Italianizzazione (fascismo): differenze tra le versioni

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* [[Istria]] e [[Dalmazia]], nazionalizzate dalla [[Jugoslavia]]. La politica di nazionalizzazione, già attuata dal [[Regno di Jugoslavia]] in modo consistente nel periodo tra le due guerre, raggiunse l'apice negli anni immediatamente successivi la [[Seconda guerra mondiale]]. Tuttavia nei decenni seguenti è stato introdotto ufficialmente un bilinguismo abbastanza avanzato, con un gran numero di scuole di lingua italiana di ogni ordine e grado, toponomastica bilingue in Slovenia e Croazia e l'obbligo nell'Istria slovena per i dipendenti pubblici di rispondere in lingua italiana se con tale lingua interpellati; tuttavia, la minoranza italiana si trova in una situazione di declino numerico. Tuttora permane tra la popolazione slava in Istria e in Dalmazia un diffuso sentimento antiitaliano. Basti pensare che il bilinguismo viene tuttora negato a [[Fiume (Croazia)|Fiume]] dove vi sono varie migliaia di italofoni, a [[Cherso (isola)|Cherso]], [[Veglia (isola)|Veglia]] e [[Lussino]].
* [[Istria]] e [[Dalmazia]], nazionalizzate dalla [[Jugoslavia]]. La politica di nazionalizzazione, già attuata dal [[Regno di Jugoslavia]] in modo consistente nel periodo tra le due guerre, raggiunse l'apice negli anni immediatamente successivi la [[Seconda guerra mondiale]]. Tuttavia nei decenni seguenti è stato introdotto ufficialmente un bilinguismo abbastanza avanzato, con un gran numero di scuole di lingua italiana di ogni ordine e grado, toponomastica bilingue in Slovenia e Croazia e l'obbligo nell'Istria slovena per i dipendenti pubblici di rispondere in lingua italiana se con tale lingua interpellati; tuttavia, la minoranza italiana si trova in una situazione di declino numerico. Tuttora permane tra la popolazione slava in Istria e in Dalmazia un diffuso sentimento antiitaliano. Basti pensare che il bilinguismo viene tuttora negato a [[Fiume (Croazia)|Fiume]] dove vi sono varie migliaia di italofoni, a [[Cherso (isola)|Cherso]], [[Veglia (isola)|Veglia]] e [[Lussino]].
* Malta, ad opera degli inglesi fino al riconoscimento dello Stato sovrano di [[Malta]]. L'italiano venne sostituito come lingua ufficiale dal governo inglese nel [[1934]] a favore dell'[[lingua inglese|inglese]] e del [[lingua maltese|maltese]].
* Malta, ad opera degli inglesi fino al riconoscimento dello Stato sovrano di [[Malta]]. L'italiano venne sostituito come lingua ufficiale dal governo inglese nel [[1934]] a favore dell'[[lingua inglese|inglese]] e del [[lingua maltese|maltese]].
Senza infine dimenticare dell'operazione di austro-slavizzazione dei territori asburgici compiuta dall'unità d'Italia alla fine della prima guerra mondiale con lo scopo di de-italianizzare, con esiti poi vari ed alterni, tutti i territori italiani dell'Impero.


== Note ==
== Note ==

Versione delle 06:59, 4 set 2021

Manifesto affisso a Dignano

L'italianizzazione è stato un disegno politico del regime fascista che ha interessato tale periodo della storia d'Italia con l'intento di diffondere la lingua italiana, ma anche di intervenire sull'uso del dialetto di gruppi linguistici con diversa madrelingua. Il progetto di un'autarchia linguistica aveva avuto precedenti già all'inizio del XX secolo ed il regime vi aggiunse una connotazione ideologica con l'intento di rafforzare una connotazione centralista ed il consenso popolare controllando maggiormente aree di colonizzazione recente.[1]

Italianizzazione nel fascismo di toponomastica, cognomi e parole non italiane

«Basta con gli usi e costumi dell'Italia umbertina, con le ridicole scimmiottature delle usanze straniere. Dobbiamo ritornare alla nostra tradizione, dobbiamo rinnegare, respingere le varie mode di Parigi, o di Londra, o d'America. Se mai, dovranno essere gli altri popoli a guardare a noi, come guardarono a Roma o all'Italia del Rinascimento… Basta con gli abiti da società, coi tubi di stufa, le code, i pantaloni cascanti, i colletti duri, le parole ostrogote.»

