Il giurista palermitano Gaetano Mosca così lo descrisse:
«Era popolarissimo se la popolarità consiste nell'essere facilmente accessibile a persone di ogni classe, di ogni ceto, di ogni moralità. La sua casa era indistintamente aperta ai galantuomini e ai bricconi. Egli accoglieva tutti, prometteva a tutti, stringeva a tutti la mano, chiacchierava infaticabilmente con tutti; a tutti leggeva i suoi versi, narrava i successi oratori riportati alla Camera e, con abili
allusioni, faceva capire quante e quali aderenze potentissime avesse.[3]»
Notoriamente in rapporti con diversi mafiosi, fu incriminato come mandante dell'uccisione di Notarbartolo avvenuta il 1º febbraio 1893, nel tragitto in treno tra Termini Imerese e Trabia, il quale venne ucciso con 27 colpi di pugnale da Matteo Filippello e Giuseppe Fontana, legati alla cosca di Villabate e vicini a Palizzolo. Questo caso avrebbe acceso il primo importante dibattito sulla situazione della mafia in Sicilia e in Italia e, soprattutto, sulla collusione tra mafia e politica, ma inizialmente nessuno osò fare nomi.[2]
Nel 1899, a seguito della denuncia di Leopoldo Notarbartolo (figlio dell'ucciso), la Camera dei deputati concesse all'unanimità l'autorizzazione a procedere contro Palizzolo come mandante dell'assassinio.[3] Nel 1902 venne giudicato a Bologna colpevole e condannato a 30 anni di reclusione, ma la Cassazione annullò la sentenza e, nel nuovo processo che si tenne nel luglio 1904, fu assolto dalla Corte d'assise di Firenze per insufficienza di prove.[7][2]
Dopo l'assoluzione, al suo ritorno a Palermo, Palizzolo fu acclamato come un eroe, vittima di un complotto per diffamare la Sicilia.[2] Scrisse addirittura un libro autobiografico intitolato Le mie prigioni e nel 1908 compì un viaggio a New York per raccogliere voti presso le comunità di emigranti siciliani (che lo accolsero festosamente) ma non venne rieletto e terminò così la sua carriera politica.[8]
^La data di nascita sarebbe 24 ottobre 1842 secondo La storia dei feudi e dei titoli nobiliari di Sicilia dalla loro origine ai giorni nostri mafioso (1925), vol. 8, Palermo, 1933, p. 471. L'anno 1842 è indicato anche nelle edizioni dell'Almanacco della nobiltà italiana.