Coppa diatreta: differenze tra le versioni

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Un piccolo frammento di argento reticolato con un motivo a traforo si è conservato in un ricco tesoro di argenti romani sminuzzati nel V secolo per il suo valore venale, [[Tesoro di Traprain Law|sepolto in Scozia a Traprain Law]] ed ora esposto al [[Royal Museum of Scotland]]. Il frammento mostra un motivo basato su circonferenze, molto simile alle ''diatreta'' di vetro, e suggerisce che lo stesso stile possa essere stato usato per il vasellame in argento.<ref>Fleming, S.J., ''Roman Glass; reflections on cultural change'', 1999, Philadelphia, University of Pennsylvania Museum of Archaeology and Anthropology, p. 110.</ref>
Un piccolo frammento di argento reticolato con un motivo a traforo si è conservato in un ricco tesoro di argenti romani sminuzzati nel V secolo per il suo valore venale, [[Tesoro di Traprain Law|sepolto in Scozia a Traprain Law]] ed ora esposto al [[Royal Museum of Scotland]]. Il frammento mostra un motivo basato su circonferenze, molto simile alle ''diatreta'' di vetro, e suggerisce che lo stesso stile possa essere stato usato per il vasellame in argento.<ref>Fleming, S.J., ''Roman Glass; reflections on cultural change'', 1999, Philadelphia, University of Pennsylvania Museum of Archaeology and Anthropology, p. 110.</ref>


Alcuni esemplari presentano un'ulteriore complicazione nel processo di lavorazione dovuta all'uso di differenti colori per la gabbia, come nel caso delle coppe di Milano e Colonia, ma la maggior parte delle coppe sono monocolori, come nel caso della coppa di Monaco e di quella di Corning. Un esemplare, la [[Coppa di Licrurgo]], fu lavorata in modo da ottenere un [[vetro dicroico]], il cui colore, cioè, cambia quando la luce vi passa attraverso.
Alcuni esemplari presentano un'ulteriore complicazione nel processo di lavorazione dovuta all'uso di differenti colori per la gabbia, come nel caso delle coppe di Milano e Colonia, ma la maggior parte delle coppe sono monocolori, come nel caso della coppa di Monaco e di quella di Corning. Un esemplare, la [[Coppa di Licurgo]], fu lavorata in modo da ottenere un [[vetro dicroico]], il cui colore, cioè, cambia quando la luce vi passa attraverso.


== Diffusione e tecnica di realizzazione ==
== Diffusione e tecnica di realizzazione ==

Versione delle 15:31, 2 mag 2012

La Diatreta trivulzia, una coppa diatreta del IV secolo, conservata al Museo archeologico di Milano

La coppa diatreta (in greco: diatreton; latino: vas diatretum, al plurale diatreta) è una tipologia di contenitore in vetro romano di lusso, diffusosi intorno al IV secolo circa, e considerato «il pinnacolo delle potenzialità dei romani nella lavorazione del vetro».[1] Le diatreta consistono di un contenitore interno e di una gabbia o un guscio decorativo esterno che si distacca dal corpo della coppa, al quale resta attaccato tramite corti supporti.

Tra frammenti e pochi esemplari quasi completi, appena cinquanta coppe diatrete si sono conservate.[2] La maggior parte possiede una gabbia con decorazioni geometriche circolari, spesso con un'«iscrizione», composta da lettere poste nel reticolo; alcune presentano una flangia aperta sotto l'iscrizione e sopra il motivo decorativo inferiore. Ancora più rare sono le coppe con decorazioni figurative, tra le quali la Coppa di Licurgo, conservata al British Museum, è l'unico esemplare conservatosi integralmente.

Tecnologia

Coppa di Monaco, Staatliche Antikensammlungen

Le diatreta sono menzionate nella letteratura romana,[3] e le datazioni assegnate agli esemplari conservatisi vanno dalla metà del III alla metà del IV secolo,[4] lo stesso periodo associato alla diffusione del vasellame romano in vetro a cameo. Sembra infatti che fossero costruiti con vetro simile, ed esistono indizi che suggeriscono che alcuni esemplari più tardi siano una combinazione di diatreta e di vetro a cameo.[5] La suddivisione principale è tra le coppe con figure, accompagnate o meno da decorazioni a reticolo, e quelle senza figure. Alcuni esemplari hanno iscrizioni e flange con decorazioni ad ovolo, assenti in altri; la maggior parte ha una forma a bricco, mentre alcune coppe sono a scodella ampia.[2]

