Serranus cabrilla

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Perchia
Stato di conservazione
Rischio minimo
Classificazione scientifica
Dominio Eukaryota
Regno Animalia
Sottoregno Eumetazoa
Ramo Bilateria
Phylum Chordata
Subphylum Vertebrata
Superclasse Gnathostomata
Classe Actinopterygii
Sottoclasse Osteichthyes
Superordine Acanthopterygii
Ordine Perciformes
Sottordine Percoidei
Famiglia Serranidae
Genere Serranus
Specie S. cabrilla
Nomenclatura binomiale
Serranus cabrilla
Linnaeus, 1758
Sinonimi

Paracentropristis cabrilla (Linnaeus, 1758)
Perca cabrilla Linnaeus, 1758
Serranus knysnaensis Gilchrist, 1904

Nomi comuni

sperga (Veneto), bolaxo (Liguria), boccaccia (Toscana), precchia (Campania), sirrania (Sicilia)

La perchia (Serranus cabrilla Linnaeus, 1758) è un pesce osseo d'acqua marina appartenente alla famiglia dei Serranidae.

Distribuzione e habitat[modifica | modifica wikitesto]

La perchia è diffusa lungo la fascia costiera dell'Oceano Atlantico orientale, dalla Manica al Capo di Buona Speranza, comprese le Isole Azzorre, Madera e Canarie[1]. È molto comune nel Mediterraneo[2] ed è presente nel Mar Nero. Non è certo se sia presente anche nel mar Rosso per immigrazione dal Mediterraneo[1].

Vive sui fondali rocciosi e sulle praterie di Posidonia oceanica. In acque profonde può popolare anche fondi sabbiosi o fangosi[3]. Di solito è un pesce strettamente costiero ma si può incontrare fino a 500 metri di profondità[2].

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Il corpo è allungato, a sezione rotonda con muso appuntito. La bocca è molto ampia, dotata di piccoli denti e labbra carnose. Gli occhi sono grandi. La pinna dorsale ha una prima parte composta da 10 spine dorsali, mentre la parte terminale è composta da raggi molli, ed è arrotondata. Le pinne ventrali e pettorali sono grandi e arrotondate. La pinna caudale è poco forcuta. Le scaglie sono abbastanza piccole[2][3][4].

La livrea è abbastanza variabile e consiste in un fondo bruno chiaro o marrone rossiccio, striato verticalmente da 7-8 larghe fasce irregolari bruno rossastre più o meno scure e orizzontalmente da 1-3 linee regolari arancio o dorate che continuano obliquamente sulla testa del pesce. A metà del corpo è presente una fascia chiara longitudinale. Le pinne sono giallognole[2][3][4].

Raggiunge eccezionalmente una lunghezza di 40 cm, di solito sotto i 25 cm[1].

Biologia[modifica | modifica wikitesto]

Si tratta di un pesce territoriale, dalle abitudini solitarie[3]. È strettamente diurno, la notte si rifugia sul fondale dove assume una livrea più chiara[2]. È un pesce che sembra essere piuttosto coraggioso, tanto da rimanere faccia a faccia con il pericolo alle volte. Curiosamente la sua presenza spesso indica anche la vicinanza di un polpo. La perchia spesso fissa il polpo quando è fuori dalla tana, e lo segue quando caccia sicuramente per mangiare gli avanzi o gli animali in fuga dal polpo.

Alimentazione[modifica | modifica wikitesto]

Si nutre di pesci, cefalopodi e crostacei[1]. A dispetto delle piccole dimensioni si tratta di un predatore assai aggressivo, che non esita ad attaccare anche prede di taglia poco inferiore alla sua[4].

Riproduzione[modifica | modifica wikitesto]

Avviene in primavera e all'inizio dell'estate[2].

Pesca[modifica | modifica wikitesto]

Questo pesce viene catturato in abbondanza con tramagli, nasse ed altri attrezzi della pesca professionale costiera. Inoltre abbocca con grande facilità alle lenze innescate con qualunque esca animale e anche alle esche artificiali[4].

Le carni sono buone ma non hanno uno specifico mercato, è un ingrediente comunissimo delle zuppe di pesce[4].

Acquariofilia[modifica | modifica wikitesto]

La perchia viene allevata in acquari pubblici e privati[1].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e (EN) (EN) Serranus cabrilla, su FishBase. URL consultato il 27.03.2014.
  2. ^ a b c d e f Enrico Tortonese, Osteichthyes, Bologna, Calderini, 1975.
  3. ^ a b c d Patrick Louisy, Guida all'identificazione dei pesci marini d'Europa e del Mediterraneo, a cura di Trainito, Egidio, Milano, Il Castello, 2006, ISBN 88-8039-472-X.
  4. ^ a b c d e Francesco Costa, Atlante dei pesci dei mari italiani, Milano, Mursia, ISBN 88-425-1003-3.

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