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Versione delle 20:19, 17 feb 2019

Jugoslavia
Jugoslavia – Bandiera
Jugoslavia - Stemma
Jugoslavia - Localizzazione
Jugoslavia - Localizzazione
Dati amministrativi
Nome ufficialeJugoslavija
Lingue ufficialiserbo-croato
Lingue parlateserbo-croato, sloveno, macedone, albanese
InnoHej Slaveni
CapitaleBelgrado  (1.717.800 ab. / 2002)
Politica
Forma di Statostato federale (1945-2003)
Forma di governo
Nascita3 ottobre 1929 con Alessandro I di Jugoslavia
Causadittatura di Alessandro I e unificazione dei tre regni
Fine4 gennaio 2003 con Voijslav Koštunica
Causacostituzione dell'Unione Statale di Serbia e Montenegro
Territorio e popolazione
Bacino geograficoPenisola balcanica
Massima estensione255.804 km² nel 1947-1991
Popolazione23.724.919 nel 1991
Economia
Valutadinaro jugoslavo
Varie
TLD.yu
Prefisso tel.+381
Sigla autom.YU
Religione e società
Religioni preminentiChiesa ortodossa serba
Religione di Statoateismo di stato (1945-1992)
Religioni minoritarieIslam (Kosovo e parte della Bosnia-Erzegovina)
Evoluzione storica
Preceduto da Regno dei Serbi, Croati e Sloveni
Succeduto da Serbia e Montenegro

La Jugoslavia, o più propriamente Iugoslavia[1][2][3] (AFI: /juɡoˈzlaːvja/[4]; in croato e in sloveno Jugoslavija, in serbo e in macedone Југославија; letteralmente "terra degli slavi del sud") fu uno Stato esistito tra il 1929 e il 2003 passando per diversi assetti istituzionali, che ha amministrato il territorio della Penisola balcanica occidentale nel corso del XX secolo.

Negli ultimi anni gli stati ex-iugoslavi stanno rinsaldando sempre più i legami economici, politici e sociali, formando quella che oggi è definita Iugosfera.

Il periodo monarchico

Re Alessandro I

Alla fine della prima guerra mondiale, alcuni politici e intellettuali slavi della Slovenia, della Croazia, della Bosnia ed Erzegovina e della Voivodina, fino ad allora appartenenti all'Impero Austro-ungarico, dichiararono l'indipendenza delle loro terre da Vienna e si costituirono in un'entità denominata Stato degli Sloveni, dei Croati e dei Serbi che non ebbe alcun riconoscimento internazionale. Chiesero, allora, al Regno di Serbia di costruire insieme una nuova realtà statuale; a questa richiesta aderì anche il Regno del Montenegro, e il 1º dicembre 1918 fu fondato il Regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni.

Il 6 gennaio 1929 il re Alessandro I, con un colpo di Stato, avocò a sé tutti i poteri per sedare i dissidi interni ai diversi partiti politici e ai gruppi etnici, e cambiò il nome del Paese in Regno di Jugoslavia, portando avanti una politica di accentramento amministrativo e culturale, cercando di annichilire tutte le differenze culturali dei popoli che componevano lo Stato[5].

Suddivisioni amministrative

Lo stesso argomento in dettaglio: Suddivisione amministrativa del Regno di Jugoslavia.

Prima del 1929, il regno era suddiviso in 33 contee (o comitati: županije) che ricalcavano confini storici ed erano etnicamente definite. Con l'istituzione del Regno di Jugoslavia, le contee furono soppresse e vennero create 9 regioni (banati, in lingua originale al plurale: banovine) che prendevano il nome dai fiumi che le attraversavano e che erano abitate da più gruppi etnici:

  1. Banato della Drava (Dravska Banovina), con capitale Lubiana
  2. Banato della Sava (Savska Banovina), con capitale Zagabria
  3. Banato del Vrbas (Vrbaska Banovina), con capitale Banja Luka
  4. Banato del Litorale (Primorska Banovina), con capitale Spalato
  5. Banato della Drina (Drinska Banovina), con capitale Sarajevo
  6. Banato della Zeta (Zetska Banovina), con capitale Cettigne
  7. Banato del Danubio (Dunavska Banovina), con capitale Novi Sad
  8. Banato della Morava (Moravska Banovina), con capitale Niš
  9. Banato del Vardar (Vardarska Banovina), con capitale Skopje

La città di Belgrado, insieme con Zemun e Pančevo fu costituita come unità amministrativa separata. A capo delle banovine fu posto un governatore di nomina statale.