L'italianizzazione venne perseguita, seguendo nelle intenzioni il modello francese, attraverso una serie di provvedimenti aventi forza di legge (come l'italianizzazione della toponomastica, dei nomi propri e la chiusura di scuole bilingui) ed un gran numero di disposizioni alla stampa ed alle case editrici, invitate ad evitare termini e nomi stranieri preferendogli i corrispondenti italiani o italianizzati.

Molti intellettuali accolsero favorevolmente l'iniziativa: sin dall'Umanesimo i linguisti ed i letterati della corrente "purista" rifiutavano l'eccessiva eterogeneità linguistica del paese, composta non solo da vere e proprie lingue, ma anche da numerosissimi dialetti.

Tra i molteplici aspetti di questa politica, si ricordano:

  • l'italianizzazione di molti cognomi non italiani (per esempio gli sloveni Vodopivec in Bevilacqua, Rusovič in Russo, Krizman in Crismani ecc.). Solo nella provincia di Trieste, furono italianizzati i cognomi di migliaia di persone prevalentemente di origine slovena e croata[7]. Le leggi fasciste sulla questione previdero l'italianizzazione d'ufficio (definita in questo caso "restituzione") di un cognome ritenuto di origine italiana, senza richiesta di consenso all'interessato; mentre se il cognome era straniero l'italianizzazione (chiamata "riduzione") era "facoltativa", anche se "raccomandata" spesso sotto minaccia, specie per i funzionari pubblici, ai quali un cognome straniero poteva arrivare a bloccare la carriera[8]. Motivata dal diverso intento di mitigare il senso di estraneità della cultura popolare anglosassone, l'abitudine di cambiare i nomi ebbe strascichi anche nel dopoguerra nei confronti di persone famose[9];
  • l'italianizzazione dei toponimi, fenomeno particolarmente notevole in Alto Adige (es.: Sterzing = Vipiteno[10], Ahrntal = Valle Aurina), in Piemonte e Valle d'Aosta (es.: Salbertrand = Salabertano, Oulx = Ulzio, Courmayeur = Cormaiore, Morgex = Valdigna d'Aosta) e nella Venezia Giulia (es.: Postojna/Adelsberg = Postumia, Illirska Bistrica = Bisterza, Sv. Petar na Krasu = San Pietro del Carso, Godovic = Godovici). In Friuli il paese di "Pasian Schiavonesco" fu rinominato "Basiliano" per nascondere il suo essere stato colonizzato da popolazioni slave dopo la "vastata hungarorum", le scorribande degli Ungari che nei secoli VIII e IX avevano spopolato la pianura friulana (ma altre simili denominazioni non sono state mai cancellate in Italia, come ad esempio la stessa Gorizia che ha un'etimologia chiaramente slava). Merita un accenno in provincia di Trieste l'esempio di San Dorligo della Valle (Dolina in sloveno, ma anche in italiano, prima del 1920): si utilizzò infatti l'antica forma "Durlic", con la quale si chiamava il patrono della zona, Sant'Ulderico[11]. In effetti nel Martirologio Romano non esiste san Dorligo, ma Sant'Ulderico;
  • l'italianizzazione di termini ormai di uso comune con equivalenti, ad esempio mescita in luogo di bar, acquavite in luogo di brandy o di whisky. Furono introdotti alcuni termini in sostituzione di altri entrati a far parte dell'uso comune, come sandwich che divenne tramezzino, cocktail che fu trasformato in bevanda arlecchina. Alcuni termini, come tramezzino, sono rimasti in uso nella lingua italiana.

