Mina navale: differenze tra le versioni

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Versione delle 16:54, 18 lug 2009

Mina navale della Prima guerra mondiale
Mina navale della Seconda guerra mondiale
Mina navale P200 della Regia Marina in uso nella Seconda guerra mondiale
Delfino addestrato allo sminamento della marina USA

La mina navale è un ordigno esplosivo, contenuto in un involucro a tenuta stagna generalmente metallico, usato per creare sbarramenti alle navi nemiche, lungo le rotte commerciali, gli ingressi dei porti o in particolari zone di mare d'importanza strategica.

La mina navale, al pari della sua omologa terrestre, è un'arma subdola e temibile, e se opportunamente impiegata ha un rapporto costo/efficacia senza uguali nel campo degli armamenti. Infatti, a differenza delle truppe, la mina aspetta paziente per anni o decenni, senza manutenzione, all'erta 24 ore su 24, e quando una nave sollecita i suoi sensori di detonazione essa fa il proprio dovere con solerzia.

Inoltre la mina costa poco, perciò è un'arma alla portata di qualunque governo, e perfino - teoricamente - di qualche gruppo terrorista.

La mina navale è un ordigno esplosivo tuttora largamente impiegato nella guerra marittima. Schematicamente, essa consiste in un involucro ermetico (metallico o in materiale plastico) che contiene una certa quantità di esplosivo (da 50 a 150 kg) il tutto corredato dai sensori di attivazione/detonazione e collaudato per resistere a lunghi periodi di permanenza in mare.

Di norma, le mine non vengono mai impiegate singolarmente, bensì in gruppi numerosi atti a costituire dei campi minati in zone critiche per la navigazione.

Concetti operativi

Il campo minato è una delle espressioni più temute della Sea Power (potenza marittima): impedire all'avversario l'utilizzo sicuro di determinate rotte, siano esse mercantili o militari, oppure dei porti, istmi, insenature, ecc.

Gli scopi sono: indebolire l'avversario nell'approvvigionamento marittimo, in particolare del petrolio e altre materie prime indispensabili all'apparato economico-industriale; ostacolare l'attività della sua marina da guerra, obbligandola ad accurate azioni di contromisure mine ed esponendo le unità navali maggiori ad una minaccia di danneggiamento grave.

Aspetti tattici

Per conseguire questi obiettivi gli ordigni sono di regola abbastanza piccoli, furtivi e relativamente poco costosi. Contrariamente a quanto si immagina, la mina (a differenza del siluro sottomarino) solitamente non affonda la nave colpita: è sufficiente infliggere danni tali da mettere fuori combattimento l'unità, e nel caso di navi mercantili una catastrofe ecologica per una petroliera squarciata è ampiamente esplicativa della minaccia potenziale.

Tecnica

Le mine usate nelle due guerre mondiali furono essenzialmente ad attivazione magnetica e/o acustica, o semplicemente esplodevano per contatto diretto. Oggi quest'ultima possibilità è scomparsa, ma l'intelligenza elettronica e sofisticati sensori permettono all'ordigno di "leggere" cosa succede sulla superficie del mare per selezionare il giusto bersaglio. La mina "sente" le variazioni di campo magnetico, di pressione idrostatica, i rumori di eliche e la rotta e velocità delle navi. Tali rilievi si confrontano con i dati prememorizzati e l'arma "decide" se e cosa attaccare.

Il software include un calendario, programmabile affinché l'ordigno sia eventualmente operativo in un determinato giorno, ovvero si disattivi automaticamente dopo un tot di mesi/anni di attesa. Certe mine (russe) sono addirittura autopropulse, cioè una volta individuato il bersaglio riescono ad avvicinarglisi automaticamente per aumentare gli effetti d'urto dell'esplosione.

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