Secondo sciopero della fame

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Murale dipinto all'epoca degli scioperi della fame, Rockmore Road, West Belfast

Il secondo sciopero della fame, svoltosi nel Carcere di Maze, nella località nordirlandese di Long Kesh, dal 1º marzo 1981 al 3 ottobre 1981, fu uno sciopero portato avanti da detenuti dell'Provisional IRA e dell'INLA con lo scopo di essere riconosciuti come prigionieri politici. Lo sciopero portò alla morte per fame di Bobby Sands, Joe McDonnell e di altri 8 detenuti.

Motivi[modifica | modifica wikitesto]

Dopo che alla fine del primo sciopero della fame i detenuti repubblicani del carcere di Maze non avevano ottenuto lo status di prigionieri politici che il governo britannico aveva tolto loro fin dal 1976, i prigionieri decisero di cominciare un nuovo sciopero della fame. I detenuti facevano cinque richieste, che divennero note come Five demands:

  1. Diritto di indossare i propri vestiti e non la divisa carceraria.
  2. Diritto di non svolgere il lavoro carcerario.
  3. Diritto di libera associazione con gli altri detenuti durante le ore d'aria.
  4. Diritto di avere reintegrata la remissione di metà della pena, diritto che avevano perduto in conseguenza delle proteste.
  5. Diritto di ricevere pacchi settimanali, posta e di poter usufruire di attività ricreative.

Il governo britannico non intendeva cedere alle richieste dei detenuti per non compromettere la propria strategia di criminalizzazione del movimento repubblicano, il quale effettivamente commetteva reati violenti lesivi di diritti altrui. Questa strategia mirava a presentare i detenuti repubblicani dell'IRA e dell'INLA come dei criminali comuni senza privilegi.[1]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

A differenza del primo sciopero della fame i detenuti non avrebbero cominciato il digiuno in gruppo ma singolarmente, a intervalli regolari, per prolungare l'impatto sull'opinione pubblica e per mantenere alta la pressione sul governo britannico.

Un murale rappresentante Bobby Sands

Il primo a rifiutare il cibo fu, il 1º marzo 1981, Bobby Sands, OC (Officer Commanding, comandante) dei detenuti dell'IRA. Il secondo a digiunare, il 15 marzo 1981 fu Francis Hughes, seguito una settimana dopo da Raymond McCreesh e da Patsy O'Hara, comandante dei detenuti dell'INLA.[2]

Il 20 marzo morì improvvisamente il nazionalista indipendente Frank Maguire, membro del parlamento britannico per la circoscrizione di Fermanagh-South Tyrone. Dopo alcuni colloqui tra il Sinn Féin, il Partito Social Democratico e Laburista (SDLP) e il fratello di Frank Maguire, Noel, che in un primo momento sembrava volersi candidare, si decise di presentare Bobby Sands come unico candidato nazionalista, opposto al candidato dell'Ulster Unionist Party (UUP) Harry West.[3] Al termine di una campagna elettorale tra le più tese della storia britannica il 9 aprile 1981 vennero annunciati i risultati: Bobby Sands aveva ottenuto 30492 voti contro i 29046 di West diventando così membro del parlamento britannico.[4] Per un attimo sembrò che un accordo fosse possibile, anche a causa delle pressioni internazionali sul governo inglese, ma Margaret Thatcher rimase inamovibile. Il 5 maggio 1981 Sands morì dopo 66 giorni di digiuno e venne sostituito nel digiuno da Joe McDonnell. Il 12 maggio fu la volta di Francis Hughes a morire e poi, il 21 maggio, morirono a poche ore di distanza l'uno dall'altro McCreesh e O'Hara. Tutti e tre vennero sostituiti da altri detenuti.

Al dolore delle famiglie Hughes e O'Hara di aver perso i loro cari, si aggiunse la rabbia nel momento in cui gli vennero restituiti i corpi, entrambi i quali presentavano i segni di percosse ricevute quando erano già privi di vita.[5]

Mentre la situazione nelle strade dell'Irlanda del Nord diventava sempre più tesa e ingovernabile, il governo britannico, servendosi come intermediario di un uomo d'affari cattolico di Derry, iniziò una trattativa segreta con la dirigenza della Provisional IRA. Parallelamente a questa iniziativa segreta vi fu l'intervento pubblico dell’Irish Commission for Justice and Peace (ICJP), organismo legato alla Chiesa cattolica irlandese e ai partiti nazionalisti moderati, che inviò una sua delegazione per parlare con i funzionari del Northern Ireland Office (NIO), con i detenuti in sciopero e con l'OC dei prigionieri, Brendan McFarlane, che era subentrato a Sands all'inizio dello sciopero. Sia la missione dell'ICJP che la trattativa segreta si interruppero però l'8 luglio quando, in anticipo sulle previsioni, Joe McDonnell morì, scatenando ancora una volta la violenza nelle strade. Dopo di allora non vi furono più passi avanti e lo sciopero si trasformò in uno scontro di volontà tra Margaret Thatcher e i detenuti che, per lealtà, non erano pronti ad accettare niente di meno di ciò per cui i loro compagni erano morti.[6]

