poi distrutto in un bombardamento dagli Alleati, e per molti anni ne è stata ignorata perfino l'esistenza; di conseguenza il primato di primo computer della storia è stato ingiustamente riconosciuto alla macchina statunitense "ENIAC".

Abbiamo poi il citato Colossus, costruito nel 1944 presso il GCHQ di Bletchley Park nel Buckinghamshire come parte del programma condotto da Alan Turing con l'aiuto dell'esperto in centralini telefonici T. H. Flowers. Faceva parte del progetto bellico per decifrare i messaggi tedeschi prodotti da Enigma. A Bletchley Park, non lontano da Londra, erano stati raccolti centinaia di esperti di enigmistica, maestri di scacchi, matematici, meccanici di precisione ed elettrotecnici: lo scopo era di cercare di interpretare i circa 2.000 messaggi segreti intercettati ogni giorno al nemico, molti provenienti addirittura da Adolf Hitler. I risultati furono importanti, tanto che negli anni successivi si continuò a migliorare l'apparato e a costruirne di nuovi, fino ad avere ben 211 macchine operative nel maggio del 1945, con 2000 tecnici che le assistevano. Il progetto era talmente segreto, che Winston Churchill ne ordinò la distruzione alla fine della seconda guerra mondiale. Solo negli anni novanta, in seguito alla declassificazione dei relativi documenti, si è giunti a conoscenza della sua esistenza. Anche questa macchina era Turing-completa.

Vennero poi gli enormi calcolatori a valvole realizzati a fini bellici dall'Esercito degli Stati Uniti tra il 1944 e il 1951, quali il già citato "ENIAC", l'EDVAC (il primo dotato di programma memorizzato) e l'UNIVAC I (il primo ad essere commercializzato). L'"ENIAC", che godette di una presentazione "hollywoodiana" che suscitò molto scalpore (anche per i grandi effetti luminosi), influenzò gran parte della cinematografia di fantascienza e diede origine alla definizione di "cervello elettronico".[2] Fu poi la volta dell'EDSAC, il primo dotato di caratteri alfabetici (ma privo di tastiera, che venne inventata nel 1956). Nel 1950 venne realizzata la prima unità a nastro e venne concepita l'idea di interfaccia a schermo (che sarà però prodotto la prima volta solo nel 1965). Nel 1954 la Texas Instruments iniziò a produrre in serie i transistor, che erano stati utilizzati in un computer per la prima volta nel 1947, mentre il primo computer totalmente transistorizzato fu il TX-0 del 1956. Sempre nel 1956 venne creato il primo hard disk.

"Whirlwind", il simulatore di volo (1951)

Fin dagli inizi, però, vi fu un'eccezione alla regola del "macinanumeri": la Marina Militare degli Stati Uniti finanziò nel 1944 un progetto del Massachusetts Institute of Technology volto a realizzare un simulatore di volo, completamente elettronico.

Il risultato di questi sforzi fu Whirlwind, il primo computer che reagiva in tempo reale alle azioni dell'utente (il pilota), invece di attendere l'input e dare risposte. Jay Forrester, a capo del progetto, comprese che l'importanza di avere un computer che potesse reagire in tempo reale superava quella del simulatore di volo.

Forrester convinse la Marina ad ampliare il progetto, nel 1948, per realizzare un computer general purpose. Ottenne un milione di dollari l'anno, e nel 1951 presentò la versione definitiva di Whirlwind: otto armadi di valvole.

Le prestazioni, per l'epoca, erano eccezionali, essendo paragonabili a quelle dei personal computer dei primi anni ottanta, quali ad esempio quelle del TRS-80. Fu anche il primo computer ad essere utilizzato, in qualche modo, come personal computer: ci si prenotava per 15 minuti di utilizzo e si potevano scrivere e poi lanciare dei programmi, compiere simulazioni e altro ancora.

Nascita del SAGE (1956)

Tuttavia la Marina non era più interessata al progetto, e minacciava di tagliare i fondi. Ciò che impedì la chiusura del progetto furono i test nucleari compiuti dall'Unione Sovietica, iniziati nell'agosto 1949. L'Aeronautica Militare degli Stati Uniti, temendo un attacco a sorpresa con bombardieri a largo raggio, commissionò al MIT un sistema di allarme interamente basato sulle tecnologie più avanzate, in cui computer come Whirlwind coordinassero la sorveglianza radar e il puntamento dei bersagli.

