Siti archeologici dell'Italia preistorica e protostorica
| Siti archeologici dell'Italia preistorica e protostorica Italia | |
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| Amministrazione | |
| Sito web | www.beniculturali.it/mibac/export/MiBAC/index.html |
Per siti archeologici dell'Italia preistorica e protostorica si intende un elenco delle principali siti archeologici italiani, dove sono presenti scavi o materiale archeologico del periodo protostorico, intermedio fra Preistoria e Età Antica, in Italia generalmente fatto coincidere con il periodo antecedente all'arrivo dei coloni della Magna Grecia, dei Cartaginesi o dei Romani.
Descrizione
[modifica | modifica wikitesto]Il popolamento del territorio italiano risale alla preistoria, epoca di cui sono state ritrovate importanti testimonianze archeologiche.
L'insedimento che ha restituito i reperti più antichi è quello di Pirro Nord nel Gargano in Puglia, che risale a 1 500 000 anni dal presente (BP - Before Present in inglese), anche se nuove stime lo retrodatano a 800 000 anni BP, con manufatti litici attribuiti all'olduvaiano, che supporta l'ipotesi del popolamento dell'Europa avvenuto lungo le coste mediterranee, a partire dal Vicino Oriente[1][2].
Al paleolitico appartengono numerosi siti archeologici come la grotta dell'Addaura, i Balzi rossi, Monte Poggiolo, il ponte di Veja, la Grotta Guattari, Gravina in Puglia, Altamura e Ceprano,[3] e in alcune grotte in Sardegna centrale (Grotta Corbeddu di Oliena) che nella Sardegna settentrionale (Grotta di Su Coloru di Laerru) oltre alla scoperta nel 2011 di Amsicora (il più antico scheletro umano completo trovato in Sardegna).
Numerosi ritrovamenti documentano anche il periodo neolitico (cultura della ceramica cardiale, cultura dei vasi a bocca quadrata, cultura de Su Gorroppu, cultura di Filiestru), l'età del rame (cultura di Remedello, cultura del Rinaldone, cultura del Gaudo, cultura di Bonu Ighinu, cultura di San Ciriaco, sino alla cultura di Monte Claro), l'età del bronzo (incisioni rupestri della Val Camonica, cultura dei castellieri, cultura appenninica, cultura delle terramare, cultura protovillanoviana e la cultura di Bonannaro) e l'età del ferro, durante la quale alcune popolazioni raggiungono un discreto livello culturale e artistico, come la civiltà villanoviana e in Sardegna, la civiltà nuragica anche a livello tecnico costruttivo.
Le informazioni sugli abitanti dell'Italia in epoca preromana sono, in taluni casi, incomplete e soggette a verifica continua. Popoli indoeuropei, trasferitisi in Italia dall'Europa orientale e centrale in varie ondate migratorie (veneti, umbro-sanniti, latini, ecc.), si mescolano alle etnie preesistenti nel territorio, assorbendole, o stabilendo una forma di convivenza pacifica con esse. Nell'Italia settentrionale, accanto ai Celti (comunemente chiamati Galli), vi sono i Liguri (originariamente non indoeuropei poi fusisi con i Celti), mentre nell'Italia nord-orientale vivono i Paleoveneti, di origine incerta, forse italica o illirica o, secondo alcune fonti, provenienti dall'Asia Minore.[4][5] Nell'Italia peninsulare, accanto agli Etruschi convivono popoli di origine indoeuropea definiti in epoca romana italici, fra cui Umbri, Latini, Sabini, Falisci, Volsci, Equi, Piceni, Sanniti, Apuli, Messapi, Lucani, Bruzi e Siculi. Altri popoli di origine incerta, erano presenti in Sicilia (Elimi e Sicani) ed in Sardegna, abitata fin dal II millennio a.C. da varie etnie nuragiche.
Abruzzo
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La presenza dell'uomo in Abruzzo è documentata fin dall'età paleolitica. In quell'epoca gli insediamenti umani erano numerosi e sparsi in tutta la regione; uno di questi, la grotta di Ciccio Felice nel territorio comunale di Avezzano, ha restituito numerosi materiali ltici risalenti all'epigravettiano[6]. Allo stesso periodo fanno riferimento le quattro cavità naturali nel comune marsicano di Ortucchio (AQ), la grotta di Ortucchio, la grotta Maritza, la grotta La Cava e la grotta La Punta, rappresentative della cultura di Ortucchio, che si sviluppò principalmente nella seconda metà del III millennio a.C. in Italia centrale[7][8][9].
Di epoca neolitica è invece il rilevante insediamento di Ripoli frequentato almeno dal VI millennio a.C., nella valle del torrente Vibrata, vicino a Corropoli. Si tratta di un villaggio di capanne in cui si producevano ceramiche dipinte che hanno dato il nome ad un particolare tipo di cultura, detta appunto cultura di Ripoli, diffusa in molte zone d'Abruzzo. La popolazione di Ripoli era stanziale, praticava l'inumazione, ed praticava principalmente l'agricoltura, ma anche anche l'allevamento e il commercio[10].
Un altro sito neolitico, coevo a quello di Ripoli, si trova a Catignano in provincia di Pescara, dove sono stati scoperti resti di un importante centro abitato preistorico. Nel sito archeologico di Catigano sono state rilevate cavità di varie forme che testimoniano le attività e l’organizzazione di vita di questi gruppi preistorici: capanne di forma rettangolare con absidi, fosse di combustione utilizzate per la cottura della ceramica, pozzetti per la conservazione del cibo o per il rilascio dei rifiuti. Interessanti i resti umani ritrovati, come anche quelle di canidi, indicativi del ruolo che avevano assunto nella società neolitica[11].
Altri rilevanti insediamenti neolitici si trovano a Fonti Rossi di Lama dei Peligni, nell'area archeologica del Rio Tana di Lecce dei Marsi, e nella Grotta dei Piccioni di Bolognano, risalenti almeno al VII millennio a.C.[12][13][14].
In località Case Pente a sud-est di Sulmona, sono stati ritrovate tracce del villaggio protostorico, risalente a 4.200 anni dal presente, databile tra all'età del rame finale e l'età del Bronzo antico, composto da almeno 40 capanne, tettoie e recinti per custodire gli animali, e da due necropoli, una protostorica con 28 tombe a fossa e l'altra di epoca romana (VIII secolo a.C.-I secolo d.C.)[15].