Il processo previde inoltre la censura o la chiusura di giornali in lingua diversa da quella italiana[12] e l'incentivazione al trasferimento di italofoni nelle zone a maggioranza linguistica alloglotta (il caso più eclatante è quello di Bolzano, comune dell'Alto Adige a maggioranza linguistica italiana). Si aggiunse la chiusura delle banche e degli istituti di credito locali e l'abolizione di eventuali seconde lingue ufficiali.[12]

Numerosi intellettuali appoggiarono la politica di italianizzazione: tra questi Gabriele D'Annunzio, il quale propose ad esempio il termine arzente per indicare il distillato di vinacce e, in generale, qualsiasi liquore ad alta gradazione alcolica. Arzente è una variante di ardente[13], usata nell'antica locuzione acqua ardente (e da cui probabilmente derivò il termine arzillo).

Inoltre l'italianizzazione venne vista da molti intellettuali vicini al fascismo, tra cui Giovanni Gentile - direttore scientifico e animatore della prima edizione dell'Enciclopedia Italiana nel 1925 - come il recupero linguistico di terre che erano state in precedenza "deitalianizzate", o almeno "delatinizzate", in seguito a politiche di assimilazione linguistica praticate da Stati stranieri.

Fu quindi naturale per l'Enciclopedia Italiana accogliere ed ufficializzare l'italianizzazione di toponimi tripolitani e cirenaici[14] (più tardi anche del Fezzan) proposta nel 1915 - dopo un primo insoddisfacente tentativo di Eugenio Griffini per conto dell'Istituto Geografico Militare - da Carlo Alfonso Nallino, principale arabista italiano, docente dell'Università di Roma cui, fascista egli stesso, fu affidata dall'Enciclopedia Italiana la cura di tutto ciò che riguardava il mondo arabo e islamico. La Libia era infatti vista come un territorio già romano e quindi, con azzardata deduzione, italiana, di cui era necessario italianizzare i toponimi, ancorché la massima parte non fosse costituita da arabizzazioni di originali latini (ma anche greci), bensì da termini del tutto arabi o berberi, con rare presenze turche.

Il recupero linguistico era avvenuto prevalentemente in Istria, dove il processo di migrazione e d'insediamento di nuclei rurali slavi era cominciato già nell'Alto Medioevo nel VIII secolo, nella stessa fase storica delle prime presenze tedesche stabili in altri territori cisalpini. A ciò va aggiunta la reazione politica al contemporaneo processo di de-italianizzazione che veniva effettuata nei territori ancora italofoni (anche solo parzialmente o residualmente) sotto sovranità straniera: nel Nizzardo ed in Corsica l'italiano venne osteggiato fino alla sua quasi totale scomparsa; in Dalmazia la politica del neonato Regno di Jugoslavia causò addirittura l'esodo di quasi tutti i dalmati italiani, dove ne rimasero circa 5000 secondo il primo censimento etnico del regno.

Il processo di italianizzazione fu più forte in Alto Adige che nella Venezia Giulia. Al riguardo si deve specificare che, mentre nella regione altoatesina gli italiani nel 1910 erano stimati in circa il 3% (e in circa il 4% i ladini), in Venezia Giulia, sempre secondo il censimento austriaco del 1910, vi era una maggioranza relativa italiana attestata intorno al 40%. Tuttavia non vi fu alcun tentativo di mantenere il plurilinguismo, vigente fino ad allora, e si impose l'uso di una lingua che non era la lingua madre della maggioranza della popolazione autoctona, pur essendo compresa. Nell'alta e media valle del fiume Isonzo, in parte del Carso fino alla località di Senosecchia, nei paesi gravitanti nell'orbita triestina e goriziana, l'italiano era conosciuto e compreso da tutti; lo stesso accadeva per la larga parte dei croati residenti nelle zone dell'Istria, del Quarnaro e della Dalmazia, un tempo appartenute alla Repubblica di Venezia. Nei restanti territori (valli tributarie del'Isonzo, Carso interno, zona del monte Nevoso ecc.) l'italiano non era conosciuto e qui il processo di italianizzazione fu un'imposizione tout court.

Non avvenne italianizzazione forzata nella città dalmata di Zara, la cui componente etnica italiana era largamente maggioritaria già prima dell'annessione, e la lingua italiana era compresa e utilizzata dall'intera cittadinanza. Riguardo all'isola di Lagosta, a forte maggioranza slava, l'italianizzazione fu dovuta più che dalla precisa volontà del governo italiano, dal trasferimento spontaneo di famiglie delle altre isole dalmate (principalmente da Lissa), che abbandonarono le proprie terre d'origine dopo l'assegnazione di queste alla Jugoslavia.