Il 20 aprile 1951 Whirlwind dimostrò la fattibilità del progetto, tracciando le rotte di tre aerei dai dati acquisiti tramite i radar e calcolando le traiettorie d'intercettazione in modo da portare l'aereo "difensore" entro un chilometro dagli "aggressori". La macchina divenne dunque il cardine del Progetto Lincon, il quale portò nel 1956 alla nascita di SAGE: Semi-Automatic Ground Environment.

Il SAGE era un sistema dislocato su tutto il territorio continentale degli USA, con 23 centri operativi, ognuno dei quali era dotato di due computer, anche se poteva funzionare con uno solo, e poteva ospitare fino a 50 operatori. Il sistema non venne mai impiegato in combattimento e fu dismesso nel 1984.

La creazione di SAGE portò alla nascita della Silicon Valley dell'Est, in quanto il Progetto Lincoln divenne il Laboratorio Lincoln e fu spostato a Lexington, vicino Boston nel 1952: ben presto, altre organizzazioni high-tech lo seguirono. Inoltre, SAGE favorì l'inserimento della tecnologia resa disponibile da Whirlwind nel mondo degli affari: l'IBM, forte dell'esperienza derivante dall'essere il principale fornitore di computer del programma, creò un sistema di biglietteria nazionale in tempo reale per l'American Airlines.

Il sistema divenne operativo nel 1964 col nome di SABRE, Semi-Automatic Business-Related Environment, che divenne il riferimento per tutti i sistemi successivi di transazioni sul punto vendita.

Sempre IBM, nel 1955, iniziò ad utilizzare memorie a nuclei di ferrite, molto più economiche di qualunque altro metodo di immagazzinamento di dati binari dell'epoca, tanto che furono sostituite dai chip di memoria solo negli anni settanta.

CEP - la prima calcolatrice elettronica italiana

Nel 1957 viene realizzata nel Centro Studi dell'Università di Pisa la macchina pilota, in scala ridotta, della Calcolatrice Elettronica Pisana (CEP). Il progetto, interamente italiano, nacque dall'esigenza di disporre di una calcolatrice elettronica per la ricerca scientifica e dalla contemporanea difficoltà finanziaria di acquisto. Fu Enrico Fermi a lanciare l'idea di costruirne una in casa, sfruttando parte dei finanziamenti per il sincrotrone di Frascati. L'organizzazione e sviluppo del progetto è dovuto in particolare a Marcello Conversi - Direttore del Dipartimento di Fisica e Alessandro Faedo - matematico, poi Preside della facoltà di Scienze.
Contribuì al progetto anche Olivetti, che da quel progetto trasse lo spunto per lo sviluppo del calcolatore ELEA.

Simbiosi uomo-macchina (anni sessanta)

Se nel 1958 vi erano 2.500 computer negli Stati Uniti, essi salirono a 6.000 nel 1960, per salire a 20.000 nel 1964 e 63.000 nel 1969.[senza fonte] Con un articolo del 1960 dal titolo Man-Computer Symbiosis, lo psicologo Joseph C.R. Licklider espone le sue idee sull'interazione tra la logica algoritmica dei computer e quella euristica umana. Licklider aveva partecipato al progetto SAGE, e riteneva che il vero SAGE dovesse comprendere una rete di "centri di pensiero", in cui al posto dei radar ci fossero terminali interattivi, in grado di interfacciarsi con dei computer contenenti vaste biblioteche.

Con il Progetto MAC del MIT, cominciò a studiare gli effetti dell'impiego dei computer su vasta scala: anche se non era possibile affidare una macchina a chiunque, dato il costo, si potevano comunque installare terminali interattivi, che grazie al time-sharing consentivano a molti utenti in contemporanea l'accesso alle risorse del computer centrale.

Assunto dall'Advanced Research Projects Agency (ARPA) nel 1962, Licklider continuò il suo progetto coi fondi del Pentagono, dando vita alla prima comunità virtuale intorno al 1965. Il progetto MAC aveva i suoi bulletin-board, uno scambio di freeware e naturalmente i suoi hacker.