Sin dalla prima pubblicazione sull'argomento (1680) è quasi unanimemente accettato che le coppe fossero realizzate tagliando e molando un vaso di vetro grezzo, pieno e spesso, con una laboriosa tecnica nota a Greci e Romani grazie alla loro esperienza nell'incisione della pietra e delle gemme semi-preziose. Una vecchia teoria, minoritaria ma riproposta recentemente, vuole invece che vaso e gabbia fossero realizzati e lavorati separatamente e poi congiunti a caldo.[6] Alcuni esemplari, come una coppa ritrovata a Corinto negli anni 1960, non mostrano indizi di saldatura alla giunzione tra gabbia e coppa anche quando esaminati al microscopio.[7]

Un piccolo frammento di argento reticolato con un motivo a traforo si è conservato in un ricco tesoro di argenti romani sminuzzati nel V secolo per il suo valore venale, sepolto in Scozia a Traprain Law ed ora esposto al Royal Museum of Scotland. Il frammento mostra un motivo basato su circonferenze, molto simile alle diatreta di vetro, e suggerisce che lo stesso stile possa essere stato usato per il vasellame in argento.[8]

Alcuni esemplari presentano un'ulteriore complicazione nel processo di lavorazione dovuta all'uso di differenti colori per la gabbia, come nel caso delle coppe di Milano e Colonia, ma la maggior parte delle coppe sono monocolori, come nel caso della coppa di Monaco e di quella di Corning. Un esemplare, la Coppa di Licurgo, fu lavorata in modo da ottenere un vetro dicroico, il cui colore, cioè, cambia quando la luce vi passa attraverso.

Diffusione e tecnica di realizzazione

Gli oggetti di questo tipo rinvenuti in Italia e altre regioni europee sono databili al periodo compreso tra il III ed il IV secolo.[9].

Il termine “diatreta” deriva dal verbo greco διατραω = diatrao[10] e si riferisce alla particolare tecnica di lavorazione dell'oggetto, che anticamente consisteva nella soffiatura di un vaso grezzo di spessore notevole, sul quale veniva dopo intagliata una raffinatissima lavorazione a reticolo, conferendo al manufatto il tipico aspetto di un vaso che sembra essere avvolto da un finissimo reticolo. Questa particolare tecnica veniva praticata forse in alcune manifatture della zona del Reno, ed ancora nasconde alcuni interrogativi per gli specialisti del vetro.

Un esempio pregevole è la Coppa trivulziana (l'iscrizione BIBE VIVAS MULTIS ANNIS, «Bevi, che tu viva molti anni») risalente al IV secolo e conservata al Museo archeologico di Milano.[11]

Note

  1. ^ Marcus Chown, «Glass in antiquity», New Scientist, 18 febbraio 1988, p. 51.
  2. ^ a b «The Constable-Maxwell Cage-Cup», 2004 sale catalogue from Bonhams, Lotto 18, Asta 11380 - Antichità, 14 luglio 2004, New Bond Street.
  3. ^ Martin, Susan Dunbar, «Imperitia: The Responsibility of Skilled Workers in Classical Roman Law», American Journal of Philology 122, (Spring 2001), pp. 107–129, riguardo una legge relativa ad un calicem diatretum, menzionata da Ulpiano.
  4. ^ Ad esempio, è stato suggerito che la Coppa di Licurgo sia un riferimento ad un evento politico del 324.
  5. ^ Whitehouse, D., «Late Roman cameo glass», in Annales du 11e Congres. 1990: Amsterdam.
  6. ^ Si veda l'articolo della storica del vetro antico Rosemarie Liercke, «Cage Cups» (in inglese), 11 agosto 2005.
  7. ^ Whitehouse, David, Roman glass in the Corning Museum of Glass, Corning Museum of Glass, 83-84; Corning Cage Cup
  8. ^ Fleming, S.J., Roman Glass; reflections on cultural change, 1999, Philadelphia, University of Pennsylvania Museum of Archaeology and Anthropology, p. 110.
  9. ^ Vetro diatreta
  10. ^ Anton Kisa, Das Glas im Alterthume, Leipzig 1908, p. 624; Axel von Saldern, Antikes Glas, C.H.Beck 2004 ISBN 3406519946, p. 387 n. 1
  11. ^ N.Inv. A 0.9.2840

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