Blondi: differenze tra le versioni

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'''Blondi''' ([[1941]] – 30 aprile [[1945]]) era il [[cane da pastore tedesco]] di [[Adolf Hitler]].
'''Blondi''' ([[1941]] – 30 aprile [[1945]]) era il [[cane da pastore tedesco]] di [[Adolf Hitler]].


Venne regalata al [[Führer]] da [[Martin Bormann]] nel [[1941]]. Blondi stette con Hitler anche dopo che si trasferì nel [[Führerbunker]] durante la [[Battaglia di Berlino|caduta di Berlino]], e nell'aprile del 1945 diede alla luce cinque cuccioli, con il pastore tedesco di Gerdy Troost, Harass. Hitler chiamò uno dei cuccioli "Wolf" (il suo soprannome preferito e il significato del suo nome "Adolf"). Durante la battaglia di Berlino, Hitler prima di darsi la morte, ordinò al suo medico personale, il [[Ludwig Stumpfegger|Dr. Stumpfegger]] di testare su Blondi le pillole di [[cianuro]] che gli sarebbero servite per il suicidio.
Venne regalata al [[Führer]] da [[Martin Bormann]] nel [[1941]]. Blondi stette con Hitler anche dopo che si trasferì nel [[Führerbunker]] durante la [[Battaglia di Berlino|caduta di Berlino]], e nell'aprile del 1945 diede alla luce cinque cuccioli, con il pastore tedesco di Gerdy Troost, Harass. Hitler chiamò uno dei cuccioli "Wolf" (il suo soprannome preferito e il significato del suo nome "Adolf"). Durante la battaglia di Berlino, Hitler prima di darsi la morte, ordinò a uno dei suoi medici personali, il [[Werner Haase (medico)|dott. Haase]] di testare su Blondi le pillole di [[cianuro]] che gli sarebbero servite per il suicidio.


I soldati dell'Armata Rossa, una volta giunti al bunker, trovarono i corpi di Blondi e di un suo cucciolo. È sconosciuto ciò che accadde agli altri tre. Il quarto cucciolo venne regalato alla sorella di Eva, Gretl. La segretaria di Hitler, [[Traudl Junge]], ha dichiarato in seguito che [[Eva Braun]] detestava Blondi e che talvolta la prendeva a calci. A detta di tutti, Hitler era molto affezionato a Blondi, la teneva spesso al proprio fianco e le permetteva di dormire nella sua camera da letto nel bunker.
I soldati dell'Armata Rossa, una volta giunti al bunker, trovarono i corpi di Blondi e di un suo cucciolo. È sconosciuto ciò che accadde agli altri tre. Il quarto cucciolo venne regalato alla sorella di Eva, Gretl. La segretaria di Hitler, [[Traudl Junge]], ha dichiarato in seguito che [[Eva Braun]] detestava Blondi e che talvolta la prendeva a calci. A detta di tutti, Hitler era molto affezionato a Blondi, la teneva spesso al proprio fianco e le permetteva di dormire nella sua camera da letto nel bunker.

Versione delle 16:09, 2 feb 2020

Berghof: Blondi al guinzaglio di Adolf Hitler. Nella foto anche Eva Braun

Blondi (1941 – 30 aprile 1945) era il cane da pastore tedesco di Adolf Hitler.

Venne regalata al Führer da Martin Bormann nel 1941. Blondi stette con Hitler anche dopo che si trasferì nel Führerbunker durante la caduta di Berlino, e nell'aprile del 1945 diede alla luce cinque cuccioli, con il pastore tedesco di Gerdy Troost, Harass. Hitler chiamò uno dei cuccioli "Wolf" (il suo soprannome preferito e il significato del suo nome "Adolf"). Durante la battaglia di Berlino, Hitler prima di darsi la morte, ordinò a uno dei suoi medici personali, il dott. Haase di testare su Blondi le pillole di cianuro che gli sarebbero servite per il suicidio.

I soldati dell'Armata Rossa, una volta giunti al bunker, trovarono i corpi di Blondi e di un suo cucciolo. È sconosciuto ciò che accadde agli altri tre. Il quarto cucciolo venne regalato alla sorella di Eva, Gretl. La segretaria di Hitler, Traudl Junge, ha dichiarato in seguito che Eva Braun detestava Blondi e che talvolta la prendeva a calci. A detta di tutti, Hitler era molto affezionato a Blondi, la teneva spesso al proprio fianco e le permetteva di dormire nella sua camera da letto nel bunker.

Hitler ebbe un altro pastore tedesco in precedenza, nel 1921, ma fu costretto a dare via il cane a causa di un periodo di povertà; il cane scappò e tornò da lui. Hitler, assistendo a questa prova di notevole lealtà, sviluppò una certa simpatia per la razza.[1]

Riferimenti culturali a Blondi

Note

  1. ^ Anthony Beevor, Berlin: The Downfall 1945, Viking Books, 2004, p. 357, ISBN 978-0-670-88695-1.

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