Douglas Engelbart, all'epoca ingegnere in una società di Menlo Park, California, aveva sviluppato idee simili a quelle di Licklider, ma i suoi capi erano rimasti scettici. Dopo aver letto alcuni suoi scritti pubblicati nel 1963, Licklider cominciò a finanziare le ricerche di Engelbart, in quanto riteneva perseguissero i medesimi scopi. Grazie ai fondi dell'aeronautica, della NASA e dell'ARPA, Engelbart realizzò quanto mancava alla nascita del moderno personal computer: il mouse, le "finestre" di dialogo, la videoscrittura a tutto schermo, l'ipertesto, l'aiuto sensibile al contesto, e molto altro.

Nel 1962 viene creata la tastiera Teletype, con cui viene equipaggiato il CDC 3600. Nello stesso anno viene concepito il concetto di time sharing e creata la prima sketchpad. L'anno seguente viene ideato il codice ASCII

Il PDP-1 (1960)

Immagine di un PDP 1

I 15 minuti messi a disposizione su Whirlwind ispirarono tra i più giovani utilizzatori del sistema a realizzare macchine che permettessero a chiunque di sfruttare la potenza della nuova tecnologia.

Fu così che due di loro, Kenneth Olsen e Harlan Anderson, misero su nel 1957 un piccola società per commercializzare computer interattivi: la Digital Equipment Corporation (DEC).

Il mercato, però, rimase diffidente: il primo elaboratore programmabile immesso sul mercato dalla DEC, il PDP-1 del 1960, vendette solo 49 esemplari. Un numero rispettabile per l'epoca, ma tutt'altro che il boom spettacolare che ci si potrebbe attendere ai giorni nostri.

Il PDP-1 tuttavia fu tecnicamente un successo: aveva un monitor a tubo catodico integrato, poteva trovare posto in una piccola stanza e forniva una rispettabile potenza di calcolo per il suo costo di "soli" 120.000 dollari.

Ma, cosa molto più importante, lo standard del PDP-1 era aperto: tutti i dettagli costitutivi erano a disposizione, in modo da fornire agli utenti "avanzati" la possibilità di personalizzare o migliorare la macchina in caso di necessità: cosa che, per inciso, avvenne puntualmente.

Dalla stanza del computer al computer da tavolo (1965)

PDP-8 (National Museum of American History a Washington, D.C.)

Dato il "successo" del PDP-1, a partire dal 1964 la DEC puntò a realizzare un computer usufruibile da parte di piccoli gruppi o da singole persone. Basandosi su LINC, un progetto sperimentale del Lincoln Laboratory, e sfruttando la rapida evoluzione delle componenti elettroniche e di archiviazione, nell'aprile del 1965 fu immesso sul mercato il primo esemplare del PDP-8.

Incredibilmente piccolo e leggero per l'epoca, e con un prezzo di 18.000 dollari, il PDP-8 cominciò ben presto a fare bella mostra di sé in decine di laboratori e addirittura nelle scuole. Fu il capostipite della famiglia dei cosiddetti minicomputer, il cui nome fu coniato nei laboratori londinesi della DEC parafrasando l'indumento più in voga all'epoca: la minigonna.

Il PDP-8 scatenò la corsa al computer sempre più piccolo e più potente, tanto che a metà degli anni settanta la DEC e le sue concorrenti cominciarono a penetrare nel dominio finora incontrastato della IBM: i mainframe.

Nel 1969 vi erano 63.000 computer negli Stati Uniti. Nel 1973 il loro numero salì a 105.000; in Italia 4.400 (1969:2.500).

Già nel 1964 per altro la Olivetti aveva concluso un progetto ancora più rivoluzionario: un computer dalle dimensioni simili a quelle attuali (dim: 48x61x19 cm): Olivetti Programma 101. Presentata alla fiera di New York del 1965, riscosse un notevole interesse ed ebbe un buon successo di vendita grazie anche al suo costo relativamente limitato (3.200 dollari, contro i 25.000 di un PDP-8) e alla sua programmabilità senza l'intervento dei tecnici: in pochi anni ne furono venduti 44.000 esemplari in tutto il mondo, il 90% dei quali negli Stati Uniti. Le caratteristiche della macchina, potenzialmente rivoluzionarie, non vennero però percepite dai vertici aziendali Olivetti, orientati ancora alla promozione della propria tecnologia meccanica. Il brevetto su soluzioni tecniche adottate dal P101 fu violato dalla società statunitense Hewlett Packard con la sua HP9100; ammettendo il fatto, l'HP accettò nel 1967 di versare 900.000 dollari di royalties alla Olivetti. Dei circa 44.000 modelli venduti ne esistono soltanto 8 ancora funzionanti. Si trattò di fatto del primo vero e proprio personal computer.[3]

