Regicidio di Umberto I
Regicidio di Umberto I di Savoia attentato | |
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Tipo | Attentato Regicidio |
Data | 29 luglio 1900 21:30 |
Luogo | Via Matteo da Campione, Monza |
Stato | ![]() |
Coordinate | 45°35′28.32″N 9°16′07.5″E / 45.5912°N 9.26875°E |
Obiettivo | Umberto I di Savoia |
Responsabili | Gaetano Bresci |
Motivazione | La repressione dei moti di Milano del 1898 da parte del generale Fiorenzo Bava Beccaris agli ordini di Umberto I di Savoia, nominato in seguito Senatore del Regno. |
Conseguenze | |
Morti | Umberto I di Savoia |
Mappa di localizzazione | |
Il regicidio di Umberto I fu commesso dall'anarchico Gaetano Bresci durante una visita ufficiale del re a Monza, domenica 29 luglio 1900. Il re era già scampato ai due attentati anarchici di Giovanni Passannante il 17 novembre 1878 e di Pietro Acciarito il 20 aprile 1897.
Contesto[modifica | modifica wikitesto]
Moti di Milano[modifica | modifica wikitesto]

Tra il 6 e l'8 maggio 1898, a Milano, la popolazione scese in piazza contro le condizioni di lavoro e l'aumento del prezzo del pane dei mesi precedenti. Il governo di Antonio Starabba di Rudinì dichiarò lo stato d'assedio e diede pieni poteri al generale Fiorenzo Bava Beccaris per reprimere la rivolta.
A Milano in quei giorni erano presenti circa 15 000 militari, la rivolta venne repressa nel sangue e ci furono 81 morti e 450 feriti tra la popolazione.
Dopo i fatti di Milano il generale Fiorenzo Bava Beccaris il 5 giugno ricevette da re Umberto I di Savoia l'onorificenza di Grande ufficiale dell'Ordine militare di Savoia e il 4 luglio venne nominato dal re Senatore del Regno, carica che mantenne fino al 1924, all'alba del fascismo, di cui divenne sostenitore.
La repressione della rivolta nel sangue, l'onorificenza e la nomina a Senatore di Bava Beccaris suscitarono il forte sdegno di parte della popolazione, tra cui lo stesso Bresci che il 29 luglio 1900 dichiarò esplicitamente di aver voluto "vendicare i morti del maggio 1898 e l'offesa della decorazione al criminale Bava Beccaris"[1].
La preparazione del regicidio[modifica | modifica wikitesto]

L'anarchico toscano Gaetano Bresci, di professione operaio, era nato a Prato nel 1869. Aderì presto alle idee anarchiche e nel 1894 venne condannato a due anni di domicilio coatto nell'isola di Lampedusa e dopo aver scontato la pena diventò tessitore a Ponte all'Ania nel comune di Barga (LU); all'inizio del 1898 emigrò negli Stati Uniti a Paterson in New Jersey e riprese il lavoro di operaio tessile[2].
Il 27 febbraio 1900 acquistò a Paterson l'arma per uccidere il re, un revolver Harrington & Richardson modello "Massachusetts" a cinque colpi, calibro .38 S&W attualmente conservato presso il Museo criminologico di Roma[3].
Il 17 maggio si imbarcò da New York e il 26 maggio sbarcò a Le Havre. Assieme a un elbano e a un trentino visitò l'Esposizione di Parigi e poi tornò a Coiano di Prato, suo paese natale, dove rimase fino al 18 luglio, quando si trasferì da sua sorella a San Pietro. Raggiunse poi Bologna e la sera del 21 luglio Piacenza, poi il 24 luglio giunse Milano dove affittò la camera di una pensione e il 27 luglio arrivò a Monza, dove affittò un'altra camera e cominciò a perlustrare la zona e i dintorni di Villa Reale chiedendo anche notizie sugli spostamenti della famiglia reale fino al giorno dell'attentato[2].
Cronologia degli eventi[modifica | modifica wikitesto]
Il regicidio[modifica | modifica wikitesto]
Il re era stato invitato alla cerimonia di chiusura della società di ginnastica Forti e Liberi in via Matteo da Campione; dopo essere arrivato in carrozza e aver assistito agli esercizi ginnici e al discorso di premiazione del prof. Draghino, tornò in carrozza alle 21:30 per tornare a Villa Reale. Mentre usciva dal portone, dove c'era una folla di ginnasti, si avvicinò Bresci che lo colpì tre volte con il revolver sparando il quarto colpo a vuoto. Il Re fu colpito sia al volto che alla gola.
I cavalli si imbizzarrirono e il re venne portato il prima possibile a Villa Reale, ma vi giunse esanime. Bresci venne circondato dai carabinieri, coi quali ebbe una colluttazione, strappò a uno di loro la divisa e infine venne catturato dal maresciallo dei carabinieri Locatelli in collaborazione con un pompiere e portato nella guardina della caserma dei carabinieri. Il re, affidato ai medici chirurghi Vincenzo Vercelli e Attilio Savio (quest'ultimo anche assessore comunale), venne da loro dichiarato morto alle 22:40.
Il ritorno della salma del Re a Roma[modifica | modifica wikitesto]
Il 30 luglio arrivarono a Monza reali, principi e principesse. Il nuovo re Vittorio Emanuele III, che era in crociera nel Mediterraneo con la consorte Elena di Montenegro, sbarcò a Reggio Calabria, per poi raggiungere Napoli, dove si incontrò con l'ex presidente del Consiglio Francesco Crispi. Da qui i nuovi regnanti giunsero in treno alle 18:30 nella stazione di Monza, controllata dal Reggimento "Genova Cavalleria". Re Vittorio Emanuele III poté così incontrare la madre e vedere la salma del padre nella camera ardente[senza fonte].
Il funerale del Re a Roma[modifica | modifica wikitesto]