La necropoli di Fossa presso Fossa in provincia dell'Aquila, risalente all'età del ferro (IX secolo a.C.), ha restituito armi e gioielli appartenuti a uomini e donne dei Vestini, l'antico popolo italico di lingua osco-umbra, stanziato in una vasta zona che dall'Altopiano delle Rocche e la valle dell'Aterno si estendeva sino al mare Adriatico all'altezza di Pescara [16].
Basilicata
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I primi insediamenti umani scoperti in Basilicata risalgono al Paleolitico inferiore, periodo in cui i territori in prossimità dei fiumi e dei bacini lacustri costituivano l'habitat ideale per indiviudi del genere Homo e le sue attività vitali di caccia e raccolta. Le testimonianze di questa prima fase di civiltà sono emerse nel sito archeologico di Notarchirico a Venosa, dove nei pressi di antichi specchi d'acqua, sono stati ritrovati anche i resti di specie faunistiche oggi estinte, come l'elefante e il rinoceronte, e della "tigre dai denti a sciabola"[17], come anche nel sito paleolitico di Atella, dove in quelle che erano le sponde di un antico lago, sono stati ritrovati resti fossili e litici che raccontano della caccia all'elefante[18]. I due siti hanno restituito reperti paleolitici faunistici e litici, riferibili a 630 000 anni dal presente, appartenenti alla cultura acheuleana, tra le più antiche evidenze riferibili a questa cultura in Europa; a Notarchirico poi è stato ritrovato un fossile di femore di un adolescente della specie Homo heidelbergensis[19].


I Sassi di Matera, Sasso Caveoso e Sasso Barisano, architetture rupestri scavate nella roccia della murgia materana, sono un insediamento urbano derivante dalle varie forme di civilizzazione ed antropizzazione succedutesi nel tempo, ad iniziare da quelle preistoriche dei villaggi trincerati del periodo mesolitico e neolitico[20].
A 10 000 anni dal presente, nel mesolitico, risalgono le pitture rupestri realizzate in ocra rossa, ritrovate nel riparo sotto roccia di Riparo Ranaldi, nel comune italiano di Filiano, che rappresentano scene di caccia connesse presumibilmente a rituali propiziatori, attribuite ai cacciatori-raccoglitori[21].
Al Neolitico risalgono ritrovamenti di utensili litici, come la ciottoli decorati con incisioni geometriche, rinvenuti nella grotta dei Pipistrelli e nella grotta Funeraria di Matera[22]. Un insediamento costiero è emerso sul versante tirrenico, nelle grotte presso la spiaggia di Fiumicello di Maratea, dove agli utensili litici si accompagnano dei resti di fauna pleistocenica.
Le comunità indigene della prima età del ferro erano organizzate in grossi villaggi ubicati sugli altopiani, ai margini delle grandi pianure e dei corsi d'acqua, in luoghi consoni alla pastorizia ed all'agricoltura. Agglomerati che testimoniano questa fase sono considerati quelli di Anglona, situata sul displuvio delle fertili valli dell'Agri e del Sinni, Siris ed Incoronata-San Teodoro, sulla costa ionica; sulla collina immediatamente sovrastante la costa sul finire dell'VIII secolo a.C., si registra la presenza dei primi coloni greci, provenienti dalla Grecia insulare e dall'Asia Minore, spintisi al di qua del Mediterraneo alla ricerca di terre fertili da coltivare.
Sul versante tirrenico e nella conca del fiume Noce, i ritrovamenti archeologici databili tra il XI-VIII secolo a.C. sono quasi del tutto assenti. Ciò è dovuto probabilmente alla nascita delle colonie magno-greche, che provoca un nuovo assetto degli equilibri commerciali. Sopravvive invece una necropoli presso Castelluccio, mentre nell'entroterra nel parco archeologico di Serra di Vaglio sono stati ritrovati resti di unabitato risale all'VIII secolo a.C., con nuclei di capanne separati da zone per le sepolture[senza fonte].
Calabria
[modifica | modifica wikitesto]Le prime tracce della presenza dell'uomo in Calabria risalgono al Paleolitico come testimoniano i ritrovamenti della Grotta del Romito a Papasidero in provincia di Consenza, tra i quali spicca per la sua valenza storico artistica l'incisione rupestre di un Bos primigenius incisa nella roccia tra i 14 000 e 12 000 anni dal presente[23].
Il parco archeologico dei Tauriani a Palmi, conserva tracce di antiche frequentazioni che risalgono al V millennio, neolitico, e in peoca protostorica, continuano fino all'età del bronzo finale; si tratta di resti di capanne ritrovate sotto strutture abitative del IV secolo d.C. Oltre ai resti delle abitazioni, sono stati ritrovati reperti in ceramica micenea che attestano attività commerciali con l'area dell'Egeo[24].
Tra i ritrovamenti archeologici più importanti risalente all'era dei metalli, l'abitato di Timpone della Motta[25] e la vicina Necropoli di Macchiabate a Francavilla Marittima e la necropoli di Castiglione di Paludi sita su di un colle in posizione dominante a circa 8 km dal mar Ionio, in provincia di Cosenza, datate al IX secolo a.C. e riferite agli Enotri, che popolavano la regione prima che dell'arrivo degli Achei[26].
Campania
[modifica | modifica wikitesto]Le evidenze più antiche della presenza di ominidi in Campania sono quelle del sito archeologico di Ciampate del Diavolo nelle vicinanze del vulcano Roccamonfina in provincia di Caserta, dove si conservano impronte umane fossili[27] attribuiti all'Homo heidelbergensis, ominide che visse nella zona circa 350 000 anni fa.[28][29]
In provincia di Salerno è stata attestata la presenza di neanderthaliani, nelle grotte di Castelcivita (47.000 e 43.000 anni dal presente), nella grotta Taddeo a Camerota e nel riparo del Molare a Scario, a partire almeno dal paleolitico medio[30][31][32]. La grotta di Castelcività è stata frequentata anche primi europei (EEMH, da European early modern humans in inglese), 43.000-42.000 anni dal presente (uluzziano e protooaurignaziano), circostanza di interesse nello studio delle cause che portarono alla sostituzione dei Neaderthal con i Sapiens[33].