Olivetti

Dopo la citata Olivetti Programma 101, anche negli anni '70, nei laboratori di Ricerca & Sviluppo della Olivetti in via Jervis ad Ivrea, giovani ingegneri e diplomati, non stanno a guardare: nell'aprile 1975 alla fiera di Hannover, viene presentato il P6060, primo personal al mondo con floppy disk incorporato. Unità centrale su due piastre, nomi in codice PUCE1/PUCE2, realizzata con componenti TTL, driver per floppy disk da 8" singolo o doppio, display alfanumerico al plasma da 32 caratteri, stampante termica grafica a 80 colonne, 48 Kbyte di RAM, linguaggio Basic, 40 chilogrammi di peso. Era in concorrenza con un prodotto IBM simile ma dotato di floppy disk esterno. Nel successivo prodotto, l'M20 (1982) l'azienda adottò per la prima volta il microprocessore.

Lo Xerox Alto (1970)

Xerox Alto

Dai laboratori Xerox di Palo Alto nel 1970 nasce un progetto molto in avanti sui suoi tempi, che vedrà la prima luce due anni dopo, nel 1972: lo Xerox Alto. Prodotto dal Palo Alto Research Center (PARC), è il primo computer nella storia ad essere dotato di un display bitmap a finestre con capacità di sovrapposizione, connesso alla prima stampante laser, collegato alla prima rete Ethernet in local area network (LAN), e dotato del primo linguaggio orientato ad oggetti: lo Smalltalk. Lo Xerox Alto rimarrà un concept computer, ma darà il via al progetto Xerox Star (1981), il primo computer in assoluto sul mercato dotato di interfaccia GUI a icone, con mouse, i cui concetti e le cui soluzioni ispireranno tutto il mondo dell'informatica di là da venire. Apple Lisa e poi il Macintosh, Microsoft Word e Microsoft Windows, Xerox Ventura, l'interfaccia GEM, eccetera, sono tutti debitori in vario modo dello Xerox Star, diretto discendente dello Xerox Alto.

Computer fatti in casa: i microcomputer (1975)

Altair 8800

Contemporaneamente, il fascino del "fai da te" dell'elettronica venne contagiato dalla febbre dei computer: il numero ormai storico di Popular Electronics del gennaio 1975 mostrava in copertina una scatola celeste con sopra interruttori e led e il nome in alto a sinistra: Altair 8800.

Il kit, del costo di 397 dollari, poteva essere ordinato presso la MITS di Albuquerque, ed era basato sul processore Intel 8080. L'8080 aveva tutta l'unità centrale di elaborazione (Central Processing Unit, CPU) in un solo chip, ed era dunque il primo microcomputer a prezzi accessibili alle fasce popolari. Tuttavia, Altair era concepito come un minicomputer: ne aveva l'aspetto, usava le stesse periferiche e soprattutto ne aveva l'architettura aperta.

Il primo personal computer Italiano (1975)

MD 800

Nel 1975 è stato realizzato a Torino il primo microcomputer con tutte le funzioni tipiche dei personal computers, il nome era MD 800 ed è stato realizzato da due giovani ingegneri che fondarono nel 1976 la società DMD per produrre questi personal computers. L’MD 800 era dotato di processore Intel 8080, 8 KB di RAM, 4 KB di EPROM, Monitor monocromatico con 25 righe da 80 caratteri, Tastiera estesa con 52 tasti alfanumerici 12 tasti numerici e 18 tasti funzione, Interfaccia per doppio floppy 8” da 256 K, Interfaccia per lettore e perforatore di nastri, Interfaccia seriale, Interfaccia stampante, Sistema operativo sviluppato in Assembler 8080 con gestione files compatibile Digital PDP-11.

La nascita dei computer (1975-1976)

Spacewar! il primo videogioco, girava su PDP-1

In seguito, la MITS sviluppò un linguaggio di programmazione ufficiale per l'Altair, ispirato al Basic della DEC per il PDP-11. Ispirati dal numero di gennaio di PE, nella primavera del 1975, due giovani delle parti di Boston crearono il Basic di Altair. Uno di loro, Paul Allen, faceva il programmatore, mentre un suo compagno delle superiori, Bill Gates, era uno studente ad Harvard. Terminato il prodotto, Allen lasciò il lavoro, e insieme con Gates fondò una piccola società, la Microsoft, per commercializzare il Basic.

