Resilienza (psicologia)
In psicologia, la resilienza è un concetto che indica la capacità di fare fronte in maniera positiva ad eventi traumatici, di riorganizzare positivamente la propria vita dinanzi alle difficoltà, di ricostruirsi restando sensibili alle opportunità positive che la vita offre, senza alienare la propria identità.
Sono persone resilienti quelle che, immerse in circostanze avverse, riescono, nonostante tutto e talvolta contro ogni previsione, a fronteggiare efficacemente le contrarietà, a dare nuovo slancio alla propria esistenza e persino a raggiungere mete importanti.[1]
Caratteristiche[modifica | modifica wikitesto]
In "Il dolore meraviglioso", Boris Cyrulnik compie uno studio sistematico di una serie molto variegata di casi di bambini sottoposti a traumi violentissimi - dai piccoli rinchiusi negli orfanotrofi lager della Romania comunista, agli ex internati nei gulag sovietici, dai piccoli mutilati in guerra, alle vittime di abusi sessuali - dimostra come le sofferenze in tenera età non segnano per sempre il destino delle persone. Proprio nell'età che la psicologia considera critica per la costruzione della personalità - fino ai sei anni - i bambini hanno una capacità di resistenza ai traumi che l'autore definisce, con un neologismo mutuato dalla fisica, resilienza: questo permette anche ai più maltrattati di trovare autonomamente le risorse psicologiche per reagire e quindi per strutturarsi una personalità sana.
Si può concepire la resilienza come una funzione psichica, che si modifica nel tempo in rapporto all'esperienza, al vissuto e, soprattutto, al modificarsi dei processi mentali che ad essa sottendono.
Proprio per questo troviamo capacità resilienti di tipo:
- istintivo: caratteristico dei primi anni di vita, quando i processi mentali sono dominati da egocentrismo e senso di onnipotenza;
- affettivo: rispecchia la maturazione affettiva, il senso dei valori, il senso di sé e la socializzazione;
- cognitivo: quando il soggetto può utilizzare le capacità intellettive simbolico-razionali.
Una resilienza adeguata è il risultato dell'integrazione di tali elementi libidico-istintivi, affettivi, emotivi e cognitivi.
La persona "resiliente" può essere considerata quella che ha avuto uno sviluppo psicoaffettivo e psicocognitivo sufficientemente integrati, sostenuti dall'esperienza, da capacità mentali sufficientemente valide, dalla possibilità di giudicare sempre non solo i benefici, ma anche le interferenze emotivo-affettive che si realizzano nel rapporto con gli altri.
Andrea Canevaro definisce la resilienza come «la capacità non tanto di resistere alle deformazioni, quanto di capire come possano essere ripristinate le proprie condizioni di conoscenza ampia, scoprendo uno spazio al di là di quello delle invasioni, scoprendo una dimensione che renda possibile la propria struttura»[2].
È una capacità che può essere appresa e che riguarda prima di tutto la qualità degli ambienti di vita, in particolare i contesti educativi, qualora sappiano promuovere l'acquisizione di comportamenti resilienti:
«La resilienza è la capacità di un individuo di generare fattori biologici, psicologici e sociali che gli permettano di resistere, adattarsi e rafforzarsi, a fronte di una situazione di rischio, generando un risultato individuale, sociale e morale.» |
(Oscar Chapital Colchado (2011)) |
Comunità resilienti[modifica | modifica wikitesto]
«resilienza sociale e di gruppo: quando un gruppo, struttura sociale, istituzione o nazione forma strutture di coesione, appartenenza, identità e sopravvivenza come strutture sociali illimitati o complesse; sviluppa modi di affrontare quegli eventi e quelle situazioni che mettono in pericolo il gruppo e l'identità, formando linee guida che consentono la sopravvivenza, l'espansione e l'influenza del gruppo.» |
(Oscar Chapital Colchado (2013)) |
Applicato ad un'intera comunità ovvero alla società, anziché a un singolo individuo, il concetto di resilienza si sta affermando nell'analisi dei contesti sociali successivi a gravi catastrofi naturali o dovute all'azione dell'uomo quali, ad esempio, attentati terroristici, rivoluzioni o guerre.[3] Vi sono processi economici e sociali che, in conseguenza del trauma costituito da una catastrofe, cessano di svilupparsi restando in una continua instabilità e, alle volte, addirittura collassano, estinguendosi; in altri casi, al contrario, sopravvivono e, anzi, proprio in conseguenza del trauma, trovano la forza e le risorse per una nuova fase di crescita e di affermazione. Pertanto, la resilienza è anche un concetto sociologico oltre che psicologico.