A La Starza in provincia di Avellino sono stati rinvenuti reperti che testimoniano un'occupazione pluri-millenaria e pressoché ininterrotta durante tutto il neolitico e l'età del bronzo. I resti più antichi sono riferibili a un villaggio di capanne risalente alla fase antica del neolitico (V millennio a.C.), mentre più cospicui ed elaborati sono i rinvenimenti dell'età dei metalli (cuspidi di frecce, asce, lame ecc.), dai quali si evince la presenza di un quartiere artigianale specializzato nelle lavorazioni metallurgiche. Assai numerosi sono anche i reperti in ceramica locale risalenti principalmente all'età del bronzo medio (XVI-XIV secolo a.C.)[34]. Al neolitico appartengono diversi reperti litici e ceramici ritrovati nella grotta delle Noglie a Massa Lubrense sulla penisola sorrentina[35], e quelli rinvenuti nel sito di Masseria Sanguigno ad Acerra, riferibili alla cultura di Serra d'Alto (V millennio a.C.)[36].

Alla prima età del bronzo risale il villaggio preistorico di Afragola, che potrebbe attestare la presenza dei Micenei in Campania, dove, oltre alle tracce dell'abitato preistorico, sono state trovate migliaia di impronte umane ed animali (tra i quali tori, capre, asini o cavalli, cani, gatti, cervi, porcospini e scoiattoli) impresse su diversi depositi sia all'interno del villaggio che su un raggio di 1 km; si ipotizza che alcune di queste appartenessero ad individui che stessero scappando dall'abitato per mettersi al riparo da un'eruzione vulcanica del Vesuvio[37]. Sempre all'età del bronzo si fa risalire il villaggio di Croce del Papa a Nola, preservato dall'eruzione delle Pomici di Avellino che lo ricoprì. L'eccezionalità del sito, con la struttura ed il tetto in paglia delle capanne perfettamente conservate nello "stampo" creato dalla cenere vulcanica, testimonia lo stile di vita, l'economia e l'organizzazione di queste prime civiltà campane[38]. Tra le oltre 10.000 sepolture ritrovate a Pontecagnano, le più antiche risalgono all'età del rame[39].
Sull'isola di Vivara nel golfo di Napoli sono state trovate evidenze di insediamenti databili tra il XVII e il XIV secolo a.C., se non micenei, quantomeno proto-micenei, che fanno ipotizzare che l'isola costituisse un nodo di collegamento e di commercio in una rete di comunicazioni marittime che collegava le regioni dell'alto Tirreno, sede di importanti affioramenti di minerali metallici, fra i quali il rame, con il Mediterraneo orientale[40]. Il sito di Longola a Poggiomarino, una serie di abitati, sovrapposti l'uno all'altro, databili dalla tarda età del Bronzo (1000 a.C. circa) è attribuito al popolo dei Sarrasti, che abitava la valle del Sarno in epoca preromana[41].
Sotto i resti della rocca medievale Montis Dragonis, posta in posizione dominante sulla piana dove sorge l'odierna Mondragone, sono stati ritrovati resti di un abitato dell'età del Ferro, IX e la fine del VII sec. a.C., noto come Villaggio dei Ciclamini, composto da oltre 80 capanne, attribuito agli Aurunci, una popolazione osca di origine indoeuropea[42].
Emilia-Romagna
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In località Ca' Belvedere, di Monte Poggiolo di Forlì, sono stati ritrovati, a partire dal 1983, migliaia di reperti litici risalenti a 800 000 anni dal presente, una delle più antiche attestazioni della presenza del genere Homo in Europa[43].
Al neolitico recente, sul finire del V millennio a.C., data il sito archeologico di Sant'Andrea a Travo, in provincia di Piacenza, dove sono state ritrovate una serie di strutture abitative preistoriche[44], e la necropoli di Chiozza nel comune reggiano di Scandiano, che, oltre ai resti di 19 uomini preistorici, ha restituito la Venere di Chiozza, oggi esposta nel Palazzo dei Musei di Reggio Emilia[45].

All'età del Rame risalgono i reperti ritrovati nella Grotta del Farneto a San Lazzaro di Savena nella città metropolitana di Bologna[46], l'insediamento di Piana di San Martino nel comune piacentino di i Pianello Val Tidone, attestato dal rinvenimento di una grande quantità di materiali ceramici[47], e i siti di terramara di Pilastri nel comune ferrarese di Bondeno, e di Terramara di Montale in quello modenese di Castelnuovo Rangone, abitati terramaricoli, rapprensentativi di una civiltà sviluppatasi nelle aree di pianura dell'Emilia e di parte della Lombardia durante l'età del bronzo[48].
Friuli-Venezia Giulia
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Le evidenze più antiche della presenza di individui del genere Homo sono quelle del riparo sotto roccia di Visogliano in provincia di Trieste che, oltre a resti fanunistici e litici, ha dato alla luce sei resti fossili, cinque denti e un frammento di mandibola, attribuiti a individui della specie Homo heidelbergensis, vissuti tra 500 000 e 350 000 anni BP[49].
La grotta del Rio Secco in località Clauzetto ha resituito evidenze di frequentazioni del periodo musteriane, databili a 49000 anni dal presente, probabilmente riferibili a Neanderthaliani, oltre ad altre successive, datata a 33.489 - 30.020 anni dal presente, attribuibili a popolazioni di cacciatori-raccoglitori.
Diversi le tracce di insediamenti umani riferibili al neoligico. Al periodo compreso tra 6 000 e l'inizio del 5 000 a.C. risale il villaggio di Sammardenchia in provincia di Udine, a quello compreso tra il 4.500 e il 3.600 a.C. risale il villaggio su palafitte di Palù di Livenza in provincia di Pordenone, o a quello abitato intorno al 4 000 a. C. a Fagnigola sempre nella stessa provincia[50], probabilmente abitati da popolazioni di cacciatori-raccoglitori nella fase di transizione verso una società di tipo agricola, quindi più stabile nell'occupazione del territorio[51][52].
