Rousseau giudice di Jean-Jacques
Rousseau giudice di Jean-Jacques | |
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Titolo originale | Rousseau juge de Jean-Jacques |
Altri titoli | Dialoghi (Dialogues) |
L'incipit dell'opera nel manoscritto di Rousseau del 1772. | |
Autore | Jean-Jacques Rousseau |
1ª ed. originale | 1780-1782 |
Genere | dialogo filosofico |
Sottogenere | autobiografia introspettiva a carattere filosofico in forma di dialogo |
Lingua originale | francese |
Personaggi |
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Rousseau giudice di Jean-Jacques (titolo originale francese: Rousseau juge de Jean-Jacques) è un'opera autobiografica di carattere filosofico che lo scrittore e filosofo ginevrino Jean-Jacques Rousseau compose tra il 1772[1] e il 1776[2] e che venne pubblicata postuma tra il 1780 e il 1782. È scritta in forma dialogica, ed è perciò nota anche con il titolo di Dialoghi (Dialogues).[3]
Inquadramento dell'opera
[modifica | modifica wikitesto]Rousseau giudice di Jean-Jacques (un testo che si colloca nella produzione tarda di Rousseau, che era nato nel 1712 e che sarebbe morto nel 1778) si pone come un'opera in cui l'autore tenta da un lato di presentare la sua riflessione filosofica e la sua vita in una visione complessiva coerente e unitaria[4] e dall'altro lato di difendere la sua condotta dalle critiche (spesso molto aspre, ma anche esagerate dalla crescente attitudine paranoica di un Rousseau ormai anziano)[5] dei suoi detrattori.[2]
Per lo stesso scopo erano state composte, alcuni anni prima, Le confessioni. Alcuni commentatori sottolineano l'elemento paradossale che sottende la stesura di queste opere, in qualche modo volte a giustificare e difendere un Rousseau che sosteneva di non tenere più in alcun conto l'opinione degli uomini.[2]
Contenuto
[modifica | modifica wikitesto]L'opera Rousseau giudice di Jean-Jacques è composta da tre dialoghi tra due interlocutori, "Rousseau" (che rappresenta l'autore come sarebbe se non avesse scritto nessuna delle sue opere) e "un francese" (che fa semplicemente da controparte nella discussione); essi parlano di "Jean-Jacques", che corrisponde al Rousseau storico in quanto autore di opere filosofiche e letterarie molto controverse e spesso aspramente condannate.[3]
In tal modo Rousseau – descrivendo le sue opere, la sua carriera e il suo stesso pensiero come se fossero quelli di qualcun altro – si sottopone a un esame di sé stesso il cui esito è per lo più quello di un'apologia, o anche di un aperto elogio.[2][3] Due sono gli elementi principali che emergono da queste istanze:
- In primo luogo, il sentimento di Rousseau di essere perseguitato ingiustamente dall'opinione pubblica per colpe che non gli corrispondono, di essere tradito, calunniato e denigrato; questo evidenzia la paranoia che gradualmente andava impossessandosi di lui.[2][3] Se in alcuni brani la sua difesa di sé stesso si riduce all'affermazione dell'assoluta purezza e bontà della sua anima, quanto mai vicina a come l'ha fatta la natura, altri passi invece sono estremamente lucidi e contengono riflessioni filosoficamente significative sulla virtù e l'amor proprio.[2]
- In secondo luogo, Rousseau riafferma l'unitarietà della sua opera e la sua intima coerenza interna.[3] Questo punto è tuttora oggetto di discussioni, dal momento che all'interno della riflessione rousseauiana sembrano trovarsi alcune contraddizioni insanabili[3] (come lo statalismo di certi passi del Contratto sociale e l'idea di indipendenza predicata nell'Émile, oppure la critica alla civiltà del Discorso sulle scienze e le arti e la teorizzazione di una società equa nello stesso Contratto sociale).
L'opera Rousseau giudice di Jean-Jacques non venne scritta con lo scopo primario di essere pubblicata: una volta terminata, Rousseau decise di affidarla alla divina provvidenza e di lasciare il manoscritto sull'altare della cattedrale di Notre-Dame a Parigi. Vi si recò con questo intento il 24 febbraio 1776, ma trovò l'accesso al coro sbarrato da un'inferriata e dovette desistere dal suo tentativo.[6]
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Paolo Casini, Introduzione a Rousseau, 3ª ed., Roma-Bari, Laterza, 1986 [1974], p. 133.
- ^ a b c d e f (FR) Rousseau juge de Jean-Jacques, in MEMO – Voyagez à travers l'Histoire. URL consultato il 22 maggio 2012 (archiviato dall'url originale il 4 aprile 2013).
- ^ a b c d e f (EN) James J. Delaney, Rousseau, Jean-Jacques, in Internet Encyclopedia of Philosophy, 21 ottobre 2005. URL consultato l'11 maggio 2012.
- ^ Casini, p. 7.
- ^ Emilio Zanette, Jean-Jacques Rousseau. In F. Cioffi, F. Gallo, G. Luppi, A. Vigorelli, E. Zanette, Diálogos (volume secondo: La filosofia moderna), Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori, 2000, p. 273, ISBN 88-424-5264-5.
- ^ (FR) La fin de l'errance, in MEMO – Voyagez à travers l'Histoire. URL consultato il 22 maggio 2012 (archiviato dall'url originale l'8 novembre 2012).
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Paolo Casini, Introduzione a Rousseau, 3ª ed., Roma-Bari, Laterza, 1986 [1974].
- Jean-Jacques Rousseau, Rousseau giudice di Jean-Jacques, Napoli, Marchese, 2014.
Voci correlate
[modifica | modifica wikitesto]Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- (FR) Rousseau juge de Jean-Jacques, in MEMO – Voyagez à travers l'Histoire. URL consultato il 22 maggio 2012 (archiviato dall'url originale il 4 aprile 2013).
- (EN) James J. Delaney, Rousseau, Jean-Jacques, in Internet Encyclopedia of Philosophy, 21 ottobre 2005. URL consultato l'11 maggio 2012.