Politica italiana del dopoguerra nei territori mistilingui

Dopo la caduta del fascismo, a partire dai primissimi anni del dopoguerra, la toponomastica originale venne ripristinata in Valle d'Aosta e nelle valli franco-provenzali e occitane del Piemonte, oppure, in Trentino-Alto Adige e in alcune zone del Friuli Venezia Giulia, venne adottato il bilinguismo perfetto (rispettivamente tedesco-italiano e italiano-sloveno) e della seconda lingua ufficiale nell'indicazione dei toponimi, mantenendo anche quelli italiani di recente creazione. Per volere di Casa Savoia, il processo di italianizzazione fu pervasivo nell'isola di Sardegna, dove l'italiano sarebbe subentrato allo spagnolo come nuovo idioma di prestigio e impiantatosi come prima lingua a discapito di quelle autoctone, ma non ebbe ulteriori strascichi nelle altre zone storicamente appartenenti all'omonimo regno, come le valli piemontesi e la Valle d'Aosta, in cui invece si assistette a un progressivo ritorno ai propri usi e costumi originali.

Nella provincia di Bolzano, dove la lingua tedesca è sempre stata un forte collante identitario e culturale per la popolazione locale, vi furono - e, per certi aspetti, vi sono ancora - forti contrasti tra la comunità di lingua tedesca e quella di lingua italiana. Infatti, in Alto Adige il processo migratorio di italofoni favorito dal fascismo non venne mai accettato da parte della componente germanofona. Ciò che ha reso molto difficile, anche in seguito, lo sviluppo di un pacifico dialogo tra i due gruppi etnolinguistici e l'attestarsi reciproco su posizioni, anche politiche, estreme.

In Venezia Giulia, i problemi iniziati con i contrapposti nazionalismi all'epoca dell'Impero Austriaco prima e con la italianizzazione da parte del fascismo poi, unita all'invasione della Jugoslavia nel 1941, culminarono con il dramma delle foibe e con l'esodo della stragrande maggioranza degli istriani di lingua italiana e di molti bilingui d'origini miste (le stime arrivano a 350 000). Tutto ciò avvenne soprattutto negli anni a cavallo del Trattato di Parigi del 1947, nel quale l'Istria, popolata da italiani, croati e in minor misura da sloveni, venne in larga parte assegnata alla Jugoslavia.

I governi italiani del dopoguerra concessero un certo uso dello sloveno nei territori giuliani mistilingui rimasti all'Italia. Alcuni gruppi slovenofoni rivendicano maggior uso della propria lingua, con riferimento in particolare alle zone mistilingui della provincia di Udine, ma la questione è complicata dal fatto che i dialetti parlati in queste località differiscono spesso notevolmente dallo sloveno ufficiale. Questo argomento viene spesso portato avanti dagli stessi slavofoni di queste regioni che si oppongono al riconoscimento ufficiale dell'uso della lingua intendendo con ciò marcare una propria differenza rispetto agli sloveni. Tale atteggiamento è dovuto a ragioni storiche sia antiche (queste regioni erano annesse alla Repubblica di Venezia fin dal Medioevo, e quindi separate amministrativamente dal resto della Slovenia) sia più recenti (la forte propaganda antislava svolta in queste zone da maestri, sacerdoti, impiegati pubblici, che venivano reclutati regolarmente in altre zone d'Italia, nonché l'identificazione tra "slavi" e "comunisti").

Un capitolo a parte merita la politica riguardante i dialetti locali e le lingue regionali: l'imposizione dell'uso della lingua italiana in ogni contesto, dalla scuola alla pubblica amministrazione, la sistematica campagna denigratoria verso le lingue alloglotte e i dialetti, descritti e percepiti come lingue parlate da lavoratori manuali e persone di scarso livello culturale, la leva obbligatoria e il continuo ignorare da parte dei mass media ogni forma di espressione in queste lingue che non si limitasse a puri aspetti folcloristici, sono stati e in certi casi sono ancora un forte motore di perdita dell'identità linguistica. Tuttavia è sempre esistita una certa opposizione a queste politiche da parte di gruppi e movimenti della più diversa estrazione: da quelli cattolici "iperconservatori", che tendevano a mantenere una visione antirisorgimentale e antilaicista della società, a gruppi moderatamente conservatori, fino ad arrivare a movimenti di estrazione progressista o addirittura rivoluzionaria, che tendevano a sposare la questione identitaria alla lotta di classe, all'antimilitarismo e alla questione ecologica.

