Terremoto della Marsica del 1915: differenze tra le versioni

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Il '''terremoto della Marsica del 1915''', noto anche come '''terremoto di [[Avezzano]]''', fu un drammatico [[sismologia|evento sismico]] avvenuto il [[13 gennaio]] [[1915]], che colpì l'intera area della [[Marsica]] in [[Abruzzo]]<ref name="Comune">{{cita web|url=http://www.comune.avezzano.aq.it/pagina3914_il-terremoto.html|titolo=Il terremoto|editore=Comune di Avezzano|accesso=11 gennaio 2018}}</ref> e della [[valle del Liri]] nel [[Lazio]]<ref name="Dati INGV"/> causando, secondo i dati del [[Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia|servizio sismico nazionale]], {{formatnum:30519}} morti<ref name="Dati INGV"/>. Il terremoto, classificato tra i [[Terremoti in Italia|principali sismi]] avvenuti in [[Italia]] per forza distruttiva e numero di vittime, interessò gran parte del [[Italia centrale|centro Italia]] causando danni e vittime in diverse province<ref name="ingv">{{cita web|url=http://storing.ingv.it/cfti4med/quakes/24751.html|titolo=Informazioni sul terremoto|editore=[[Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia|INGV]]|accesso=11 gennaio 2018|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20171015150041/http://storing.ingv.it/cfti4med/quakes/24751.html|dataarchivio=15 ottobre 2017}}</ref><ref>{{cita|Arrasich, 1984|pp. 5-80.}}</ref>.
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Terremoto della Marsica del 1915
Avezzano: veduta aerea dopo il terremoto
Data13 gennaio 1915
Ora07:52:43[1]
Magnitudo momento7.0[2]
Profondità15 km
Distretto sismicoPiana del Fucino
EpicentroFucino
41°59′47.6″N 13°31′38″E / 41.996556°N 13.527222°E41.996556; 13.527222
Stati colpiti Italia
Intensità MercalliXI
MaremotoNo
Vittime30.519[2]
Mappa di localizzazione: Italia
Terremoto della Marsica del 1915
Posizione dell'epicentro

Il terremoto della Marsica del 1915, noto anche come terremoto di Avezzano, fu un drammatico evento sismico avvenuto il 13 gennaio 1915, che colpì l'intera area della Marsica in Abruzzo[3] e della valle del Liri nel Lazio[2] causando, secondo i dati del servizio sismico nazionale, 30 519 morti[2]. Il terremoto, classificato tra i principali sismi avvenuti in Italia per forza distruttiva e numero di vittime, interessò gran parte del centro Italia causando danni e vittime in diverse province[4][5].

Sismicità storica

L'espressione superficiale della faglia sul monte Serrone a Gioia dei Marsi

I documenti storici e le indagini paleosismologiche effettuate nel territorio del Fucino rendono plausibili forti terremoti nei distretti sismici marsicani in epoca antica e in particolare nel corso del Medioevo. Nel 1231 un sisma con epicentro a San Germano, la contemporanea Cassino, causò gravi danni anche nell'area fucense rovetana, così come avvenne con il sisma del 1315 e con il terremoto dell'Appennino centro-meridionale del 1349 con epicentro a Pozzilli nel contemporaneo Molise. Altri eventi sismici di rilievo causarono danni nella Marsica e nell'intera provincia aquilana negli anni 1456, 1461, 1703, 1706 e 1885[6].

Il 24 febbraio 1904 un terremoto di magnitudo stimata di 5.7 con epicentro a Rosciolo dei Marsi causò gravi danni al patrimonio architettonico dell'area, non facendo tuttavia registrare alcuna vittima[7]. Pochi mesi dopo, il 2 novembre dello stesso anno, un sisma di magnitudo 4.8 fu registrato nel distretto sismico fucense. La stessa magnitudo fu registrata nella Marsica Occidentale il 22 febbraio del 1910 e nella Marsica Orientale il 14 aprile 1914[8][9].

Dati storici

Il castello di Avezzano prima del terremoto
Soccorritori al lavoro tra le macerie di Avezzano
La torre di Sperone in bilico dopo il sisma

Dopo circa sei anni dal terremoto di Messina avvenuto il 28 dicembre 1908, pochi mesi prima dell'ingresso nella prima guerra mondiale, l'Italia tornò ad essere funestata da un altro violentissimo sisma.