Lazio
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Le più antiche testimonianze della presenza di individui del genere Homo sono quelle nel Frosinate, nel sito di Fontana Ranuccio ad Anagani dove sono stati trovati resti umani di Homo heidelbergensis risalenti a 407 000 anni dal presente[53], dell'Uomo di Ceprano, un individuo della specie Homo heidelbergensis datato a 400 000 anni dal presente[54], e dell'Uomo di Saccopastore un Homo neanderthalensis ritrovato a Roma e datato a 200 000 anni dal presente[55].
Il sito della Polledrara di Cecanibbio nella campagna settentrionale di Roma, ha restituito evidenze dell'attività umana, strumenti litici ed ossei legati alla macellazione di grandi mammiferi come elefanti e uro, risalenti al Pleistocene Medio[56], mentre nel vicino sito di Torrimpietra sono stati ritrovati strumenti litici attribuiti ad un periodo compreso tra 300000 e 200000 anni dal presente[57].
Rilevanti i siti archeologici neanderthaliani ritrovati nel Lazio sul monte Circeo, dove la grotta Guattari ha restituito resti di ben nove individui neanderthaliani[58], la grotta Breuil quelli di almeno altri due individui neanderthaliani[59] e uno la grotta del Fossellone[60].
Vicino ad Anagni, nel frusinate, a Casal del Dolce sono stati ritrovati resti di strutture abitative, composte da grandi capanne rettangolari absidate, strutture produttive (probabilmente per la produzione di ceramica), manufatti di diversi tipi e una necropoli, risalenti al neolitico[61].
Il riparo sotto roccia Blanc, sul Circeo, ha ha restituito manufatti litici, reperti faunistici e resti umani di almeno sette individui tra adulti e bambini, appartenuti a gruppi di cacciatori-raccoglitori occidentali, che con ogni probabilità utilizzavano il sito stagionalmente tra 9300 e 7000 anni dal presente, nel mesolitico[62][63]-
Al primo periodo del medio neolitico risale il villaggio della La Marmotta sul lago di Bracciano ad Anguillara Sabazia, uno dei più antichi insediamenti lacustri in Europa meridionale, che, oltre alle evidenze di abitazioni palaffiticole, ha restituito resti di cinque canone in legno[64].
Al periodo intermedio dell'età età del Bronzo appartiene il sito di Luni sul Mignone a Blera, centro etrusco in età storica, dove, tra l'altro, sono state trovati resti di ceramiche micenee[65], mentre al periodo finale dell'età del Bronzo (seconda metà dell'XI-X sec. a.C.), risale il villaggio preistorico delle Sorgenti della Nova a Farnese, un abitato che si ergeva su una rocca tufacea, dove a basse e semplici capanne poste sulla sommità, si uniscono abitazioni ellittiche più complesse sui terrazzamenti, e grotte scavate nella roccia, con funzioni abitative o di culto[66].
La casa protostorica di Fidene, ricostruisce, sulla base di reperti, come pali e parti di pareti di una capanna, due vasi ed un braciere, una capanna protostorica risalente all'età del ferro, rinvenuta nella 1988 zona di Castel Giubileo a Roma, nell'area dove risiedeva l'antica città di Fidenae[67].
Liguria
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Le testimonianze della presenza dell'uomo in Liguria sono da ricercarsi fin dalla paleolitico inferiore. Nell'area archeologica dei Balzi Rossi di Ventimiglia, uno dei più rilevanti siti preistorici europei, indagata sin dal XIX secolo quando fu scopertio il cosiddetto Uomo di Grimaldi, sono stati scoperti, tra l'altro, resti dell'Homo heidelbergensis, dell'Homo neanderthalensis e dei Primi esseri umani moderni europei, che testimoniano una frequentazione da 200 000 a 10 000 anni dal presente, degli stessi luoghi da parte di individui di specie diverse[68].

Anche la Grotta delle Fate a Finale Ligure, è stata frequentate da individui della specie Homo heidelbergensis, lungo un periodo compreso tra 350 000 - 130 000 anni dal presente, e da Neaderthaliani, intorno a 70 000 anni dal presente[69].
Alle Arene Candide si trovano testimonianze del Neolitico e strati epigravettiani databili tra i 20 000 e i 18 700 anni fa, mentre nelle grotte lungo il torrente Pennavaira, nella valle omonima in territorio ingauno, sono stati ritrovati reperti umani risalenti fino al 7.000 a.C..
Nella grotta della Basura a Toirano sono state trovate oltre 180 orme impresse nel fango dell'antro, attribuite a cinque individui, datate a 14 000 anni del presente, che attestano la presenza dell'uomo in Liguria durante l'epigravettiano[70].
La necropoli di Chiavari è un rilevante sito archeologico, in quanto attesta la presenza dei Liguri almeno all'età del Ferro. I corredi funebri ritrovati, composti da numerosi manufatti in bronzo e ferro, sono stati attribuiti alla tribù Tigulli, particolarmente complessa dal punto di vista sociale, e prospera grazie ai proficui scambi commerciali con mercanti etruschi e greci, con cui scambiavano il rame estratto dai giacimenti locali[71].
Lombardia
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Tra le più antiche testimonianze preistoriche della regione, le incisioni rupestri della Val Camonica, riferibili ad un arco temporale che va dal mesolitico fino all'età del ferro, una delle più ampie collezioni di petroglifi preistorici del mondo[72], segnalata su circa 2 000 rocce in oltre 180 località comprese in 24 comuni, primo Patrimonio dell'umanità riconosciuto dell'UNESCO in Italia. Le figure si presentano a volte semplicemente sovrapposte senza ordine apparente, ma spesso invece appaiono in relazione logica tra loro, a illustrazione di un rito religioso o di una scena di caccia o di lotta; tale impostazione spiega lo schematismo delle immagini, ognuna delle quali è un ideogramma che rappresenta non tanto l'oggetto reale, ma la sua idea[73].
In Lombardia sono attestati diversi siti palafitticoli preistorici dell'arco Alpino protetti dall'UNESCO; al neolitico risale il sito palafitticolo dell'Isolino Virginia nel lago di Varese, risultato della sedimentazione dei detriti accumulatisi nei millenni, a seguito di un insediamento umano, frequentato almeno a partire dal 4800 a.C.[74] Quello di Lucone di Polpenazze del Garda nel bresciano risale alla fine del IV millennio a.C., quello mantovano di Bande di Cavriana è stato frequentato dal 2500 a.C. al 1500 a.C., quello cremonese dei Lagazzi del Vho è datato al bronzo antico, il vilaggio su palafitte di San Sivino-Gabbiano a Manerba del Garda risale alla media età del bronzo (2200-1400 a.C.), mentre Fondo Tacoli (Mantova) e Lugana Vecchia (Brescia) risalgono alla media e recente età del Bronzo[75].
