Porta San Pancrazio: differenze tra le versioni

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Del suo aspetto originario non si conosce assolutamente nulla, e forse si trovava anche in una posizione leggermente diversa. Alcuni indizi del [[XVI secolo|XVI]] e [[XVII secolo]] fanno ritenere che dovesse essere ad un solo fornice con due torri quadrangolari poste ai lati, ricalcando in questo aspetto la struttura caratteristica di tutte le ristrutturazioni operate all’inizio del [[V secolo]] dall’imperatore [[Flavio Onorio|Onorio]]. Anche della controporta non si ha alcuna notizia certa, e pertanto è dubbio se la sua edificazione voluta nel ‘500 da [[papa Paolo III]] si sia inserita su una struttura preesistente o se si trattasse di una costruzione del tutto nuova.
Del suo aspetto originario non si conosce assolutamente nulla, e forse si trovava anche in una posizione leggermente diversa. Alcuni indizi del [[XVI secolo|XVI]] e [[XVII secolo]] fanno ritenere che dovesse essere ad un solo fornice con due torri quadrangolari poste ai lati, ricalcando in questo aspetto la struttura caratteristica di tutte le ristrutturazioni operate all’inizio del [[V secolo]] dall’imperatore [[Flavio Onorio|Onorio]]. Anche della controporta non si ha alcuna notizia certa, e pertanto è dubbio se la sua edificazione voluta nel ‘500 da [[papa Paolo III]] si sia inserita su una struttura preesistente o se si trattasse di una costruzione del tutto nuova.
L’intera porta San Pancrazio fu infatti parzialmente ricostruita nel [[XVII secolo]] da M. de' Rossi, discepolo di [[Gian Lorenzo Bernini]], in occasione dell’edificazione della nuova cinta muraria detta “[[Mura Gianicolensi|Gianicolense]]“, voluta da [[papa Urbano VIII]].Il de' Rossi,infatti, si limito' ad eliminare la porta,mantenendo quindi la controporta aureliana. La nuova cinta sostituì, demolendolo, tutto il tratto di mura aureliane posto sul lato destro del [[Tevere]], comprese le porte [[Porta Portuensis|Portuensis]] e San Pancrazio, riedificate ''ex novo'' (la prima, l’attuale [[Porta Portese]], circa 400 metri più a nord della posizione originaria) e con lo stile architettonico barocco proprio dell’epoca.
L’intera porta San Pancrazio fu infatti parzialmente ricostruita nel [[XVII secolo]] da M. de' Rossi, discepolo di [[Gian Lorenzo Bernini]], in occasione dell’edificazione della nuova cinta muraria detta “[[Mura Gianicolensi|Gianicolense]]“, voluta da [[papa Urbano VIII]]. Il de' Rossi, infatti, si limitò ad eliminare la porta, mantenendo però la controporta aureliana. La nuova cinta sostituì, demolendolo, tutto il tratto di mura aureliane posto sul lato destro del [[Tevere]], comprese le porte [[Porta Portuensis|Portuensis]] e San Pancrazio, riedificate ''ex novo'' (la prima, l’attuale [[Porta Portese]], circa 400 metri più a nord della posizione originaria) e con lo stile architettonico barocco proprio dell’epoca.


La porta divenne poi celebre per la difesa che in quella zona la brigata della Repubblica Romana comandata da [[Giuseppe Garibaldi]] oppose contro i Francesi nei moti Repubblicani dell’aprile e soprattutto del giugno [[1849]], in occasione dei quali venne distrutta dai bombardamenti francesi<ref>Ma già nel febbraio del [[537]] aveva ceduto all’assedio dei [[Goti]] di [[Vitige]]</ref>. Ricostruita nell’aspetto odierno dall'architetto Vespignani<ref>Lo stesso che aveva ricostruito, su un disegno abbastanza simile, la [[Porta Salaria]], prima che venisse definitivamente abbattuta.</ref> nel [[1854]] su commissione di [[papa Pio IX]], ebbe ancora un ruolo di primo piano il [[20 settembre]] del [[1870]], quando da qui entrarono le truppe del generale [[Nino Bixio|Bixio]], contemporaneamente a quelle che passarono da [[Porta Pia]].
La porta divenne poi celebre per la difesa che in quella zona la brigata della Repubblica Romana comandata da [[Giuseppe Garibaldi]] oppose contro i Francesi nei moti Repubblicani dell’aprile e soprattutto del giugno [[1849]], in occasione dei quali venne distrutta dai bombardamenti francesi<ref>Ma già nel febbraio del [[537]] aveva ceduto all’assedio dei [[Goti]] di [[Vitige]]</ref>. Ricostruita nell’aspetto odierno dall'architetto Vespignani<ref>Lo stesso che aveva ricostruito, su un disegno abbastanza simile, la [[Porta Salaria]], prima che venisse definitivamente abbattuta.</ref> nel [[1854]] su commissione di [[papa Pio IX]], ebbe ancora un ruolo di primo piano il [[20 settembre]] del [[1870]], quando da qui entrarono le truppe del generale [[Nino Bixio|Bixio]], contemporaneamente a quelle che passarono da [[Porta Pia]].

