La Serie A 1947-1948 fu la 46ª edizione della massima serie del campionato italiano di calcio (il 16º a girone unico), disputatosi tra il 14 settembre 1947 e il 4 luglio 1948. Il campionato fu vinto dal Torino, al suo quinto titolo, il quarto consecutivo (se non si considera il periodo di pausa dovuto al secondo conflitto mondiale).
Con il ripescaggio della Triestina, dovuto a motivi patriottici, prese il via quello che rimane ancora oggi il campionato più lungo e affollato della storia: ventuno squadre al via (unico caso, nella storia della moderna Serie A a girone unico, con un numero di squadre partecipanti dispari), con quaranta gare da giocare e due turni di riposo a testa;[1] essendo la riammissione dei giuliani avvenuta in sovrannumero, ciò comportò automaticamente una retrocessione aggiuntiva come compensazione. Il torneo iniziò il 14 settembre 1947 e si protrasse fino ai primi giorni del luglio successivo. In questa stagione il calcio assunse le dimensioni di un fenomeno economico imponente per vari aspetti che gravitavano attorno ad esso, con il verticale incremento delle entrate del concorso di pronostici ideato dalla SISAL e poi ridenominato Totocalcio.[1][2]
Aspetti economici
Oltre ad imporre un massimo di 16 giocatori nelle rose delle squadre, le norme economiche, stabilite dalla Commissione paritetica Società Calciatori, deliberarono quanto di seguito riportato.
Stipendio (titolari): minimo 30.000 lire; massimo 50.000 lire (solo per i giocatori di eccezionale valore tecnico ed in particolari condizioni di disagio).[3]
Stipendo (non titolari): minimo 7.500 lire; massimo 15.000 lire; premio di 5.000 lire per ogni presenza in prima squadra.
Premi partita: massimo 10.000 lire per ogni punto e per 12 giocatori; per i restanti 4 componenti la rosa dai 2.000 ai 5.000 lire; in 3 sole occasioni le società potevano stabilire un premio extra, dal valore massimo di 15.000 lire, previo preavviso alla FIGC.
Premio di riconferma: minimo 200.000 lire annui; massimo 500.000 lire. Tale premio poteva essere versato in tre rate (inizio campionato, fine girone d'andata, fine campionato).
Premi speciali: ai giocatori con anzianità di Serie A di 3, 4, 5 anni ed oltre rispettivamente spettava un premio annuo dal valore massimo di 100.000, 200.000, 300.000 lire.
Premi di classifica: per il primo posto 300.000 lire annui massimi; per le restanti posizioni 100.000 lire annui massimi.[4]
In fase di mercato il Torino restò ad osservare.[5] La Juventus, che liberò i due cecoslovacchiVycpálek e Korostelev, predispose il ritorno di Rava e promosse titolare il diciannovenne Boniperti.[6] Più massicci furono gli interventi del Napoli, che ingaggiò il romanista giallo-rosso Krieziu e un gruppo di uruguaiani selezionati dall'allenatore Sansone,[7] e della Triestina, ripresentatasi al via con un gruppo di calciatori navigati (Trevisan, Tosolini, Ispiro) e un allenatore pressoché esordiente, l'ex giocatore Rocco, al timone.[8] Il Bologna acquistò l'attaccante unghereseMike, mentre il Milan prelevò alcuni elementi in provincia (Degano, Gratton), così come l'Inter (Arezzi, Fiorini), che Meazza tentava di convertire al sistema.
Il campionato
Fatta eccezione per un passo falso a Bari, il Torino partì bene, e si portò in vetta alla sesta giornata. Da novembre a gennaio i granata avanzarono di pari passo con il Milan di Carapellese e Puricelli. Il 25 gennaio i rossoneri vinsero lo scontro diretto per 3-2 e due settimane dopo chiusero in vetta il girone d'andata con due punti di vantaggio sul Torino e ben sei sul trio formato da Inter, Juventus e Triestina, che trovò in un'attenta fase difensiva (il «mezzo sistema», che prevedeva l'ulteriore arretramento di un centrocampista)[9] la chiave per scalare posizioni in campionato.[8]
Il Milan mancò dello scatto decisivo per lo scudetto e il Torino ne approfittò nel girone di ritorno. Il 21 marzo i lombardi, privi di Carapellese allontanato per motivi disciplinari[10] persero a Bologna; poi, il 17 aprile, caddero anche a Bergamo, contro l'Atalanta in buona condizione, dopodiché calarono, pareggiando in casa contro la Roma non brillante e lasciandosi sconfiggere, anche in casa, dalla neopromossa Lucchese. Il Torino agganciò, superò e allungò con un ritmo serrato; alla trentacinquesima giornata collezionò dieci punti di vantaggio sul Milan. I rossoneri, infine, si lasciarono raggiungere dalla Triestina e dalla Juventus di Boniperti, capocannoniere con 27 reti.[2] I granata invece fecero il 30 maggio una notevole impresa, rimontando da 0-3 a 4-3 la Lazio e ottenendo, grazie a ancora una sconfitta del Milan, la vittoria matematica dello scudetto con cinque giornate d'anticipo. Alla fine della quarantaduesima e ultima giornata, giocata in piena estate, il vantaggio su Juve, Triestina e Milan fu di sedici punti.[1]
Il Grande Torino si confermò così la squadra più forte in assoluto. Nel corso del lungo torneo schierò appena 15 giocatori; deteneva la difesa migliore del torneo e, soprattutto, un attacco prolifico capace di segnare 125 reti (25 di Gabetto e 23 di Mazzola) in quaranta partite.[5] In questa stagione piazzarono anche la vittoria più larga della Serie A a girone unico, battendo per 10-0 l'Alessandria.