Esso avvenne, secondo i dati ufficiali dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, alle ore 07:52:43[1] (mentre un telegramma informativo inviato dal comune di Tagliacozzo al Ministero dell'interno riporta le ore 07:48[3]). La scossa principale di origine tettonica, secondo il sismologo Alfonso Cavasino, non fu preceduta da alcun evento premonitore tale da creare un particolare allarme[2]. La sua intensità fu pari all'XI grado della scala Mercalli; in seguito la sua magnitudo fu stimata in 7.0 Mw[2]. L'epicentro fu localizzato nella conca del Fucino in Abruzzo, ma l'ondata sismica colpì anche altre zone dell'Italia centrale come il Lazio e le Marche e parte della Campania, con effetti pari o superiori al VII grado della scala Mercalli. Nei mesi successivi si registrarono circa 1.000 repliche[10].

La scossa fu avvertita dalla Pianura Padana alla Basilicata, mentre a Roma i suoi effetti furono classificati tra il VI ed il VII grado della scala Mercalli[11][12].

Il sisma del 1915, per forza distruttiva e numero di vittime, è classificato tra i principali terremoti avvenuti in territorio italiano. Secondo i dati dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia le vittime furono 30.519, di cui oltre 10.000 nella sola città di Avezzano. Oltre al capoluogo marsicano i cosiddetti "quattro undicesimi della scala Mercalli" si riferiscono a Cappelle dei Marsi, Gioia dei Marsi e San Benedetto dei Marsi, località dove la distruzione fu pressoché totale[13].

La scossa fu avvertita anche nella capitale, producendo danni ad alcuni palazzi; nonostante ciò il governo Salandra tardò molto a comprendere la vastità dell'area coinvolta e la drammaticità delle conseguenze: l'allarme in tutta la sua drammaticità fu lanciato ben dodici ore dopo la scossa principale con i lenti mezzi di comunicazione dell'epoca[14] dal comune di Sante Marie[15]. I primi inadeguati soccorsi giunsero nelle aree colpite solo all'alba del giorno successivo[16]. I soccorsi ufficiali, avviati dal Genio militare, furono coordinati ad Avezzano dal Commissario Regio, Secondo Dezza[17]

Casa Palazzi, unica abitazione di Avezzano rimasta in piedi intatta

Avezzano, situata nell'area epicentrale, venne completamente rasa al suolo: le vittime furono tantissime, 10.700 su un totale di circa 13.000 abitanti. Tra queste anche il sindaco, Bartolomeo Giffi ed altre autorità locali. I pochi sopravvissuti, in gran parte feriti, rimasero senza un tetto per giorni, poiché tutti gli edifici erano crollati su sé stessi, comprese le scuole, le chiese e il castello. Restò in piedi, intatta, solo la casa del cementista bolognese Cesare Palazzi, come testimonia anche una targa commemorativa con su scritto "Unica casa che ha resistito al terremoto del 13-1-1915"[18].

Il terremoto isolò completamente la zona e i soccorritori, partiti la sera inoltrata del 13 gennaio, arrivarono il giorno dopo anche a causa dell'impraticabilità di ferrovia e strade causata da frane e macerie[19].

In Abruzzo, oltre all'area fucense e rovetana, furono isolate e danneggiate anche le valli dell'Aterno e del Tirino. Nel mandamento di Borgocollefegato (la contemporanea Borgorose) e a Sora si registrarono centinaia di vittime e gravissimi danni al patrimonio architettonico, al pari di molti centri del Cicolano e della valle del Liri. Più di 9.000 uomini, fra militari e civili, vennero impegnati per i soccorsi, il trasporto dei feriti negli ospedali e la distribuzione dei viveri. A coloro che si distinsero maggiormente fra i soccorritori venne, in seguito, concessa una medaglia di benemerenza dal duca di Genova Tommaso di Savoia, che venne nominato Luogotenente Generale del Regno da Vittorio Emanuele III.

L'evento sismico mise in evidenza l'impreparazione e, in parte, l'impotenza dello Stato italiano. Erminio Sipari, deputato del collegio di Pescina, portò prima la protesta per quelle vittime che probabilmente si sarebbero potute salvare[20] e da subito chiese l'assegnazione di fondi per la ricostruzione della Marsica[21][22][23].