Le oltre 10.000 copie vendute di Altair ispirarono la nascita di circoli di appassionati (hacker), come l' Homebrew Computer Club, la cui prima riunione si tenne a Palo Alto, in California, nel marzo 1975. Due dei membri del club erano fermamente convinti che per avere davvero successo, il computer dovesse diventare un elettrodomestico, in grado di funzionare appena tolto dalla scatola e inserita la spina. Fu così che nel 1976 Steve Wozniak e Steve Jobs, amici di vecchia data, crearono la Apple Computer.

Entrambi venivano da Cupertino, in quella che di lì a breve sarà ribattezzata Silicon Valley.

Il "primo" personal computer: l'Apple II (1977)

Apple II

Nel 1977 nasce l'Apple II, il primo computer per il quale fu usata l'espressione personal computer ed il primo modello di successo di tale categoria prodotto su scala industriale.[4]

Steve Jobs e Steve Wozniak nel 1976 avevano già costruito nel loro garage l'Apple I, un computer che però poteva essere appetibile solo ad un pubblico di appassionati di elettronica. Jobs desiderava rendere l'informatica accessibile a tutti quindi, rielaborando il progetto dell'Apple I, misero tutta l'elettronica in una scatola di plastica beige comprensiva di tastiera, dando così forma al personal computer che utilizziamo ancora oggi.

Apple II era dotato di un microprocessore MOS 6502 funzionante alla frequenza di 1 MHz, la memoria RAM ammontava a 4KB (espandibili fino a 48-64KB), 8 alloggiamenti di espansione, un interprete "Integer Basic" su ROM, i codici dei caratteri alfanumerici erano memorizzati in una EPROM. Come memorie di massa erano utilizzati un registratore a cassette oppure uno/due drive per floppy disk da 5" 1/4, il posizionamento di finecorsa della testina di lettura non era gestito dal firmware, all'accensione, il richiamo a zero del carrello della testina durava un tempo fisso di sicurezza, pertanto era caratteristico il "grattare" dovuto al salto di passo del motore a passi del drive; una semplice aggiunta di un circuito logico costituito da flip flop da parte di hobbisti e appassionati, bastava a gestire il finecorsa.

Solo successivamente Apple Computer produsse il suo primo hard disk: il ProFile da 5 MB (il cui costo era inavvicinabile, il corrispondente di circa tremila euro). L'Apple II era interfacciabile con stampanti e modem.

Il sistema operativo era l'Apple DOS (la versione più diffusa fu la 3.3), poi sostituito dal ProDOS, i primi programmi erano rivolti per un uso da ufficio: Visicalc, Apple Writer, ScreenWriter ed AppleWorks che fu il primo integrato. I linguaggi: BASIC, UCSD Pascal, Assembler.

L'Apple II aveva un design accattivante, costava solo 1.195 dollari (escluso il monitor), ed era adatto anche per i videogiochi. Entro la fine del decennio la Apple sarebbe divenuta una società con crescite da record. L'adozione di componentistica standard unita alla relativa semplicità della scheda logica di questo modello, permise la nascita di vari cloni da parte di società anche italiane. Appassionati e hobbisti potevano assemblarsi da soli un modello identico, essendo in commercio il clone del circuito stampato anche privo di componenti.

Lo Xerox Star (1981)

Diretto successore dello Xerox Alto, lo Xerox Star è stato il primo computer venduto sul mercato ad essere dotato di interfaccia grafica a icone guidata da mouse e dotato di hard disk di serie. Il mondo dell'informatica deve moltissimo a questo computer, su cui sono stati elaborati programmi che poi hanno ispirato quasi tutti gli sviluppatori di quella generazione e anticipato la maggior parte delle soluzioni e degli standard oggi comunemente adottati.