Nell'Età del ferro (I millennio a.C.) in Val Camonica, nella Lombardia orientale, si sviluppò l'antica civiltà camuna, che ha lasciato oltre 300.000 incisioni rupestri ad esempio un'incisione famosa è quella che raffigura la rosa camuna (incisioni analoghe sono diffuse in Liguria), tra i più grandi siti d'arte rupestre Europei. Le prime tracce di questa popolazione in Val Camonica risalgono territorio a partire al mesolitico, alla fine della glaciazione Würm[76].
A partire dal XII secolo a.C., dall'unione delle precedenti culture di Polada e di Canegrate, cioè dall'unione di preesistenti popolazioni Liguri con sopraggiunte popolazioni Celtiche, in contemporanea con la nascita della cultura di Hallstatt nell'Europa centrale ed alla cultura di Villanova nell'Italia centrale, si sviluppa una nuova civiltà che gli archeologi chiamano di Golasecca dal nome della località dove sono stati rinvenuti i primi ritrovamenti. I Golasecchiani abitavano un territorio esteso circa 20.000 km², dallo spartiacque alpino al Po, dalla Valsesia al Serio, gravitando attorno a tre centri principali: la zona di Sesto Calende, di Bellinzona, ma soprattutto del centro protourbano di Como. Con l'arrivo di popolazioni galliche d'oltralpe, nel IV secolo a.C. questa civiltà celto-ligure decade e si esaurisce[77].
Marche
[modifica | modifica wikitesto]Le testimonianze più antiche del territorio sono quelle restituite dal sito archeologicio di Boccabianca a Cupra Marittima, frequentato almeno a partire da 130000 anni dal presente, come dimostrano i manufatti litici e i resti faunistici ritrovati.[78]
In Contrada Pace a Tolentino è stato ritrovato un sito all'aperto frequentato dai cacciatori-raccogliori del mesolitico, risalente a crica 11 000 anni dal presente. Oltre a manufatti litici della cultura sauveterriana, sono stati recuperati resti di armi e delle ossa delle prede cacciate[79].
Molise
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Le prime testimonianze di vita umana in Molise si hanno sin dal Paleolitico, come dimostrano i ritrovamenti del sito archeologico di Isernia La Pineta, la cui frequentazione è stata datata a 700 000 anni dal presente, tra le più antiche testimonianze paleolitiche d'Italia. Il sito, oltre a resti faunistici e litici, ha restituito il fossile di un bambino vissuto 583 000 anni dal presente, che si pensa appartenesse alla specie Homo heidelbergensis[80].
Il territorio regionale è stato frequentato tra 50 000 e 40 000 anni dal presente da individui Neanderthaliani, come dimostrano gli studi archeologici degli oltre 8 000 reperti ritrovati nella grotta Reali a Rocchetta a Volturno[81].
Il sito archeologico di Arcora, in provincia di Campobasso, ha riportato alla luce tracce consistenti di un villaggio protostorico, risalente tra l'età del bronzo finale e la prima età del ferro (IX-VII secolo a.C.); oltre a tracce dell'abitato sono stati recuperati umerosi manufatti di materiale ceramico, vasi e contenitori per la cottura e la conservazione dei prodotti alimentare[82].
Piemonte
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I primi insediamenti nella regione che oggi viene chiamata Piemonte (dal latino ad pedem montium, letteralmente «ai piedi dei monti») risalgono al sito di Ciota Ciara alle pendici del Monte Fenera, in provincia di Vercelli; questa grotta contiene le uniche testimonianze dell'uomo di Neanderthal in Piemonte, ed è stata abitata in vari momenti del Paleolitico. Le industrie litiche musteriane sono realizzate prevalentemente con materie prime locali, prevalentemente la selce e il quarzo[83].
A Cuorgnè nel Canavese si trova la grotta di Boira Fusca, dove sono state trovate sepolture dell' età del rame[84].
Il sito palafitticolo del lago di Viverone, ritrovato a circa 2-3 metri sotto il livello dell'acqua,[85] ha restiuito i resti di un antico villaggio dell'età del bronzo, abitato tra il 1650 e il 1350 a.C.;[86] 5000 pali conficcati nel terreno dalla cui disposizione è stato possibile ricostruire la forma dell'insediamento, dove le abitazioni erano disposte con andamento circolare lungo due passerelle principali, che fungevano da sentieri, ed erano circondate da palizzate in legno aventi funzione difensiva[86]. Il sito dei Lagoni di Mercurago ad Arona, risalente all'età del bronzo, è un altro dei siti palafitticoli presenti lungo l'arco alpino protetti dall'UNESCO[87].
Puglia
[modifica | modifica wikitesto]I primi insediamenti umani in Puglia risalgono a 1 500 000 milioni di anni BP, e sono testimoniati da oltre 300 manufatti litici ritrovati nel sito di Pirro Nord ad Apricena in provincia di Foggia, attribuiti all'olduvaiano[1]. Ad almeno 250 000 BP risalgono i resti fossili dell'Uomo di Altamura, una forma arcaica di Homo neanderthalensis.

Nella grotta del Cavallo nel Salento sono stati ritrovati due denti datati ad un periodo compreso tra 43 000 e i 41 000 anni BP, attribuiti ai primi esseri umani moderni europei (EEMH, da European early modern humans in inglese), i più antichi fossili di Homo sapiens finora ritrovati in Italia, associati alla cultura archeologica uluzziana[88].
La grotta Paglicci sul Gargano ha restituito migliaia di reperti litici, e i resti di due donne EEHM vissute 30 000 anni BP, attestando la presenza umana da 39 000 a 13 300 anni BP[89]; un'altra notevole testimonianza dei "primi pugliesi" è rappresentata da Delia, un ominide donna vissuta 28 000 dal presente, scoperta ad Ostuni, che conservava in grembo i resti di un feto in fase terminale, un evento quantomai raro nella storia della ricerca archeologica[90].