Vignetta sul terremoto e la prima guerra mondiale

Nell'estate del 1914 era iniziata la prima guerra mondiale e, anche se l'Italia non vi entrò fino al maggio del 1915, ciò influì molto sulla permanenza dell'esercito nella regione colpita. I reparti impegnati, infatti, furono presto chiamati al fronte. Tra le emergenze del terremoto ci fu il problema degli orfani: la gran parte di loro fu affidata all'Opera Nazionale di Patronato "Regina Elena" ed accolti presso istituti, grazie alla volontà e al lavoro del prelato don Orione, al quale fu affidata la responsabilità di restituire i bambini orfani ai parenti ancora in vita. Una delle più incombenti urgenze fu rappresentata dalla raccolta e dal seppellimento dei cadaveri che, onde evitare epidemie, avvenne perlopiù in fosse comuni[24].

Per i pochi giovani sopravvissuti sfumò di lì a poco anche la possibilità di essere esonerati, tanto che dovettero partecipare come soldati alla grande guerra. Molti di loro, oltre 2.000 giovani marsicani, persero la vita sul fronte, lungo l'Isonzo e sul Carso[25].

Le rovine del castello Orsini-Colonna

Prima del sisma, Avezzano era una città in forte espansione demografica; il prosciugamento del lago Fucino faceva sentire i primi influssi sull'economia dell'area, non solo nell'agricoltura ma anche nel settore terziario[14].

Con il terremoto del 1915 crollarono edifici e monumenti come il castello Orsini-Colonna, la collegiata di San Bartolomeo, il teatro Ruggeri, il palazzo Torlonia, il convitto femminile "Clotilde di Savoia" e anche parte dell'identità storico-culturale.

Per ospitare i terremotati furono realizzate nei mesi successivi delle strutture conosciute come "casette asismiche", in parte ancora esistenti, che rappresentano in qualche modo la memoria storica e tangibile dell'evento.

In seguito alla tragedia al governo italiano giunse la solidarietà dei paesi europei, inclusa addirittura l'Austria, i cui rappresentanti inviarono un messaggio ufficiale di solidarietà al ministro degli affari esteri, Sidney Sonnino[26]. Si susseguirono variegati gesti solidali, come l'arrivo nelle zone colpite dal sisma dell'allora re d'Italia Vittorio Emanuele III e di personaggi come Guglielmo Marconi, Gaetano Salvemini, le preghiere di papa Benedetto XV, l'aiuto alle migliaia di orfani di don Luigi Orione, san Luigi Guanella e dell'allora vescovo dei Marsi, Mons. Pio Marcello Bagnoli, i soccorsi del patriota Nazario Sauro e dei compagni irredentisti. Molti furono gli intellettuali del tempo a richiamare l'attenzione dell'opinione pubblica verso la tragedia; tra questi figurano Ignazio Silone, Benedetto Croce e Gabriele D'Annunzio[10][27]. Numerose amministrazioni comunali di tutta Italia si adoperarono con le raccolte di fondi per fronteggiare l'emergenza[28][29].

Geologia e aspetti sismotettonici

Sperone di Gioia dei Marsi a cavallo della terminazione meridionale della faglia del Fucino, nota come faglia del monte Serrone
L'abitato distrutto di Frattura Vecchia, situato sul corpo di frana del monte Genzana che ha generato il lago di Scanno

Il territorio abruzzese è caratterizzato da una notevole attività sismica, legata prevalentemente a processi di distensione crostale. Il campo deformativo plio-quaternario è tuttora attivo. Il Fucino è un'ampia depressione tettonica circondata da faglie normali e transtensive attive nel Pliocene superiore-Quaternario. È presente anche una fase deformativa compressiva tardo messiniano-pliocenica inferiore schematicamente attribuita a quattro principali unità, a direzione grossolanamente NNO-SSE, convergenti a levante: "Costa Grande-Monte d'Aria", "Monte Cefalone-Monti della Magnola", "Altopiano delle Rocche-Gole di Celano" e "Monte Sirente". Queste strutture compressive deformano sottostanti strati mesozoico-terziarie appartenenti a due domini deposizionali.

Il primo raggruppa una sedimentazione persistente di piattaforma annegata nel Miocene e il secondo delle aree annegate nel Mesozoico con sedimentazione persistente di scarpata e di bacino, quest'ultima immediatamente a NE del Fucino. In corrispondenza del primo dominio poggiano le calcareniti a briozoi del Langhiano-Tortoniano, mentre vi è una lacuna tra il Cretacico superiore e la fine del Miocene inferiore. Nel secondo dominio invece vi è una maggior continuità fino al Miocene medio. Questa discrepanza potrebbe essersi creata in concomitanza della fase disgiuntiva legata al rifting liassico che si è mantenuta fino al Miocene medio.