Seconda guerra mondiale

Lo stesso argomento in dettaglio: Invasione della Jugoslavia.
Re Pietro II

Il principe reggente Paolo Karađorđević, il 25 marzo 1941 fece aderire la Jugoslavia al Patto tripartito a fianco dell'Italia fascista e della Germania nazista. Per questo l'erede al trono Pietro II, con un colpo di Stato, detronizzò lo zio e assunse la corona, rompendo l'alleanza con le forze dell'Asse.

La Germania invase la Jugoslavia il cui territorio fu conquistato e annesso a Germania, Italia, Ungheria, Albania e Bulgaria o costituito in diversi stati-fantoccio.

Il Regno d'Italia partecipò alle fasi dell'invasione partendo dalle proprie basi in Venezia Giulia e Istria, da Zara, e dall'Albania. A nord era schierata la 2. Armata (9 divisioni di fanteria, 4 motorizzate e 1 corazzata) sotto il comando del Generale Vittorio Ambrosio con obiettivo Lubiana e la discesa lungo la costa dalmata. A Zara vi era una guarnigione di 9.000 uomini, al comando del Generale Emilio Grazioli, che allo scoppio delle ostilità si diresse su Sebenico, Spalato per giungere a Ragusa (Dubrovnik) il 17 aprile; infine dall'Albania vennero impegnate 4 divisioni della 9. Armata sotto il comando del Generale Alessandro Pirzio Biroli.

All'Italia fu annessa la città di Lubiana e la parte meridionale della Banovina della Drava[6], con cui fu costituita la Provincia di Lubiana, e la parte nord-occidentale della Banovina di Croazia, che andò ad ampliare la Provincia di Fiume.

Gli stati-fantoccio costituiti furono:

Il periodo socialista

Lo stesso argomento in dettaglio: Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia.
Josip Broz Tito
Banconota da 1000 Dinari del 1974

Durante la seconda guerra mondiale, fu costituito il Consiglio antifascista di liberazione popolare della Jugoslavia che il 29 novembre 1943 decise di ricostituire uno Stato all'interno dei confini del vecchio regno, con l'aggiunta del Litorale sloveno (che già nel settembre del 1943 era stato proclamato dal Fronte di Liberazione del Popolo Sloveno parte integrante della Slovenia[7][8]) e dell'Istria, che fu denominato Jugoslavia Democrativa Federale in attesa che, con un referendum, il popolo scegliesse se ripristinare la monarchia o creare una repubblica. Josip Broz Tito venne nominato primo ministro. Finita la guerra e liberati i territori dall'occupazione nazifascista, furono indette elezioni in cui la Lega dei Comunisti di Jugoslavia ottenne la maggioranza dei voti[9]. Il 29 novembre 1945 la monarchia venne definitivamente abolita e nacque la Repubblica Federativa Popolare di Jugoslavia, nome che mantenne fino al 1963 quando venne denominata Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia.

Il maresciallo Tito, capo del governo, intraprese una politica di alleanza con l'Unione Sovietica e instaurò un regime di stampo socialista retto dalla Lega dei Comunisti di Jugoslavia. Dopo il 1948 ebbe inizio un progressivo allontanamento da Stalin, per poter governare liberamente l'economia del proprio paese e farla sviluppare. Dopo diversi dissidi con Mosca sulla politica estera e su quella interna, nel 1948 la Jugoslavia fu espulsa dal Cominform e ne restò fuori per sempre, uscendo definitivamente dall'orbita di influenza sovietica.

La Jugoslavia di Tito rimase un paese a economia pianificata, anche se nel 1950 Tito inaugurò una politica di autogestione dei lavoratori[10] che fu alla base del sistema produttivo jugoslavo. Sul piano internazionale, Tito fondò nel 1956, col presidente egiziano Nasser e il primo ministro indiano Nehru, il Movimento dei paesi non allineati[9], criticò l'invasione della Cecoslovacchia e dell'Ungheria da parte degli eserciti del Patto di Varsavia[9] e si propose come mediatore nel conflitto arabo-israeliano. La politica interna fu caratterizzata da un forte accentramento del potere vòlto a stroncare ogni sussulto nazionalista e ogni riforma a livello locale, anche se, col passare degli anni, in Jugoslavia venivano fatti timidi passi verso un'economia più liberale, fino alla costituzione del 1974 che concesse larghissime autonomie alle repubbliche federate[9].