L'8 agosto, dopo una cerimonia nella camera ardente di Villa Reale, la salma venne accompagnata in stazione, da dove partì per Roma in un vagone speciale con l'alto clero e i dignitari di corte, a cui era stata affidata anche la Corona ferrea. Alle 18:30 giunse nella stazione di Roma Termini, da dove il corteo funebre, con in testa il generale Amedeo Avogadro, tra due ali di folla raggiunse il Pantheon, dove la salma venne tumulata.
Il processo[modifica | modifica wikitesto]

Molte furono le voci che si alzarono - contro o a favore - il gesto di Bresci, immediatamente messe a tacere dall'introduzione del nuovo reato di "apologia di regicidio", per il quale vennero tratti in arresto due religiosi: don Arturo Capone, parroco a Salerno, e fra Giuseppe Volponi, un francescano di Roma.[4] Quest'ultimo fu condannato a 8 mesi di galera e a mille lire di multa (28 agosto).
Il 29 agosto 1900 si aprì alle nove del mattino, presso la Corte d’assise di Milano, il processo contro Gaetano Bresci, che venne difeso dall'ex anarchico Francesco Saverio Merlino dopo che Filippo Turati aveva rifiutato per non compromettere il Partito Socialista Italiano e la sua carriera politica. Il processo si concluse alle 18 con la condanna di Bresci alla pena dell’ergastolo inasprita dalla segregazione cellulare per i primi sette anni nel penitenziario di Santo Stefano nell'isola di Ventotene in una cella di nove metri quadri costruita per sorvegliarlo, ma il 22 maggio 1901 venne trovato impiccato e venne archiviato come suicidio. La morte fu anche attribuita a un pestaggio di alcune guardie del carcere che avrebbero inscenato il suicidio.[5]
L'anarchico americano Leon Czolgosz disse che il regicidio di Umberto I fu la sua ispirazione per uccidere il presidente degli Stati Uniti William McKinley il 14 settembre 1901.
Gli effetti personali di Bresci, tra cui la pistola con cui uccise Umberto I con alcuni proiettili, si trovano al Museo criminologico di Roma.[6]
Commemorazione[modifica | modifica wikitesto]
Nel centenario dell'attentato, il 29 luglio 2000 venne ricordato il Re d'Italia con una messa solenne nel Duomo di Monza e con una commemorazione a Villa Reale; alle cerimonie parteciparono il sindaco della città, Roberto Colombo, e lo storico Aldo Mola con il duca Amedeo di Savoia-Aosta e il principe Sergio di Jugoslavia mentre a Roma i monarchici portarono i fiori sulla tomba al Pantheon.[7]
Nella cultura di massa[modifica | modifica wikitesto]
Cinema[modifica | modifica wikitesto]
- L'ultimo giorno del Re, regia di Ettore Radice (2020)[8].
Letteratura[modifica | modifica wikitesto]
- Al Re Umberto, inno del poeta Giovanni Pascoli, scritto di getto e dedicato al sovrano scomparso.
- XXIX Luglio, ode di Adolfo Resplendino declamata dalla quattordicenne attrice Paola Pezzaglia il 29 luglio 1901 durante le solenni commemorazioni di Monza a un anno dall'uccisione del Re.[9]
Architettura[modifica | modifica wikitesto]

Nel luogo dell'attentato, a Monza venne costruita nel 1910 la Cappella espiatoria in memoria del re ucciso, su disegno dell'architetto Giuseppe Sacconi, per volontà del figlio del re, Vittorio Emanuele III.
Note[modifica | modifica wikitesto]
- ^ Le cannonate di Bava Beccaris sui milanesi armano la mano di Bresci
- ^ a b L'anarchico Bresci con tre pallottole uccise Umberto I Ma rese più forte la monarchia sabauda
- ^ Bresci, l’anarchico che uccise il “re buono”: l’attentato a Umberto I di Savoia 116 anni fa
- ^ Giuseppe Galzerano, Gaetano Bresci: la vita, l'attentato, il processo e la morte del regicida anarchico, Galzerano editore, Casalvelino Scalo, 1988, pag.40
- ^ Andrea Gaddini, Gaetano Bresci
- ^ Gaetano Bresci, l’anarchico che uccise il re, fu suicidato
- ^ UMBERTO I: 100 ANNI FA REGICIDIO, DOMANI CERIMONIE IN TUTTA ITALIA
- ^ https://milano.corriere.it/notizie/cronaca/20_luglio_15/docufilm-ultimo-giorno-del-re-120-anni-monza-rivive-attentato-umberto-primo-a64db7ec-c66e-11ea-a52c-6b2a448f1d2c.shtml
- ^ Corriere della Sera, quotidiano, Milano, 28-29 luglio 1901.
Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]
- Franco Fucci, Novecento: morte di un Savoia, Mursia, Milano, 2000, ISBN 88-425-2677-0
- Giuseppe Galzerano, Gaetano Bresci: la vita, l'attentato, il processo e la morte del regicida anarchico, Galzerano editore, Casalvelino Scalo, 1988
- Arrigo Petacco, L'anarchico che venne dall' America - Storia di Gaetano Bresci e del complotto per uccidere Umberto I, Arnoldo Mondadori Editore, Milano 2001.
Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]
- Regicidio
- Moti di Milano
- Umberto I di Savoia
- Gaetano Bresci
- Fiorenzo Bava Beccaris
- Cappella espiatoria
- Villa Reale di Monza
- Monza
- Margherita di Savoia
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