Su Xerox Star nasce la metafora della scrivania virtuale con il paradigma di una GUI WIMP. L'utente dello Xerox Star già si trovava a manipolare unicamente i file di dati, perché le applicazioni di produttività erano già allora associate con i corrispondenti file. I documenti potevano essere posizionati sul desktop, archiviati o trascinati sul cestello in e out della posta elettronica. Si potevano addirittura organizzare le icone nel modo che si preferiva, ed era disponibile un set di comandi ridotto Star che poteva essere applicato a qualsiasi file di dati: Move, Copy, Open, Delete, Show, Properties e Same, cioè gli stessi comandi base, che compongono le principali voci di un odierno menu. Il sistema si caratterizzava anche per la coerenza grafica degli elementi a schermo. I designer dello Star infatti enfatizzarono l'aspetto grafico del desktop, delle icone e delle finestre.

Il PC IBM (1981)

IBM 5150

Il 12 agosto 1981, IBM immette nel mercato il primo di una serie di personal computer che diventerà molto popolare: l'IBM 5150, meglio conosciuto come PC IBM.

Nella sua prima versione era dotato di microprocessore Intel 8088 a 4,7 MHz, con 16 KByte di RAM, espandibili a 640, senza disco rigido, con massimo due drive per floppy disk da 5.25" a 160Kb, un monitor a fosfori verdi e sistema operativo PC-DOS 1.0, sviluppato dalla Microsoft e ceduto in licenza all'IBM.

Il costo di questo PC era elevato (circa 3.000 dollari), la capacità di elaborazione bassa, la possibilità di gestire grosse moli di dati era legata all'acquisto di costosissimi dischi rigidi, o unità a nastro esterne. D'altra parte era una macchina solida e affidabile, che godeva di assistenza tecnica; era espandibile tramite un bus interno per schede di espansione, caratteristica che oltre al PC IBM solo l'Apple II allora possedeva. In una parola, mentre il resto degli home/personal computer di allora non riusciva a scrollarsi di dosso una certa immagine da "tecno-giocattoli", il PC IBM nasceva invece come una macchina "seria", con cui poter lavorare.

All'epoca fece furore, vendendo 50.000 pezzi in un mese e 200.000 in un anno, cifre enormi per il mercato dei computer di allora: l'economicissimo e contemporaneo Sinclair ZX80 vendette 70.000 unità in un anno. Anche se non era la miglior macchina tecnologicamente avanzata disponibile (vedi Apple II), l'esperienza e il nome dell'IBM, assieme all'aspetto austero e professionale del 5150, ne fecero lo standard de facto nell'industria del personal computer.

I cloni PC

Il successo di IBM non passò inosservato: le industrie informatiche delle "tigri orientali" (Taiwan, Singapore, etc.) si misero subito al lavoro per clonare il PC IBM. La clonazione, cioè la duplicazione, fu possibile poiché IBM forniva assieme al PC anche gli schemi elettrici, ed il listato del sistema operativo era facilmente ottenibile, i componenti utilizzati, chips di memoria, processore, unità a disco erano "standard" e disponibili per tutti.

Il passo per la produzione industriale dei cloni fu brevissimo. In pochi anni il mondo fu invaso da enormi quantità di PC clonati, dalle prestazioni sempre più brucianti e dai costi sempre più bassi.

Intel e Microsoft

Al centro di questo business c'era e c'è ancora una ditta di semiconduttori: Intel. Fondata nel 1968 da Gordon Moore, famoso per la sua legge sull'evoluzione del numero di transistor integrati nei microprocessori, equipaggiava praticamente tutti i PC prodotti, fino a quando i cloni di AMD e Cyrix cominciarono ad insidiarne il mercato.

La Microsoft controllava il mondo dei sistemi operativi per la famiglia dei microprocessori Intel, diventando nel tempo la più potente software house del mondo. Il duopolio Microsoft e Intel ha suggerito la coniazione del termine WinTel dall'unione di Windows e Intel. Questo duopolio controllava il 90% del mercato informatico mondiale nella fascia ufficio e privato, mentre per i server e la grafica ad alto livello (tipo IRIX della SGI) i vari Unix hanno sempre avuto buona diffusione, così come per l'editoria e l'education la Apple e i Macintosh erano i preferiti.

La seconda rivoluzione di Apple: il Macintosh (1984)

Lo stesso argomento in dettaglio: Apple Macintosh e Mac OS.
Macintosh

Nel 1984 la Apple produce il secondo passaggio evolutivo che porta agli attuali personal computer. Dopo l'insuccesso dell'Apple Lisa, che, nel 1983 fu il primo computer (commerciale e su larga scala) dotato di serie di interfaccia grafica e di mouse, troppo costoso, e con un design poco appariscente, l'azienda di Cupertino (California) decide di ritentare l'impresa col Macintosh, decisamente più elegante nel design e nell'approccio all'interfaccia grafica. Nasceva così il concetto WIMP: Windows Icons Mouse and Pointer (o secondo altri Pull-down menu).