Le lingue straniere e lo sport

L'italianizzazione delle parole straniere legate allo sport ebbe un processo diverso, anche se strettamente legato ad eventi e situazioni causate e collegate al regime fascista.

Tutto lo sport italiano si sviluppò in un'epoca in cui ben poche discipline sportive si diffusero a livello popolare e, proprio perché erano stati i ceti più ricchi ad introdurre in Italia quelle nuove quali tennis, calcio, rugby, la maggior parte dei termini usati era soprattutto di lingua inglese, mentre la maggior parte delle discipline classiche, quali scherma, sciabola e spada, erano legate alla lingua francese, principale idioma utilizzato negli ambienti internazionali e mitteleuropei.

Tutta la terminologia usata per il calcio, anche sui giornali, già dai primi anni dieci era al 95% di tipo anglofono. Solo poche parole desuete, quali pelouse (campo sportivo di tipo erboso), melée (mischia) e guigne (sfortuna, non volgare), erano francesi. Il primo tentativo di cambiare qualcosa si vide proprio sulla Gazzetta dello Sport dopo il 1908, quando venne vietato ai giocatori stranieri di prender parte al Campionato Italiano. Sulla "rosea" apparve un timido "palla al calcio" nei primi mesi del 1909 e fu solo dal luglio dello stesso anno che la vecchia F.I.F. (Federazione Italiana Football) fu sostituita dalla sigla F.I.G.C. (Federazione Italiana Giuoco Calcio), dopo che nell'Assemblea Federale non si raggiunse il quorum deliberativo e si decise, quindi, di inviare una cartolina postale a tutte le società affiliate chiedendo di approvare una delle proposte fatte in Assemblea.

Alla metà degli anni venti, quando ormai il calcio era dominio anche della classe operaia, ignorante in fatto di lingue straniere, diverse parole erano frequentemente storpiate, come ad esempio match, scritta abitualmente macht pur di rendere la stessa pronuncia, ma era ancora la terminologia inglese a farla da padrona. All'arbitro i giocatori gridavano ancora hands! (per un fallo di mano) e chiedevano l'off-side (fuori gioco). La Gazzetta metteva in edicola già dal 1920 un librettino compilato dall'avvocato Giuseppe Cavazzana (arbitro e importante dirigente dell'A.I.A.), vero e proprio vangelo per tutti i giocatori, con tutto il regolamento del gioco del calcio, ma soprattutto corredato di prontuario delle parole inglesi con la relativa pronuncia.

Il calcio italiano era già cambiato, in fatto di ordinamenti voluti dall'alto, quando nel 1930 ci fu la prima e massiccia traduzione dei termini inglesi. Già nel 1930 molte società passarono dal "Football Club" ad "Associazione Calcio" ed il cambiamento era una conseguenza quasi naturale: il "football" era ormai diventato "calcio" per tutti.

A subire il primo cambiamento fu nel 1930 il rugby che, ridotto a sottosezione alle dirette dipendenze della FIGC, venne "tradotto" ufficialmente in palla ovale.

Solo una parola, sport, rimaneva nel vocabolario, italianizzata in sportivo, data l'inefficacia del termine diporto. Per rendere l'idea, anche l'hockey si dovette adeguare cambiando in ochei o nella più popolare versione di palla-rotelle limitatamente alla sezione hockey su pattini. Da notare che in Svizzera viene correntemente usata sia dalla stampa sia dalla popolazione italofona l'espressione disco su ghiaccio. Anche il basket subì l'italianizzazione, diventando palla al cesto o anche pallacanestro, rimasta ancora nell'uso.