Altre scoperte archeologiche sono quelle di alcune statue ossee, datate a 20 000 anni BP, rinvenute nella Grotta delle Veneri presso Parabita, le quali dimostrano l'esistenza in epoca gravettiana di culti della fertilità[91], mentre nella grotta Le Mura a Monopoli, sono stati ritrovati resti fossili di un bambino di circa un anno e mezzo di vita datato a 17 000 anni BP[92]. Queste, ed altri rinvenimenti riferibili all'epigravettiano, che testimoniano la presenza umana prima, durante e dopo il periodo dell'ultimo massimo glaciale, portano ad ipotizzare che i siti pugliesi abbiano fornito un rifugio glaciale ai primi esseri umani moderni europei (EEMH-da European early modern humans in inglese) migrati fin qui in conseguenza dei forti cambiamenti climatici legati all'ultima glaciazione d'Europa[93].
Vicino Manfredonia è stato scoperto l'abito e i sepolcri neolitici di Masseria Candelaro, che risalngono al VI millennio a.C., che attestano che la piana a sud del Gargano, erano abitate sin dalla prima epoca neolitica[94]. In località Passo di Corvo, alle porte di Foggia, troviamo il sito archeologico del Neolitico (dal VI al IV millennio a.C.).
Numerosi nella regione i graffiti come quelli della Grotta Romanelli, presso Castro, e della Grotta dei Cervi, presso Porto Badisco. Recenti scavi effettuati a Roca Vecchia hanno inoltre evidenziato un imponente sistema di fortificazioni risalente all'età del bronzo (XV-XI secolo a.C.). Nella stessa area si trova un altro sito archeologico importante: la grotta della Posia piccola, riscoperta dagli archeologi nel 1983; essa si sviluppa circolarmente su una superficie di 600 m² e reca numerosissime iscrizioni votive, talvolta sovrapposte, di epoche e civiltà differenti, che risalgono all'VIII-II secolo a.C.. Altre importanti testimonianze ancestrali sono rappresentate da alcune costruzioni megalitiche, soprattutto nel Salento, come i dolmen, menhir e specchie, che nei secoli successivi furono adibite al culto del Cristianesimo.[senza fonte]
Sardegna
[modifica | modifica wikitesto]Tra le più antiche testimonianza preistoriche dell'isola si annovera il materiale litico el le paleosuperfici ritrovate nel sito archeologico di Sa Pedrosa-Pantallinu a Perfugas, datate a 180.000 anni dal presente[95].
La grotta Corbeddu a Oliena, frequentata continuativamente dal gravettiano, come attestato dal ritrovamento della falange di una mano datata a 22.000 anni dal presente, e diversi altri reperti materiali e faunistici, che ne attestano la frequentazione in tutte le fasi preistoriche succcessive (epigravettiano, mesolitico, necolitico), fino almeno all'età del bronzo medio. I reperti materiali neolitici, ceramiche con la tipica ansa a gomito, sono ascrivibili alla cultura di Bonu Ighinu[96].
Al mesolitico appartengono i reperti rinvenuti nella Grotta di Su Coloru a Laerru, manufatti litici e paleopavimentazioni, i più antichi degìi quali datati al 8.500 a.C.[97]
La Sardegna conta circa 6 500 siti preistorici, prenuragici e nuragici;[98] ne fanno la regione col più alto numero di monumenti di questa tipologia in Italia e in Europa[senza fonte]. Del periodo preistorico si contano, più di 1 200 Domus de Janas più di 400 menhir sparsi sul territorio, solo nel paese di Laconi ve ne sono 100[senza fonte], un centinaio di dolmen[senza fonte], l'altare megalitico di Monte d'Accoddi. Del periodo nuragico abbiamo una evoluzione nella costruzione dei monumenti megalitici, i quali risultano essere singolari e unici per funzione e struttura in tutto il mondo. Si tratta di[senza fonte] circa 8.000 nuraghi, che, con centinaia di villaggi e tombe megalitiche, sono la testimonianza di una singolare civiltà sviluppatasi nell'isola a partire dal II millennio a.C.., circa 800 tombe dei giganti (luoghi di sepoltura)[99] le cui stele centrali possono arrivare fino a 4 m di altezza, più di 300[senza fonte] pozzi sacri (luoghi di culto). Nel 2025 le domus de janas sono state inserite nella lista del patrimonio dell'Umanità dell'Unesco, in quanto rappresentano la più estesa e ricca manifestazione di architettura funeraria ipogea del Mediterraneo occidentale[100].

Tra questi si citano il complesso nuragioco di Monte d'Accoddi a Sassari risalente alla seconda metà del IV millennio a.C.[101], la necropoli di Montessu, un sito archeologico prenuragico nel comune di Villaperuccio risalente al IV millennio a.C. il Dolmen di Sa Coveccada a Mores, un monumento ascrivibile alla cultura di Ozieri del neolitico recente (3500-2900 a.C.)[102], il complesso archeologico di Pranu Muttedu nei pressi di Goni risalente al 3200-2800 a.C.[103], il villaggio nuragico Su Nuraxi a Barumini, il nuraghe Arrubiu (nuraghe rosso in sardo) nel territorio del comune di Orroli e il nuraghe Losa, situato nelle campagne del comune di Abbasanta, che risalgono al 1500 a.C.[104][105][106], il santuario nuragico di Santa Cristina nel comune di Paulilatino, Il Nuraghe Santu Sciori (a volte nominato, sempre in sardo, il nuraghe Santu Sciori nelle campagne di Pabillonis, e la tomba dei giganti di Su Mont'e s'Abe ad Olbia che risalgono alla tarda età del Bronzo[107][108].
Sicilia
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La Grotta d’Oriente sull'isola di Favignana ha restituito, tra l'altro, resti umani riferibili a tre diversi individui, il più antico dei quali, sottoposto ad indagini genetiche, apparteneva a popolazioni di cacciatori-raccoglitori occidentali (WHG - Western Hunter-Gatherers in inglese), mentre un secondo, vissuto in epoca mesolitica, presenta affinità con le popolazioni epigravettiane della penisola italiana[109]. Sempre all'epigravettiano, risale la grotta messine di San Teodoro ad Acquedolci, che ha restituito resti umani, oltre a una grande quantità di reperti faunistici[110].