Affiorano così depositi continentali alluvio-colluviali attribuibili al Plio-Pleistocene e, in particolare in corrispondenza dell'antico fondo lacustre caratterizzato da sedimenti limosi, all'Olocene.

L'evoluzione quaternaria del bacino è legata all'attività di due principali faglie, una in direzione NO-SE e immersione occidentale, tangente l'ex lago a SudEst, e l'altra, tangente a Nord, in direzione OSO-ENE e immersione meridionale.

Si formarono scarpate di faglia (fagliazione principalmente olocenica), spaccature del terreno, vulcanelli di fango, frane, variazioni della topografia e cambiamenti chimico-fisici delle acque[30][31].

Stima delle vittime

Veduta di Pescina dopo il sisma

«I soffitti s'aprivano. In mezzo alla nebbia si vedevano ragazzi che, senza dire una parola, si dirigevano verso le finestre. Tutto è durato venti secondi, al massimo trenta. Quando la nebbia di gesso si è dissipata, c'era davanti a noi un mondo nuovo…»

Monumento ai soldati d'Italia che seppellirono le vittime di Avezzano

Il terremoto marsicano ebbe indubbiamente un grosso impatto sulla dinamica demografica di molte località dell'area epicentrale. Secondo i dati ufficiali, sovente in disaccordo con quelli riportati dalle documentazioni prodotte dalle autorità locali, Avezzano ed il borgo di Cese dei Marsi persero oltre il 90% della propria popolazione (10.700 morti), Massa d'Albe l'83% (500 morti), Pescina il 72% (4.000 morti), Ortucchio il 71% (1.800 morti), San Benedetto dei Marsi più del 70% (3.000 morti), Cappelle dei Marsi il 70% (600 morti), Aschi il 70% (700 morti), Magliano de' Marsi il 69% (1.800 morti), Paterno il 63% (1.000 morti), Collarmele il 59% (1.200 morti), Cerchio il 50% (1.300 morti), Gioia dei Marsi il 47% (1.600 morti), San Pelino il 45% (600 morti), Aielli il 41% (1.000 morti), Massa Corona il 37% (150 morti), Canistro il 33% (450 morti), Sant'Anatolia il 27% (100 morti), Lecce nei Marsi il 24% (500 morti), Venere dei Marsi il 23% (130 morti), Forme il 17% (120 morti), Scurcola Marsicana il 15% (405 morti). Alcuni centri, tra i quali: Pescosolido, Antrosano, Trasacco, Civita d'Antino, Celano, Rendinara, Sora, Luco dei Marsi e Scanno subirono perdite di popolazione comprese tra il 10% ed il 5% del numero complessivo dei loro abitanti. Le statistiche ufficiali più recenti fanno ammontare il numero totale dei decessi causati dal terremoto a 30.519; si tratta di una stima che non tiene conto delle persone morte in seguito alle gravi ferite. La maggior parte delle vittime si concentrò nell'area della conca del Fucino e nei centri dell'area rovetana[4].

Aree danneggiate

Numerosi furono i borghi e i monumenti gravemente danneggiati dal sisma[4].

Il memoriale sul monte Salviano
La collegiata di San Bartolomeo ad Avezzano prima del 1915

Nella Marsica e nelle aree limitrofe figurano Aielli che subì la distruzione del borgo antico e gravi danni alla torre medievale e alla chiesa della Santissima Trinità. Avezzano perse il nucleo urbano, raso al suolo insieme alla collegiata di San Bartolomeo, al monastero di Santa Caterina, alle chiese di San Francesco (San Giovanni), San Rocco, Santa Maria in Vico, San Nicola, alle numerose cappelle e alla statua della Madonna dell'Incile. Crollarono il teatro Ruggeri, la stazione ferroviaria, il convitto femminile, la caserma dei Carabinieri Reali e altri edifici pubblici e privati. Del castello Orsini-Colonna rimase in piedi soltanto il piano terra con i monconi laterali, così come avvenne con il palazzo Torlonia. Il santuario della Madonna di Pietraquaria subì gravi lesioni. Andarono quasi completamente distrutti i borghi limitrofi di Antrosano, Castelnuovo, Cese, Paterno e San Pelino. Quasi completamente distrutto anche il borgo vecchio di Balsorano. Crollò la chiesa di Maria Santissima del Loreto e riportò gravi danni il castello Piccolomini. Capistrello perse palazzi storici e chiese antiche. Subi gravi danni l'officina idroelettrica dei Torlonia. A Bisegna e Cappadocia crollarono molti edifici e chiese come pure nei borghi di San Sebastiano, Petrella Liri e Verrecchie. A Carsoli il castello di Sant'Angelo, già in rovina, subì ulteriori danni. Fu lesionata l'antica chiesa di Santa Maria in Cellis, mentre nella frazione di Pietrasecca crollò la chiesa di Santo Stefano. A Castel di Ieri il sisma lesionò la torre medievale e la chiesa parrocchiale. Danni gravi ai borghi antichi di Castellafiume e Pagliara dei Marsi.

