Regola delli cinque ordini d'architettura

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Regola delli cinque ordini d'architettura
Frontespizio della Regola delli cinque ordini d'architettura
AutoreJacopo Barozzi da Vignola
1ª ed. originale1562
Generetrattato
Sottogenerearchitettura
Lingua originaleitaliano

La Regola delli cinque ordini d'architettura è un trattato dell'architetto rinascimentale Jacopo Barozzi da Vignola (1507-1573). Ebbe larghissima diffusione in tutta l'Europa fino all'Ottocento, al punto di essere uno dei testi di maggior successo nell'architettura.[1] Si ritiene che l'origine di questo trattato sia da ricercare negli studi e nei disegni, ora perduti, che egli eseguì a Roma per l'Accademia vitruviana della Virtù.

In alcune edizioni italiane e francesi successive al 1562 l'opera è introdotta da un breve proemio - come nell'edizione bolognese del 1736, dove è denominato Lo stampatore a chi legge[2] - in cui obbligatoriamente, oltre ad apprezzamenti ed annotazioni che l'autore della ristampa rivolge all'opera vignolesca, si indica presso quale editore, in quale città e in che anno il trattato sia stato ristampato.

Contenuti[modifica | modifica wikitesto]

Regola delli cinque ordini d'architettura, edizione del 1562

Il trattato è compreso in un unico libro, le cui pagine gravitavano dalle 72 dell'edizione del 1582 alle 102 del 1773, fino alla ristampa francese ricca di numerosissimi disegni di 220 pagine del 1797. Composto in massima parte da tavole illustrate poste nelle pagine pari, queste sono sempre accompagnate da chiare e concise righe di testo esplicativo posto nelle pagine di fronte. Immediatamente dopo il proemio Ai lettori, il Vignola ci introduce nella materia architettonica: nella prima pagina presenta i 5 ordini disegnandoli con medesima altezza e completi di piedistallo, colonna e trabeazione. Di seguito, per ciascun ordine - procedendo dal Toscano al Composito - l'autore raffigura l'intercolunnio, l'arco privo e non dei piedistalli, il singolo piedistallo con la relativa base della colonna e in ultimo la trabeazione completa di capitello. Verso la parte finale del trattato Vignola descrive inoltre:

Caratteristiche dell'opera[modifica | modifica wikitesto]

Chiesa del Gesù a Roma, di Jacopo Barozzi da Vignola
Palazzo Farnese a Caprarola, dello stesso architetto

La normalizzazione "vignolesca" dell'architettura[modifica | modifica wikitesto]

Le norme teorizzate sono poche e semplici:

  • l'altezza delle colonne deve procedere regolarmente da un minimo di 7 per l'ordine Toscano ad un massimo di 10 diametri per l'ordine Composito;
  • le cornici - termine con cui il Vignola si riferisce alla trabeazione - sono alte un quarto della colonna, mentre i piedestalli un terzo, qualsiasi sia l'ordine rappresentato;
  • gli archi, con o senza piedistalli, sono ben proporzionati quando l'altezza della loro apertura è pari al doppio della luce e l'area che li ospita, completi di alette e imposte, racchiusa entro le colonne e la trabeazione è quella di un doppio quadrato;
  • le alette negli archi semplici sono ampie un quarto di modulo, quelle poste negli archi con piedistalli mezzo modulo;
  • gli intercolunni degli ordini delicati, ossia lo Ionico, il Corinzio e il Composito, sono fissati a 4 moduli e mezzo, ossia intercolunnio eustilo, il più comodo ed elegante per l'autore tra quelli stabiliti da Vitruvio.
Trabeazione e capitello Compositi, 1889, Jacopo Barozzi da Vignola
Trabeazione e capitello Compositi, 1771, Andrea Palladio

Un linguaggio "modulare"[modifica | modifica wikitesto]

