Shoghi Effendi

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Shoghi Effendi

Shoghi Effendi più comunemente noto come Shoghí Effendí Rabbání (Acri, 1º marzo 1897Londra, 4 novembre 1957), fu Custode della Fede e leader della Comunità bahá'í dal 1921 fino alla morte, 1957.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Nacque da Mírzá Hádí Shírází e di Díyá'íyyih Khánum, a sua volta figlia di 'Abdu'l-Bahá, figlio di Bahá'u'lláh. Oltre a essere discendente di Bahá'u'lláh era parente con il Báb tramite il padre. Tra lui e il nonno, `Abdu'l-Bahá, si stabilì fin dai primi anni uno stretto legame, che lo avrebbe influenzato per tutta la vita. Il nonno gl'insegnò a pregare e lo incoraggiò nel canto e dallo stesso fu chiamato in segno di rispetto Effendi: Signore, denominazione che divenne parte del suo patronimico. Shoghi Effendi condivise fin dall'infanzia le sofferenze che subirono i Bahá'í in quel tempo ad Acri, compresi gli attacchi di Mírzá Muhammad `Alí e compagni contro il nonno[1]. Shoghi Effendi fu all'inizio educato in casa, poi nel plesso francese delle Scuole cristiane di Haifa e successivamente in un'altra Scuola cattolica di Beirut[2].

Frequentò, più tardi, quella che sarebbe divenuta l'Università americana di Beirut, quindi, in Gran Bretagna, il Balliol College di Oxford, dove si diplomò in Scienze economiche e Scienze sociali.[3] Durante i suoi studi si dedicò al perfezionamento dell'inglese, del quale assunse piena padronanza, aggiungendo tale competenza a quella che già aveva del francese, del persiano, del turco e dell'arabo. La fluente conoscenza di tali lingue gli permise di tradurre le lettere di `Abdu'l-Bahá e di poterlo aiutare come segretario[4].

La notizia del decesso di 'Abdu'l-Bahá raggiunse Shoghi Effendi, nel novembre del 1921, mentre si trovava in Gran Bretagna per motivi di studio. Shoghi Effendi rientrò ad Haifa e dopo pochi giorni apprese, dal testamento di `Abdu'l-Bahá a lui indirizzato, che era stato nominato "Custode della Fede". Nel testamento Shoghi Effendi era indicato come il Segno di Dio, il Ramo prescelto, il Custode della Causa di Dio e seppe che tale designazione era stata fatta quand'era ancora un bambino. La designazione a Custode della Causa lo pose a capo della Fede e lo rese un chiaro riferimento a cui avrebbe dovuto guardare tutta la Comunità bahá'í[5].

Nel 1937 Shoghi Effendi sposò la canadese Mary Maxwell, poi chiamata Rúhíyyih Khanum, figlia unica di May Maxwell, una tra i primi bahá'í canadesi, e di William Sutherland Maxwell, un architetto canadese che divenne Mano della Causa. Rúhíyyih Khanum fu una preziosa aiutante del marito e dal 1941 ne fu anche la principale segretaria di lingua inglese.[5] Shoghi Effendi morì a Londra, il 4 novembre 1957, dove fu sepolto nel New Southgate Cemetery.

Monumento sulla tomba di Shoghi Effendi

La vicenda del testamento di `Abdu'l-Bahá[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: `Abdu'l-Bahá.

Il testamento di `Abdu'l-Bahá venne redatto 21 anni prima della sua pubblicazione, quando Shoghi Effendi aveva appena 3 anni. Il testamento lo designò successore di `Abdu'l-Bahá, capo della comunità bahá’í e interprete della Fede[6].

Nonostante il testo scritto, alcuni bahá’í non accettarono quella successione, dicendo che dopo `Abdu'l-Bahá non ci sarebbe stato alcun successore e che la Casa Universale di Giustizia sarebbe stata il futuro della fede.[7] Alcuni di tali oppositori sono divenuti babi; altri hanno abbracciato l’islam.[8]. Tra i principali bahà'i che non accettarono Shoghi Effendi ricordiamo lo scrittore Ávárih, Hassan Nìku, Mirza Saleh Eghtesad e Mirza Ahmad Sohrab.[9] In particolare Ávárih all'inizio pose in dubbio l'autenticità del Testamento di `Abdu'l-Bahá, poi cercò di sollevare la comunità bahá’í in Iran contro Shoghi Effendi e alla fine ripudiò Bahá'u'lláh[10], mentre Ahmad Sohrab cercò di creare negli Stati Uniti una nuova setta senza successo[10].

