Diga del Vajont: differenze tra le versioni

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=== Diga e disastro del Vajont ===
=== Diga e disastro del Vajont ===
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[[File:Diga del vajont 1963.jpg|thumb|left|Vista completa della diga, prima del disastro del 1963.]]
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La [[Disastro del Vajont|tragedia]] avvenne il 9 ottobre [[1963]]. Una frana si staccò dal [[monte Toc]] e precipitò nel bacino provocando un'onda che superò la diga e distrusse il paese di [[Longarone]] causando 2000 vittime.
Il [[disastro del Vajont]] si verificò il 9 ottobre [[1963]]. Una frana si staccò dal [[monte Toc]] e precipitò nel bacino provocando un'onda che superò la diga e distrusse il paese di [[Longarone]] causando 2000 vittime.


La variazione della pressione dell'acqua sul versante del monte Toc fu la causa del disastro.<ref>[http://www.longarone.net/page.php?pageid=SB2SX00P Comune di Longarone - La tragedia del Vajont]</ref>
La variazione della pressione dell'acqua sul versante del monte Toc fu la causa del disastro.<ref>[http://www.longarone.net/page.php?pageid=SB2SX00P Comune di Longarone - La tragedia del Vajont]</ref>

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Diga del Vajont
StatoBandiera dell'Italia Italia
Regione  Friuli-Venezia Giulia
Provincia  Pordenone
FiumeVajont
UsoProduzione di energia
idroelettrica
(fino al 1963)
ProprietarioENEL
Inizio lavoriestate 1956
Inaugurazioneottobre 1961 (non ha mai raggiunto il collaudo)
Tipoad arco a doppia curvatura
in calcestruzzo
Volume del bacino168,75 milioni di
Altezza261,60 m
Lunghezza190,15 m
Coordinate46°16′02.35″N 12°19′45.34″E / 46.267319°N 12.329261°E46.267319; 12.329261
Mappa di localizzazione: Italia
Diga del Vajont

La diga del Vajont, progettata dal 1926 al 1958 dall'ingegnere Carlo Semenza, fu costruita tra il 1957 e il 1960 nel comune di Erto e Casso (provincia di Pordenone), lungo il corso del torrente Vajont. Lega il suo nome al disastro del Vajont, avvenuto nel 1963, e non è più utilizzata per la produzione di energia.[1]

Descrizione

Di tipo a doppio arco, lo sbarramento è alto 261,60 m (nel 2016, a più di cinquant'anni dalla costruzione) è la settima diga più alta del mondo (la quinta ad arco), con un volume di 360.000 m³ e con un bacino di 168,715 milioni di metri cubi. All'epoca della sua costruzione era la diga più alta al mondo.

Lo scopo della diga era di fungere da serbatoio idrico di regolazione stagionale per le acque del fiume Piave, del torrente Maè e del torrente Boite, che precedentemente andavano direttamente al bacino della Val Gallina, che alimentava la grande centrale di Soverzene.

Le acque, sottratte al loro corso naturale, venivano così incanalate dalla diga di Pieve di Cadore (Piave), da quella di Pontesei (Maè) e da quella di Valle di Cadore (Boite) al bacino del Vajont tramite chilometri di tubazioni in cemento armato vibrato e spettacolari ponti-tubo.

In questo sistema di "vasi comunicanti", le differenze di quota tra bacino e bacino venivano usate per produrre energia tramite piccole centrali idroelettriche, come quella del Colombèr, ricavata in caverna ai piedi della diga del Vajont e quella di Castellavazzo. Le acque scaricate dalla centrale di Soverzene venivano poi condotte, tramite un Canale artificiale, al Lago di S.Croce e ai successivi, con relative centrali.

Il sistema, noto come "Grande Vajont"[2], era concepito per sfruttare al massimo tutte le acque ed i salti disponibili del fiume Piave e dei suoi affluenti, di cui il bacino del Vajont era il cuore; esso venne presto compromesso prima dalla frana del Lago di Pontesei e poi dalla frana che causò il disastro del Vajont.

Il bacino della diga viene mantenuto quasi completamente vuoto per motivi di sicurezza.

Diga e disastro del Vajont

File:Diga del vajont 1963.jpg
Vista completa della diga, prima del disastro del 1963.

Il disastro del Vajont si verificò il 9 ottobre 1963. Una frana si staccò dal monte Toc e precipitò nel bacino provocando un'onda che superò la diga e distrusse il paese di Longarone causando 2000 vittime.

La variazione della pressione dell'acqua sul versante del monte Toc fu la causa del disastro.[3]

La diga resse all'impatto e alle sollecitazioni che furono quasi 10 volte superiori a quelle prevedibili durante il normale esercizio, dimostrazione quindi dell'eccellente professionalità di chi ha progettato ed eseguito l'opera della diga, e realizzazione a regola d'arte da parte dell'impresa costruttrice. Grazie al lavoro svolto dall'ISMES (Istituto Sperimentale Modelli e Strutture) di Bergamo, su un modello alto 7,6 metri in scala 1:35 con 176 martinetti idraulici si simulava la spinta idrostatica dell'acqua nella diga e sulle imposte. I risultati delle varie prove, permisero di verificare per simulazione, in modo preciso la resistenza della diga a vari sforzi di sollecitazione, fino alla rottura del modello.