Particolarmente rilevante dal punto di vista dell'arte preistorica, le Grotte dell'Addaura, un complesso di quattro grotte naturali sul fianco nord-orientale del monte Pellegrino, nei pressi di Addaura, frazione di Palermo. Si tratta di un vasto e ricco complesso d'incisioni, databili fra l'epigravettiano finale e il mesolitico, raffiguranti uomini ed animali. In mezzo ad una moltitudine di bovidi, cavalli selvatici e cervi; la scena è dominata dalla presenza di un gruppo di figure umane poste in circolo, come se danzassero[111].
Al mesolitico risalgono le tracce della presenza umana di cacciatori raccoglitori ritrovate nella grotta dell'Uzzo a San Vito lo Capo[112]. La necropoli del Mulinello ad Augusta è una necropoli risalente all'età del bronzo, che conserva anche i resti di un piccolo insediamento neolitico[113].
Nel comune ragusano di Acate, si trova il villaggio di Poggio Biddini, un villaggio agricolo costituito da circa 20-30 capanne, dove sotto il pavimento di una capanna sono stati rinvenuti due crani femminili separati dal resto del corpo e privi di mandibola, interpretati come pratica religiosa[114].
Nel libero consorzio comunale di Caltanissetta si trovano due siti archeologici, il sito di Polizzello nel comune di Mussomeli e il sito di Vassallaggi in quello di San Cataldo, furono abitati ininterrottamente dall'età del bronzo sino all'inizio dell'età storica[115][116].
Toscana
[modifica | modifica wikitesto]Le più antiche testimonianze del popolamento umano in Toscana, risalgono al Paleolitico; la specie più antica, del genere Homo, rappresentata in Toscana, è quella dell'uomo Homo heidelbergensis, i cui strumenti in pietra sono invece stati ritrovati in abbondanza nella vicina Valle dell'Arno e nell'area costiera livornese[senza fonte].
Nel sito archeologico di Poggetti Vecchi in provincia di Grosseto sono stati ritrovati reperti umani risalenti a 170 000 anni dal presente, che si ipotizza siano associati all'Homo neanderthalensis, i più rilevanti dei quali sono bastoni di legno ritrovati vicino ad ossa di elefante dalle zanne dritte, che ne dimostra l'uso come strumento per la loro macellazione[117].
Il sito archeologico della Grotta dei Santi sul Monte Argentario in provincia di Grosseto, ha restituito un piano di calpestio e diversi focolari di epoca musteriana datati a 48 000-44 000 anni dal presente, generalmente associati alla presenza di Neanderthaliani[118].
A 40 000 anni dal presente è attestate la presenza di Neanderthaliani in due siti nelle Alpi Apuane, entrambi nel territorio di Camaiore, nella Buca del Tasso,doeve è stato ritrovato un femore attribuito ad un bambino[119], e nella grotta all'Onda, dove sono stati ritrovati alcuni loro strumenti da caccia in selce, oltre a resti ossei delle loro prede[120][121].
In Lunigiana, tra Liguria e Toscana, sono state ritrovate diverse statue stele (o statue-menhir), monumenti in pietra di tipo antropomorfo, che raffigurano con tratti sempre stilizzati uomini o donne, la cui funzione dei monumenti più antichi è ancora oggetto di dibattito tra gli studiosi[122].
Trentino-Alto Adige
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Il Riparo Dalmeri, un riparo sotto roccia dove sono stati rinvenuti reperti risalenti a 13.000 anni fa (epigravettiano), si trova nella zona della Marcesina, nel comune di Grigno, ad un'altitudine di 1.240 metri sul livello del mare. Le indagini stratigrafiche hanno inoltre rilevato due principali momenti insediativi: alla più antica frequentazione del sito, risalente ad un'epoca compresa fra 13.400 e 13.200 anni fa, appartengono le pietre dipinte in ocra rossa, mentre resti di focolari e tracce di una capanna testimoniano la presenza dell'uomo nella zona fra 13.200 e 13.000 anni dal presente[123].
Al mesolitico risale la frequentazione umana attestata dal sito di Riparo Gaban a Trento, durata almeno fino al neolitico, dove sono stati trovati anche oggetti di tipo artistico, funzionali alla vita spirituale, simbolica e sociale delle comunità che vi hanno abitato[124].
La celebre mummia di Ötzi, risalente a circa al 3300 - 3100 anni a.C., fu ritorvata in prossimità del confine italo-austriaco, ai piedi del ghiacciaio del Similaun a 3213 m s.l.m.. Questo la pone nell'età del rame, momento di transizione tra il neolitico e l'età del bronzo[125].
A Fiave, sull'altopiano morenico di Lomaso, si trova un villaggio palafitticolo, abitato da diverse comunità umane nel corso del mesolitico, del neolitico, fino all'età del bronzo, così rilevanti per la ricostruzione della presenza umana sull'arco alpino, da essere stato incluso nei siti patriomonio dell'Umanità protetti dall'UNESCO[126].
Appartiene alla tarda età del bronzo e alla prima età del ferro la cultura di Luco-Meluno, che prende il nome da due importanti siti archeologici presso Bressanone.[127] Essa ebbe origine nel XIV secolo a.C. nella valle dell'Adige tra Trento e Bolzano, da dove si diffuse fino ad occupare all'incirca l'area del Trentino a nord di Rovereto, dell'Alto Adige, del Tirolo Orientale e della Bassa Engadina.[128] La cultura di Luco-Meluno è caratterizzata da un particolare stile di ceramica riccamente decorata, mentre la produzione metallurgica è influenzata dalle culture circostanti.
Umbria
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Le prime occupazioni umane in Umbria sono attestate da un serie di oggetti, oggi conservate all'interno di collezioni archeologiche, come la cosiddetta Venere del Trasimeno, una venere paleolitica oggi esposta al Museo delle civiltà di Roma, e un pendaglio a forma di goccia, rinvenuti nei pressi del lago Trasimeno è risalenti al paleolitico superiore[129].
La Grotta Bella nel comune ternano di Avigliano Umbro è stata frequentata sin dal neolitico, svolse la funzione di centro religioso del territorio, come attestano numerose offerte votive qui ritrovate[130].