Versione delle 20:01, 28 dic 2009

Porta San Pancrazio

La porta San Pancrazio è una delle porte meridionali che si aprivano nelle Mura aureliane di Roma.

Storia

Si trova nei pressi della sommità del colle del Gianicolo, e la sua prima edificazione potrebbe risalire già verso la fine della Repubblica, quando un modesto nucleo abitativo ‘’trans-tiberino’’ venne racchiuso in una piccola cinta muraria. In seguitò costituì il vertice meridionale di quella sorta di triangolo che la cinta edificata nel 270 dall’imperatore Aureliano compiva arrampicandosi sul colle.

Una delle caratteristiche di rilievo di questa quattordicesima regione augustea era il fatto di essere attraversata dalla via Aurelia vetus che, partendo dal ponte Emilio, saliva sulla collina ed usciva dalla città proprio attraverso la porta che dalla via prese il nome (e tuttora la moderna via Aurelia Antica, perso il tratto trasteverino, parte da qui). Il suo nome originario era infatti Porta Aurelia[1], sebbene sia attestata anche la denominazione di “Gianicolense” o “Aureliana”, dal nome del console ideatore e realizzatore dell’arteria. L’importanza del vicino sepolcro del martire cristiano Pancrazio, delle catacombe a lui dedicate e poi della chiesa, mete di continui pellegrinaggi, divenne talmente preminente sulla via consolare, da condizionare anche in questo caso, come in tanti altri, il processo di cristianizzazione della nomenclatura delle porte romane, e già nel V secolo le venne attribuito il nome che conserva tuttora.

Nei pressi, sul lato interno, si trovavano anche i mulini pubblici, posti vicino allo sbocco dell’acquedotto di Traiano, che rimasero in funzione fin verso la fine del periodo medievale.

Del suo aspetto originario non si conosce assolutamente nulla, e forse si trovava anche in una posizione leggermente diversa. Alcuni indizi del XVI e XVII secolo fanno ritenere che dovesse essere ad un solo fornice con due torri quadrangolari poste ai lati, ricalcando in questo aspetto la struttura caratteristica di tutte le ristrutturazioni operate all’inizio del V secolo dall’imperatore Onorio. Anche della controporta non si ha alcuna notizia certa, e pertanto è dubbio se la sua edificazione voluta nel ‘500 da papa Paolo III si sia inserita su una struttura preesistente o se si trattasse di una costruzione del tutto nuova.

L’intera porta San Pancrazio fu infatti parzialmente ricostruita nel XVII secolo da M. de' Rossi, discepolo di Gian Lorenzo Bernini, in occasione dell’edificazione della nuova cinta muraria detta “Gianicolense“, voluta da papa Urbano VIII. Il de' Rossi, infatti, si limitò ad eliminare la porta, mantenendo però la controporta aureliana. La nuova cinta sostituì, demolendolo, tutto il tratto di mura aureliane posto sul lato destro del Tevere, comprese le porte Portuensis e San Pancrazio, riedificate ex novo (la prima, l’attuale Porta Portese, circa 400 metri più a nord della posizione originaria) e con lo stile architettonico barocco proprio dell’epoca.

La porta divenne poi celebre per la difesa che in quella zona la brigata della Repubblica Romana comandata da Giuseppe Garibaldi oppose contro i Francesi nei moti Repubblicani dell’aprile e soprattutto del giugno 1849, in occasione dei quali venne distrutta dai bombardamenti francesi[2]. Ricostruita nell’aspetto odierno dall'architetto Vespignani[3] nel 1854 su commissione di papa Pio IX, ebbe ancora un ruolo di primo piano il 20 settembre del 1870, quando da qui entrarono le truppe del generale Bixio, contemporaneamente a quelle che passarono da Porta Pia.