Suddivisione amministrativa

La Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia era divisa in 6 repubbliche e 2 province autonome:

Nome
1. Repubblica Socialista di Bosnia ed Erzegovina Sarajevo
2. Repubblica Socialista di Croazia Zagabria
3. Repubblica Socialista di Macedonia Skopje
4. Repubblica Socialista di Montenegro Titogrado
5. Repubblica Socialista di Serbia
5a. Provincia Autonoma Socialista del Kosovo
5b. Provincia Autonoma Socialista di Voivodina
Belgrado
Pristina
Novi Sad
6. Repubblica Socialista di Slovenia Lubiana

Il processo di dissoluzione

Franjo Tuđman
Milan Kučan

Il maresciallo Tito morì il 4 maggio 1980[11]. Nel frattempo, la situazione economica si andava deteriorando, alimentando il divario tra le repubbliche di Slovenia e Croazia più ricche e il resto del paese. Questa separazione economica incominciò a diventare una spinta verso una volontà indipendentista ispirata dai dirigenti politici locali.

Nel 1981 in Kosovo si sviluppò un movimento che chiedeva la trasformazione della provincia autonoma in repubblica federata, richiesta fatta dalla maggioranza albanese e osteggiata dalla popolazione serba[9].

Slobodan Milošević

Nel 1990, a séguito del malcontento generale della popolazione dell'intera Jugoslavia, furono indette elezioni multipartitiche nelle sei repubbliche: in Croazia venne eletto il nazionalista Franjo Tuđman[12] e in Slovenia il socialdemocratico Milan Kučan[13] che appoggiarono immediatamente le rivendicazioni indipendentiste dei loro popoli; in Bosnia ed Erzegovina fu eletto il nazionalista musulmano Alija Izetbegović che auspicava un allentamento dei legami politici con la Jugoslavia[14]; in Macedonia venne eletto il comunista Kiro Gligorov, favorevole a una futura indipendenza[15], e in Serbia fu confermato presidente il comunista Slobodan Milošević[16] contrario al disfacimento della federazione e che revocò lo statuto di autonomia del Kosovo e della Voivodina per fermare le spinte centrifughe.

Nel 1991, Slovenia e Croazia si dichiararono indipendenti. Dal 26 giugno al 7 luglio venne combattuta una guerra tra l'esercito jugoslavo e l'armata territoriale slovena, che vide la resa dell'esercito federale. Dal 1991 al 1995 durò il conflitto tra l'esercito croato e la popolazione serba della Croazia, appoggiata dall'esercito jugoslavo, che si concluse con la vittoria croata.

Nel 1992 anche la Bosnia-Erzegovina si dichiarò indipendente, e fino al 1995 la repubblica fu sconvolta da diversi conflitti che videro opposti musulmani e croati contro i serbi di Bosnia e musulmani contro croati di Bosnia, conclusisi con l'accordo di Dayton che sancì la creazione di una repubblica indipendente su base federale.

Nel settembre del 1991 anche la Macedonia si era dichiarata indipendente senza che ne scaturisse alcuna azione bellica, ma alla quale seguirono battaglie tra albanesi e macedoni.

Dopo la proclamazione dell'indipendenza di Slovenia, Croazia, Bosnia ed Erzegovina e Macedonia, lo Stato jugoslavo era limitato ai soli territori della Serbia e del Montenegro che decisero di rimanere uniti, dando vita, il 27 aprile 1992 alla Repubblica Federale di Jugoslavia.

Nel 1996 le tensioni nella provincia serba del Kosovo tra la maggioranza di etnia albanese e la minoranza serba si inasprirono. Fino al 1999 fu combattuto un conflitto tra l'organizzazione indipendentista paramilitare albanese UÇK e la polizia appoggiata da forze paramilitari serbe, che si concluse, dopo quasi tre mesi di bombardamenti della NATO sulla Jugoslavia, con l'Accordo di Kumanovo che sancì il ritiro dell'esercito federale dalla provincia e la sua sostituzione con la forza internazionale KFOR, il mantenimento della sovranità jugoslava e l'amministrazione dell'ONU tramite l'UNMIK.