Per quanto riguarda i famigliari di Shoghi Effendi, all'inizio, alla lettura del testamento di `Abdu'l-Bahá, essi mostrarono lealtà e devozione, ma presto iniziarono a farsi a lui ostili e inclini alla ribellione. Ai loro occhi Shoghi Effendi risultava sempre un loro pari. Nonostante l'atteggiamento umile e fraterno di Shoghi Effendi e i suoi ripetuti tentativi di coinvolgere i suoi fratelli e cugini nel servizio alla Fede bahá’í, essi si discostarono sempre più da lui[10]. Prima della rottura Shoghi Effendi tentò tutto ciò che poteva fare: non svelò alla comunità la loro ribellione per un considerevole periodo di tempo, ignorò i loro insulti e sopportò in silenzio la loro mala condotta[11]. Alla fine Shoghi Effendi fu costretto a rompere ogni relazione con i genitori, con i due fratelli e con le due sorelle[12]. Né`Abdu'l-Bahá, né Shoghi Effendi avallarono o permisero mai alcuna seppur lontana traccia di nepotismo religioso; lasciando come perenne esempio al mondo un retaggio di lealtà, giustizia e imparzialità, che è destinato a influenzare ogni tipo d'affidabile politica futura nella travagliata storia dell'umanità.

Rúhíyyih Rabbani, moglie e biografa di Shoghi Effendi, spiega come l'intera esistenza di Shoghi Effendi fosse stata logorata dall'ambizione, dalla follia, dalla gelosia e dall'odio di certe persone, pure congiunti, che si levarono contro di lui, nell'illusione di abbattere la neonata fede o di screditarne il Custode[13]. Uno dei principali motivi d'astio era la gelosia nei confronti di Shoghi Effendi, considerata anche la sua giovane età.

Attività[modifica | modifica wikitesto]

Casa Universale di Giustizia bahá'í, Haifa

Durante la sua leadership la Fede bahá'í divenne una religione globale, in continua crescita nel numero di fedeli e di nazioni dove diffondersi. Dal momento della nomina a Custode della Fede fino alla sua morte il numero dei fedeli passò da 100.000 a 400.000 circa e i Paesi in cui la nuova religione giunse aumentarono da 35 a 200[5].

Come Custode e capo della Fede, Shoghi Effendi aveva la chiara visione di come la Comunità bahá'í si sarebbe dovuta sviluppare e lo comunicò al mondo dei credenti attraverso missive e incontri che ebbe con i pellegrini che lo visitavano a Haifa[5].

Durante gli anni '20 iniziò a introdurre l'amministrazione bahá'í alle varie comunità di fedeli sparse per il mondo, piccole comunità che cercò di rafforzare e sviluppare. Sotto la sua direzione furono formate le prime Assemblee Spirituali Nazionali e diverse migliaia di Assemblee Spirituali Locali[14], le quali divennero le basi del sistema amministrativo della Fede bahá'í. Durante gli anni '30 lavorò a diverse traduzioni in inglese, traducendo dall'arabo e dal persiano le opere di Bahá'u'lláh[5]. A partire dal 1937 attuò una serie di piani per espandere e fondare Comunità bahá'í in ogni parte del globo.

Il culmine di quei piani fu la Crociata di dieci anni che andò dal 1953 al 1963, il cui scopo fu la diffusione e il consolidamento della Fede bahá'í nel mondo[5]. Solo sei anni dopo l'impensato trapasso di Shoghi Effendi, al termine di tale fondamentale crociata, nel 1963, fu eletta la prima Casa Universale di Giustizia.

Sul finire degli anni '40 iniziò a strutturare e abbellire il Centro Mondiale Bahai, terminando la costruzione del Mausoleo del Báb e costruendo l'edificio dell'Archivio internazionale bahai, tracciando e curando i giardini di Bahji dove c'è il Mausoleo di Bahá'u'lláh[5].