Facciata dell'ex cattedrale di Santa Sabina
Torre Piccolomini a Pescina
Torre dell'antica chiesa di San Martino in Agne a Lecce nei Marsi

Il patrimonio architettonico di Celano subì ampiamente gli effetti della scossa, in particolare il castello Piccolomini che subì diversi crolli, i palazzi nobiliari e le chiese come quella di Santa Maria delle Grazie. Crollò su sé stessa la chiesa dei Santi Giovanni e Paolo a Cerchio. Flagellati i paesi di Canistro, Civita d'Antino e Civitella Roveto, raso al suolo il borgo di Meta. A Cocullo crollarono i resti del castello Piccolomini, rimase in piedi solo la torre che venne successivamente inglobata nella chiesa di San Nicola. Fu quasi completamente distrutta anche Collarmele che perse il borgo originario, le chiese e parte della torre medievale. Crollò parzialmente la torre baronale di Collelongo. A Gioia dei Marsi rasi al suolo i paesi di Gioia Vecchio e Sperone la cui torre, gravemente lesionata, rimase per giorni in bilico fino alla successiva messa in sicurezza. A Lecce nei Marsi i centri già in rovina di Lecce Vecchio, Sierri e Buccella si accartocciarono. Della chiesa di San Martino in Agne rimase in piedi il campanile. A Luco dei Marsi crollò la torre medievale. Gravi danni alla chiesa di Santa Lucia e al paese di Magliano de' Marsi. Gravemente lesionata la romanica chiesa di Santa Maria in Valle Porclaneta a Rosciolo dei Marsi.

Il borgo vecchio di San Giovanni Valle Roveto
I ruderi di Morino Vecchio

Rase al suolo Corona di Massa d'Albe e il borgo medievale di Albe. Crollò il tetto della chiesa antica di San Pietro e buona parte del castello Orsini. Completamente distrutta Morino, gravi danni a Rendinara. Fu danneggiato anche il borgo di Opi. Ad Ortona dei Marsi ci furono danni non irreparabili, in particolare alla collegiata di San Giovanni Battista. Furono flagellati invece i borghi di Aschi e Carrito. Ad Ortucchio crollò il tetto della romanica chiesa di Sant'Orante e subì gravi danni il castello Piccolomini. Fu lesionionato il castello medievale di Pereto. Rilevanti lesioni ci furono anche nella chiesa dei Santi Pietro e Paolo a Pescasseroli. A Pescina crollarono gli edifici del borgo antico. Danni gravi anche alla cattedrale di Santa Maria delle Grazie, alle chiese di San Berardo dei Marsi e Sant'Antonio. Crollarono ampie porzioni della torre Piccolomini e della casa del Cardinal Mazzarino. La parte alta del borgo di Venere andò persa, si salvò solo parzialmente la torre di avvistamento. A Rocca di Cambio si verificarono lesioni all'abbazia di Santa Lucia.

San Benedetto dei Marsi fu rasa al suolo, della vecchia cattedrale di Santa Sabina rimase in piedi soltanto la facciata. Danneggiate gravemente alcune frazioni di Sante Marie. Sconquassati i vecchi borghi di San Vincenzo Valle Roveto e San Giovanni Valle Roveto. Gravi danni al castello Piccolomini e al borgo di Morrea. A Scanno ci furono lievi lesioni al borgo medievale mentre fu totalmente distrutto il borgo vecchio di Frattura. A Scurcola Marsicana gravi danni al paese e alla rocca Orsini. Raso al suolo il borgo di Cappelle dei Marsi. Le frazioni di Tagliacozzo situate sui bordi orientali dei piani Palentini furono le più danneggiate. A Tione degli Abruzzi distrutto il borgo di Goriano Valli, solo la torre medievale rimase in piedi. Gravi danni a Trasacco in particolare alla chiesa dei Santi Cesidio e Rufino e alla torre Febonio. Danni al borgo di Villavallelonga.