Inoltre, a questo proposito, il divieto dell'uso di termini non italiani si accompagnò con l'italianizzazione dei nomi delle società sportive. Ad esempio, il Genoa negli anni trenta vide italianizzata la propria denominazione in Genova 1893 Circolo del Calcio[15], così come il Milan divenne nel 1939 Associazione Calcio Milano[16]. Nell'hockey su ghiaccio, la squadra dell'Hockey Club Cortina divenne nel 1935 Sportivi Ghiaccio Cortina, denominazione che mantiene ancora oggi.

Deitalianizzazione ad opera di Paesi stranieri

Ettore Tolomei fu uno dei principali fautori dell'italianizzazione dell'Alto Adige negli anni trenta

Il processo di deitalianizzazione fu attuato da alcuni Stati esteri che avevano sotto la propria sovranità territori totalmente o parzialmente italofoni. Ciò ha riguardato in particolar modo:

  • La Corsica, ad opera della Francia (l'uso ufficiale dell'italiano venne ufficialmente rimpiazzato dal francese nel 1859).
  • Il Nizzardo a partire dal 1860, ad opera della Francia. Quest'ultima provvide a nazionalizzare tutta la toponomastica dell'ex Contea di Nizza, nella quasi totalità di tradizione italiana (es: Nizza divenne Nice, Saorgio venne trasformato in Saorge, Roccabruna divenne Roquebrune, Mentone divenne Menton, Breglio divenne Breil-sur-Roya etc.) e molti cognomi (Del Ponte divenne Dupont, Bianchi si tramutò in Leblanc etc.). Vi fu anche un esodo di italiani dai territori ceduti.
  • I comuni di Briga Marittima e Tenda, annessi alla Francia nel 1947 e in pochi anni totalmente francesizzati.
  • Istria e Dalmazia, nazionalizzate dalla Jugoslavia. La politica di nazionalizzazione, già attuata dal Regno di Jugoslavia in modo consistente nel periodo tra le due guerre, raggiunse l'apice negli anni immediatamente successivi la Seconda guerra mondiale. Tuttavia nei decenni seguenti è stato introdotto ufficialmente un bilinguismo abbastanza avanzato, con un gran numero di scuole di lingua italiana di ogni ordine e grado, toponomastica bilingue in Slovenia e Croazia e l'obbligo nell'Istria slovena per i dipendenti pubblici di rispondere in lingua italiana se con tale lingua interpellati; tuttavia, la minoranza italiana si trova in una situazione di declino numerico. Tuttora permane tra la popolazione slava in Istria e in Dalmazia un diffuso sentimento antiitaliano. Basti pensare che il bilinguismo viene tuttora negato a Fiume dove vi sono varie migliaia di italofoni, a Cherso, Veglia e Lussino.
  • Malta, ad opera degli inglesi fino al riconoscimento dello Stato sovrano di Malta. L'italiano venne sostituito come lingua ufficiale dal governo inglese nel 1934 a favore dell'inglese e del maltese.