Le Tane del Diavolo di Parrano in provincia di Terni, complesso carsico alle pendici del Monte Peglia, costituiscono uno dei più interessanti siti archeologici della preistoria umbra. I reperti archeologici rinvenuti al loro interno a partire dai primi scavi di Umberto Calzoni, attorno agli anni trenta, testimoniano la presenza umana a partire dall'età del bronzo[131].
Valle d'Aosta
[modifica | modifica wikitesto]La necropoli di Champrotard nel comune di Villeneuve e la necropoli di Vollein nei pressi di Quart, di notevole interesse storico-artistico, per la presenza di incisioni rupestri risalenti al II millennio a.C., sono tra le più antiche e rilevanti testimonianze della presenza umana nella regione nel neolitico [132][133].

Il sito di Saint-Martin-de-Corléans, un quartiere di Aosta, si configura inizialmente come un’area sacra, caratterizzata da diverse fasi di frequentazione, che iniziano nel neolitico recente, e quindi proseguono nell' età del rame, fino all'epoca storica. L'area, dapprima è un santuario all'aperto, destinato a pratiche rituali reiterate nel tempo e connesse a culti agricoli e dei viventi. Il sito assume solo negli ultimi secoli del III millennio a.C. funzione funeraria, quano viene utilizzato come necropoli[134].
Al 3.000 a.C. risale il Cromlech del Piccolo San Bernardo, nel comune di La Thuile, un sito megalitico che si ipotizza avesse funzioni di osservatorio astronomico[135], coevo alle incisioni rupestri di Bard, tra le quali spicca la raffigurazione di un serpente, datata al 3000-2700 a.C., che si pensa rappresenti un simbolo della fecondità maschile[136].
Il villaggio della Cime noire nel comune di Pontey, costruito su di un terrazzo panoramico ad oltre 2300 metri di quota, all'interno del quale si distinguono chiaramente i resti dei muri a secco di alcune decine di capanne, fu abitato dai Salassi, una popolazione di origine celtica che abitò la Valle nell'età del ferro, in epoca pre-romana[137].
Veneto
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Nella grotta di Grotta del Broion a Longare sono stati ritrovati alcuni reperti riferibili alla cultura musteriana che fanno ipotizzare che il sito fosse frequentato dai Neaderthal. Presenza accertata nella Grotta di Fumane in provincia di Verona[138], che mostra evidenze di frequentazione dell'Homo neanderthalensis e dei primi esseri umani moderni europei (EEMH - European early modern humans in inglese), riferibili ad un periodo compreso tra 60 000 e 30 000 anni[139], con i resti faunistici che risalgono fino a 90 000 anni fa,[140] e nella grotta de Nadale sui Colli Berici, dove è stato ritrovato un dente appattenuto ad un individuo neanderthaliano vissuto almeno 70 000 anni dal presente.

I ripari rocciosi di Villabruna in provincia di Belluno, rappresentano una rilevante area archeologica dove, oltre a numerosi reperti litici riferibili a popolazioni di cacciatori-raccoglitori, è stata scoperta la sepoltura del cosiddetto Cacciatore della Val Rosna, un individuo maschile di circa 25 anni ed alto 168 cm, vissuto nel periodo dell'epigravettiano finale, circa 14.000 anni dal presente, posto in una sepoltura adornata di pietre dipinte, dal significato cultuale[141][142]. Un altro riparo sotto roccia, il Riparo Soman, lungo l'Adige nel territorio di Dolcè, ha restiuito evidenze di frequentazioni preistoriche dall'epigravettiano al mesolitico, e i resti di una donna datata ad un periodo compreso tra il 9000 a.C. e il 5000 a.C.[143]
Il sito archeologico di Mondeval de Sora, nella vallata dolomitica Mondeval in provincia di Belluno, ha restituito evidenze della presenza umana riferibili ad un arco temporale che spazia dal mesolitico fino al medioevo; alla fase più antica appartengono materiali combusti, resti di fauna, materiali litico, mentre la sepoltura con resti umani del cosiddetto Uomo di Mondoval, riferibili ad un individuo appartenente ad un gruppo di cacciatori-raccoglitori che qui aveva realizzato un abitato stagionale, è datata al 5 400 a.C. ca, nel neolitico[144].
Al neolitico risalgono i resti di un villaggio frequentato tra il IV e il III secolo a.C., al Molino Casarotto alle pendici dei Colli Berici in provincia di Vicenza, che ha restituito diverso materiale fittile, in parte attribuito alla cultura dei vasi a bocca quadrata[145].

Il villaggio preistorico di Frattesina a Fratta Polesine era un villaggio di considerevoli dimensioni (oltre 20 ettari) dell'età del bronzo che, sulla base dei reperti materiali, è stato attribuibilto alla facies protovillanoviana[146]. Sempre all'età del bronzo risalgono il sito palafitticolo Laghetto della Costa, ai piedi dei Colli Euganei, i cui resti sono stati datati ad un periodo compreso tra il XXII e il XVII secolo a.C.[147], e i siti palafitticoli di Frassino, Tombola e Belvedere in provincia di Verona[148][149][150].
Rilevanti nel contesto dell'arte preistorica italiana, sono le incisioni rupestri di Torri del Benaco, sulla sponda veneta del lago di Garda, dove si contano almeno 3 000 raffigurazioni distribuite su 250 rocce incise, spesso di notevoli dimensioni, la maggior parte delle quali datate all'età del bronzo[151].
Note
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Voci correlate
[modifica | modifica wikitesto]- Storia d'Italia
- Italia preistorica e protostorica
- Siti archeologici dell'Italia antica
- Siti neanderthaliani
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- (EN) Carlo Peretto, Julie Arnaud, Jacopo Moggi-Cecchi, Giorgio Manzi, Sébastien Nomade, Alison Pereira, Christophe Falguères, Jean-Jacques Bahain, Dominique Grimaud-Hervé, Claudio Berto, Benedetto Sala, Giuseppe Lembo, Brunella Muttillo, Rosalia Gallotti, Ursula Thun Hohenstein, Carmela Vaccaro, Mauro Coltorti e Marta Arzarello, A Human Deciduous Tooth and New 40Ar/39Ar Dating Results from the Middle Pleistocene Archaeological Site of Isernia La Pineta, Southern Italy, in PLOS One, 2015, DOI:10.1371/journal.pone.0140091. URL consultato il 19 luglio 2025.
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