Alcaloidi: differenze tra le versioni

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Versione delle 13:24, 27 nov 2018

Le informazioni riportate non sono consigli medici e potrebbero non essere accurate. I contenuti hanno solo fine illustrativo e non sostituiscono il parere medico: leggi le avvertenze.

Con il termine alcaloide si intende una sostanza organica, prevalentemente di origine vegetale, avente gruppi amminici tali da impartire alla struttura un carattere basico[1], e dotata di grandi effetti farmacologici in relazione all'assunzione di piccole dosi di sostanza (p. es. caffeina, morfina, stricnina).

Tra i costituenti delle piante più studiati e utilizzati dalla farmacologia, gli alcaloidi sono senza dubbio le sostanze che inducono maggiori effetti negli organismi animali. Si estraggono dalla pianta:

Nella macerazione idroalcolica si liberano spesso se il soluto viene acidulato (aceto, succo di limone, acido ascorbico).

Definizione

La caffeina, derivata dalla purina
La tetradotossina, biosintetizzata dal pesce palla
La molecola detta LSD

Il termine è più di tipo farmacologico e medico che di tipo chimico, dato che i vari alcaloidi provengono da una serie di composti organici non legati tra di loro, e l'unico dato chimico che li accomuna è la presenza di un gruppo azotato a reazione alcalina. Possiamo classificarli dal punto di vista chimico, biosintetico oppure rispetto alla loro attività biologica.

Una definizione soddisfacente è impossibile, dato che non esiste una divisione netta tra alcaloidi e ammine complesse naturali, ma elencheremo di seguito alcuni punti che le varie sostanze hanno in comune. Gli alcaloidi presentano alcune caratteristiche:

  • Contengono azoto, solitamente derivato da un amminoacido;
  • Sono amari, generalmente solidi bianchi (una eccezione è la nicotina che è un liquido di colore dal bianco al giallo);
  • Precipitano con metalli pesanti;
  • La maggior parte degli alcaloidi precipitano in soluzione neutra o debolmente acida con il reagente di Mayer dando un precipitato color crema;
  • Il reagente di Dragendorff con gli alcaloidi causa un precipitato arancio;
  • La caffeina, un derivato della purina, non precipita come la maggioranza degli alcaloidi;
  • Sono basici - formano sali insolubili in acqua. La maggior parte degli alcaloidi sono sostanze cristalline ben definite che si uniscono agli acidi per formare sali. Nelle piante possono esistere allo stato libero, sotto forma di sali o di N-ossidi;
  • Si ritrovano in un numero limitato di piante (ad esempio la morfina esiste solo in una specie).

Solitamente derivano da vegetali, possiedono uno o più atomi di azoto (N) (generalmente in un anello eterociclico) e possiedono forti azioni fisiologiche su esseri umani e animali. Sono fortemente basici, spesso molto velenosi e/o psicoattivi.

In ambito medico e farmacologico, impropriamente, sono comunemente considerati alcaloidi anche composti non basici, come la colchicina, dove l'atomo di azoto è parte di un gruppo ammide e non può essere protonato.[2][3][4]

Struttura

Ci sono tre tipi principali di alcaloidi:

  1. alcaloidi non eterociclici, o alcaloidi atipici (protoalcaloidi, ammine biologiche), come per esempio la colchicina.
  2. pseudo-alcaloidi, derivati da terpenoidi o purine.
  3. alcaloidi eterociclici o alcaloidi tipici.

Gli alcaloidi sono sostanze altamente reattive con attività biologiche anche a dosaggi bassi. Ci limiteremo a esaminarne alcuni tra i più importanti:

Isochinolina
Fenantrene
Tropano
File:Imidazole.png
Imidazolo
Piridina
Piperidina
Chinolina
Pirrolizidina
Indolo
Indolizidina
Chinolizidina
Purina
La colchicina, molecola antimitotica
Tropolone

I seguenti alcaloidi agiscono sul sistema neuromuscolare agendo sui recettori adrenergici:

Alcaloidi e chemioterapia antitumorale

È sin dagli anni '40 che gli alcaloidi vegetali sono stati oggetto di intenso studio per trovarne un'applicazione nella terapia dei tumori. Sicuramente il primo a trovare impiego come tale è stata la colchicina (vedi struttura sopra), isolata dalla "freddolina" (Colchicum autumnale). Questo alcaloide impedisce la polimerizzazione delle strutture cellulari chiamate "microtubuli" e ha come bersaglio proprio la proteina principale che li costituisce, la tubulina. Tuttavia è molto tossica e il suo impiego nella terapia dei tumori è oggi del tutto abbandonato.