Tuttavia l'onda provocata dalla frana la superò riversandosi nella valle del Piave.

La diga quindi non crollò ma riportò danni nella parte superiore; la violenza dell'acqua strappò via il ponte carrabile soprastante gli scivoli delle 16 luci sfioranti, furono inoltre spazzate via, la passerella sospesa di servizio, la palazzina a 2 piani dei comandi centralizzati, la stazione di trasformazione della sottostante centrale idroelettrica del Colomber, i numerosi camminamenti posti sul paramento di valle della diga, la casa del guardiano, le ultime baracche del cantiere, il palazzo degli uffici, oltreché il ponte canale, e ponte stradale posti poco più a valle.

Situazione

Interno della cabina comandi centralizzati della diga del Vajont. Dietro la vetrata si scorgono le baracche del cantiere in via di smantellamento, il coronamento della diga, con la strada carrozzabile, e le luci sfioranti del massimo invaso.

Negli ultimi anni è avvenuta una ripresa di interesse verso la diga e la tragedia del Vajont[4] e si sono fatte frequenti le visite guidate da parte di specialisti interessati agli aspetti scientifici della diga, ma anche di gente comune.

La diga, oggi vista dal belvedere sulla strada S.R 251. In basso a sinistra si può notare il torrente Vajont che bypassa la frana. In basso a destra: si intravede la vecchia strada carrozzabile, usata dopo la costruzione della diga, per l'ingresso alla centrale del Colomber posta in caverna, e lo scarico di mezzofondo, ripristinato come drenaggio per la falda acquifera della frana.

L'ENEL, proprietaria delle strutture e dei terreni, ha aperto al pubblico nell'estate 2002 la prima parte del coronamento sopra la diga, affidando ad alcune associazioni del territorio: (tra cui l'Associazione Pro Loco di Longarone) il compito di gestire le visite guidate.

Da sabato 11 agosto 2007, è stato aperto al pubblico, dopo l'inaugurazione ufficiale, il coronamento della diga. La gestione è affidata al Parco naturale delle Dolomiti Friulane. I turisti possono ora accedere all'intero percorso del coronamento, pur senza la prenotazione, ma solo nelle giornate di apertura al pubblico come precisato nel calendario annuale, per osservare con i propri occhi l'impressionante scenario della frana del Monte Toc e della valle sottostante di Longarone.

Non si possono ancora perlustrare, invece, le gallerie interne alla montagna, anche se, dal settembre 2006, è stata ideata una manifestazione podistica non competitiva, con cadenza annuale, denominata "I Percorsi della Memoria", che permette al pubblico partecipante di attraversare anche le strutture all'interno della montagna.

Per il 2013, in occasione del cinquantesimo anniversario del disastro, la regione Veneto ha stanziato un milione di euro per la messa in sicurezza e il recupero delle gallerie interne alla montagna, dette "strada del Colomber" (la vecchia statale 251). Nel 2014 il finanziamento è stato riassegnato dalla giunta regionale per la realizzazione del nuovo Centro Sanitario di Longarone, nell'ambito della fusione tra gli ex comuni di Longarone e Castellavazzo[5].

I cortometraggi

Negli anni di costruzione della diga vennero realizzati dalla Sade a scopo di propaganda, due cortometraggi a colori sulla costruzione della diga, dal titolo Uomini sul Vajont e H MAX 261,6 M. Regia di Luciano Ricci, prodotti dalla UniEuropa Film.[6]

  • Uomini sul Vajont è un cortometraggio che mette in luce la dimensione umana degli operai che stanno lavorando alla costruzione della diga.
  • H MAX 261,6 M (altezza massima 261,6 metri) è un cortometraggio, nel quale l'ingegnere Carlo Semenza progettista della diga, in veste di narratore, illustra le varie fasi di studio, progettazione, e costruzione della diga, dalle prime volate di mina nel 1957 a fino a marzo 1960, con l'acqua nel bacino per il primo invaso sperimentale, e la diga alle rifiniture finali con il cantiere in via di smantellamento.

Note

  1. ^ Il disastro del Vajont, su idraulica.beic.it.
  2. ^ Il progetto, su progettodighe.it. URL consultato il 22 ottobre 2015.
  3. ^ Comune di Longarone - La tragedia del Vajont
  4. ^ Tutto è cambiato, ma le ferite restano aperte, Vajont 1963-2013, su temi.repubblica.it, 2013. URL consultato il 4 febbraio 2016.
  5. ^ Dettaglio Deliberazione della Giunta Regionale - Bollettino Ufficiale della Regione del Veneto, su bur.regione.veneto.it. URL consultato il 4 febbraio 2016.
  6. ^ Uomini sul Vajont, su cinestore.cinetecadibologna.it. URL consultato il 4 febbraio 2016.

Bibliografia

Testi di approfondimento

Voci correlate

Altri progetti

Collegamenti esterni