L'opera è una sorta di prontuario che non si limita a sintetizzare e codificare il lessico architettonico classico, ma propone un sistema di calcolo - il modulo e i suoi sottomultipli, i minuti - per agevolare il compito dei costruttori nel progettare e realizzare le loro opere secondo i cinque ordini architettonici. Stabilito il principio universale secondo cui il rapporto:

  • tra l'altezza della trabeazione e della colonna è di 1:4,
  • tra l'altezza del piedistallo e della colonna è di 1:3,

in base all'ordine che si sceglie di rappresentare non rimane che dividere in parti uguali l'altezza appartenente alla colonna - 14 per il Toscano, 16 per il Dorico e così via fino a 20 per il Composito. Si ottiene così il "modulo", ossia la misura da assegnare al semidiametro del fusto della colonna, attraverso i cui sottomultipli è possibile calcolare le dimensioni degli altri elementi architettonici - ad esempio le modanature - rispettando una regola generale valida per tutti e cinque gli ordini, indipendentemente dalle diverse unità di misura. Tale calcolo modulare rispondeva alle esigenze di un'architettura razionale, basata su relazioni geometriche ben determinate.

Santa Susanna a Roma, di Carlo Maderno
Prospettiva di trabeazione e capitello Corinzi, 1693, Andrea Pozzo

Fortuna della Regola delli cinque ordini d'architettura[modifica | modifica wikitesto]

Il trattato sugli ordini del Vignola ebbe molto successo, tanto da essere ripubblicato in almeno 250 edizioni - di cui quella di Utrecht del 1629, in ben 4 lingue[3] - nelle quali si trovano spesso ulteriori tavole rappresentanti insigne opere di Michelangelo o di Antonio Labacco. Caratterizzato dalla limpidezza di esposizione, esso si propone la razionalizzazione del linguaggio architettonico attraverso la definizione di una regola proporzionale definitiva - una regola nella quale, dice l'autore, "m'acquetassi" - desunta da un lavoro di sintesi fatto su tutto il corpus degli studi teorici a partire dal '400 e la conoscenza accumulata sui monumenti antichi. Tale lavoro richiese una vera e propria correzione sia della teoria vitruviana che delle soluzioni adottate nei monumenti antichi ancora osservabili. Ormai a definire le regole dell'ordine è l'autorità dell'artista: infatti, le 32 tavole del trattato di Vignola presentano la regola come la soluzione scelta dall'autore fra diverse possibili; inoltre viene aggiunto in appendice il capitello ionico di Michelangelo, la cui bellezza, generata e legittimata dall'autorità e perizia dell'artista, assurge a regola. Il gesuita Andrea Pozzo - pur non disdegnando gli ordini architettonici del Palladio e dello Scamozzi - basò la Perspectiva pictorum et architectorum, la sua "opera magna" sulla prospettiva, sul Vignola.

Di seguito una lista parziale per paese dei progettisti e relativi edifici che hanno ripreso almeno parzialmente la Regola:

Gian Lorenzo Bernini
Ferdinando Fuga
Filippo Juvarra

Italia[modifica | modifica wikitesto]

François Mansart

Francia[modifica | modifica wikitesto]

Johann Lucas von Hildebrandt
Johann Balthasar Neumann

Germania e Austria[modifica | modifica wikitesto]

Kilian Ignaz Dientzenhofer

Repubblica Ceca[modifica | modifica wikitesto]

Juan de Herrera
Ventura Rodríguez

Spagna e vicereami[modifica | modifica wikitesto]

Portogallo[modifica | modifica wikitesto]

Galleria d'immagini[modifica | modifica wikitesto]

Edizioni[modifica | modifica wikitesto]

Traduzioni

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (EN) William T. Baker e The Images Publishing Group, Architectural Excellence, Images Publishing, 2008, ISBN 978-1-86470-279-8. URL consultato il 1º novembre 2022.
  2. ^ https://archive.org/details/regoladellicinqu00vign_1/page/n5
  3. ^ https://archive.org/details/regoladellicinqu00vign_2/page/n5

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]