Un'altra classe di alcaloidi è stata introdotta dopo la colchicina per la terapia dei tumori. Si tratta di alcuni alcaloidi isolati dalla Vinca rosea (o Catharanteus roseus) e risultati efficaci nella grande maggioranza dei tumori solidi umani, incluse alcune forme di leucemia/linfoma. Si tratta della vinblastina e della vincristina. Il loro meccanismo molecolare è anch'esso quello di interferire con la dinamica dei microtubuli, in modo simile alla colchicina. Sono tuttavia dotate, tra i loro effetti collaterali, di una spiccata tossicità per le strutture nervose e in particolare per quelle periferiche. Anche per tale ragione sono stati sintetizzati derivati meno tossici, come la vinorelbina e la vinflunina.

Uno dei loro effetti collaterali più precoci sono infatti le nevriti e le neuropatie che comprendono parestesie, pallestesie, dolori di tipo folgorante e difetti trofici. La ragione di questi effetti risiede nella loro stessa base d'azione: interferendo con i microtubuli delle strutture nervose, impediscono il trasporto di proteine essenziali e di alcuni nutrienti a livello periferico. Da questo deriva la sofferenza nervosa. Un buon metodo per tamponare questo effetto è la buona idratazione del paziente e la supplementazione con vitamine del gruppo B, tutte con azione benefica sul trofismo dei nervi periferici.

Un'altra classe di alcalodi impiegata correntemente nella chemioterapia è quella dei "taxani", alcaloidi isolati dal Taxus canadensis e risultati molto attivi in diversi carcinomi e sarcomi umani, mentre il loro impiego nelle emopatie maligne è nullo. Il loro meccanismo d'azione è esattamente opposto a quello della colchicina: invece di impedire la costruzione dei microtubuli, impediscono il loro disassemblamento per ricreare nuove strutture microtubulari (effetto di "congelamento" strutturale). Il primo a essere sperimentato fu il paclitaxel; sono stati sintetizzati tuttavia derivati con minore tossicità e maggiore biodisponibilità, come il docetaxel.

Un ultimo gruppo che è entrato recentemente nella fase di sperimentazione clinica sono gli alcalodi isolati dalla Camptotheca acuminata. Il prototipo è la camptotecina, che ha come bersaglio non direttamente il DNA, ma un enzima nucleare deputato alla stabilizzazione dell'intero genoma, la topoisomerasi. È risultata attiva contro molte forme di tumore solido e sono stati sintetizzati anche dei suoi derivati leggermente più efficaci e contemporaneamente meno tossici. Tre di questi sono la 9-nitro-camptotecina, il TPT o Topotecano, il CPT-11 o Irinotecano e l’Edotecarin.

Negli anni '80 sono stati studiati più di una trentina di alcaloidi provenienti da varie fonti vegetali. Alcuni di essi sono risultati estremamente efficaci nell'eliminazione di tumori e leucemie indotte in modelli animali. La loro tossicità sistemica tuttavia è risultata ancora troppo elevata per permetterne l'introduzione nella terapia umana. Tra essi i più efficaci sono risultati:

  • le acronicine (dall'Acronychia baueri)
  • la talicarpina (dal Thalictrum dasycarpum)
  • la tetrandrina (dalla Stephania tetrandra)
  • la cefarantina (dalla Stephania cepharanta)
  • la ruteacarpina (dalla Evodia ruteacarpa)
  • la ellipticina (dalla Derria elliptica)

Quest'ultima molecola ha suscitato negli ultimi 5 anni un intenso interesse nel campo dell'oncologia. Il suo 9-idrossiderivato infatti può legare alcune forme mutate (inattive) del famoso oncosoppressore p53 (responsabile della comparsa di tumori solidi) e ripristinarne la funzione corretta. Sono in corso studi di laboratorio per capire il meccanismo con cui questa molecola possa interferire con la progressione tumorale attraverso la manipolazione della proteina p53. Anche per quanto riguarda le acronicine, un loro derivato (S 23906) è attualmente in fase II di sperimentazione (trials clinici) perché risultato molto promettente.

Note

  1. ^ (EN) International Union of Pure and Applied Chemistry, IUPAC Compendium of Chemical Terminology, IUPAC, DOI:10.1351/goldbook.A00220, ISBN 0-9678550-9-8. URL consultato il 20 maggio 2018.
  2. ^ Colchicine - MeSH - NCBI, su www.ncbi.nlm.nih.gov. URL consultato il 20 maggio 2018.
  3. ^ NCI thesaurus: Cochicine, su ncit.nci.nih.gov.
  4. ^ Colchicine, su www.drugbank.ca. URL consultato il 20 maggio 2018.

Bibliografia

  • T. W. Graham Solomons, Chimica organica, 2ª ed., Bologna, Zanichelli, 2001, pp. 892-900, ISBN 88-08-09414-6.

Voci correlate

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