Note

  1. ^ Lingua del fascismo, in Enciclopedia dell'italiano, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2010-2011.
  2. ^ (SL) AA.VV., Slovenski zgodovinski atlas, Lubiana, Nova revija, 2011, p. 168, ISBN 978-961-6580-89-2.
  3. ^ (DE) Statistichen Zentrallkommission, Spezialortsrepertorium der Osterreichischen Lander (PDF), Vienna, Verlag der K. Hof- und Staatsdruckerei, 1918, p. 66.
  4. ^ Pavel Strajn, La comunità sommersa – Gli Sloveni in Italia dalla A alla Ž, prefazione di Gaetano Arfè, 2ª ed., Trieste, Editoriale Stampa Triestina, 1992 [1989], ISBN 88-7174-031-9.
  5. ^ Boris Gombač, Atlante storico dell'Adr.
  6. ^ a b Paolo Parovel, L'identità cancellata, Trieste, Eugenio Parovel Editore, 1985, SBN IT\ICCU\CFI\0245835.
  7. ^ Paolo Parovel, L'identità cancellata. L'italianizzazione forzata dei cognomi, nomi e toponimi nella "Venezia Giulia" dal 1919 al 1945, con gli elenchi delle province di Trieste, Gorizia, Istria ed i dati dei primi 5 300 decreti, Trieste, Eugenio Parovel Editore, 1985. Dell'argomento tratta anche Miro Tasso, Un onomasticidio di Stato, Trieste, Mladika, 2010. Boris Pahor, Necropoli, Roma, Fazi Editore, 2008. Alois Lasciac, invece (Erinnerungen aus meiner Beamtencarriere in Österreich in den Jahren 1881-1918, Trieste, Tipografia Editoriale Libraria, 1939), denunciava dei precedenti casi da lui personalmente appurati di slavizzazione d'ufficio dei cognomi.
  8. ^ Barbara Bertoncin, Intervista a Miro Tasso, in Una città, n. 185, giugno 2011. URL consultato l'8 aprile 2015 (archiviato dall'url originale l'11 settembre 2014).
  9. ^ "“Louis Armstrong became Luigi Braccioforte, Benny Goodman was Beniamino Buonomo, Hoagy Carmichael turned into Carmelito, Duke Ellington became Del Duca, Coleman Hawkins was Coléma”": F. Minganti, Jukebox Boys: Postwar Italian Music and the Culture of Covering, in Heide Fehrenbach and Uta G. Poiger (Eds.), Transactions, Transgressions, Transformations. American Culture in Western Europe and Japan, New York and Oxford: Berghahn Books, 2000, p. 151.
  10. ^ che vuole riprendere gli antichi toponimi Vibidina, Wipitina e Vipitenum.
  11. ^ Jacopo Cavalli, Reliquie ladine, raccolte in Muggia d'Istria, con appendice sul dialetto tergestino, Trieste, 1893, p. 38, SBN IT\ICCU\RAV\0820606.
  12. ^ a b Raoul Pupo, Il lungo esodo - Istria: le persecuzioni, le foibe, l'esilio, Milano, Rizzoli, 2005, p. 2, ISBN 88-17-00562-2.
  13. ^ Arzente, in Treccani.it – Vocabolario Treccani on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. URL consultato l'8 aprile 2015.
  14. ^ Si veda di C. A. Nallino il fascicolo edito dal Ministero italiano delle Colonie (Norme per la trascrizione italiana e la grafia araba dei nomi propri geografici della Tripolitania e della Cirenaica, Rapporti e monografie coloniali, n. 2, febbraio 1915).
  15. ^ 1926 - GENOA CFC
  16. ^ Storia della stagione

Bibliografia

  • Miro Tasso, I nuovi cognomi imposti dal fascismo nel Monfalconese, pp. 167-191, in Luca Meneghesso (a cura di), Ronchi dei partigiani. Toponomastica, odonomastica e onomastica a Ronchi e nella “Venezia Giulia”, Udine, Kappa Vu Edizioni, 2019.
  • Miro Tasso, Le mutazioni dei cognomi nella provincia di Trieste durante il fascismo, Rivista Italiana di Onomastica, 20: 57-66, 2014.
  • Miro Tasso, Fascismo e cognomi: italianizzazioni coatte nella provincia di Trieste, Quaderni Italiani di RIOn, 3: 309-335. Lo spettacolo delle parole. Studi di storia linguistica e di onomastica in ricordo di Sergio Raffaelli. Enzo Caffarelli e Massimo Fanfani (a cura di) - Società Editrice Romana, 2011.
  • Miro Tasso, Un onomasticidio di Stato, Trieste, Mladika, 2010.
  • Paolo Parovel, L'identità cancellata, Trieste, Eugenio Parovel Editore, 1985.
  • Amos Cardia, S'italianu in Sardìnnia, Iskra, 2006.
  • Boris Pahor, Necropoli, Roma, Fazi Editore, 2008.
  • (DE) Alois Lasciac, Erinnerungen aus meiner Beamtencarriere in Österreich in den Jahren 1881-1918, Trieste, Tipografia Editoriale Libraria, 1939. Per quanto riguarda la precedente opera di slavizzazione sugli italiani.
  • Anna Baldinetti, Orientalismo e colonialismo, Roma, Istituto per l'Oriente Carlo Alfonso Nallino, 1997.

Voci correlate

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