Basilica di Santa Croce a Via Flaminia

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Santa Croce a Via Flaminia
Facciata
StatoBandiera dell'Italia Italia
RegioneLazio
LocalitàRoma
Coordinate41°55′43.47″N 12°28′04.14″E / 41.928741°N 12.467817°E41.928741; 12.467817
Religionecattolica di rito romano
TitolareSanta Croce
Diocesi Roma
Consacrazione21 maggio 1918
ArchitettoAristide Leonori
Stile architettoniconeoromanico-neobizantino
Inizio costruzione1912
Completamento1913
Sito webwww.santacroceflaminio.it/
Interno
Campanile

Santa Croce a Via Flaminia è una chiesa basilicale dedicata alla santa Croce che si trova nelle vicinanze di Via Flaminia, a Roma, in via Guido Reni.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

L'edificio è stato costruito nel 1913 dall'ingegnere Aristide Leonori per volere di papa Pio X, come solenne celebrazione del XVI centenario dell'Editto di Milano (313). Fu lo stesso pontefice a sostenere le spese di costruzione, ed il luogo scelto fu quello in cui, secondo la tradizione, l'imperatore Costantino I fece suonare le trombe per annunciare alla città la fine delle ostilità contro i cristiani. I lavori di costruzione iniziarono il 17 ottobre 1912, e la chiesa venne inaugurata il 29 dicembre dell'anno successivo. Essa fu però consacrata solo nel 1918 da monsignor Giuseppe Pallica, arcivescovo di Filippi. Nel frattempo, il 19 marzo 1914, fu elevata a parrocchia con la costituzione apostolica di Pio X "Quod iam pridem"[1] ed affidata ai preti Stimmatini. Nel 1964, Paolo VI l'ha elevata al rango di basilica minore. Infine, la basilica è sede del titolo cardinalizio di Santa Croce in Via Flaminia, istituito da papa Paolo VI il 5 febbraio 1965. Tra gli arredi della chiesa è conservata una riproduzione moderna, riccamente ornata con ricami e gioie, dell'antico Labaro Costantiniano, l'insegna militare sulla quale Costantino fece porre il Segno della Croce in seguito alla famosa visione (In hoc signo vinces)[2].

Illustri nella storia parrocchiale sono stati il P. Emilio Recchia, parroco dal 1934 al 1965, e il P. Cornelio Fabro, insigne filosofo.

Nella basilica ha sede la Reale Deputazione del cosiddetto ramo spagnolo del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio per l'Italia; l'analoga istituzione del ramo francese del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio ha invece sede nella chiesa di San Giorgio in Velabro.

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

La facciata della chiesa riprende lo stile basilicale romanico. Essa è preceduta da un portico con sei colonne di granito con capitelli ionici. Nella trabeazione è inserito un fregio fatto a mosaico con un'iscrizione che ricorda il XVI centenario dell'editto di Milano: "An. Chr. MCMXIII Pius X P.M. in memor. pacis a Constantino eccl. datae Cruci SS. DD. ab edicto a. MDC". Nella facciata è posto un mosaico, opera di Biagio Biagetti, con la raffigurazione di tre scene: al centro il Trionfo della croce, ai lati l'Editto di Milano e la Vittoria di Costantino a Ponte Milvio. A fianco della chiesa è la torre campanaria a sei piani, fortemente ispirata a quella della basilica di Santa Maria in Cosmedin risalente al XII secolo[3], ai piedi della quale è posta una statua marmorea raffigurante la Madonna orante, ex voto a ricordo dello scampato pericolo di un bombardamento della zona nell'agosto 1943. Il campanile ospita un concerto di sei campane in La♭3 inceppate alla veronese, l'unica chiesa a Roma a possedere un concerto di tale fattura.

Passato un pronao, attraverso tre porte si entra nella basilica, a tre navate, divise da colonne di granito che sostengono archi; il soffitto è a capriate. Nella controfacciata è posta una tela, raffigurante la Battaglia di Ponte Milvio, copia dell'affresco presente nei Musei vaticani, nella sala di Costantino. A metà della navata di destra si accede al battistero, separato dal corpo della chiesa: esso, a pianta ottagonale, fu progettato da Carlo Stopponi nel 1961. Lungo le pareti delle navate laterali è posta la Via Crucis, opera musiva di Biagio Biagetti (1942-46). Nella navata di sinistra è il pulpito, realizzato in stile cosmatesco da Pio Leonori, fratello dell'architetto Aristide.

L'abside della navata centrale è illuminata da cinque finestre, tre delle quali con vetrate artistiche, opera di Giuseppe Moroni, raffiguranti l'Invenzione della croce da parte di sant'Elena, il Redentore davanti alla croce e l'Imperatore Eraclio che reca sulle spalle la croce. L'altare maggiore, posto sotto un alto ciborio di ispirazione paleocristiana[4], è affiancato da una croce in bronzo dorato ove sono inserite le reliquie. L'affresco del catino absidale, opera del Moroni, rappresenta il Giudizio universale. Nel loggiato dell'abside si trova l'organo a canne della ditta Balbiani-Vegezzi Bossi (1928), dotato di 12 registri su due manuali e pedale.

Di un certo pregio artistico anche le cappelle delle navate laterali, ove si trovano ancora opere dei due Leonori, del Biagetti, di Stopponi, di Alessandro Delprato, Lorenzo Berlendis, Antonio Achilli.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Acta Pii PP. X, Quod iam Pridem.
  2. ^ Dall'episodio prende il nome anche la moderna frazione abitata di Labaro, che sorge a pochi km lungo la via consolare Flaminia.
  3. ^ C. Ceschi, p. 162.
  4. ^ C. Ceschi, p. 161.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

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