Presentato con uno spettacolare spot televisivo che si ispirava al Grande Fratello di Orwell (ma alludendo anche all'azienda di computer dominante a quel tempo, IBM), il primo modello di Mac fu messo in vendita al prezzo di 2.495 dollari.

Il Macintosh ottenne un successo di mercato senza precedenti, grazie al suo approccio amichevole (user-friendly) e alla facilità d'uso del suo sistema operativo, il Mac OS. L'interfaccia grafica (GUI) usava per la prima volta metafore facili da comprendere, quali il cestino, la scrivania, le finestre, gli appunti ecc. aprendo finalmente l'uso del computer anche a persone con limitate conoscenze informatiche.

In seguito al successo mondiale del Macintosh, molte di queste caratteristiche innovative furono mutuate dalla Microsoft nella creazione del proprio sistema operativo Windows, scatenando una battaglia anche legale durata oltre un decennio.

L'alfabetizzazione informatica: gli home computer (1977-1990)

Commodore 64 (1982)

Prendendo spunto dal successo commerciale dell'Apple II e dell'Altair 8800, altre ditte cominciarono a costruire e vendere i primi home computer, ovvero la seconda generazione dei microcomputer, che viene fatta risalire al 1977 e che avrà notevole popolarità fino alla fine degli anni 1980. Tra i modelli di home computer più famosi, diffusi o innovativi possiamo elencare (in ordine cronologico):

Alcuni dei sistemi di questo tipo erano troppo limitati per essere definiti personal computer o microcomputer, tuttavia ebbero successo come console per i videogiochi. In particolare il Commodore 64 rimane nella storia per diffusione e quantità di programmi anche gestionali. La diffusione di questi sistemi è stata comunque enorme, contribuendo all'allargamento dell'alfabetizzazione informatica e fornendo la base per la successiva diffusione dei personal computer.

Amiga (1985)

Lo stesso argomento in dettaglio: Amiga.
L'amiga 1000 il primo modello della famiglia

Amiga è una piattaforma informatica originariamente ideata da una piccola compagnia americana chiamata Hi-Toro. Questo gruppo d'informatici ed ingegneri inizialmente voleva creare una macchina da gioco dalle grandi capacità grafiche e sonore. In seguito, man mano che il progetto avanzava, Hi-Toro incorporò alla proto-consolle caratteristiche proprie di un personal computer multimediale coordinate da un elegante sistema operativo, AmigaOS che già allora offriva un reale preemptive multitasking. Era il 23 luglio 1985 quando venne mostrato al mondo l'Amiga 1000 da Andy Warhol. Nacque così la piattaforma che fu soprannominata "Advanced Multitasking Integrated Graphics Architecture", in breve AMIGA.

La Hi-Toro fu poi acquisita, insieme al progetto Amiga, da una famosa casa produttrice di personal computer, la Commodore, la quale commercializzò il prodotto dall'ottobre del 1985. Date le eccezionali caratteristiche di Amiga per l'epoca, la piattaforma raccolse un notevole seguito tra gli esperti e gli appassionati di informatica che si distinsero per un notevole spirito di comunità.

Tuttavia una serie di errori strategici e lo scarso interesse degli amministratori di Commodore verso Amiga portarono alla bancarotta dell'azienda che andò in liquidazione volontaria nell'aprile del 1994, con conseguente vendita della tecnologia Amiga ad una serie di aziende specializzate in personal computer che non seppero rivalutarla adeguatamente: di fatto la piattaforma finì per essere sostenuta prevalentemente da una schiera di affezionati utenti e programmatori, i quali riuscirono a mantenere vivo il sistema sino ai giorni nostri.

Nei primi anni del terzo millennio Amiga ha affrontato una lenta rinascita grazie all'impegno di Amiga Inc., l'azienda che attualmente detiene i diritti sulla piattaforma. Amiga Inc. ha concesso in licenza alla casa produttrice Eyetech la fabbricazione delle schede madri AmigaONE basate sull'architettura PowerPC, ed alla software house Hyperion lo sviluppo di una nuova versione del sistema operativo AmigaOS.