Negli anni '50 consolidò l'edificazione spirituale dell'amministrazione bahá'í istituendo il Consiglio Internazionale Bahai, precursore della Casa Universale di Giustizia; e nominando 32 Mani della Causa, credenti bahá'í che s'erano distinti al servizio della Fede e la cui funzione era la diffusione e la protezione della Fede stessa[5].

Si dedicò agli affari relativi alla Fede bahá'í e ai suoi aspetti spirituali, visto che a lui solo spettava la chiara interpretazione degli scritti di Bahá'u'lláh e di `Abdu'l-Bahá[5].

Lo stile della sua leadership fu contrassegnato dalla sua costante cordialità e da uno spirito di fratellanza; mai esaltò lo status del suo ruolo o della sua persona, rifiutando sempre che ci si rivolgesse a lui con titoli onorifici[5]. Svolse con lealtà e grande dignità la funzione di rappresentante ufficiale della Fede bahá'í presso le autorità israeliane[5]

Leadership[modifica | modifica wikitesto]

Alla morte di Shoghi Effendi 1957, l'istituto della leadership della comunità bahá'í entrò in una nuova fase, passando da singolo o individuale a un ordinamento costituito da organi collegiali a capo dei quali fu temporaneamente l'istituto della Custodia della Causa di Dio, con l'ausilio del Consiglio internazionale bahai, e poi la Casa Universale di Giustizia.

Una ereditaria successione nella Custodia della Causa era prevista dal testamento di 'Abdu'l-Bahá per nomina da parte del precedente titolare a favore del successivo, con il prerequisito, però, che avvenisse per linea maschile tra i discendenti di Bahá'u'lláh, ma Shoghi Effendi non ebbe eredi e tutti gli altri discendenti di Bahá'u'lláh erano stati espulsi dalla Comunità bahá’í in precedenza.

Shoghi Effendi era stato nominato da 'Abdu'l-Bahá come suo successore e Custode della Causa di Dio con l'implicita autorità di interpretare gli scritti del Báb, di Bahá'u'lláh e di definire il campo d'azione dell'organismo legislativo.

La soluzione del problema successorio a Shoghi Effendi spettò quindi, dopo l'elezione, alla Casa Universale di Giustizia, l'unica istituzione competente a risolvere la fattispecie imprevista. La Casa Universale di Giustizia stabilì non fosse possibile, proprio per assenza del prerequisito, di nominare un successore a Shoghi Effendi, che rimase il primo e ultimo Custode della Fede[15].

Subito dopo l'improvvisa morte di Shoghi Effendi la Fede bahá'í fu retta temporaneamente dalle Mani della Causa, che elessero, scegliendo tra di loro "9 Custodi" come Organo Consiliare o collegiale della Fede. Le Mani della Causa ebbero allora la pesante responsabilità di portare a compimento la Crociata decennale iniziata dal Custode e gestire la transizione del Consiglio Internazionale Bahai fino all'elezione della Casa Universale di Giustizia[5].

Casa Universale di Giustizia e successione[modifica | modifica wikitesto]

Alla fine della Crociata di Dieci Anni, voluta da Shoghi Effendi e conclusasi nel 1963, la Casa Universale di Giustizia fu eletta per la prima volta. Il primo problema che Essa esaminò fu proprio quello derivante dal fatto che Shoghi Effendi non aveva nominato il proprio successore.

La Casa universale di giustizia concluse che, date le circostanze e i criteri espressi dalle volontà e dal testamento di `Abdu'l-Bahá, non v'erano legittime possibilità di nominare un nuovo Custode: Shoghi Effendi restò quindi l'unico Custode della Fede[5].

Secondo il Cesnur la decisione di non nominare un altro Custode fu contestata da una delle Mani della Causa, l'americano Charles Mason Remey (1874-1974), il quale nel 1960 si autoproclamò secondo “Custode”. Tale defezione ebbe però scarso seguito[16]. Nonostante tale crisi interna, la Fede Bahai continuò nella sua espansione, e la guida passò come previsto alla Casa Universale di Giustizia col pieno sostegno delle Assemblee Spirituali Nazionali di 181 paesi e oltre cinque milioni di aderenti. Nei paesi islamici, attualmente sono presenti l'1% dei suoi membri contro il 71,3% del 1928; ma soprattutto in Iran, i bahá’í sono purtroppo ancora oggetto di persecuzioni[17].