Il 3 settembre 2003 la Repubblica Federale di Jugoslavia cambiò denominazione in Unione Statale di Serbia e Montenegro. La federazione restò in vigore fino al 21 maggio 2006 quando venne sciolta dando vita ai due stati indipendenti di Serbia e Montenegro.

Il 17 febbraio 2008, il Kosovo dichiarò unilateralmente la propria indipendenza e la costituzione in repubblica, decisione non accettata dalla Serbia.

Mappe storiche

Disintegrazione della Jugoslavia:

     Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia (1945-1992)

     Repubblica Federale di Jugoslavia (1992-2003)
     Serbia e Montenegro (2003-2006)

     Slovenia (1991-)

     Croazia (1991-)

     Macedonia (1991-)

     Krajina Serba (1991-1995/96)

     Bosnia ed Erzegovina (1992-1998)

     Erzeg-Bosnia Croata (1992-1994)

     Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina (1995-)

     Linea di confine fra le due entità (IEBL)

     Federazione di Bosnia ed Erzegovina (1994-)

     UNTAES (1996-1998)

     Montenegro (2006-)

     Serbia (2006-)

     Kosovo[17] (2008-)

Bandiere e stemmi

Nome
Regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni
Regno di Jugoslavia
Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia
Repubblica Federale di Jugoslavia
Serbia e Montenegro

Stati successivi

Dopo le guerre e i rivolgimenti politici che hanno portato al dissolvimento della Jugoslavia, l'area dei Balcani e della regione geografica dell'Adria è suddivisa nei seguenti 7 stati sovrani:

Numero
Nome
1
Bosnia ed Erzegovina Sarajevo
2
Croazia Zagabria
3
Repubblica di Macedonia Skopje
4
Montenegro Podgorica
5
Serbia Belgrado
6
Slovenia Lubiana
7
Kosovo Pristina

Note

  1. ^ Bruno Migliorini et al., Scheda sul lemma "Iugoslavia", in Dizionario d'ortografia e di pronunzia, Rai Eri, 2010, ISBN 978-88-397-1478-7.
  2. ^ Iugoslavia, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. URL consultato il 5 aprile 2017.
  3. ^ Vedi il lemma "Iugoslavia" sull'Enciclopedia Sapere.
  4. ^ Luciano Canepari, Iugoslavia, in Il DiPI: dizionario di pronuncia italiana, Bologna, Zanichelli, 2009, ISBN 978-88-08-10511-0.
  5. ^ Saša Marković Integralno jugoslovenstvo u Vojvodini[collegamento interrotto]
  6. ^ Lubiana, su treccani.it. URL consultato il 3 maggio 2014.
  7. ^ Zgodovina Slovencev, pagina 804, Cankarjeva založba, Ljubljana 1979
  8. ^ [1] discorso del 12 settembre 1993 di Milan Kučan (primo Presidente della Slovenia eletto nel 1992)
  9. ^ a b c d e Iugoslavia, su treccani.it. URL consultato il 3 maggio 2014.
  10. ^ Josip Broz Tito: Self-management and decentralization su "Encyclopædia Britannica"
  11. ^ Josip Broz Tito su "Encyclopædia Britannica"
  12. ^ Tudjiman, Franjo su Enciclopedia Treccani
  13. ^ Slovenia su Enciclopedia Treccani
  14. ^ Izetbegović, Alija su Enciclopedia Treccani
  15. ^ Macedonia, Repubblica di su Enciclopedia Treccani
  16. ^ Milošević, Slobodan su Enciclopedia Treccani
  17. ^ Indipendenza dichiarata in via unilaterale; attualmente il territorio kosovaro è sotto l'amministrazione dell'ONU.

Bibliografia

  • Bato Tomašević, Montenegro – attraverso una saga familiare, la nascita e la scomparsa della Jugoslavia, edizione in lingua italiana Lint Editoriale Trieste, ISBN 978-88-8190-252-1
  • Arnaldo Mauri, Il dramma dei Balcani: cause vicine e lontane, "Civiltà Ambrosiana", vol. 12, n. 5, 1955, pp. 333–341

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