Crolli e numerosi danni si verificarono nei comuni dell'altopiano delle Rocche e nelle valli dell'Aterno, Subequana e del Tirino.

All'Aquila, dove il sisma causò 6 vittime ed una trentina di feriti, si registrarono il crollo di parte della facciata della basilica di Santa Maria di Collemaggio, il collasso di alcune volte dell'ospedale oltre a numerosi altri danni localizzati nei palazzi del centro storico[33].

Danni si registrarono anche in alcuni edifici pubblici, palazzi e chiese di Roma[34]. Furono gravemente danneggiati anche molti centri laziali della valle del Liri come Arpino, Isola, Sora e Veroli, della valle del Salto e del Cicolano, oltre ad alcuni comuni della contemporanea provincia di Caserta[2][35][36].

Ricostruzione

Mappe sovrapposte di Avezzano prima e dopo il 1915
La sede del Genio civile di Avezzano

«…Nel terremoto morivano ricchi e poveri, istruiti e analfabeti, autorità e sudditi. Nel terremoto la natura realizzava quello che la legge a parole prometteva e nei fatti non manteneva: l'uguaglianza. Uguaglianza effimera…»

Gli interventi di ricostruzione riguardarono dapprima Avezzano che fu ricostruita leggermente più a nord, nord ovest rispetto al centro originario. Nella città devastata il governo Salandra istituì uno dei più grandi campi di concentramento della prima guerra mondiale in località Borgo Pineta con l'impiego di circa 15.000 prigionieri austro-ungarici e dei soldati rumeni della Legione Romena d'Italia che realizzarono diverse opere come alcuni edifici pubblici, i nuovi servizi viari cittadini, le cisterne per l'approvvigionamento idrico delle Tre Conche, la pineta nella zona nord e il rimboschimento del monte Salviano[38].

La cattedrale di San Bartolomeo fu ricostruita in posizione diversa rispetto alla chiesa madre originaria e venne consacrata nel 1942 durante il periodo fascista. I bombardamenti alleati della seconda guerra mondiale la danneggiarono in modo non irreparabile, mentre la città appena ricostruita subì nel 1944 una nuova distruzione pari al 70% del patrimonio architettonico[39][40].

Il castello Orsini-Colonna cadde in abbandono fino agli anni settanta, quando il restauro fu avviato ufficialmente e completato alla fine del secolo con l'apertura della pinacoteca d'arte moderna al primo piano[41]. Anche per la chiesa di San Giovanni Decollato il consolidamento e la ricostruzione arrivarono negli anni sessanta, mentre il palazzo di Villa Torlonia e il palazzo di giustizia furono ricostruiti a cominciare dagli anni venti seguendo perlopiù un sobrio stile liberty[42][43].

L'impianto di drenaggio dell'ex lago del Fucino, prosciugato pochi decenni prima, sembrò non risentire molto dello sciame sismico, tuttavia nel 1920 si decise il rifacimento completo dei tratti di galleria ritenuti minacciati, mediante tecniche più evolute rispetto al secolo precedente[44].

La città contemporanea, abitata da oltre 42.000 abitanti, è tra i centri urbani più estesi e popolati della regione Abruzzo[45]. Completamente ricostruita è priva di un centro storico vero e proprio, la maggior parte delle abitazioni è costituita da piano terra e primo piano. Gli edifici più recenti presentano più di due piani, ciò perché i criteri costruttivi antisismici si sono evoluti.

Negli altri comuni della Marsica la ricostruzione fu, nella maggior parte dei casi, più lenta. Tranne a Celano, in cui venne completata negli anni quaranta, la maggior parte dei centri colpiti dovette attendere fino agli anni sessanta. Lo stesso scrittore Ignazio Silone di Pescina lamentò il fatto che durante l'epoca fascista il denaro elargito dallo Stato per la ricostruzione fosse deviato dagli amministratori locali per interessi personali e per l'arricchimento industriale di altre città, descrivendo l'isolamento e l'abbandono da parte delle istituzioni dei borghi montani[46].