Opere[modifica | modifica wikitesto]

Gli scritti di Shoghi Effendi sono perlopiù dei commentari o traduzioni di opere delle Figure centrali della Fede, traduzioni e commentari che per i bahá'í assumono un'importanza speciale in quanto il loro pregio è autorevole, essendo state fatte dal Custode, istituendo anche delle linea guida per le traduzioni dei tantissimi Scritti Sacri bahá'í che sono ancora solo in lingua originale[5].

Shoghi Effendi tradusse in inglese molti degli Scritti del Báb, di Bahá'u'lláh e di 'Abdu'l-Bahá, compresi le Parole celate nel 1929, il Kitáb-i-Íqán nel 1931, le Spigolature dagli scritti di Bahá'u'lláh, nel 1935 e l'Epistola al figlio del Lupo nel 1941[5].

La maggior parte dei suoi scritti sono di tipo epistolare e costituiscono un corpo importante nella produzione letteraria e socio-teologica di Shoghi Effendi, circa 30.000 unità[5].

Fra i suoi scritti si evidenziano la lettera Ordine mondiale di Bahá'u'lláh, relativa alla natura dell'amministrazione bahá'í, la lettera Avvento della giustizia divina, relativa all'insegnamento della religione e la lettera Il giorno promesso, relativa alle lettere indirizzate da Bahá'u'lláh ai leader del mondo del Suo tempo[5].

L'unico libro che scrisse Shoghi Effendi è God Passes By, 1944, in inglese, per commemorare il centenario della nascita della Fede bahá'í[5].

Riconoscimenti[modifica | modifica wikitesto]

  • Poco dopo la sua inattesa e improvvisa dipartita, le 27 Mani della Causa allora in vita, firmarono un'unanime dichiarazione in cui attestavano che Shoghi Effendi era trapassato senza aver nominato il suo successore[5]. Non aveva infatti lasciato alcun testamento, e così le Mani della Causa si trovarono a dover fronteggiare un imprevisto problema. Essendo la carica di Custode ereditaria, il Custode avrebbe dovuto designare tra i suoi parenti o figli maschi un successore,[18] non avendo figli ed essendo già tutti espulsi dalla Comunità bahá'í i discendenti maschi della famiglia di Bahá'u'lláh, la soluzione di tale dilemma doveva spettare alla Casa Universale di Giustizia, la quale fu poi istituita solo nel 1963.
  • Dopo la morte del Custode, Rúhíyyih Khanum, la Sua consorte, pubblicò degli estratti dal proprio diario per mostrare vari aspetti problematici che hanno amareggiato e addolorato la vita esemplare costruttiva e comunque radiosa di Shoghi Effendi[5].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Peter Smith, op. cit. in bibliografia, pp. 169-170.
  2. ^ Peter Smith, op. cit., pp. 314-317.
  3. ^ Riaz Khadem, op. cit. in bibliografia.
  4. ^ Peter Smith, ibidem.
  5. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t Peter Smith, op. cit.
  6. ^ htmlstream.com, Ultime volontà e testamento di ‘Abdu’l-Bahá, su bahai.it. URL consultato il 26 novembre 2018.
  7. ^ Paiame pedar di Fazlollah Sobhi che fu per lunghi anni lo scrivano di 'Abduil-Bahà. pag. 176.
  8. ^ ibidem pagine 181 e 182..
  9. ^ ibidem pagine 184-187..
  10. ^ a b c Luigi Zuffada, Il Custode, la vita, Casa Editrice Baha'i, 2010, pp. 154, 160, 162, ISBN 978-88-7214-128-1.
  11. ^ Adib Taherzadeh, The Child of the Covenant, Oxford, George Ronald, 2000, pp. 306-7.
  12. ^ ibidem pag. 210.
  13. ^ Rúhíyyih Rabbani, The Priceless Pearl, Oakham (UK), Baha'i Publishing Trust, 1969, p. 118.
  14. ^ Peter Smith, op. cit..
  15. ^ Peter Smith, op. cit., pp. 169-170.
  16. ^ Vedi: Orthodox Bahá'i Faith (Fede bahá'í ortodossa)
  17. ^ Una Religione di origine Islamica: I Bahá'í e i loro scismi, su cesnur.com.
  18. ^ Alessandro Bausani - Persia Religiosa - pag.485.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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