Stampa con l'antica Porta Aurelia

In occasione del rifacimento ottocentesco venne posta sull’attico la seguente iscrizione:

(LA)

«PORTAM PRAESIDIO URBIS IN IANICULO VERTICE
AB URBANO VIII PONT. MAX. EXTRUCTAM COMMUNITAM
BELLI IMPETU AN. CHRIST. MDCCCLIV DISIECTAM
PIUS IX PONT. MAXIMUS
TABERNA PRAESIDIARIS EXCEPIENDIS
DIAETA VECTIGALIBUS EXIGENDIS
RESTITUIT
ANNO DOMINI MDCCCLIV PONTIFICATUS VIII
ANGELI GALLI EQ TORQUATO PRAEFECTO AERARII CURATORI
»

(IT)

«Pio IX Pontefice Massimo ricostruì nell'anno 1854, settimo del pontificato, come dimora per accogliere i soldati del presidio e come padiglione per esigere le gabelle, la porta fortificata costruita a presidio della città sulla sommità del Gianicolo dal Pontefice Massimo Urbano VIII, distrutta dall'impeto della guerra nel 1854 - curatore A.G.Torquato prefetto dell'erario»

La struttura ospitava infatti sia gli ambienti per il presidio militare (la taberna), sia l’ufficio per la riscossione del pedaggio per il transito (vectigalibus exigendis).

In proposito, va ricordato che già dal V secolo e almeno fino al XV, è attestato come prassi normale l’istituto della concessione in appalto o della vendita a privati delle porte cittadine e della riscossione del pedaggio per il relativo transito. In un documento del 1467[4] è riportato un bando che specifica le modalità di vendita all’asta delle porte cittadine per un periodo di un anno. Da un documento del 1474[5] apprendiamo che il prezzo d’appalto per la porta San Pancrazio era pari a ”fiorini 25, bol. XXI per sextaria” (“rata semestrale”); si trattava di un prezzo piuttosto modesto, e modesto doveva quindi essere anche il traffico cittadino per quel passaggio. Si sa di almeno due appalti che riguardarono la porta San Pancrazio nel XV secolo, e di un altro concesso nel 1566 da papa Pio V a suo nipote Lorenzo Giberti; almeno a quell’epoca il traffico cittadino per quel passaggio doveva quindi essere abbastanza consistente, per poter assicurare un congruo guadagno a un personaggio di tale levatura. Guadagno che generalmente era regolamentato da precise tabelle che riguardavano la tariffa di ogni tipo di merce[6], ma che era abbondantemente arrotondato da abusi di vario genere, a giudicare dalla quantità di gride, editti e minacce che venivano emessi.

Attualmente Porta San Pancrazio è sede dell’Associazione Nazionale Veterani e Reduci Garibaldini con annesso Museo Garibaldino (dedicato però anche alla Divisione Italiana Partigiana Garibaldi, attiva tra il 1943 e il 1945).

Note

  1. ^ Esisteva un’altra “Porta Aurelia” (o “Cornelia”), che spesso ha ingenerato confusione nei documenti antichi: si trovava nei pressi del Mausoleo di Adriano e dava accesso alla via Aurelia nova (che più avanti si univa all’altra esattamente dove ancora oggi i due tratti si fondono). Più tardi venne fortunatamente eliminata l’ambiguità, attribuendo all’una il nome di “San Pancrazio” e all’altra quello di “San Pietro”, per la vicinanza alla basilica vaticana.
  2. ^ Ma già nel febbraio del 537 aveva ceduto all’assedio dei Goti di Vitige
  3. ^ Lo stesso che aveva ricostruito, su un disegno abbastanza simile, la Porta Salaria, prima che venisse definitivamente abbattuta.
  4. ^ Conservato nell’Archivio Vaticano e riportato (documento XXXVII) da S. Malatesta in “Statuti delle gabelle di Roma”, Roma, 1886
  5. ^ Dal registro della dogana per l’anno 1474.
  6. ^ Cfr. il documento XXXVI riportato da S. Malatesta, op. cit.

Bibliografia

  • Mauro Quercioli, ”Le mura e le porte di Roma”. Newton Compton Ed., Roma, 1982
  • Laura G. Cozzi, ”Le porte di Roma”. F.Spinosi Ed., Roma, 1968

Voci correlate

Collegamenti esterni