Il Napoli invece si mise in pesante crisi. Si staccò sul fondo e finì il girone d'andata con cinque punti di ritardo sulle quintultime. Malgrado un tentativo di rimonta, terminò la sua travagliata stagione con la retrocessione, venendo condannato anche all'ultimo posto per un tentativo di corruzione nella partita contro il Bologna.[7] La seconda retrocessione della storia partenopea non fu accettata serenamente dalla società, che si rivolse alle assemblee estive per recuperare a tavolino la categoria, insistendo per la messa a disposizione di un ventunesimo posto per la successiva stagione della massima serie.[11] A questa proposta la Lega Nazionale e i suoi organi di giustizia sportiva reagirono duramente, intrecciando una disputa legale che si concluse solamente con l'intervento della FIGC e la minaccia di una radiazione dai quadri per la società azzurra.[12]
Rischiò il declassamento anche la declinante Roma che, al penultimo turno, ottenne la vittoria necessaria per la salvezza nello scontro diretto contro la Salernitana, il cui gioco estremamente passivo (ritenuto «ostruzionistico» dai critici),[13] imposto dall'allenatore Viani,[14] era apparso efficace per tutto il girone d'andata. Oltre al Napoli e la Salernitana, caddero infine tra i cadetti anche il Vicenza ultimo sul campo, e l'Alessandria condannata da un negativo girone di ritorno.[15] Si salvò la Lucchese, così come più che buono fu il campionato della Pro Patria, alla prima apparizione in massima serie in quattordici anni.
Due punti a vittoria, uno a pareggio, zero a sconfitta.
Era in vigore il pari merito ed in caso di parità venivano effettuati spareggi, quando necessari; la stampa del periodo usava, inoltre, un ordinamento grafico secondo il quoziente reti (gol fatti÷gol subiti).
Partita con più reti: Torino-Alessandria 10-0 (32ª giornata)
Individuale
Classifica marcatori
Nel corso del campionato furono segnati complessivamente 1.200 gol (di cui 54 su calcio di rigore, 40 su autorete e 2 assegnati per giudizio sportivo) da 226 diversi giocatori, per una media di 2,86 gol a partita. La gara per la quale il risultato fu deciso a tavolino fu Bari-Genoa.[41] Di seguito, la classifica dei marcatori.[41]
^Come riferimento si consideri che 50.000 lire dell'epoca corrispondono a 927 euro di oggi. Rivalutazione ISTAT. Dall'insieme delle norme riportate, si evince il carattere fortemente meritocratico del "non-dilettantismo" dell'epoca rispetto al "professionismo" dei giorni d'oggi. Se la paga-base dei calciatori, seppur sicuramente gratificante, non si scostava da quella dei quadri aziendali, a fare la differenza erano i premi di rendimento. Un grande campione del Torino poteva mettere insieme 50.000 lire mensili di paga più 665.000 lire di premi partita più 500.000 lire di premio di riconferma più 300.000 lire di premio di anzianità più 300.000 di premio scudetto, per un totale annuo di 2.365.000 lire, pari a poco meno di 50.000 euro odierni.
^Giuseppe Melillo. Questione Napoli e «ventunesima» oggi in discussione al consiglio federale», da «Il Corriere dello Sport, 30 agosto 1948, n. 201/1948, pp. 1-2
^Giuseppe Melillo. Il Consiglio Federale decide i numeri pari», da «Il Corriere dello Sport, 31 agosto 1948, n. 202/1948, pp. 1-2