Al 2009 l'unico hardware Amiga-compatibile correntemente prodotto è italiano: si stratta dei sistemi Sam440ep, Sam440ep flex, Sam460ex e Minimig della ACube Systems.

Windows (1985)

Il logo di Windows nel tempo
Lo stesso argomento in dettaglio: Storia di Microsoft Windows.

Nel 1984 Microsoft iniziò ad annunciare l'arrivo di Windows, un'interfaccia grafica che avrebbe applicato al suo sistema operativo MS-DOS che era venduto con i PC IBM e compatibili dal 1981. Microsoft aveva creato l'interfaccia utente, all'inizio conosciuta col nome Interface Manager, seguendo i prototipi di interfaccia grafica della Xerox e seguì la strada intrapresa dalla Apple con il suo Macintosh.

L'azienda aveva potuto studiare questa macchina dal 1981 in quanto per lo sviluppo di software (come Excel) aveva avuto a disposizione parti di codice sorgente e la documentazione delle API.

Linux (1991)

Lo stesso argomento in dettaglio: Linux.
Tux, la mascotte di Linux

Il sistema operativo Unix era stato sviluppato a partire dal 1969 ai Bell Laboratories in linguaggio C, grazie anche a Dennis Ritchie, uno dei padri di questo linguaggio. Intorno al 1985 era ormai divenuto un fossile in mano alla AT&T, che ne deteneva i diritti ed i codici sorgenti; il costo della licenza era diventato con il tempo sempre maggiore, risultando di ostacolo alla sua stessa diffusione. Un inizio di cambiamento si ebbe nel 1987, quando fu rilasciato un nuovo sistema operativo didattico, chiamato Minix, progettato dal professor Andrew S. Tanenbaum.

Minix era un sistema operativo Unix-like, ne ereditava cioè la struttura e la sintassi, anche se non era molto sofisticato, né era gestito in modo standard. Nel 1991 Linus Torvalds, uno studente di informatica di Helsinki, discusse la sua tesi su di una versione del kernel monolitico di Minix che poteva essere eseguito su un normale Intel 386, e distribuito gratuitamente insieme con i sorgenti. Il nuovo kernel inoltre era compatibile con lo standard POSIX. Il nuovo progetto si chiamò kernel Linux. Questo era quanto mancava al progetto GNU della Free Software Foundation per rilasciare un sistema operativo completamente libero: GNU/Linux. Parallelamente prosegue lo sviluppo di Hurd, il kernel della Free Software Foundation per il sistema GNU puro.

Entra in scena la Cina (2005)

Dopo oltre 25 anni di primato nell'industria dell'hardware, la IBM, pur essendo tra i leader del mercato, decide di abbandonare la fabbricazione dei personal computer di ogni tipo, dai desktop ai portatili, cedendo marchio e quote di mercato alla cinese Lenovo, azienda che detiene il primo posto per vendite in Asia, escludendo il Giappone. L'accordo prevede la fornitura dei servizi da parte di IBM a Lenovo, che diviene così il terzo produttore mondiale. Precedentemente IBM aveva già ceduto alla società Hitachi l'intero settore hard disk, nonostante la posizione di leader, in quanto a tecnologia, applicata a questa periferica di memoria.

Un'azienda controllata dal Governo di Pechino ha annunciato il lancio in produzione nel 2006 di una generazione di microprocessori a 150 euro, ad alte prestazioni paragonabili a quelle di un Pentium III di Intel. La questione è fonte di contrasti con gli USA che sostengono che i 20 brevetti cinesi sono un plagio delle CPU MIPS prodotte dalla società statunitense MIPS Technologies.[7]

Note

  1. ^ History of Computers and Computing, Mechanical calculators, 18th century, Poleni
  2. ^ a b "Il calcolo automatico negli Stati Uniti, dalle origini al 1950", di Silvio Hénin e Massimo Zaninelli, pubbl. su "Le Scienze", num.344, aprile 1997, pag.64-72
  3. ^ 101 Project » Il documentario
  4. ^ Total share: 30 years of personal computer market share figures
  5. ^ Marc Walters, A World Record for 2002, in 1993 Commodore Annual Report. URL consultato il 26 ottobre 2006.
  6. ^ Commodore 64 Ram addresses, su ludd.luth.se.
  7. ^ La CPU cinese è un falso?

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