Scuola romana di pittura: differenze tra le versioni

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Oggetto di contesa tra gli studiosi è ancora oggi il rapporto infatti tra i romani e i toscani ([[Cimabue]], [[Giotto]]): non è chiaro quale delle due scuole abbia influenzato l'altra e quale effettivamnente diede avvio al rinnovo. È probabile infatti che fossero stati romani, disponendo di un maggior numero di dipinti e di mosaici tardontichi e dell'alto medioevo da cui trarre spunto, a stidiare nuove forme di rappresentazione della figura umana e dello spazio, subito colte e sviluppate dai toscani. Sia Cimabue che Giotto infatti fecero probabilmente dei viaggi a Roma fin dalla loro prima gioventù.
Oggetto di contesa tra gli studiosi è ancora oggi il rapporto infatti tra i romani e i toscani ([[Cimabue]], [[Giotto]]): non è chiaro quale delle due scuole abbia influenzato l'altra e quale effettivamnente diede avvio al rinnovo. È probabile infatti che fossero stati romani, disponendo di un maggior numero di dipinti e di mosaici tardontichi e dell'alto medioevo da cui trarre spunto, a stidiare nuove forme di rappresentazione della figura umana e dello spazio, subito colte e sviluppate dai toscani. Sia Cimabue che Giotto infatti fecero probabilmente dei viaggi a Roma fin dalla loro prima gioventù.


Fu soprattutto il cantiere papale della [[basilica di San Francesco]] ad Assisi il punto di confronto e scambio tra gli artisti. I registri alti della [[Basilica superiore]] sono infatti in gran parte di scuola romana, soprattutto del Torriti. Vero oggetto del contendere è comunque l'attribuzione a una o all'altra scuola delle opere del cosiddetto [[Maestro di Isacco]], tradzionalemente Giotto giovane, e del ciclo francescano. Secondo gli studi dello Zeri e di [[Bruno Zanardi]] il capobottega di Assisi sarebbe stato infatti [[Pietro Cavallini]], a giudicare dal particolare modo di stendere gli incarnati che si ritrova anche nel ''[[Giudizio universale di Santa Cecilia in Trastevere]]''. D'altra parte i fautori dell'attribuzione tradizionale sottolineano come in nessuna opera romana siano presenti soluzioni spaziali così avanzate come quelle nel ciclo di san Francesco, come se ne ritrova invece nelle opere successive di Giotto agli [[cappella degli Scrovegni|Scrovegni]] e altrove.
Fu soprattutto il cantiere papale della [[basilica di San Francesco]] ad Assisi il punto di confronto e scambio tra gli artisti. I registri alti della [[Basilica superiore]] sono infatti in gran parte di scuola romana, soprattutto del Torriti. Vero oggetto del contendere è comunque l'attribuzione a una o all'altra scuola delle opere del cosiddetto [[Maestro di Isacco]], tradizionalmente Giotto giovane, e del ciclo francescano. Secondo gli studi dello Zeri e di [[Bruno Zanardi]] il capobottega di Assisi sarebbe stato infatti [[Pietro Cavallini]], a giudicare dal particolare modo di stendere gli incarnati che si ritrova anche nel ''[[Giudizio universale di Santa Cecilia in Trastevere]]''. D'altra parte i fautori dell'attribuzione tradizionale sottolineano come in nessuna opera romana siano presenti soluzioni spaziali così avanzate come quelle nel ciclo di san Francesco, come se ne ritrova invece nelle opere successive di Giotto agli [[cappella degli Scrovegni|Scrovegni]] e altrove.


In ogni caso, anche se i romani fossero artisticamente figli dei toscani, la loro scuola pittorica fu all'avanguardia e capace di soluzioni avanzate anche nel campo del mosaico.
In ogni caso, anche se i romani fossero artisticamente figli dei toscani, la loro scuola pittorica fu all'avanguardia e capace di soluzioni avanzate anche nel campo del mosaico.

Versione delle 20:39, 12 giu 2012

Disambiguazione – Se stai cercando la scuola romana di pittura del XX secolo, vedi Scuola di via Cavour.
Pietro Cavallini, dettaglio del Giudizio Universale, Santa Cecilia in Trastevere
La Crocifisisone di Pietro nel Sancta Sanctorum

La Scuola romana di pittura a cavallo tra Due e Trecento fu una delle più importanti correnti attive in Italia e in occidente in generale.

Riscoperta ed esaltata in tempi relativamente recenti (in particolare dopo il restauro del ciclo del Sancta Sanctorum e con le nuove attribuzioni delle Storie di san Francesco ad Assisi), fu probabilmente la prima scuola pittorica a sviluppare un linguaggio figurativo più umano e realistico a partire dalle esperienze bizantine, prima dei toscani. Il lungo oblio dei romani, interrotto dagli studi di Federico Zeri, fu dovuto a varie ragioni, prime fra tutti la scarsità di resti e l'assenza in città di un storiografia artistica capace di esaltare quei pionieri, come Pietro Cavallini, Jacopo Torriti e Filippo Rusuti, come invece era avvenuto in Toscana con Vasari e gli altri trattatisti.

