Quinto Bevilacqua

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Quinto Bevilacqua (Molinella, 16 aprile 1916Torino, 5 aprile 1944) è stato un partigiano italiano, Medaglia d'Argento al valor militare alla memoria.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Di famiglia socialista che rifiutò di aderire al Fascismo, nel 1925 deve lasciare Marmorta e viene confinato con la famiglia a Bologna. Nei mesi successivi, poco alla volta, i sei fratelli Bevilacqua raggiungono Torino, dove trovano lavoro come mosaicisti. Quinto alla sera frequenta le Scuole Operaie San Carlo, per imparare a fare il disegnatore.

Allo scoppio della seconda guerra mondiale è richiamato come artigliere. Nel 1942 sposa una sua compaesana, Marcella Calzolari. Dopo l'8 settembre 1943, rientra a Torino, entrando in contatto con la resistenza di orientamento socialista. Divenuto Segretario Provinciale del Partito Socialista Italiano clandestino, il 31 marzo 1944 viene arrestato dai nazifascisti, insieme agli altri membri del Comitato Militare del Comitato di Liberazione Nazionale piemontese.

Sommariamente processati e condannati a morte, all'alba del 5 aprile, Bevilacqua e i suoi compagni vengono fucilati alla schiena, come segno di estremo disprezzo, al Poligono di tiro Martinetto (Sacrario del Martinetto) di Torino.[1]

Decorato con la Medaglia d'Argento al valor militare alla memoria, a Torino gli è stata intitolata una via e gli è stata dedicata una targa in Corso regina Margherita.[2] È ricordato nel Sacrario dei partigiani di Piazza Nettuno a Bologna.[3]

Le sue ultime lettere, ai genitori e al fratello, sono state pubblicate nell'archivio delle Ultime lettere di condannati a morte e di deportati della Resistenza italiana dell'INSMLI.[4]

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Medaglia d'Argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Fervente e vecchio antifascista, fu tra i primi a portare la sua valida opera nell'organizzazione e nel potenziamento dei primi nuclei di resistenza che con scarsi mezzi, ma con immensa fede si contrapposero all'invasore tedesco. Ricercato dalla polizia nazi-fascista, si prodigò sempre instancabile ed ardito, per organizzare la resistenza armata nelle fabbriche e nei quartieri. Arrestato in seguito a delazione, con i membri del comitato militare Piemontese del quale faceva parte, seppe tenere di fronte agli aguzzini contegno nobile e fiero, ricusando sdegnosamente l'offerta della libertà in cambio della sua collaborazione. Condannato e conscio della santità della causa per la quale affrontava la morte, mantenne sempre fiero e sprezzante comportamento. Poche ore prima di morire, nell'ultima lettera ai genitori, scusandosi per il dolore loro arrecato, con parole sublimi esprimeva ancora una volta la certezza della vittoria dei suoi ideali. Impavido, al grido di "Viva l'Italia libera" affrontava il plotone d'esecuzione, coronando con una degna morte l'eroica sua esistenza. Torino, 8 settembre 1943-5 aprile 1944.[3]»

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Consiglio Regionale del Piemonte, "Viva l'Italia libera!", Torino, 1976.
  2. ^ Scheda di Quinto Bevilacqua, su chieracostui.com. URL consultato il 19 aprile 2022.
  3. ^ a b Quinto Bevilacqua, su Storia e Memoria di Bologna. URL consultato il 7 aprile 2023.
  4. ^ Quinto Bevilacqua, su ultimelettere.it. URL consultato il 19 aprile 2022.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]