Un esempio del primo tipo è quello della comunità del Polesine che, a seguito della grande alluvione del Po del 1951, non riuscì a risollevarsi e subì una vera propria diaspora, disperdendosi nell'ambito di un grande processo migratorio che si spinse, tra l'altro, fino all'Australia[4]. La città di Firenze, al contrario, pur avendo subito oltre 60 alluvioni dell'Arno nell'ultimo millennio, molte delle quali di intensità assolutamente eccezionale, ha conservato una straordinaria continuità nel tessuto economico[5], artistico e architettonico. I fattori identitari, la coesione sociale, la comunità di intenti e di valori costituiscono il fondamento essenziale della "comunità resiliente".[6]
Contesto economico[modifica | modifica wikitesto]
Dal significato originario di tipo psicologico il concetto si è diffuso anche in quello economico. Pertanto, un'organizzazione (impresa, azienda e contesti analoghi) è resiliente quando è in grado di affrontare i rischi, cogliendo opportunità anche nelle situazioni negative (si rafforza grazie alla risoluzione dei problemi). In pratica, sa evolversi uscendo positivamente da situazioni di crisi in quanto è capace di gestire il cambiamento.
Note[modifica | modifica wikitesto]
- ^ What is Resilience and Why is it Important to Bounce Back?, su positivepsychologyprogram.com, 3 gennaio 2019. URL consultato il 3 febbraio 2019.
- ^ A.Canevaro, p.
- ^ J. Vale, J. Campanella.
- ^ M.Colucci M.Sanfilippo, p.40.
- ^ La resilienza psicologica in ambito economico e imprenditoriale, su intraprendere.net.
- ^ L’Arno e le sue alluvioni nell’ultimo millennio, su adbarno.it. URL consultato il 17 maggio 2015.
Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]
- Andrea Canevaro, Bambini che sopravvivono alla guerra: percorsi didattici e di incontro tra Italia, Uganda, Ruanda e Bosnia, Trento, Erickson, 2001, ISBN 88-7946-375-6.
- (EN) Goussot Alain, Pédagogie et Résilience, L'Harmattan, 2014 ISBN 978-2-343-02717-3
- Michele Colucci e Matteo Sanfilippo, Guida allo studio dell'emigrazione italiana, Viterbo, Sette Città, 2010, ISBN 978-88-7853-202-1.
- (EN) Lawrence J. Vale e Thomas J. Campanella, The Resilient City: How Modern Cities Recover from Disaster, New York, Oxford University Press, 2005.
- Domenico Di Lauro, La resilienza. La capacità di superare i momenti critici e le avversità della vita, Milano, Xenia Edizioni, 2012, ISBN 978-88-7273-738-5.
- Pietro Trabucchi, Resisto dunque sono, Corbaccio, 2007 ISBN 9788879729116
- Pietro Trabucchi, Perseverare è umano. Come accrescere la resilienza negli individui e nelle organizzazioni. La lezione dello sport, Corbaccio, 2010 ISBN 9788863800388
- Bonfiglio, N S, Renati, R, Farneti, P M (2012). La resilienza tra rischio e opportunità. Alpes, Roma. ISBN 8865311266, ISBN 9788865311264
- Cyrulnik Boris, Il dolore meraviglioso, Frassinelli, 2000 ISBN 8882744663, 9788882744663
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