Oggetto di contesa tra gli studiosi è ancora oggi il rapporto infatti tra i romani e i toscani (Cimabue, Giotto): non è chiaro quale delle due scuole abbia influenzato l'altra e quale effettivamnente diede avvio al rinnovo. È probabile infatti che fossero stati romani, disponendo di un maggior numero di dipinti e di mosaici tardontichi e dell'alto medioevo da cui trarre spunto, a stidiare nuove forme di rappresentazione della figura umana e dello spazio, subito colte e sviluppate dai toscani. Sia Cimabue che Giotto infatti fecero probabilmente dei viaggi a Roma fin dalla loro prima gioventù.

Fu soprattutto il cantiere papale della basilica di San Francesco ad Assisi il punto di confronto e scambio tra gli artisti. I registri alti della Basilica superiore sono infatti in gran parte di scuola romana, soprattutto del Torriti. Vero oggetto del contendere è comunque l'attribuzione a una o all'altra scuola delle opere del cosiddetto Maestro di Isacco, tradizionalmente Giotto giovane, e del ciclo francescano. Secondo gli studi dello Zeri e di Bruno Zanardi il capobottega di Assisi sarebbe stato infatti Pietro Cavallini, a giudicare dal particolare modo di stendere gli incarnati che si ritrova anche nel Giudizio universale di Santa Cecilia in Trastevere. D'altra parte i fautori dell'attribuzione tradizionale sottolineano come in nessuna opera romana siano presenti soluzioni spaziali così avanzate come quelle nel ciclo di san Francesco, come se ne ritrova invece nelle opere successive di Giotto agli Scrovegni e altrove.

In ogni caso, anche se i romani fossero artisticamente figli dei toscani, la loro scuola pittorica fu all'avanguardia e capace di soluzioni avanzate anche nel campo del mosaico.

Le attività artistiche a Roma decaddero inesorabilmente dopo il trasferimento del papato ad Avignone nel 1309: la grande attività pittorica riprenderà a Roma solo nel Quattrocento inoltrato e scarso sarà il contributo di artisti locali.

Bibliografia

  • Enio Sindona, Cimabue e il momento figurativo pregiottesco, Rizzoli Editore, Milano, 1975. ISBN non esistente
  • Angiola Maria Romanini, “Stil novo” e “maniera greca” nella pittura italiana alla fine del ’200 in Il Medio Oriente e l’Occidente nell’arte del XIII secolo – Atti del XIV Congresso Internazionale di Storia dell’Arte (Bologna, 1979) a cura di H. Belting (1982), pp. 137–152
  • Hans Belting, Assisi e Roma: risultati, problemi, prospettive in Roma anno 1300 – Atti della IV settimana di studi di storia dell’arte medievale dell’Università di Roma (Roma, 1980) a cura di A.M.Romanini (1983), pp. 93-101
  • Luciano Bellosi, La decorazione della Basilica superiore di Assisi e la pittura romana di fine '200 in Roma anno 1300 (1983), pp. 127-139
  • Miklós Boskovits, Proposte (e conferme) per Pietro Cavallini in Roma anno 1300, 1983.
  • Alessandro Tomei, Iacobus Torriti pictor: una vicenda figurativa del tardo Duecento romano, Roma, Argos, 1990
  • Alessandro Tomei, I mosaici e gli affreschi della Cappella del Sancta Sanctorum in Il Palazzo Apostolico Lateranense a cura di C. Pietrangeli, Firenze, Nardini (1991), pp. 59-80
  • Serena Romano, Il Sancta Sanctorum: gli affreschi in Il Sancta Sanctorum a cura di C. Pietrangeli e A.M. Romanini, Milano, Electa (1995), pp. 38-125
  • Bruno Zanardi, Federico Zeri, Chiara Frugoni, Il cantiere di Giotto, Skira, 1996
  • Alessandro Tomei, Pietro Cavallini, Milano, Silvana Editoriale, 2000
  • Andreina Draghi, Gli affreschi rinvenuti nell'aula gotica del convento dei Santi Quattro Coronati a Roma in Cavallini/Giotto, Roma/Assisi; proposte e aggiornamenti - Atti del convegno (Roma, 2001) a cura di T. Calvano (2002), pp. 33-42
  • Francesco Gandolfo, Ricerche di prospettiva nel cantiere di Assisi in Cavallini/Giotto, Roma/Assisi; proposte e aggiornamenti (2002) pp. 43-54
  • Alessandro Tomei, Cavallini e Giotto: qualche osservazione su una inutile contrapposizione in Cavallini/Giotto, Roma/Assisi; proposte e aggiornamenti (2002) pp. 80-99
  • Bruno Zanardi, Giotto e Pietro Cavallini. La questione di Assisi e il cantiere medievale della pittura a fresco, Milano, Skira, (2002)

Voci correlate

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