Targa in ricordo di Pat McGeown, in cui si associa la sua morte alle conseguenze fisiche dello sciopero della fame, Falls Road, West Belfast

Il 13 luglio morì Martin Hurson, mentre il 31 luglio la madre di Paddy Quinn, che digiunava da 47 giorni, autorizzò l'intervento dei medici quando suo figlio entrò in coma. Dato che la legge britannica prevedeva che, in caso di coma, fossero i parenti a poter autorizzare l'intervento medico, uno dei cappellani del carcere, padre Denis Faul iniziò una serie di riunioni con i familiari dei detenuti per convincerli a intervenire una volta che i loro congiunti avessero perso conoscenza.

Il 1º agosto fu la volta di Kevin Lynch a morire, mentre il giorno seguente si spense anche Kieran Doherty che durante lo sciopero era stato eletto al Dáil Éireann, il parlamento irlandese, nella circoscrizione di Cavan-Monaghan. L'8 agosto morì Thomas McElwee, cugino di Francis Hughes e il 20 agosto, mentre moriva il decimo detenuto, Mickey Devine, Pauline McGeown, moglie di Patrick McGeown, fu la seconda ad autorizzare l'intervento medico quando suo marito entrò in coma. Dato che le famiglie di coloro che stavano ancora digiunando avevano dichiarato in maggioranza che avrebbero autorizzato l'intervento medico, i detenuti compresero che lo sciopero ormai non aveva più senso e il 3 ottobre 1981 annunciarono la fine del digiuno. Poco dopo il governo britannico annunciò una revisione del sistema carcerario, concedendo ai detenuti la maggior parte delle loro richieste.[7]

Conseguenze[modifica | modifica wikitesto]

La conseguenza maggiore dello sciopero della fame, oltre a una indubbia propaganda per la causa repubblicana in Irlanda e all'estero, fu quella di far aprire gli occhi al movimento repubblicano sulla necessità di affiancare alla lotta armata una strategia politica che prevedesse anche la partecipazione alle elezioni, da sempre un tabù per i repubblicani irlandesi. Il 9 aprile 1981 Bobby Sands fu eletto al Parlamento britannico. Ciò portò al rafforzamento e alla crescita del Sinn Féin, braccio politico della Provisional IRA, e, in ultima analisi, fu una delle cause che contribuirono al "processo di pace" che culminò nell'aprile 1998 con la firma del cosiddetto Accordo del Venerdì Santo.[8]

Partecipanti[modifica | modifica wikitesto]

Targa commemorativa dello sciopero della fame nel cimitero di Milltown, a Belfast

Nella cultura di massa[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (EN) Martin Melaugh, The Hunger Strike of 1981 - Summary, su cain.ulster.ac.uk. URL consultato il 20 febbraio 2024.
  2. ^ (EN) The HUNGER STRIKES, su prisonsmemoryarchive.com. URL consultato il 20 febbraio 2024.
  3. ^ (EN) David Beresford, Chapter 3 from 'Ten Men Dead', su cain.ulster.ac.uk. URL consultato il 20 febbraio 2024.
  4. ^ Michael C. Mentel, The 1981 Irish Hunger Strike: An Account from Declassified British Documents, McFarland, 2024, p. 63, ISBN 9781476693958.
  5. ^ Citato in Manuele Ruzzu, Martiri per l'Irlanda, Bobby Sands e gli scioperi della fame, Fratelli Frilli Editori, 2004.
  6. ^ (EN) Martin Melaugh, The Hunger Strike of 1981 - A Chronology of Main Events, su cain.ulster.ac.uk. URL consultato il 20 febbraio 2024.
  7. ^ (EN) Melanie McFadyean, The legacy of the hunger strikes, su theguardian.com, 4 marzo 2006. URL consultato il 20 febbraio 2024.
  8. ^ Alessandro Ravasio, The Lay Preacher: Il laburismo di Tony Blair, Firenze University Press, 2023, p. 161-174, ISBN 9791221501971.
  9. ^ BOBBY SANDS: 66 DAYS in anteprima italiana all'Irish film festival, su irishfilmfesta.org, 1º marzo 2017. URL consultato il 4 ottobre 2021.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • David Beresford. Ten men dead. London, HarperCollins, 1987. ISBN 0-586-06533-4
  • Tim Pat Coogan. The IRA. London, HarperCollins, 1995. ISBN 0006384013
  • Bobby Sands. Un giorno della mia vita. Milano, Feltrinelli, 1996. ISBN 88-07-81378-5
  • Brian Campbell, Laurence McKeown, Felim O'Hagan. Nor meekly serve my time. Belfast, Beyond the Pale, 1994. ISBN 0-9514229-5-2

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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