Negli anni sessanta tutte le chiese, le torri e i castelli limitrofi iniziarono ad essere restaurati e quasi tutti furono rimessi in sesto nel decennio successivo. I borghi antichi di Albe Vecchia, Lecce Vecchio, Meta Vecchio, Morino Vecchio, Sperone Vecchio, Tione Vecchio e in parte Frattura Vecchia sono rimasti in abbandono perché irrimediabilmente danneggiati dal sisma con la conseguente delocalizzazione dei nuovi abitati[13].

Opere sul terremoto della Marsica

Obelisco del memoriale sul monte Salviano realizzato da Pasquale Di Fabio

«…possibile che le case d'Avezzano, le case di Messina, sapendo del terremoto che di li a poco le avrebbe sconquassate, avrebbero potuto starsene tranquille sotto la luna, ordinate in fila lungo le strade e le piazze…»

Sono stati molti gli intellettuali che hanno messo al centro delle proprie opere il terremoto del 1915. Tra questi Ignazio Silone, sopravvissuto al sisma, Benedetto Croce, Luigi Pirandello e lo scrittore danese Johannes Jørgensen.

Realizzarono reportage giungendo sul posto cronisti e giornalisti di fama nazionale come Giovanni Cena, Tullio Giordana, Giuseppe Prezzolini, Scipio Slataper[48][49][50][51]. Anton Giulio Bragaglia raccontò la devastazione del sisma sulla rivista di viaggi Touring[52].

Il film muto sulla prima guerra mondiale intitolato Sempre nel cor la Patria!, del regista Carmine Gallone fu girato nella città di Avezzano che appena distrutta dal sisma poté tragicamente simulare i panorami di guerra[53].

Un cortometraggio muto in bianco e nero fu girato a manovella ad Avezzano pochi giorni dopo la tragedia dai cinematografi francesi dell'Istituto Gaumont.

Nei primi anni sessanta l'editore Furio Arrasich incluse nella collana La Cartolina un supplemento dedicato al terremoto marsicano affiancando alle cartoline d'epoca le cronache dei quotidiani che si occuparono dell'evento come Il Giornale d'Italia, La Tribuna e Il Mattino.

In occasione del cinquantenario del sisma, nel 1965, il Genio civile ricostruì per fini commemorativi una piccola porzione del campanile della distrutta collegiata di San Bartolomeo[54], mentre lo scultore Pasquale Di Fabio realizzò l'obelisco del memoriale innalzato alle pendici del monte Salviano[55].

Nel 1975 Gigi Proietti recitò durante il varietà televisivo Fatti e fattacci un monologo in romanesco dal titolo Er terremoto d'Avezzano[56].

Nel 1982 la Cineteca di Bologna fece realizzare dalla regista Anna Maria Cavasinni il cortometraggio intitolato Marsica un terremoto che ha settanta anni[57].

Il documentario storico dal titolo La Notte di Avezzano, realizzato da Raffaello Di Domenico, fu proiettato per la prima volta il 13 gennaio 2011 presso il ristrutturato castello Orsini-Colonna ad Avezzano. Contiene 150 foto d'epoca pre e post-sisma, dati di sismologia storica e foto dell'ammiraglio statunitense J. Lansing Callan donate all'U.S. Geological Survey[58].

Nel 2015, in occasione delle celebrazioni commemorative del centenario, Poste italiane ha emesso un francobollo speciale dedicato al terremoto della Marsica[59], l'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato ha coniato la moneta con i simboli della tragedia e la rinascita di un popolo impressi su entrambi i lati[60] ed è stato pubblicato un eBook gratuito dal titolo Le Fiamme Gialle nei giorni del terremoto della Marsica di Gerardo Severino, edito dalla Scuola di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza, che racconta le operazioni di soccorso dei finanzieri[61]. L'istituto nazionale di geofisica e vulcanologia ha realizzato un documentario suddiviso in tre parti, intitolato Le radici spezzate: Marsica 1915 - 2015, in cui viene raccontato attraverso immagini e testimonianze il fenomeno della delocalizzazione, ovvero della ricostruzione in altri luoghi dei borghi montani distrutti dal sisma[13][62].

Note

  1. ^ a b Orario e dati riportati nel Parametric Catalogue of Italian Earthquakes dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia. Parametric Catalogue of Italian Earthquakes, su emidius.mi.ingv.it, INGV. URL consultato l'11 gennaio 2018.
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Bibliografia

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